Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 5457 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L   Num. 5457  Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 01/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 29154/2022 R.G. proposto da :
COGNOME NOME, con diritto di ricevere le notificazioni presso la PEC dell’avvocato COGNOME NOME , che la rappresenta e difende
-ricorrente- contro
RAGIONE_SOCIALE,  in  persona  del  legale  rappresentante  pro tempore,  con  diritto  di  ricevere  le  notificazioni  presso  la  PEC dell’avvocato  COGNOME  NOME ,  che  lo  rappresenta  e  difende
-controricorrente- avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO CAMPOBASSO n. 74/2022 pubblicata il 07/07/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 18/02/2025 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
 La  Corte  d’appello  di  Campobasso,  con  la  sentenza  n.74/2022 pubblicata il 07/07/2022 ha rigettato il gravame proposto dall’AVV_NOTAIO nella controversia con il Comune di Isernia.
La controversia ha per oggetto il pagamento dei compensi per le cause patrocinate negli anni da 2016 a 2018 nella qualità di unico avvocato della  avvocatura  del  Comune  di  Isernia,  azionata  in  INDIRIZZO.
Il Tribunale di Isernia accoglieva in parte l’opposizione proposta dal Comune RAGIONE_SOCIALE Isernia, condannando il Comune al pagamento della minor  somma  di  euro  20.000,00,  pari  a  quella  stanziata  per  il pagamento  dei  compensi  professionali  nell’anno  2013,  ai  sensi dell’art.9  del  d.l.  n.90/2014  (convertito  con  modificazioni  nella legge n.114/2014)
La corte territoriale ha ritenuto insindacabile nel merito la scelta dei criteri di determinazione dello stanziamento di bilancio, siccome sottratta alla giurisdizione ordinaria.
 Per  la  cassazione  della  sentenza  ricorre  l’AVV_NOTAIO,  con ricorso affidato a quattro motivi, illustrato da memoria. Il Comune di Isernia resiste con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo la ricorrente deduce la «violazione e/o falsa applicazione dell’art. 9 del d.l. 90/2014 convertito in legge n. 114/2014 e delle norme di diritto e di contabilità pubblica vigenti al 2013 in tema di pagamento dei compensi degli avvocati degli enti pubblici in relazione all’art. 360, comma primo, n. 3) c.p.c. e omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio risultante dagli atti di causa in relazione all’art. 360, comma primo, n. 5), c.p.c.. incompleta ed errata ricostruzione del fatto storico complessivo ed
errore  sull’inserimento  e  valutazione  del  fatto  nell’ambito  della norma. Illegittima individuazione del limite di cui all’art. 9 del d.l. 90/2014 convertito in legge n. 114/2014».
 Con  il  secondo  motivo  la  ricorrente  lamenta  la  «violazione  e/o falsa  applicazione  dell’art.  2697  c.c.  e  della  normativa  inerente l’onere  della  prova  giudiziale  in  relazione  all’art.  360,  comma primo, n. 3) c.p.c..».
Con il terzo motivo la ricorrente lamenta la «erroneità ed illogicità della motivazione circa il potere di controllo e sindacato in materia di pagamento dei compensi degli avvocati degli enti pubblici da parte del giudice del lavoro, violazione ed erronea applicazione della normativa regolamentare e contabile, violazione degli artt. 24 e 114 della costituzione e violazione dell’art. 2909 c.c. e del principio di effettività della tutela giurisdizionale in relazione all’art. 360, comma primo, n. 3) c.p.c.».
Con il quarto motivo la ricorrente deduce la «violazione e/o falsa applicazione  dell’art.  1226  c.c  e  della  normativa  in  materia  di risarcimento  danni  in  relazione  all’art.  360,  comma  primo,  n.  3), c.p.c.».
I primi tre motivi possono essere esaminati congiuntamente, per ragioni di connessione.
Devono anzitutto dichiararsi inammissibili le censure proposte con riferimento: a) all’art.360 comma primo n.5 cod. proc. civ., avuto riguardo alla pronuncia della corte territoriale del tutto conforme a quella del giudice di prime cure quanto alla ratio decidendi , e dunque in forza dell’art.348 ter ultimo comma cod. proc. civ.; b) alla pretesa erroneità ed illogicità della motivazione, siccome non più sindacabile in questi termini a seguito della modifica dell’art.360 comma primo n.5 cod. proc. civ.; c) alla incompleta od errata ricostruzione del fatto storico, in quanto tali questioni rientrano nella discrezionalità del giudice di merito, non
sindacabile  in  questa  sede  se  non  nell’ambito  di  limiti  che  non appaiono né prospettati né travalicati.
Nella parte restante i motivi censurano -sotto diversi profili -la  ritenuta  insindacabilità della decisione del Comune di Isernia di stanziare, per il pagamento dei compensi professionali dell’avvocatura, la somma di euro 20.000,00.
 La  corte  territoriale  ha  fatto  corretta  applicazione  dell’art.9 comma 6 del d.l. n.90/2014 che in materia di compensi professionali  spettanti  ai  dipendenti  delle  avvocature  degli  enti pubblici ha stabilito che il i compensi devono essere corrisposti «nei limiti  dello  stanziamento  previsto,  il  quale  non  può  superare  il corrispondente stanziamento relativo all’anno 2013».
Come ritenuto dalla corte territoriale (ed anche dal giudice di prime cure) la determinazione dello stanziamento previsto per i compensi professionali nell’anno 2013 rientra nella sfera discrezionale dell’azione amministrativa, rispetto alla quale la posizione dell’AVV_NOTAIO non è qualificabile come diritto soggettivo, ma come interesse legittimo, e dunque rientra tra quelle che ai sensi dell’art. 7 del codice del processo amministrativo rientrano nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo.
La discrezionalità dell’ente pubblico, e la posizione di interesse legittimo che ne deriva, trova un riscontro negli stessi principi contabili richiamati nel ricorso per cassazione, dai quali non risultano regole certe e predeterminate, ma piuttosto valutazioni prudenziali correlate al numero dei giudizi in corso e del grado di probabilità del loro esito. Sul punto è costante l’orientamento di questa Corte nell’escludere la sussistenza di una posizione di diritto soggettivo, e dunque la giurisdizione dell’A.G.O., quando si verte di una fattispecie che origina da requisiti valutativo-discrezionali, e non di rilevanza oggettiva (Cass. S.U. 23/09/2024 n. 25398).
 Per  questi  motivi  i  primi  tre  motivi  di  ricorso,  nelle  parti  non sanzionate con l’inammissibilità, devono essere rigettati.
Anche il quarto motivo deve essere rigettato. Nessuna somma a titolo di risarcimento del danno, e tanto meno in via equitativa, può  essere  riconosciuta  in  difetto  della  prova  di  una  condotta illecita  del  datore  di  lavoro,  condotta  già  esclusa  dalla  corte territoriale.
Per tutti questi motivi il ricorso deve essere rigettato.
La ricorrente deve essere condannata al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in euro 4.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie in misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00 ed agli accessori di legge.
P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in euro 4.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie in misura del  15  per  cento,  agli  esborsi  liquidati  in  euro  200,00  ed  agli accessori di legge.
Ai  sensi  dell’art.  13  comma  1  quater  del  d.P.R.  n.  115  del  2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a  quello  dovuto  per  il  ricorso,  a  norma  del  comma  1-bis,  dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Lavoro