Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 13134 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 13134 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 17/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 16153/2023 R.G. proposto da:
COGNOME rappresentata e difesa dall’avv. NOME COGNOME presso l’indirizzo di posta elettronica certifica del quale è domiciliata per legge;
-ricorrente-
contro
AGENZIA ENTRATE RISCOSSIONI, ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE;
-parti intimate- avverso la sentenza della CORTE D’APPELLO di CATANZARO n. 525/2023 depositata il 10/05/2023;
udita la relazione svolta in camera di consiglio dal Consigliere Dott. COGNOME
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME con ricorso proposto in data 9 maggio 2018 nei confronti dell’INPS e della Agenzia delle Entrate Riscossione, si
opponeva a 16 estratti di ruolo in relazione ai quali aveva presentato istanza di rateizzazione accolta da Agenzia delle Entrate Riscossione.
Il Tribunale, qualificata la domanda come opposizione alla esecuzione, dichiarava inammissibile il ricorso, ritenendo insussistente l’interesse ad agire in mancanza di allegazioni e prove di una minaccia attuale di esecuzione forzata.
Avverso tale sentenza la COGNOME proponeva appello, chiedendo la riforma della sentenza impugnata e l’accertamento della sopravvenuta prescrizione dei crediti di competenza del giudice del lavoro.
Inps ed RAGIONE_SOCIALE si costituivano concludendo: il primo, per il rigetto dell’appello, in subordine per l’estinzione del giudizio per cessazione della materia del contendere; la seconda per la dichiarazione di cessata materia del contendere.
La Corte d’appello di Catanzaro con sentenza n. 525/2023 dichiarava improcedibile l’appello (non essendo comparsa l’appellante né all’udienza di discussione del 21.3.23, né alla successiva udienza del 28.3.23 cui la causa era stata rinviata ai sensi dell’art. 348 c.p.c.) e condannava parte appellante alla rifusione delle spese processuali.
Avverso la sentenza della corte territoriale ha proposto ricorso la COGNOME che, in via preliminare, ha messo in rilievo di aver aderito alla rottamazione quater , ragion per cui, non essendo ancora passata in giudicato la sentenza impugnata e potendo intervenire l’estinzione del procedimento a seguito di adesione alla rottamazione quater anche in sede di cassazione, ha chiesto che questa Corte dichiari l’estinzione del processo, per aver la ricorrente aderito a detta ‘rottamazione’, con compensazione delle spese di tutti i gradi di giudizio
Le parti intimate non hanno svolto difese.
Per l’odierna adunanza il Procuratore Generale non ha rassegnato conclusioni, né il Difensore della ricorrente ha depositato memoria.
La Corte si è riservata il deposito della motivazione entro il termine di giorni sessanta dalla decisione.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. In primo luogo, va dichiarata inammissibile ex art. 366 n. 4 e n. 6 c.p.c. la richiesta di estinzione del procedimento a seguito di adesione alla c.d. rottamazione quater .
Come è noto, detta forma definizione agevolata dei carichi affidati all’agente della riscossione – che: a) è stata introdotta con l’art. 1, commi 231-252, della l. del 29 dicembre 2022, n. 197 (Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2023 e bilancio pluriennale per il triennio 2023-2025); b) riguarda i carichi affidati agli agenti della riscossione dal 1° gennaio 2000 al 30 giugno 2022; c) ha più volte di recente formato oggetto di esame da parte di questa Corte (cfr., tra le tante, Cass. n. 8383/2025 e n. 4613/2025; nonché Cass. n. 24479 e n. 24428/2024 e n. 26531/2020) – prevede, come le altre tre che l’hanno preceduta, a) la previa dichiarazione del contribuente di adesione alla misura, b) l’impegno a rinunciare ai giudizi pendenti aventi ad oggetto i carichi affidati all’Agente della Riscossione, c) l’indicazione del numero di rate di cui ci si intende avvalere e d) la comunicazione dell’Agente della Riscossione, che, verificata la sussistenza dei presupposti per l’accesso alla definizione agevolata, rappresenta al contribuente le somme dovute ed il piano dei pagamenti con le singole scadenze.
L ‘inammissibilità dell’istanza consegue per l’appunto al fatto che parte ricorrente: a) afferma di allegare la dichiarazione di adesione, senza tuttavia depositarla nel fascicolo telematico, per come accessibile al Collegio al momento della decisione; b) non soltanto non allega i documenti necessari per constatare che vi sia stata l’adesione alla rottamazione e che siano stati rispettati tutti gli adempimenti sopra indicati, ma comunque nemmeno li indica e men che meno ne illustra il contenuto.
Nessun effetto può, quindi, ricollegarsi alla mera allegazione della presentazione della relativa istanza e va esaminato il merito cassatorio.
2. Quanto a questo, la COGNOME articola in ricorso un solo motivo, con il quale denuncia: <> nella parte in cui la corte di merito – dopo aver dichiarato la improcedibilità del ricorso l’ha condannata alle spese di giudizio in favore dell’INPS.
Osserva che la corte di merito, nel condannarla al pagamento delle spese processuali, non ha valutato che: a) all’udienza di discussione del 21.03.2023, nessuna delle parti costituite in giudizio era comparsa; motivo per cui, l’udienza di discussione era stata rinviata, all’udienza del 28.03.2023, ai sensi dell’art. 348 c.p.c. (cioè per essere dichiarata estinta) ; b) l’INPS, all’udienza del 21.03.2023, e l’Agenzia Entrate Riscossione, nella comparsa di costituzione e risposta, avevano preso atto che era cessata la materia del contendere, poiché le cartelle riportate nel ricorso, erano state tutte rottamate, perché precedenti al 2010 e inferiori a € 1.000,00; c) le circostanze di cui sopra avevano indotto essa parte allora appellante a non presentarsi né alla prima udienza del 21.03.2023 né alla successiva udienza del 28.03.2023.
Sostiene che, in considerazione delle motivazioni di cui sopra, che integravano giustificati motivi, le spese processuali avrebbero dovuto essere compensate.
3. Il ricorso è inammissibile, ai sensi dell’art. 360-bis, n. 1, c.p.c. Come è noto, l’art. 91 comma 1 primo periodo c.p.c. pone il principio generale della soccombenza, in base al quale la parte soccombente non soltanto subisce il carico delle proprie spese, ma deve rimborsare a favore della controparte, risultata vincitrice, le spese processuali sostenute da quest’ultima, spese che deve liquidare insieme agli onorari di difesa.
Detto principio generale è derogato dall’art. 92 c.p.c., che, nella formulazione vigente ratione temporis , al comma secondo (come modificato dall’art. 13 comma 1 del d.l. n. 132/2014, convertito nella legge n. 162/2014, applicabile dal 30 giorno successivo all’entrata in vigore della legge di conversione) poneva il principio della compensazione (totale o parziale) delle spese processuali tra le parti, in caso di soccombenza reciproca ovvero di assoluta novità delle questioni trattate ovvero di mutamenti della giurisprudenza rispetto alle questioni dirimenti.
Ciò posto, è consolidato nella giurisprudenza di questa Corte (cfr., tra le tante, SU sent. n. 14989/2005, alla quale si è attenuta tutta la successiva giurisprudenza di legittimità a sezione semplice) il principio per cui «la facoltà di compensare fra le parti le spese del giudizio rientra nel potere discrezionale del giudice di merito, il quale non è tenuto a darne ragione con una espressa motivazione del mancato uso di tale sua facoltà, con la conseguenza che la pronuncia di condanna alle spese, anche se adottata senza prendere in esame l’eventualità di una compensazione, non può essere censurata in cassazione, neppure sotto il profilo della mancanza di motivazione (Cass. 24 luglio 2002, n. 10861; vedi anche Cass. 22 aprile 2005, n. 8540)».
Del tutto conforme al suddetto principio è la sentenza impugnata. Donde l’inammissibilità del ricorso ai sensi dell’art. 360-bis, n. 1, c.p.c.. non avendo parte ricorrente neppure prospettato una qualche ragione atta a modificare l’orientamento, né invocato (e tanto meno dimostrato) altre ragioni di ingiustizia di quella condanna alle spese (tra cui, tra l’altro, le corrette conseguenze, sul punto, del completamento del complesso iter procedimentale della richiamata ‘rottamazione’).
4. Alla infondatezza del ricorso non consegue la condanna di parte ricorrente alle spese processuali, non essendo stata svolta alcuna difesa da parte intimata, ma consegue la declaratoria della sussistenza dei presupposti processuali per il pagamento dell’importo, previsto per
legge ed indicato in dispositivo, se dovuto (Cass. Sez. U. 20 febbraio 2020 n. 4315).
P. Q. M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, ad opera di parte ricorrente ed al competente ufficio di merito, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unifica to a norma del comma 1-bis del citato art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 14 maggio 2025, nella camera di consiglio