Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 22328 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 22328 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data pubblicazione: 02/08/2025
ORDINANZA
sul ricorso 24923-2022 proposto da:
COGNOME rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME
– ricorrente –
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE RISCOSSIONE (già RAGIONE_SOCIALE);
– intimata –
– nonchè contro –
RAGIONE_SOCIALE in persona del suo Presidente e legale rappresentante pro tempore, in proprio e quale mandatario della RAGIONE_SOCIALE rappresentati e difesi dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOMECOGNOME;
– resistenti con mandato –
Oggetto
Compensazione
delle spese processuali
R.G.N. 24923/2022
COGNOME
Rep.
Ud. 18/06/2025
CC
avverso la sentenza n. 1156/2022 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 11/03/2022 R.G.N. 3075/2017; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 18/06/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
Con la sentenza in epigrafe indicata la Corte d’appello di Napoli accoglieva l’appello proposto da NOME COGNOME contro la sentenza del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere n. 701/2017 e, in riforma di tale sentenza, dichiarava non dovuti dal Romano i contributi IVS richiesti dall’INPS per l’anno 2000 di cui alla cartella esattoriale n. NUMERO_CARTA compensando le spese di entrambi i gradi di giudizio.
Per quanto qui interessa, la Corte territoriale, costituitasi RAGIONE_SOCIALE (ora Agenzia delle Entrate Riscossione), e restando contumaci anche in secondo grado l’INPS e la S.C.C.I. s.p.a., premetteva che, rispetto all’opposizione all’esecuzione proposta dal Romano ad intimazione di pagamento notificata in data 7.7.2014, in relazione alla precedente suddetta cartella esattoriale, emessa per l’omesso versamento dei contributi IVS per l’anno 2000, aveva dichiarato il difetto di legittimazione passiva di RAGIONE_SOCIALE, nella qualità di agente di riscossione, e l’improcedibilità della domanda sul presupposto della mancata notifica del ricorso all’INPS, quale soggetto legittimato in qualità di ente creditore, compensando le spese del primo grado.
La Corte, quindi, nel ritenere l’appello fondato, rilevava anzitutto che il Tribunale, per evidente errore materiale, aveva ritenuto che il ricorrente non avesse notificato all’INPS il ricorso introduttivo del giudizio, che aveva qualificato come opposi zione all’esecuzione ex art. 615 c.p.c., con conseguente difetto di legittimazione passiva di Equitalia Sud s.p.a., quale agente della riscossione, poiché le eccezioni formulate dal ricorrente attenevano al diritto dell’ente creditore di procedere all’esec uzione forzata. Secondo la Corte, invece, il ricorrente aveva regolarmente depositato in giudizio il ricorso notificato a mezzo posta anche all’INPS e alla S.C.C.I. s.p.a., oltre che all’Equitalia Sud s.p.a.
Passando, quindi, ad esaminare nel merito l’opposizione, la Corte, richiamando Cass., sez. un., n. 23397/2016, riteneva che anche l’inutile decorso del termine perentorio per proporre opposizione, non produceva effetti di ordine processuale con la conse guente inapplicabilità dell’art. 2953 c.c. ai fini della prescrizione, poiché la mancata opposizione alla cartella di pagamento non convertiva il termine di prescrizione quinquennale in quello decennale, non potendosi configurare la cartella quale titolo giudiziale definitivo.
Considerava, allora, la Corte che dagli atti depositati in primo grado dall’Agenzia delle Entrate emergeva che, dalla notifica della cartella di pagamento avvenuta in data 4.2.2004, fino alla successiva notifica dell’intimazione di pagamento qui opposta, avvenuta il 7.7.2014, non vi era stato alcun atto interruttivo, motivo per cui la Corte riteneva di uniformarsi all’orientamento espresso dalla suindicata sentenza della Sezioni Unite di questa Corte, che confermava la prescrizione quinquennale ai sensi dell’art. 3, commi 9 e 10, l. n. 335/1995
per le pretese contributive dell’INPS, con conseguente accoglimento dell’appello e riforma della sentenza impugnata.
La Corte, inoltre, riteneva che dovessero essere compensate le spese del doppio grado di giudizio.
Avverso tale decisione NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione, affidato ad unico motivo.
L’INPS e la RAGIONE_SOCIALE si sono costituiti mediante rilascio di procura ai su indicati difensori, l’Agenzia delle Entrate Riscossione è rimasta mera intimata.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con unico motivo il ricorrente denuncia: ‘Violazione ed errata applicazione delle seguenti norme di diritto: artt. 91 e 92 c.p.c., 111 Cost., 132 c.p.c.’. Richiama l’art. 92, comma 2, c.p.c. dove legittima la compensazione delle spese processuali, ove n on sussista reciproca soccombenza, solo ‘nel caso di assoluta novità della questione trattata o mutamento della giurisprudenza rispetto alle questioni dirimenti’. Si duole del fatto che la Corte territoriale, pur avendo accolto il suo appello, aveva statui to: ‘Vanno compensate le spese del doppio grado in ragione del fatto che è stato necessario emendare la sentenza di primo grado, che sull’erroneo presupposto che l’INPS non era stato evocato in giudizio, ha erroneamente dichiarato improcedibile la domanda’ , adducendo una motivazione del tutto contraddittoria ed illogica. Deduce che al contrario di quanto sostenuto dalla Corte di merito, proprio in ragione della riforma della sentenza di primo grado e della mancanza di uno dei presupposti in cui il giudice può decidere di compensare le
spese, che quest’ultimo, avrebbe dovuto condannare la parte soccombente alle spese del doppio grado di giudizio, in conformità al principio di soccombenza.
2. Il motivo è infondato.
Occorre, anzitutto, rilevare che erroneamente il ricorrente ha indicato all’inizio della seconda facciata del ricorso per cassazione in esame che la sentenza impugnata è stata ‘pubblicata in data 11 marzo 2022’.
In realtà, come risulta dagli atti prodotti dallo stesso ricorrente, quest’ultima data è soltanto quella in cui fu data lettura in udienza del dispositivo di sentenza, mentre quest’ultima, completa della sua motivazione, è stata depositata e contestualmente pubblicata (telematicamente) in data 15.4.2022.
Inoltre, proprio per tale data di pubblicazione della sentenza, il ricorso per cassazione, notificato il 10.10.2022, può reputarsi tempestivo rispetto al termine semestrale di cui all’art. 327, comma primo, c.p.c. novellato (applicabile nella specie in quanto il giudizio in primo grado era stato introdotto con ricorso del 6.10.2014, e quindi dopo il 4.9.2009).
Tanto premesso, anzitutto sempre erroneamente il ricorrente, come risulta dalle sue deduzioni richiamate in limine , si riferisce al testo vigente dell’art. 92, comma secondo, c.p.c., che recita: ‘Se vi è soccombenza reciproca ovvero nel caso di assoluta novità della questione trattata o mutamento della giurisprudenza rispetto alle questioni dirimenti, il giudice può c ompensare le spese tra le parti, parzialmente o per intero’.
Come noto su tale testo è, poi, intervenuta la Corte costituzionale che, con sentenza n. 77 del 19 aprile 2008, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del riportato comma, ossia, come modificato dall’art. 13, comma 1, d.l. 12.9.2014, n. 132, conv. con mod. nella l. 10 novembre 2014, n. 162, nella parte in cui non prevede che il giudice possa compensare le spese tra le parti, parzialmente o per intero, anche qualora sussistano altre analoghe gravi ed eccezionali ragioni.
Ebbene, tale versione della norma, come risultante da detto intervento del Giudice delle leggi, non è applicabile ratione temporis a questo procedimento.
A termini, infatti, del comma 2 dell’art. 13 del d.l. ora cit., la disposizione novellata si applica ai procedimenti introdotti a decorrere dal trentesimo giorno successivo all’entrata in vigore della legge di conversione (pubblicata in G.U. il 10.11.2014).
Il presente procedimento, come già evidenziato, era stato introdotto in primo grado con ricorso del 6.10.2014 e, perciò prima della data suddetta.
Conseguentemente, trovava applicazione nella specie il testo dell’art. 92, comma secondo, c.p.c., come modificato dall’art. 45, comma 11, l. 18.6.2009, n. 69, che recita(va): ‘Se vi è soccombenza reciproca o concorrono altre gravi ed eccezionali ragioni, esplicitamente indicate nella motivazione, il giudice può compensare, parzialmente o per intero, le spese tra le parti’.
Orbene, il ricorrente, oltre a riferirsi ad un parametro normativo non applicabile alla fattispecie ratione temporis , non considera che la Corte territoriale, nella sua motivazione, aveva
evidenziato che: ‘Un problema fino ad oggi dibattuto in sede giudiziaria è stato quello dell’applicabilità o meno della prescrizione quinquennale in luogo della prescrizione decennale, in caso di notifica di una cartella di pagamento non impugnata dal contribuente, come qui avvenuto, avendo l’Agenzia delle Entrate Riscossione, dato prova della effettiva notifica della cartella avvenuta in data 04.02.2004’ (‘contrariamente a quanto asserito dall’appellante’, come precisato alla successiva pag. 4 della sua sentenza).
Ha, quindi, considerato che: ‘La questione è stata definitivamente risolta dalla Cassazione a Sezioni Unite, con la sentenza n° 23397/2016, la quale ha riconosciuto l’operatività della prescrizione quinquennale di cui all’art. 3, comma 9, della L. n° 335/1995, anche a seguito della notifica di una cartella di pagamento non opposta’.
Dunque, essendo la cit. sentenza n. 23397/2016 delle Sezioni Unite sopravvenuta rispetto all’introduzione del giudizio di primo grado, il ricorrente avrebbe dovuto dedurre perché la complessiva motivazione così resa dalla Corte non integrasse gli estrem i di ‘gravi ed eccezionali ragioni’ idonee a giustificare la disposta compensazione delle spese, secondo il previgente testo dell’art. 92, comma secondo, c.p.c.
Nulla dev’essere disposto quanto alle spese, perché l’Agenzia delle Entrate Riscossione è rimasta mera intimata, mentre l’INPS e la RAGIONE_SOCIALE non hanno svolto alcuna attività difensiva.
Nondimeno il ricorrente è tenuto al versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Nulla per le spese di lite.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del