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Compensazione spese legali: quando è legittima?

Un debitore, parzialmente soccombente in primo grado, si vede rigettare l’appello della controparte ma il giudice compensa le spese legali. La Corte di Cassazione conferma la decisione, ritenendo che la compensazione spese legali sia giustificata sia dalla preesistente soccombenza parziale, sia dalla condotta processuale passiva e acquiescente tenuta in appello, che integra un motivo grave ed eccezionale.

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Pubblicato il 25 agosto 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Compensazione Spese Legali: Passività in Appello e Soccombenza Parziale Giustificano la Decisione

Nel processo civile vige la regola generale della soccombenza, secondo cui chi perde paga le spese legali della parte vittoriosa. Tuttavia, esistono eccezioni. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha affrontato un caso interessante di compensazione spese legali, chiarendo come la condotta processuale di una parte, anche se formalmente vittoriosa in un grado di giudizio, possa giustificare la decisione del giudice di far gravare su ciascuno i propri costi. Approfondiamo questa pronuncia per capire quando la passività difensiva e una soccombenza parziale pregressa possono portare alla compensazione.

I Fatti di Causa: Una Vicenda Familiare e Debitoria

La vicenda trae origine da un debito non onorato. Un creditore aveva agito in giudizio contro un debitore che, per sottrarre i propri beni a possibili azioni esecutive, aveva venduto un immobile alla moglie e un altro alle figlie. Il creditore aveva quindi chiesto sia il pagamento del dovuto sia la revoca di tali vendite.

Il Tribunale di primo grado aveva dato ragione solo in parte al creditore: aveva accolto la domanda di responsabilità contrattuale e quella di revoca della vendita alla moglie, ma aveva respinto la richiesta di revoca della vendita effettuata a favore delle figlie. Il debitore, quindi, risultava parzialmente vincitore e parzialmente soccombente.

Il Giudizio d’Appello e la Questione della Compensazione Spese Legali

La moglie del debitore decideva di impugnare la sentenza di primo grado. In sede di appello, il marito debitore si costituiva in giudizio non per contrastare le ragioni dell’appellante, ma per aderire alla sentenza di primo grado, chiedendone la piena conferma. In pratica, prestava acquiescenza alla decisione che lo vedeva parzialmente soccombente.

La Corte d’Appello rigettava l’impugnazione della moglie, confermando la sentenza iniziale. Tuttavia, in merito alle spese processuali tra marito e moglie, decideva per la loro totale compensazione. La motivazione? Il marito, pur essendo risultato vittorioso nel giudizio di appello (l’impugnazione contro di lui è stata respinta), non aveva svolto una reale attività difensiva, limitandosi ad accettare la decisione precedente.

Insoddisfatto, il debitore proponeva ricorso in Cassazione, sostenendo che la compensazione spese legali fosse illegittima, in quanto egli era a tutti gli effetti il vincitore del grado di appello e non sussistevano le ‘gravi ed eccezionali ragioni’ previste dall’art. 92 c.p.c. per derogare alla regola generale della soccombenza.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso, ritenendo infondato il motivo di censura e pienamente legittima la compensazione delle spese operata dal giudice d’appello. Le ragioni della decisione si fondano su due pilastri argomentativi.

La Reciproca Soccombenza in Appello

Innanzitutto, la Corte ha sottolineato che la situazione di parziale soccombenza del debitore, già definita in primo grado, si era di fatto riproposta in appello. Chiedendo la conferma della sentenza di primo grado, il debitore stava implicitamente chiedendo anche la conferma della parte di decisione a lui sfavorevole (la revoca della vendita alla moglie). Questo configura una situazione di soccombenza reciproca, che di per sé è una delle cause che, secondo l’art. 92 c.p.c., giustifica la compensazione delle spese.

La Mancata Difesa Attiva come Motivo Grave ed Eccezionale

In secondo luogo, e questo è il punto più interessante, la Cassazione ha individuato un ‘grave ed eccezionale motivo’ che giustifica la compensazione spese legali nella condotta processuale dell’appellato. Pur avendo formalmente depositato una comparsa di costituzione e una conclusionale, il debitore non aveva addotto alcun argomento difensivo per contrastare l’appello. Si era limitato a una mera acquiescenza.

Secondo la Corte, lo svolgimento di un’attività difensiva non consiste solo nel deposito formale di atti, ma nel loro contenuto sostanziale, ovvero nell’argomentare a sostegno delle proprie ragioni. L’omissione di una difesa attiva, pur risultando vittoriosi, è una circostanza eccezionale che può legittimamente indurre il giudice a compensare le spese tra le parti.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche per la Difesa in Giudizio

L’ordinanza in esame offre un importante insegnamento pratico: nel processo civile non basta ‘vincere’ per avere diritto al rimborso delle spese legali. La condotta processuale è fondamentale. Una difesa puramente passiva, limitata a una mera adesione a una decisione precedente, può essere interpretata dal giudice come una ragione sufficiente per derogare al principio della soccombenza e disporre la compensazione. La decisione ribadisce che la difesa tecnica deve essere effettiva e sostanziale, non un mero atto formale, per poter giustificare pienamente una condanna alle spese a carico della controparte.

Se in appello mi limito a chiedere la conferma della sentenza di primo grado, che mi vedeva parzialmente sconfitto, posso essere condannato a non ricevere il rimborso delle spese legali?
Sì. Secondo la Corte, chiedere la conferma di una decisione che ti vede parzialmente soccombente significa riproporre in appello una situazione di ‘reciproca soccombenza’. Questa circostanza, da sola, può giustificare la decisione del giudice di compensare le spese, facendo sì che ogni parte paghi il proprio avvocato.

La semplice costituzione in giudizio, senza svolgere argomenti difensivi, è sufficiente per ottenere il rimborso delle spese legali in caso di vittoria?
No, non necessariamente. La Cassazione chiarisce che il mancato svolgimento di una difesa attiva, ossia il non addurre argomenti a contrasto delle tesi avversarie, può costituire un ‘grave ed eccezionale motivo’ che giustifica la compensazione delle spese. L’attività difensiva non si esaurisce nel deposito formale degli atti, ma richiede un contenuto argomentativo.

Cosa si intende in questo caso per ‘reciproca soccombenza’ in appello?
In questo caso specifico, il ricorrente era già parzialmente soccombente in primo grado (su una delle domande di revoca). In appello, egli ha chiesto la conferma di quella sentenza. Di conseguenza, ha chiesto la conferma sia della parte a lui favorevole sia di quella a lui sfavorevole. La Corte ha interpretato questa richiesta come una conferma della sua parziale soccombenza anche nel grado di appello, giustificando così la compensazione delle spese.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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