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Compensi avvocati pubblici: il limite invalicabile

La Corte di Cassazione ha chiarito i limiti ai compensi degli avvocati pubblici. Un legale dipendente di un ente locale chiedeva retribuzioni aggiuntive per cause vinte con spese compensate. La Corte ha stabilito che i compensi professionali non possono superare il ‘trattamento economico complessivo’ annuo, inteso come retribuzione base esclusi i compensi stessi, respingendo l’interpretazione del legale che avrebbe portato a un raddoppio del tetto massimo.

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Compensi Avvocati Pubblici: la Cassazione fissa i paletti sul “Trattamento Economico Complessivo”

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha affrontato una questione cruciale per i legali dipendenti della Pubblica Amministrazione: come si calcola il tetto massimo per i compensi avvocati pubblici? La decisione chiarisce l’interpretazione dell’art. 9 del D.L. 90/2014, una norma introdotta per contenere la spesa pubblica, stabilendo un principio restrittivo che impatta direttamente sulla retribuzione variabile di questi professionisti.

I Fatti del Caso

Un avvocato dipendente di un Comune si era rivolto al Tribunale per ottenere il pagamento di compensi professionali aggiuntivi per gli anni 2014 e 2015. La richiesta riguardava le cause in cui l’ente aveva ottenuto una vittoria con “compensazione delle spese”, una situazione in cui ogni parte del processo paga le proprie spese legali. Secondo il legale, tali compensi gli spettavano in base alla contrattazione collettiva e alla normativa vigente.

Il Tribunale di primo grado aveva parzialmente accolto la richiesta, ma la questione centrale, relativa all’interpretazione del limite massimo dei compensi, è rimasta controversa. Anche la Corte d’Appello aveva confermato l’interpretazione del primo giudice, portando il legale a presentare ricorso in Cassazione.

L’Interpretazione del Limite sui Compensi Avvocati Pubblici

Il cuore del dibattito legale ruotava attorno alla nozione di “trattamento economico complessivo” menzionata nell’art. 9, comma 7, del D.L. 90/2014. La norma stabilisce che la somma dei compensi professionali (sia quelli recuperati dalla controparte soccombente, sia quelli per cause a spese compensate) non può essere “superiore al suo trattamento economico complessivo”.

La tesi del ricorrente era la seguente: il “trattamento economico complessivo” doveva essere inteso come la somma della retribuzione fissa (tabellare e accessoria) e degli stessi compensi professionali. In pratica, questo avrebbe significato che i compensi professionali avrebbero potuto raggiungere un importo pari a quello della retribuzione fissa, raddoppiando di fatto il potenziale guadagno annuo.

Sia i giudici di merito che la Corte di Cassazione hanno respinto questa lettura.

La Decisione della Suprema Corte e le Motivazioni

La Corte di Cassazione ha dichiarato il motivo di ricorso infondato, fornendo una chiara interpretazione della norma, basata su criteri letterali, logici e teleologici.

le motivazioni

Secondo gli Ermellini, l’interpretazione del legale creerebbe un’aporia logica: se i compensi professionali fossero inclusi nella base di calcolo del limite, “una parte non può essere maggiore del tutto”, rendendo di fatto il limite inesistente. La Corte ha stabilito che l’unica interpretazione coerente con la finalità della legge, ovvero il contenimento della spesa pubblica, è quella per cui i compensi professionali non possono superare il trattamento economico complessivo annuo al netto degli stessi compensi professionali.

In altre parole, il tetto massimo per i compensi variabili è pari alla retribuzione fissa (tabellare e accessoria) percepita dall’avvocato in quell’anno. Qualsiasi altra interpretazione, come quella di fare riferimento all’anno precedente, non trova riscontro nel testo della norma e vanificherebbe l’obiettivo di contenimento della spesa, portando a un progressivo aumento del limite anno dopo anno.

La Corte ha anche rigettato gli altri motivi di ricorso, tra cui quelli relativi alla tardiva produzione di documenti e all’omesso esame di un parere della Corte dei Conti, ritenendoli inammissibili. Allo stesso modo, è stato dichiarato inammissibile il ricorso incidentale del Comune per difetto di “autosufficienza”, in quanto l’ente non aveva specificato dove e come avesse sollevato le sue contestazioni nei precedenti gradi di giudizio.

le conclusioni

Questa ordinanza consolida un orientamento restrittivo sui compensi avvocati pubblici, ponendo un limite chiaro e invalicabile alla loro parte variabile. La decisione sottolinea la prevalenza dell’obiettivo di finanza pubblica sul potenziale incremento retributivo dei singoli professionisti. Per gli avvocati degli enti pubblici, ciò significa che i compensi legati all’esito delle cause non possono, in nessun caso, superare l’importo della loro retribuzione annua fissa. La sentenza rappresenta un punto di riferimento fondamentale per tutti gli enti pubblici e i loro uffici legali nella determinazione e liquidazione di tali emolumenti.

Come si calcola il limite massimo per i compensi degli avvocati pubblici secondo questa ordinanza?
Il limite massimo dei compensi professionali variabili non può superare il trattamento economico complessivo annuo del legale. Questo trattamento è inteso come la retribuzione fissa (tabellare e accessoria), escludendo dal calcolo i compensi professionali stessi.

I compensi professionali fanno parte della base di calcolo del limite stesso?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che i compensi professionali sono l’importo da limitare, non una parte della base di calcolo del limite. Includerli creerebbe un paradosso logico e andrebbe contro la finalità di contenimento della spesa pubblica della norma.

Cosa significa che un ricorso in Cassazione è dichiarato inammissibile per difetto di ‘autosufficienza’?
Significa che l’atto di ricorso non contiene tutte le informazioni necessarie perché la Corte possa decidere la questione. Il ricorrente ha l’onere di riportare nel proprio atto tutti gli elementi rilevanti (ad esempio, indicando precisamente dove e quando una certa eccezione è stata sollevata nei gradi precedenti), senza costringere la Corte a cercare tali informazioni in altri documenti del fascicolo processuale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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