Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 16500 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 16500 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 13/06/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al numero 9516 del ruolo generale dell’anno 20 22, proposto
da
COGNOME NOME, rappresentata e difesa, giusta procura speciale su foglio separato allegato al ricorso, dagli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME, elettivamente domiciliatasi presso lo studio del primo in Napoli, alla INDIRIZZO
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso, giusta procura speciale a margine del controricorso, dagli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME, presso lo studio dei quali in Pozzuoli, alla INDIRIZZO, elettivamente si domicilia
-controricorrente-
Oggetto: Compensazione delle spese. Contestazione.
per la cassazione della sentenza n. 1046/22 resa in grado d’appello dal Tribunale di Napoli, depositata in data 1 febbraio 2022 e notificata in pari data; udita la relazione sulla causa svolta nell’adunanza camerale del 9 maggio 2024 dal consigliere NOME COGNOME.
Rilevato che:
con la sentenza impugnata il Tribunale di Napoli ha accolto l’appello proposto da NOME COGNOME contro la sentenza n. 2739/13 del giudice di pace di Pozzuoli, il quale aveva r igettato l’opposizione proposta e confermato il decreto ingiuntivo che aveva emesso;
emerge dagli atti che il decreto ingiuntivo aveva ad oggetto il pagamento di una quota della somma che la RAGIONE_SOCIALE si era impegnata a pagare al Comune di Bacoli con una transazione;
-la quota era stata posta a carico dell’opponente, socia di RAGIONE_SOCIALE, in base a una delibera con la quale la RAGIONE_SOCIALE l’aveva annoverata tra i soci obbligati al pagamento e aveva, appunto, ripartito le quote;
il tribunale ha posto a fondamento della decisione la sopravvenuta caducazione ex tunc della delibera, costituente « il presupposto giustificativo del pagamento delle somme pretese dalla RAGIONE_SOCIALE con il decreto ingiuntivo » , ritenendo applicabile l’art. 336, comma 2, c.p.c.;
-pur accogliendo l’appello, il tribunale ha, tuttavia, interamente compensato le spese del doppio grado di giudizio;
-a fondamento della statuizione ha argomentato che l’accoglimento dell’appello e la revoca del decreto ingiuntivo discendevano soltanto dall ‘annullamento della delibera, successivo alla sentenza del giudice di pace, e non già dalla fondatezza dei motivi d’impugnazione , posto che, quanto a questi:
la produzione della delibera nel corso del giudizio di opposizione aveva eliso la rilevanza della contestazione concernente
la mancanza di essa a sostegno del ricorso monitorio prima e del decreto ingiuntivo poi;
infondata era la censura concernente la duplicazione dei titoli, poiché la transazione e la delibera di riparto si integrano tra loro;
le questioni riguardanti il contenuto della transazione e la validità della delibera di riparto non erano idonee a paralizzare in via di eccezione la domanda di pagamento, in mancanza di proposizione di apposita domanda riconvenzionale di annullamento della delibera;
il tribunale ha poi ravvisato una situazione di soccombenza reciproca fra le parti in ragione, da un lato, della sopravvenienza rappresentata dall ‘annullamento successivo della delibera e, dall’altro, dall’inconsistenza delle ragioni fatte valere dall’appellante per paralizzare la pretesa creditoria oggetto del decreto ingiuntivo opposto;
contro
questo capo della sentenza la ricorrente propone ricorso per ottenerne la cassazione, che affida a due motivi, di cui il primo articolato in quattro subcensure e il secondo in due, che illustra con memoria, cui RAGIONE_SOCIALE replica con controricorso, pure corredato di memoria.
