Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 17488 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 17488 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data pubblicazione: 29/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 1683/2023 R.G. proposto da: COGNOME, rappresentato e difeso, giusta procura in calce al ricorso, dagli avv.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME domicilio digitale come per legge
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALEgià RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa, giusta procura in calce al controricorso, dall’avv. NOME COGNOME domicilio digitale come per legge -controricorrente – nonché
COGNOME
-intimata –
avverso la sentenza della Corte d’ appello di Palermo n. 1943/2022, pubblicata in data 25 novembre 2022; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 4
aprile 2025 dal Consigliere dott.ssa NOME COGNOME
Fatti di causa
RAGIONE_SOCIALE, cessionaria di un credito del Banco di Sicilia s.p.a., conveniva in giudizio, dinanzi al Tribunale di Palermo, NOME COGNOME e NOME COGNOME, chiedendo, in via principale, la condanna della seconda al pagamento della somma di euro 44.076,04, dovuta in forza di finanziamento, e, la declaratoria di inefficacia ex art. 2901 cod. civ. dell’atto di compravendita del 14 dicembre 2009, con cui il COGNOME aveva acquistato un immobile dalla COGNOME, ed il successivo atto di alienazione dello stesso immobile tra il COGNOME e la di lui madre NOME COGNOME, nonché, in via subordinata, in caso di ritenuta opponi bilità dell’atto dispositivo, la condanna del convenuto al pagamento di una somma equivalente al credito vantato.
Il Tribunale adito condannava NOME COGNOME al pagamento, in favore dell’attrice, della somma di euro 57.489,33, oltre interessi, e rigettava ogni altra domanda, rilevando il difetto di prova che il COGNOME fosse consapevole del pregiudizio che l’atto dispositivo arrecava alle ragioni creditorie; condannava RAGIONE_SOCIALE al pagamento delle spese di lite in favore di NOME COGNOME.
La società soccombente ha proposto gravame dinanzi alla Corte d’appello di Palermo, la quale ha confermato , seppure con diversa motivazione, il rigetto delle domande di revocatoria ex art. 2901 cod. civ. e di pagamento di somma equivalente al credito spiegate nei confronti di NOME COGNOME; ha poi compensato le spese di lite relative al giudizio di primo grado tra l’appellante e NOME COGNOME
ed ha condannato NOME COGNOME e NOME COGNOME, in solido, al pagamento del 50 per cento delle spese processuali relative al giudizio di secondo grado, sul rilievo che gli appellati risultavano comunque ‹‹ soccombenti sotto il profilo delle argomentazioni sulla revocatoria ›› , compensandole per il resto e disponendo la restituzione di quanto versato da RAGIONE_SOCIALE in favore di NOME COGNOME all’esito del giudizio di primo grado.
Il COGNOME propone ricorso per cassazione avverso la suddetta sentenza, fondato su un unico motivo.
Resiste con controricorso la società RAGIONE_SOCIALE
La COGNOME non ha svolto attività difensiva.
Il ricorso è stato avviato per la trattazione in camera di consiglio ai sensi dell’art. 380 -bis .1. cod. proc civ.
Ragioni della decisione
Con l’unico motivo il ricorrente denunzia la ‹‹ violazione del principio di soccombenza e del principio di compensazione delle spese -Violazione, ai sensi dell’art. 360 n. 3 c.p.c., in relazione agli artt. 91 e 92 c.p.c. ›› e attinge la decisione impugnata nella parte in cui dichiara la compensazione integrale delle spese relative al giudizio di primo grado, nei rapporti tra la RAGIONE_SOCIALE.p.aRAGIONE_SOCIALE e lo stesso ricorrente, e nella parte in cui dichiara la compensazione parziale delle spese del giudizio di secondo grado.
Il motivo è infondato.
