LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Compensazione spese processuali: quando è illegittima

Un ente pubblico impugna una sentenza sfavorevole, ma il suo appello viene dichiarato improcedibile. Nonostante ciò, la Corte d’Appello dispone la compensazione delle spese processuali. La Corte di Cassazione interviene, stabilendo che l’improcedibilità dell’appello configura una soccombenza a tutti gli effetti. Pertanto, in assenza di gravi ed eccezionali ragioni, la compensazione spese processuali è illegittima e la parte soccombente deve essere condannata al pagamento delle spese.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 25 dicembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Compensazione spese processuali: illegittima se l’appello è improcedibile

La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha ribadito un principio fondamentale in materia di spese legali: la regola generale è che ‘chi perde paga’. L’eccezione della compensazione spese processuali non può essere applicata con leggerezza, neanche quando la decisione è di natura puramente procedurale, come nel caso di un appello dichiarato improcedibile. Questa pronuncia chiarisce che la soccombenza processuale equivale a una soccombenza di merito ai fini della condanna alle spese.

I fatti di causa

Un lavoratore aveva ottenuto in primo grado il riconoscimento di determinati diritti retributivi nei confronti di un ente pubblico regionale. L’ente aveva successivamente proposto appello contro tale decisione. Tuttavia, nel corso del giudizio di secondo grado, l’ente non si era presentato alle udienze fissate, mostrando un atteggiamento di sostanziale abbandono del gravame. Di conseguenza, la Corte d’Appello aveva dichiarato l’appello improcedibile. La controversia, però, non si è conclusa qui. Nonostante l’esito favorevole al lavoratore, la Corte territoriale aveva deciso di compensare integralmente le spese del giudizio tra le parti.

La decisione della Corte d’Appello e il ricorso in Cassazione

Il lavoratore, pur vittorioso nel merito, ha impugnato la decisione della Corte d’Appello dinanzi alla Cassazione, ma limitatamente al capo relativo alla compensazione delle spese. Secondo il ricorrente, la Corte d’Appello aveva errato nel non condannare l’ente pubblico, parte appellante e soccombente, al pagamento delle spese legali, violando così gli articoli 91 e 92 del Codice di procedura civile.

Limiti alla compensazione spese processuali secondo la Cassazione

La Suprema Corte ha accolto il ricorso, fornendo un’importante lezione sui limiti della compensazione spese processuali. I giudici hanno ricordato che, a seguito delle riforme normative e dell’intervento della Corte Costituzionale (sentenza n. 77/2018), l’articolo 92 del Codice di procedura civile consente la compensazione solo in ipotesi tassative: soccombenza reciproca, assoluta novità della questione trattata, mutamento della giurisprudenza su punti decisivi o la sussistenza di ‘altre analoghe gravi ed eccezionali ragioni’.

Le motivazioni

La Corte di Cassazione ha chiarito che una pronuncia in rito, come la declaratoria di improcedibilità dell’appello, non costituisce di per sé una di quelle ‘gravi ed eccezionali ragioni’ che giustificano la deroga al principio della soccombenza. L’ente pubblico, avendo proposto un appello poi dichiarato improcedibile, è a tutti gli effetti la parte soccombente. La ‘natura in rito della decisione’, motivazione addotta dalla Corte d’Appello, è stata ritenuta errata e insufficiente. La soccombenza, hanno spiegato gli Ermellini, si configura in ogni ipotesi in cui la domanda di una parte non viene accolta, sia per ragioni di merito che per ragioni procedurali. Di conseguenza, la parte la cui iniziativa processuale si è conclusa senza successo deve farsi carico delle spese legali della controparte.

Le conclusioni

In conclusione, la Cassazione ha cassato la sentenza d’appello nella parte relativa alle spese, condannando l’ente regionale al pagamento delle spese legali sia per il giudizio di secondo grado sia per quello di legittimità. Questa ordinanza rafforza il principio secondo cui la condanna alle spese è la regola e la compensazione l’eccezione, applicabile solo in presenza di motivazioni solide e specifiche, che non possono esaurirsi nel semplice carattere processuale della decisione.

La dichiarazione di improcedibilità di un appello giustifica la compensazione delle spese processuali?
No, secondo la Corte di Cassazione, l’improcedibilità di un appello configura una soccombenza a tutti gli effetti. Di per sé, non costituisce una grave ed eccezionale ragione che possa giustificare la compensazione delle spese, la quale rimane un’eccezione alla regola generale per cui chi perde paga.

In quali casi il giudice può decidere per la compensazione delle spese processuali?
In base all’art. 92 del codice di procedura civile, il giudice può compensare le spese, totalmente o parzialmente, solo in caso di soccombenza reciproca, quando la questione trattata è di assoluta novità, se vi sono stati mutamenti nella giurisprudenza su questioni dirimenti, oppure se sussistono altre analoghe gravi ed eccezionali ragioni, che devono essere esplicitamente motivate.

Cosa si intende per ‘soccombenza’ ai fini della condanna alle spese?
La soccombenza è la posizione della parte le cui domande o difese sono state respinte dal giudice. La Corte ha chiarito che la soccombenza non è solo quella ‘di merito’ (quando si perde sul diritto sostanziale), ma anche quella ‘processuale’ (quando l’azione o l’impugnazione viene respinta per una ragione di rito, come l’improcedibilità). In entrambi i casi, la parte soccombente è tenuta a rimborsare le spese legali.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati