Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 20227 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 20227 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 19/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso 29541-2022 proposto da:
COGNOME rappresentato e difeso da sé stesso e dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME, domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE;
– ricorrente principale –
contro
COMUNE DI SARZANA, in persona del Sindaco pro tempore, domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME
– controricorrente –
ricorrente incidentale –
avverso la sentenza n. 152/2022 della CORTE D’APPELLO di GENOVA, depositata il 16/06/2022 R.G.N. 338/2021;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 18/02/2025 dal Consigliere Dott. COGNOME
Oggetto
RETRIBUZIONE
PUBBLICO IMPIEGO
R.G.N.29541/2022
COGNOME
Rep.
Ud.18/02/2025
CC
FATTI DI CAUSA
Con ricorso al Tribunale di La Spezia l’avvocato NOME COGNOME chiedeva al Comune di Sarzana l’accertamento del diritto ad ottenere per gli anni 2014 e 2015 una quota di retribuzione aggiuntiva quantificata sulla base della legge e delle tariffe professionali forensi non corrisposta dall’amministrazione, quale trattamento economico complessivo a lui spettante. Trattasi dei compensi per la funzione svolta di avvocato in giudizio ed in particolare i compensi dovuti e non corrisposti per le sentenze favorevoli a spese compensate.
A sostegno della domanda rappresentava che la voce retributiva aggiuntiva richiesta per i compensi per sentenze favorevoli a spese compensate è prevista dall’articolo 27 CCNL del 14/09/2000.
In particolare, rappresentava che i compensi professionali degli avvocati dipendenti delle amministrazioni pubbliche sono disciplinati, da ultimo, dall’articolo 9 del decreto-legge n. 90/14, convertito con modificazioni nella legge n.114/14, norma di contenimento della spesa pubblica che rinvia ai regolamenti di ciascun ente e alla contrattazione collettiva per i profili non espressamente regolati. La predetta norma, dopo aver previsto il limite retributivo massimo pari ad euro 240.000, al comma 3 dispone che, nelle ipotesi di sentenza favorevole con recupero delle spese legali a carico delle controparti, le somme recuperate sono ripartite tra gli avvocati dipendenti nella misura e con le modalità stabilite dai rispettivi regolamenti e dalla contrattazione collettiva; il comma 6 dispone che in tutti i casi di pronunciata compensazione integrale delle spese, ivi compresi quelli di transazione dopo sentenza favorevole alle amministrazioni pubbliche di cui al comma 1, ai dipendenti sono corrisposti compensi professionali in base alle norme
regolamentari o contrattuali vigenti e nei limiti dello stanziamento previsto il quale non può superare il corrispondente stanziamento relativo all’anno 2013.
Nel regolamento comunale il massimo erogabile con riferimento allo stanziamento del bilancio dell’anno 2013 è stato determinato nel bilancio di esercizio per l’anno 2015 in una somma inferiore al 2013.
Ciò posto, il Tribunale di La Spezia accoglieva il ricorso e condannava il Comune di Sarzana a pagare all’avvocato COGNOME la somma di euro 33.419,17 oltre rivalutazione monetaria ed interessi legali dalla maturazione, compensando le spese di lite. Ad avviso del giudice di prime cure, l’articolo 9, comma 6, D.L. 90/14 stabilisce che i compensi professionali relativi alle cause favorevoli con spese compensate sono pagati all’avvocato dell’ente nei limiti dello stanziamento e comunque nei limiti dello stanziamento storico per l’anno 2013 e comunque nei limiti del trattamento economico complessivo spettante all’avvocato, oltre che nel rispetto del limite generale di euro 240.000,00 annui.
Tale stanziamento annuo pari ad euro 20.000,00 non costituirebbe un limite invalicabile per il pagamento dei compensi e, quindi, il comune sarebbe tenuto anche oltre lo stanziamento dovendosi aver riguardo a quello cosiddetto assestato e non a quello iniziale in relazione ad esigenze sopravvenute.
In secondo luogo, il limite stabilito dal comune di stanziamento annuale è da considerarsi superato dal giudicato ottenuto dall’avvocato COGNOME con riferimento ai compensi professionali per cause favorevoli con spese compensate per euro 50.759,00, somme di cui si deve tener conto ai fini del computo del limite massimo costituito dallo stanziamento del 2013.
In ordine alla questione relativa al parametro da utilizzare per il rispetto del limite del trattamento economico complessivo e se si debba tener conto anche dei compensi professionali (ossia se i compensi professionali debbano essere compresi nel trattamento economico complessivo) il Tribunale riteneva conforme alla finalità della legge una lettura, secondo cui i compensi professionali non possono superare il trattamento economico complessivo spettante all’avvocato nell’anno precedente, esclusi i medesimi compensi professionali vale a dire che al massimo l’avvocato può ricevere il doppio del trattamento economico che gli competerebbe al netto di compensi professionali.
Il Tribunale, inoltre, sottoponeva a valutazione le notule presentate dall’avvocato COGNOME per gli anni 2014 e 2015 rideterminando gli onorari sulla base dell’attività effettivamente prestata.
L’avvocato COGNOME proponeva appello con tre motivi di gravame. In particolare, evidenziava che il legislatore aveva utilizzato la locuzione trattamento economico rinforzata dall’aggettivo complessivo e ciò non lasciava alcun dubbio interpretativo sul fatto che nel trattamento economico complessivo dell’avvocato civico dovessero ricomprendersi oltre il trattamento da inquadramento (retribuzione tabellare ed accessoria) anche i compensi professionali (retribuzione variabile).
Nel secondo motivo di gravame il COGNOME rilevava l’erronea o contraddittoria motivazione circa la tardività della documentazione prodotta con le note difensive autorizzate, evidenziando di aver correttamente inoltrato al Nucleo di valutazione del Comune le notule e che il nucleo nulla aveva eccepito al riguardo; solo in giudizio il Comune contestava le notule e dunque il COGNOME, all’esito della comparsa di
costituzione, depositava i verbali e gli estratti del processo telematico tesi a comprovare l’effettivo svolgimento delle attività contestate: la prima udienza utile per il deposito coincideva con l’udienza di discussione orale del 9 novembre 2021.
Con il terzo motivo l’appellante si doleva della compensazione integrale delle spese di lite
4. La Corte d’appello riteneva non convincente l’interpretazione data dall’appellante alla locuzione trattamento economico complessivo di cui all’articolo 9, comma 7, dovendosi ritenere preferibile quella adottata dal Tribunale perché fondata anch’essa su un criterio letterale, non contenendo la norma alcuna specificazione sull’anno di riferimento oltre che teleologico essendo coerente con la finalità perseguita dal legislatore di progressivo contenimento della spesa pubblica che al contrario in applicazione dell’interpretazione sostenuta dall’appellante determinerebbe un progressivo aumento nel tempo del limite di cui si discute.
Inoltre, la Corte di appello confermava la rideterminazione dei compensi spettanti, atteso che le produzioni documentali erano state effettuate tardivamente; ed invero, la copiosa documentazione prodotta con le note difensive conclusive comprovante l’attività difensiva svolta e la correttezza delle notule atteneva pacificamente ai fatti costitutivi della domanda come tempestivamente eccepito e, pertanto, doveva e poteva essere prodotta con il ricorso introduttivo del giudizio. La Corte, infine, accoglieva i l motivo di gravame sull’integrale compensazione delle spese essendo il COGNOME risultato parzialmente vittorioso, circostanza che giustificava la compensazione parziale delle spese nella misura della metà dovendo porsi la restante quota a carico del comune parzialmente soccombente.
5. Ha proposto r icorso per cassazione l’avvocato NOME COGNOME con quattro motivi cui ha resistito il Comune di Sarzana con controricorso contenente altresì un motivo di ricorso incidentale.