2.1. Il ricorrente, nell’impugnare la statuizione sulle spese di lite, lamenta, in sostanza, che, nel caso di specie, non ricorre una ipotesi di soccombenza reciproca, che possa derogare al principio sancito dall’art. 91 cod. proc. civ., essendo risultata RAGIONE_SOCIALE integralmente soccombente, sia in primo che in secondo grado, in relazione alle domande svolte nei suoi confronti, e che non concorrono altre gravi ed eccezionali ragioni che possano giustificare
la disposta compensazione. Rappresenta, pure, che la corte territoriale, a supporto della compensazione delle spese in grado di appello, ha fatto espresso riferimento alla ‹‹ soccombenza degli appellati sotto il profilo delle argomentazioni sulla revocatoria ›› , espressione che, per la sua genericità, non è idonea ad esprimere alcun profilo di gravità ed eccezionalità, come voluto dalla norma richiamata, dal momento che la domanda revocatoria, seppure con una diversa motivazione, era stata rigettata nel merito.
Rileva, quindi, che nessuna ragione concreta è stata addotta per sostenere la disposta compensazione delle spese in primo grado e che la motivazione sarebbe incongrua con riguardo alla parziale compensazione delle spese del grado di appello.
2.2. In via preliminare, va evidenziato che al presente giudizio, di merito e di legittimità, si applica ratione temporis il testo dell’art. 92 cod. proc. civ., modificato dapprima dall’art. 2, comma 4, della legge 28 dicembre 2005, n. 263 e poi dell’art. 58, comma 1, della legge 18 giugno 2009, n. 69; e che esso subordina la compensazione delle spese di lite -oltre che all’ipotesi della soccombenza reciproca delle parti -alla sussistenza di ‹‹ altre gravi ed eccezionali ragioni, esplicitamente indicate nella motivazion e››.
Come questa Corte ha già avuto modo di affermare, quella introdotta nel 2009 è norma elastica, che il legislatore ha previsto per adeguarla ad un dato contesto storico-sociale o a speciali situazioni, non esattamente ed efficacemente determinabili «a priori», ma da specificare in via interpretativa da parte del giudice di merito (così in motivazione, tra le tante, Cass. sez. L, 07/08/2019, n. 21157), la cui ‹‹ attività di precisazione e integrazione è censurabile in sede di legittimità al pari di ogni giudizio fondato su norme giuridiche, atteso che, nell’esprimere il giudizio di valore necessario ad integrare il parametro generale contenuto nella norma elastica, il giudice compie
un’attività di interpretazione giuridica e non meramente fattuale della norma, dando concretezza a quella parte mobile della stessa ›› (così, in motivazione, Cass., sez. U, 22/02/2012, n. 2572).
Si è sottolineata la discrezionalità del giudice nell’individuazione delle ipotesi idonee ad integrare le (gravi ed eccezionali) ragioni per la compensazione il tratto caratterizzante la disciplina in materia, giacché persino “la stessa ipotesi della soccombenza reciproca”, che ‹‹ parimenti facoltizza il giudice della controversia a compensare le spese di lite, rappresenta un criterio nient’affatto rigido, ma implica una qualche discrezionalità del giudice che è chiamato ad apprezzare la misura in cui ciascuna parte è al contempo vittoriosa e soccombente ›› . Pertanto, nel motivare le ragioni della disposta compensazione, il giudice è tenuto, essenzialmente, ad evitare che ‹‹ siano addotte ragioni illogiche o erronee, dovendosi ritenere altrimenti sussistente il vizio di violazione di legge ›› (Cass., sez. L., 09/04/2019, n. 9777; Cass., sez. 6 – 3, 26/07/2021, n. 21400).
A questa Corte è, dunque, demandata una verifica “in negativo”, in ragione della “elasticità” che caratterizza il potere giudiziale di compensare le spese di lite, essendo chiamata a stabilire che le ragioni poste a fondamento del provvedimento ex art. 92, secondo comma, cod. proc. civ. siano “non illogiche” o “erronee”, e ciò, tra l’altro, pure in conformità con l’avvenuta “riduzione al minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla parte motiva della sentenza (cfr. Cass., sez. U, 07/04/2014, n. 8053; Cass., sez. 3, 05/07/2017, n. 16502; Cass., sez. 1, 30/06/2020, n. 13248; Cass., sez. 3, n. 21400/2021, cit.; Cass., sez. L, 21/05/2024, n. 14036).
