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Compensi avvocati enti pubblici: la Cassazione decide

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 5457/2025, ha rigettato il ricorso di una legale contro un Comune in materia di compensi avvocati enti pubblici. La Corte ha stabilito che la determinazione del fondo per tali compensi è un atto discrezionale dell’amministrazione, e le relative controversie rientrano nella giurisdizione del giudice amministrativo, non di quello ordinario, trattandosi di interesse legittimo e non di diritto soggettivo.

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Pubblicato il 13 settembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Compensi Avvocati Enti Pubblici: Giurisdizione e Limiti di Spesa

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione affronta un tema cruciale per i legali che operano all’interno delle pubbliche amministrazioni: la determinazione dei compensi avvocati enti pubblici e i limiti imposti dalla normativa sulla spesa pubblica. La decisione chiarisce in modo definitivo a quale giudice spetta decidere su queste controversie, tracciando una linea netta tra diritto soggettivo e interesse legittimo.

I Fatti di Causa: la Controversia sul Pagamento

Il caso ha origine dalla richiesta di pagamento dei compensi professionali avanzata da una legale, unica avvocatessa dell’avvocatura di un Comune, per l’attività svolta tra il 2016 e il 2018. A fronte della richiesta, l’ente pubblico si era opposto, sostenendo che il pagamento dovesse essere contenuto entro i limiti di uno specifico stanziamento di bilancio, fissato in 20.000,00 euro, in base a quanto previsto dalla normativa sulla riduzione della spesa pubblica (D.L. 90/2014).

La Decisione nei Precedenti Gradi di Giudizio

Sia il Tribunale che la Corte d’Appello avevano dato ragione all’ente pubblico. I giudici di merito avevano ritenuto che la scelta del Comune di determinare l’ammontare dello stanziamento per i compensi professionali fosse un atto insindacabile nel merito, in quanto espressione di discrezionalità amministrativa. Di conseguenza, la pretesa della legale non poteva essere accolta per l’intero, ma solo fino alla concorrenza della somma stanziata.

I Motivi del Ricorso in Cassazione

La legale ha impugnato la decisione della Corte d’Appello dinanzi alla Corte di Cassazione, sollevando diverse questioni. In sintesi, la ricorrente lamentava la violazione e falsa applicazione della normativa sui compensi (art. 9 del D.L. 90/2014), delle norme sull’onere della prova e dei principi costituzionali di tutela giurisdizionale, sostenendo che il giudice ordinario avesse il potere di controllare e sindacare la decisione dell’ente sul pagamento delle sue spettanze.

Compensi Avvocati Enti Pubblici: la Decisione della Cassazione

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, confermando la decisione impugnata e fornendo chiarimenti fondamentali sulla materia.

La Questione della Giurisdizione: Diritto Soggettivo o Interesse Legittimo?

Il punto centrale della decisione riguarda la natura della posizione giuridica della legale. La Suprema Corte ha stabilito che la determinazione dello stanziamento di bilancio destinato a coprire i compensi avvocati enti pubblici è un’attività che rientra nella sfera di discrezionalità dell’azione amministrativa. L’ente pubblico, nel fissare il budget, compie valutazioni prudenziali basate su fattori come il numero di giudizi e la probabilità di esito.

Di conseguenza, la posizione della professionista non è qualificabile come un diritto soggettivo pieno al pagamento di un compenso indeterminato, ma come un interesse legittimo a che l’amministrazione eserciti correttamente il proprio potere discrezionale. Le controversie che riguardano interessi legittimi, come in questo caso, rientrano nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo (TAR e Consiglio di Stato), e non in quella del giudice ordinario (Tribunale, Corte d’Appello).

L’Inammissibilità degli Altri Motivi

La Corte ha inoltre dichiarato inammissibili le altre censure sollevate. In particolare, la critica alla motivazione della sentenza d’appello è stata respinta in quanto, a seguito delle riforme processuali, non è più possibile contestare in Cassazione la presunta ‘illogicità’ della motivazione, ma solo l’omesso esame di un fatto storico decisivo, circostanza qui non ravvisata.

Le Motivazioni della Corte

La Corte ha motivato la sua decisione richiamando l’art. 9, comma 6, del D.L. n. 90/2014, che stabilisce esplicitamente che i compensi devono essere corrisposti ‘nei limiti dello stanziamento previsto’, il quale a sua volta non può superare quello relativo all’anno 2013. Questa norma, secondo i giudici, subordina il diritto al compenso a una condizione precisa: la capienza del fondo stanziato dall’ente. La scelta su come e quanto stanziare è una decisione amministrativa. Pertanto, il giudice ordinario non ha il potere di sostituirsi all’amministrazione in questa valutazione. La posizione del legale è tutelabile, ma dinanzi al giudice competente, ovvero quello amministrativo, che può verificare la correttezza dell’esercizio del potere discrezionale dell’ente.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa ordinanza consolida un principio di fondamentale importanza: la controversia sulla congruità del fondo per i compensi avvocati enti pubblici non appartiene al giudice del lavoro o al giudice civile. I legali che ritengono lesi i propri diritti dalla determinazione del budget da parte dell’ente devono impugnare l’atto amministrativo di stanziamento dinanzi al TAR. La sentenza ribadisce la separazione tra la giurisdizione ordinaria, che tutela i diritti soggettivi, e quella amministrativa, che tutela gli interessi legittimi di fronte al potere della Pubblica Amministrazione.

A chi spetta decidere le controversie sui compensi degli avvocati degli enti pubblici quando il problema è la quantificazione del budget?
Secondo la Corte di Cassazione, la giurisdizione spetta al giudice amministrativo (TAR), in quanto la determinazione del fondo per i compensi è un atto di discrezionalità amministrativa che incide su un interesse legittimo.

La posizione dell’avvocato di un ente pubblico riguardo alla determinazione del fondo per i compensi è un diritto soggettivo?
No, la Corte ha stabilito che non si tratta di un diritto soggettivo pieno al pagamento, ma di un interesse legittimo al corretto esercizio del potere discrezionale da parte dell’amministrazione nel determinare lo stanziamento di bilancio.

Un giudice ordinario può sindacare la scelta di un Comune su quanto stanziare a bilancio per le parcelle dei propri legali?
No, il giudice ordinario non ha questo potere. Tale valutazione rientra nella giurisdizione del giudice amministrativo, che è l’unico a poter sindacare la legittimità degli atti discrezionali della Pubblica Amministrazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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