Entrambe le parti hanno depositato memorie.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo del ricorso principale si eccepisce la violazione e falsa applicazione dell’art. 9, commi 1 e 7 del D.L. 90/2014.
Si imputa alla Corte di non aver considerato che i compensi professionali corrisposti agli avvocati civici dalle amministrazioni pubbliche, sono computati ai sensi e per gli effetti dell’ art. 9, comma 1 D.L. 90/2014, ai fini del raggiungimento del limite retributivo di cui all’art. 23 ter D.L. 201/2011 (ndr: € 240.000,00) e, conseguentemente, di aver erroneamente interpretato l’art. 9, comma 7 del D.L. citato, stabilendo che i compensi professionali, non possono superare il trattamento economico compless ivo spettante all’avvocato, in quell’anno, esclusi i medesimi compensi professionali, per cui l’avvocato, al massimo, può ricevere il doppio del trattamento economico che gli competerebbe al netto dei compensi professionali così delimitando l’importo ad € 37.227,11 corrispondente al trattamento economico tabellare e accessorio esclusi i compensi professionali.
Il motivo è infondato.
L’avvocato alle dipendenze degli enti pubblici riceve un trattamento aggiuntivo che viene disciplinato con un rinvio alla contrattazione decentrata ed al regolamento comunale previsto dalla legge (D.L. 90/2014).
La norma di cui all’art. 9 pone tre limiti:
-il limite retributivo individuale generale che fissa un tetto invalicabile in euro 240.000,00, quale parametro massimo di
riferimento del trattamento economico del primo presidente della Corte di cassazione (v. primo comma art. 9 D.L. 90/2014 che rinvia all’articolo 23-ter del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201);
-il limite da stanziamento di bilancio, di cui al comma 6 dell’art. 9 D.L. 90/2014, che è previsto per le sole sentenze favorevoli a spese integralmente compensate e non può superare lo stanziamento di bilancio per l’anno 2013; la norma al riguardo recita : ‘In tutti i casi di pronunciata compensazione integrale delle spese, ivi compresi quelli di transazione dopo sentenza favorevole alle amministrazioni pubbliche di cui al comma 1, ai dipendenti, ad esclusione del personale dell’Avvocatura dello Stato, sono corrisposti compensi professionali in base alle norme regolamentari o contrattuali vigenti e nei limiti dello stanziamento previsto, il quale non può superare il corrispondente stanziamento relativo all’anno 2013.’ Secondo la interpretazione del Giudice di primo grado, confermata in appello, si deve intendere come limite il c.d. ‘bilancio assestato’, ossia quanto effettivamente erogato nell’anno 2013 e non semplicemente quanto stimato dall’Ente nel bilancio di previsione;
-il limite retributivo individuale specifico previsto dall’art. 9, comma 7 D.L. 90/2014, la cui interpretazione datane sia in primo che in secondo grado è contestata dal ricorrente. Il comma 7 dell’articolo 9 del decreto prevede: I compensi professionali di cui al comma 3 e al primo periodo del comma 6 possono essere corrisposti in modo da attribuire a ciascun avvocato una somma non superiore al suo trattamento economico complessivo. La somma dei compensi per sentenze favorevoli con spese a carico della controparte e dei compensi per sentenze favorevoli a spese compensate non può essere mai superiore al trattamento economico complessivo.
Viceversa, il ricorrente sostiene che il ‘trattamento economico complessivo’ che funge da limite sarebbe individuato dal trattamento retributivo, composto non solo dalle voci retributive più le indennità di funzione, ma piuttosto da queste voci, cui si devono aggiungere i compensi professionali, per spese vinte e per spese compensate.