Considerato che:
-col primo e col secondo motivo, da esaminare congiuntamente, perché aspetti della medesima censura, la ricorrente lamenta:
l’ omesso esame del fatto decisivo che il ricorso monitorio non era stato corredato della delibera di riparto, il che aveva determinato la nullità del decreto ingiuntivo emesso; la nullità della sentenza per contrasto tra motivazione e dispositivo, per avere considerato in motivazione assorbente l’annullamento della delibera di riparto e statuito in dispositivo la revoca del decreto ingiuntivo; la violazione o falsa applicazione degli artt. 91, 92 e 100 c.p.c.; la violazione o falsa applicazione di norme di diritto
per aver ritenuto assorbente il fatto sopravvenuto a ll’originario vizio del decreto ingiuntivo e della sentenza di primo grado che lo ha confermato ( primo motivo );
la violazione o falsa applicazione degli artt. 91, 92 e 100 c.p.c. sulla condanna alle spese e sulla pronuncia di compensazione ; l’omesso esame del fatto decisivo determinato dalla riforma della sentenza di primo grado che ha statuito erroneamente la conferma del decreto ingiuntivo ( secondo motivo );
la censura complessivamente proposta è inammissibile in tutti i suoi aspetti;
anche di là dalla valutazione delle modalità di allestimento dei motivi mediante formulazione di plurimi profili di censura proposti in maniera frammista, in quanto tale inosservante dei criteri stabiliti dalle sezioni unite di questa Corte (con sentenza n. 9100/15), si osserva che:
il fatto dedotto che il ricorso monitorio non era stato corredato della delibera di riparto non è certo decisivo, non soltanto perché non è contestato che, come accertato in sentenza, la delibera è stata depositata nel corso del giudizio di opposizione, il quale concerne l’intera situazione giuridica controversa (Cass., sez. un., n. 7448/93; sez. un., n. 9839/21), ma anche perché a fondamento della sentenza impugnata v’è la considerazione della caducazione del presupposto della pretesa di pagamento, dovu ta all’annullamento della suddetta delibera della RAGIONE_SOCIALE, anche se qualificata, pur in mancanza di una sentenza riformata o cassata, come effetto espansivo esterno; e la caducazione assorbe ogni questione, compresa quella dedotta col motivo, poiché ha comportato l’accertamento, non contestato, dell’insussistenza del diritto azionato in INDIRIZZO;
il decreto ingiuntivo è stato quindi superato da quest’accertamento , di modo che coerentemente il tribunale ne ha disposto la revoca, alla quale non è d’ostacolo la posteriorità dell’accertamento all’emissione del decreto (tra varie, Cass. n. 6514/07 e n. 24258/10 ) ;
rispetto alla ratio decidendi della pronuncia così individuata, le ulteriori critiche sono astratte;
irrilevante è, in particolare, la considerazione che al momento del ricorso monitorio l’ingiunta aveva già impugnato in altro giudizio la delibera, che, anzi, implica che in quel momento la delibera ci fosse, producesse i propri effetti e quindi giustificasse la pretesa;
d’altronde, come correttamente osservato dal tribunale, il giudice può sindacare l’annullabilità della deliberazione posta a fondamento dell’ingiunzione , purché sia dedotta in via d’azione, mediante apposita domanda riconvenzionale di annullamento contenuta nell’atto di citazione (Cass., sez. un., n. 9839/21, cit.; in termini, da ultimo, Cass. n. 5235/24, in tema di riscossione dei contributi consortili);
si ribadisce poi che, in tema di spese giudiziali, il sindacato di legittimità sulla pronuncia di compensazione è diretto a evitare che siano addotte ragioni illogiche o erronee a fondamento della decisione di compensarne i costi tra le parti e consiste, come affermato dalla Corte costituzionale (sent. n. 157 del 2014), in una verifica “in negativo” in ragione della “elasticità” costituzionalmente necessaria che caratterizza il potere giudiziale di compensazione delle spese di lite, « non essendo indefettibilmente coessenziale alla tutela giurisdizionale la ripetizione di dette spese » in favore della parte vittoriosa (Cass. n. 21400/21);
è quindi consentito il sindacato del giudice di legittimità soltanto se il giudice del merito si sia limitato a una enunciazione astratta o, comunque, non puntuale, restando in tal caso violato il precetto di legge e versandosi, se del caso, in presenza di
motivazione apparente; il sindacato di questa Corte, tuttavia, non può giungere sino a misurare « gravità ed eccezionalità », di là dalle ipotesi in cui all’affermazione del giudice non corrispondano le evidenze di causa o alla giurisprudenza consolidata (Cass. n. 15495/22);
nel caso in esame, invece, la motivazione non è astratta, ma è, nella sostanza, puntuale e rispondente agli eventi processuali dell’annullamento della delibera della RAGIONE_SOCIALE, della conferma della sentenza di primo grado da parte della corte d’appello e del successivo giudicato, ed è coerente con la ragione del decidere, calibrata sull’effetto derivante dall’annullamento della delibera in questione, rispetto alla quale la considerazione, effettivamente decettiva, sulla soccombenza reciproca è meramente ancillare e, quindi, ininfluente;
-resta quindi inibito a questa Corte il sindacato sulla pregnanza delle ragioni addotte a fondamento della decisione di compensazione;
-d’altronde, la riforma della sentenza di primo grado non è affatto un fatto in senso storico-naturalistico pretermesso, ma è l’oggetto della decisione;
in definitiva, il ricorso è inammissibile per l’inammissibilità dei motivi nei quali è articolato e le spese seguono la soccombenza.
Per questi motivi
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente a pagare le spese, che liquida in euro 1500,00 per compensi, oltre euro 200,00 per esborsi, al 15% a titolo di spese forfetarie, iva e cpa. Dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il raddoppio del contributo unificato, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 9 maggio 2024.