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Compensi avvocato: inderogabilità dei minimi tariffari

Un avvocato che si difendeva in proprio ha impugnato la liquidazione delle spese legali, ritenuta troppo bassa. La Corte di Cassazione ha stabilito che i nuovi parametri sull’inderogabilità dei minimi per i compensi avvocato, introdotti dal D.M. 37/2018, si applicano retroattivamente a tutte le liquidazioni non ancora definitive. Di conseguenza, il giudice non può ridurre i compensi oltre i limiti massimi previsti dalla legge, anche per cause considerate semplici o di modesto valore. La sentenza del Tribunale è stata cassata con rinvio.

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Pubblicato il 4 ottobre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Compensi Avvocato: la Cassazione sancisce l’inderogabilità dei minimi tariffari

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha riaffermato un principio fondamentale per la professione forense: i compensi avvocato non possono essere liquidati al di sotto dei minimi tariffari stabiliti dalla legge. Con la sentenza n. 14146/2025, la Suprema Corte ha chiarito che le nuove norme sull’inderogabilità dei parametri minimi si applicano retroattivamente a tutte le cause pendenti, garantendo così un’equa remunerazione e tutelando il diritto di difesa.

I Fatti del Caso: Dalla Cartella Esattoriale alla Cassazione

La vicenda ha origine dall’opposizione di un legale contro una cartella esattoriale di oltre 2.700 euro per violazioni del codice della strada. L’avvocato, difendendosi in proprio, otteneva l’annullamento della cartella dal Giudice di Pace, il quale però liquidava a suo favore un compenso irrisorio di soli 150 euro.

Il legale proponeva appello, lamentando la violazione dei minimi tariffari. Il Tribunale, pur riconoscendo la fondatezza del motivo, aumentava di poco i compensi, giustificando la riduzione con la “estrema modestia” e la “natura routinaria” della controversia. Questa decisione, tuttavia, operava una riduzione superiore al 50% rispetto ai valori medi, violando i limiti consentiti dalla normativa vigente al momento della pronuncia.

La Decisione della Corte di Cassazione e i compensi avvocato

Investita della questione, la Corte di Cassazione ha accolto il ricorso dell’avvocato, cassando la sentenza del Tribunale e enunciando principi di cruciale importanza.

La questione dei minimi tariffari

Il cuore della decisione ruota attorno all’interpretazione dell’art. 4 del D.M. n. 55/2014, come modificato dal D.M. n. 37/2018. Quest’ultima riforma, entrata in vigore prima della decisione del Tribunale, ha eliminato la possibilità per il giudice di derogare ai parametri minimi “di regola”, stabilendo invece che la riduzione rispetto ai valori medi non può superare il 50% (e il 70% per la sola fase istruttoria). La Corte ha sottolineato come questa modifica abbia trasformato i minimi tariffari in un limite invalicabile.

L’Applicazione Retroattiva delle Nuove Tariffe sui compensi avvocato

Un punto fondamentale chiarito dalla Corte è che questa regola di inderogabilità si applica retroattivamente. Le tabelle professionali non sono norme processuali (soggette al principio tempus regit actum), ma norme di natura sostanziale. Di conseguenza, la nuova disciplina si applica a tutte le liquidazioni non ancora divenute definitive al momento della sua entrata in vigore. Se un giudice deve decidere sulle spese, anche in appello, deve fare riferimento alle tabelle vigenti al momento della sua pronuncia, non a quelle in vigore all’inizio della causa.

Le Motivazioni della Corte

Le motivazioni della Suprema Corte non si limitano a un’analisi puramente tecnica, ma si fondano su principi di ordine superiore.

Tutela del Diritto di Difesa e Qualità della Prestazione

L’inderogabilità dei minimi tariffari non tutela solo l’interesse economico del professionista, ma anche un interesse pubblico generale. Garantire un compenso equo significa proteggere l’indipendenza e l’autonomia dell’avvocato, presupposti essenziali per assicurare la qualità e il livello della prestazione offerta. Questo, a sua volta, è cruciale per il pieno esplicarsi del diritto di difesa, sancito dall’art. 24 della Costituzione, e per la buona e corretta amministrazione della giustizia.

Conformità con il Diritto Europeo

La Corte ha inoltre ribadito che la previsione di tariffe professionali inderogabili è pienamente compatibile con la normativa europea in materia di concorrenza (art. 101 TFUE). La Corte di Giustizia Europea ha più volte confermato la legittimità di tariffe fissate da un organismo pubblico nel rispetto di criteri di interesse generale, come la tutela del diritto di difesa e la trasparenza del sistema giudiziario.

Conclusioni: Un Principio Inderogabile a Tutela della Professione

In conclusione, la sentenza in esame rafforza in modo significativo la tutela dei compensi avvocato, stabilendo che i minimi tariffari sono un baluardo non superabile dal potere discrezionale del giudice. L’applicazione retroattiva di questo principio assicura che a ogni prestazione professionale, anche se conclusa in un giudizio pendente da tempo, corrisponda un corrispettivo giusto e unitario. La decisione del Tribunale, avendo violato questa regola, è stata annullata con rinvio, affinché un nuovo giudice proceda a una corretta liquidazione nel rispetto dei parametri minimi inderogabili.

I compensi dell’avvocato possono essere liquidati dal giudice al di sotto dei minimi tariffari previsti dalla legge?
No. A seguito delle modifiche introdotte dal D.M. 37/2018, i parametri minimi per i compensi professionali sono inderogabili. Il giudice non può liquidare importi inferiori, salvo i limiti di riduzione massima (50% dai valori medi) previsti dalla normativa stessa, e solo fornendo adeguata motivazione.

Le nuove regole sull’inderogabilità dei minimi tariffari si applicano anche alle cause iniziate prima della loro entrata in vigore?
Sì. La Corte di Cassazione ha affermato che la nuova disciplina si applica retroattivamente a tutte le liquidazioni di spese processuali che non sono ancora divenute definitive (‘sub iudice’) al momento dell’entrata in vigore della nuova norma, poiché le tabelle tariffarie hanno natura sostanziale e non processuale.

La difesa personale dell’avvocato (ex art. 86 c.p.c.) influisce sul suo diritto a ricevere i compensi professionali secondo le tariffe?
No. La sentenza chiarisce che la circostanza che un avvocato si difenda personalmente non incide sulla natura professionale dell’attività svolta. Pertanto, in caso di vittoria secondo il principio della soccombenza, ha pieno diritto alla liquidazione dei compensi in base alle tariffe professionali.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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