Orbene, seguendo questa ultima interpretazione come giustamente rilevano entrambi i giudici di merito si ottiene un risultato non compatibile con la ratio legis: ‘Se i compensi professionali sono compresi nel trattamento economico complessivo, infatti, il limite in realtà non esiste, perché una parte non può essere maggiore del tutto. Per superare questa aporia, si è allora costretti a riferire il limite al trattamento economico complessivo dell’anno precedente; ma ciò non si legge nella disposizione, che, menzionando il trattamento economico complessivo senza ulteriori specificazioni, non può che intendere quello relativo all’anno in corso.’
Richiamando il trattamento dell’anno precedente, perché questa lettura acquisti un qualche senso logico, si elude il dato letterale che non effettua alcun richiamo al passato.
Non solo però, volendo accogliere questa interpretazione, l’effetto di contenimento della spesa pubblica, espressamente richiamato dal legislatore, verrebbe del tutto vanificato: si avrebbe un progressivo aumento del limite e della spesa.
Appare pertanto conforme alla lettera, alla logica ed alla finalità della legge stabilire che i compensi professionali non possono superare il trattamento economico complessivo al netto degli stessi compensi professionali.
Tale interpretazione è l’unica ammissibile anche alla luce della lettera del primo comma del medesimo articolo 9 secondo cui ‘i compensi professionali sono computati ai fini del
raggiungimento del limite retributivo di cui all’articolo 23-ter del decretolegge 6 dicembre 2011, n. 201′.
Diversamente, il legislatore avrebbe potuto usare la medesima nozione, ossia stabilire che il trattamento economico complessivo, in questa diversa accezione, non può superare il limite dei 240.000 euro del primo presidente di Cassazione. L’interpretazione del giudice di primo grado, confermata in appello, appare l’unica capace di rispettare i criteri ermeneutici, letterale, logico, sistematico e teleologico.
Con il secondo motivo si lamenta la violazione e falsa applicazione di norme di diritto (ART. 360 comma 1 asserita violazione e falsa applicazione dell’art. 9 comma 1 e 7 del D.L. 90/2014 n. 3 c.p.c.) degli articoli 415, 420 commi 1 e 5, cpc, in punto di asserita tardività della documentazione prodotta dal ricorrente, con riferimento particolare al disposto di cui all’art. 18 comma 3 Regolamento.
Con il terzo motivo ci si duole della violazione e falsa applicazione di norme di diritto (ART. 360 comma 1 n. 3 c.p.c.) degli articoli 421 comma 2 e 437 comma 2 c.p.c. in punto di mancata acquisizione di ufficio della documentazione prodotta dal ricorrente.
Si ritiene opportuno trattare congiuntamente l’esame del secondo e terzo motivo.
Con il secondo motivo il ricorrente censura la decisione impugnata per avere sia il Giudice di prime cure che quello di appello ritenuto tardiva la produzione dei documenti a sostegno della domanda allegati con la memoria conclusionale nel giudizio di primo grado.
Con il terzo motivo ci si duole che il Giudice del Lavoro non abbia esercitato il proprio potere di indagine acquisendo d’ufficio la documentazione.
I motivi sono entrambi inammissibili.
Il ricorrente intenderebbe sostenere che le notule presentate non sarebbero state mai prima oggetto di rilievo e che in sostanza solo la contestazione del difensore in giudizio avrebbe fatto sorgere la necessità di una loro produzione.
Orbene, dalla stessa sentenza impugnata emerge come le notule siano state valutate dalla corte distrettuale ai fini dell’accertamento della fondatezza delle pretese creditorie.
Tale profilo esclude in radice le contestazioni dedotte nei motivi in esame non confrontandosi con il decisum della sentenza impugnata.
La prova che le notule poi fossero legittimamente contestate è data dalla decisione del Giudice di ridurre le notule per fasi non svolte ed invece conteggiate e di non riconoscere notule per cause in cui il Comune non era costituito e comunque richieste.
In ordine all’omesso esercizio da parte del giudice di primo grado del proprio potere di indagine si rileva, da un lato, che detto potere sarebbe, comunque, discrezionale e, quindi, non sanzionabile in questa sede, dall’altro che la documentazione è stata comunque valutata ai fini del decidere in grado di appello. Con il quarto motivo si eccepisce l’omesso esame circa un fatto decisivo in relazione all’art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c. afferente la deliberazione n. 76/PAR/2021 della Corte dei Conti sezione di controllo per la Liguria.
In particolare, parte ricorrente censura la decisione impugnata per non avere espunto il documento prodotto dal Comune costituito da un parere della Corte dei Conti in funzione consultiva.
Il motivo è inammissibile.
La Corte di appello si era già chiaramente espressa sul punto: ‘Si tratta infatti di un parere, peraltro non vincolante verso lo stesso Ente richiedente e tantomeno verso il giudicante, che in ogni caso non ha fondato la decisione su tale pronunciamento,
la cui richiesta è stata ritenuta soggettivamente ed oggettivamente ammissibile da parte della Corte dei Conti, vertendo in materia di contabilità pubblica, essendo sette degli otto quesiti ‘ incentrati sull’interpretazione di una norma che ha posto dei limiti di finanza pubblica, complessivi e individuali, all’erogazione di compensi professionali agli avvocati interni degli enti pubblici , relativi a questioni di carattere generale e che si prestavano ad essere astrattamente valutate.’
Ciò posto è evidente che tale parere non rientri nella nozione di fatto decisivo la cui omessa valutazione possa integrare il vizio della sentenza impugnata ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c.
Trattasi di un parere della Corte dei Conti, quale organismo di controllo contabile, che non riveste la natura di fatto storico o naturalistico la cui valutazione può determinare un vizio della sentenza.
Con un unico motivo di ricorso incidentale, composto da due diversi profili, il Comune di Sarzana lamenta della violazione e/o falsa applicazione dell’art. 9 commi 1 e 7 del D.L. 90/2014, in relazione alla facoltà per il Comune di Sarzana di determinare un fondo per le spese legali di sentenze favorevoli a spese compensate inferiore allo stanziamento di bilancio previsto per l’anno 2013, nonché l’omesso esame circa un fatto decisivo del giudizio ex art. 360 c.p.c. n. 5 in relazione alla determinazione di bilancio del Comune di Sarzana che ha previsto un fondo di euro 20.000,00 nell’esercizio 2014 e 2015 per le spese legali di sentenze favorevoli a spese compensate.
Il motivo, nei suoi due diversi profili, può essere trattato congiuntamente ed è inammissibile.
Va premesso che in tema di ricorso per cassazione, qualora siano prospettate questioni di cui non vi è cenno nella sentenza impugnata, il ricorrente deve, a pena di inammissibilità della
censura, non solo allegarne l’avvenuta loro deduzione dinanzi al giudice di merito, ma anche, in virtù del principio di autosufficienza, indicare in quale specifico atto del grado precedente ciò sia avvenuto, giacché i motivi di ricorso devono investire questioni già comprese nel “thema decidendum” del giudizio di appello, essendo preclusa alle parti, in sede di legittimità, la prospettazione di questioni o temi di contestazione nuovi, non trattati nella fase di merito e non rilevabili di ufficio. (Cass. Sez. L -, Ordinanza n. 18018 del 01/07/2024).
Sulla scorta del superiore principio, si rileva come il ricorrente incidentale non ha allegato la deduzione nel giudizio di merito in ordine alla specifica questione del limite di bilancio e non ha indicato in quale atto del giudizio abbia allegato tale questione. In conclusione, il ricorso principale va respinto, mentre quello incidentale va dichiarato inammissibile, con conseguente compensazione delle spese di lite.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso principale. Dichiara inammissibile il ricorso incidentale. Compensa fra le parti le spese di lite del presente giudizio di cassazione.
Ai sensi dell’art.13, comma 1 quater del DPR 115/2002, dà atto della ricorrenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente principale e del ricorrente incidentale dell’importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previ sto per il ricorso, ove dovuto, a norma del comma 1 bis dello stesso art.13.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della IV Sezione