Orbene, nella specie le ragioni che la corte d’appello ha esplicitamente posto a fondamento della impugnata sentenza, per la posizione dell’odierno ricorrente, a giustificazione dell’operata compensazione non sono carenti, né palesemente illogiche ed
erronee.
Invero, la Corte, con motivazione sintetica, ma esaustiva e scevra da vizi logici, ha ben evidenziato, pure a fronte della pronuncia di rigetto della domanda di revocatoria ex art. 2901 cod. civ. svolta dalla RAGIONE_SOCIALE nei confronti del COGNOME (in ragione dell’intervenuto secondo passaggio di proprietà del bene immobile ), che erano da disattendere le argomentazioni difensive da quest’ultimo prospettate sia con riguardo alla sussistenza di indizi comprovanti la partecipatio fraudis del terzo acquirente dell’immobile , sia con riguardo alla applicabilità della esenzione prevista dal terzo comma dell’art. 2901 cod. civ.
A tali circostanze i giudici di appello hanno dato legittimamente rilievo, diversamente da quanto affermato dal ricorrente, secondo il quale il fatto che il giudice di merito avesse disatteso talune questioni dallo stesso sollevate non era certo sufficiente ad escludere l’integrale soccombenza della parte creditrice, dal momento che la Corte territoriale ha inteso valorizzare -secondo le indicazioni espresse dalla giurisprudenza di questa Corte -tra gli elementi idonei ad integrare le “altre gravi ed eccezionali ragioni”, quelli “attinenti al comportamento processuale delle parti” (così, in motivazione, Cass., sez. L, 26/09/2018, n. 23059).
Il richiamo alle suddette circostanze, invero, risponde all’indicazione fornita da questo giudice di legittimità, secondo cui le ragioni della disposta compensazione “devono trovare riferimento in specifiche circostanze o aspetti della controversia decisa da indicare esplicitamente nella motivazione della sentenza” (Cass., sez. 3, 19/10/2015, n. 21083), sicché proprio la valorizzazione dei due elementi già sopra illustrati integra quella “motivazione specifica ed eziologicamente ricollegabile in modo effettivo e non astratto alla controversia in oggetto” (Cass., sez. 6- 1, 11/07/2014, n. 16037)
idonea a far ritenere la stessa, come detto, conforme alla previsione di cui all’art. 92, secondo comma, cod. proc. civ. ed a far escludere anche la violazione dell’art. 91 cod. proc. civ., pure evocato.
E tanto anche in conformità all’arresto delle Sezioni Unite di questa Corte che ritiene non estraneo, “al fine della compensazione delle spese”, pure la valutazione dell’atteggiamento soggettivo del soccombente che ha agito o resistito in giudizio”, ovvero “delle ragioni che lo hanno indotto ad agire o resistere in giudizio”, vale a dire un valore che è stato espressamente ritenuto meritevole di considerazione dallo stesso legislatore ai fini dell’incidenza sulle spese, come chiaramente ricavabile, sia pure a contrario , dalla disciplina in tema di responsabilità aggravata di chi agisce o resiste con dolo o colpa grave (intesi dalla giurisprudenza anche come consapevolezza dell’infondatezza della domanda o dell’eccezione (così, in motivazione, Cass., sez. U, n. 2572 del 2012).
4. All’infondatezza del motivo consegue il rigetto del ricorso .
Le spese del giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo in favore della controricorrente, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 5.000,00 per compensi, oltre alle spese generali nella misura forfettaria del 15 per cento, agli esborsi, pari ad euro 200,00, e agli accessori di legge.
Ai sensi dell ‘ art. 13, comma 1quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall ‘ art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, al competente ufficio di merito dell ‘ ulteriore importo a
titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione