Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 7730 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 7730 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 23/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 21247/2022 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
contro
COMUNE DI MIGLIANICO
-intimato- avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO L’AQUILA n. 169/2022 depositata il 02/02/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 11/11/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
Svolgimento del processo
Con atto di citazione del 4 settembre 2019, il Comune di Miglianico proponeva opposizione avverso il decreto ingiuntivo emesso dal Tribunale di Chieti, sezione distaccata di Ortona, in data 23 maggio 2019, in favore di Banca Farmafactoring S.p.A., per la somma di euro 83.795,72 a titolo di sorte capitale, oltre interessi. L’opposta era cessionaria di un credito vantato dalla RAGIONE_SOCIALE nei confronti dell’ente pubblico e costituiva il corrispettivo relativo al terzo stato di avanzamento dei lavori di un contratto di appalto riguardante il recupero di un immobile da destinare ad alloggi ERP. Si costituiva l’opposta contestando le ragioni oggetto della citazione. Il Tribunale di Chieti, sezione distaccata di Ortona con sentenza del 2 novembre 2020 accoglieva l’opposizione, revocando il decreto ingiuntivo e condannando la parte opposta al pagamento delle spese di lite. Il Tribunale rilevava che l’opposta, sulla quale gravava l’onere di dimostrare i fatti costitutivi della pretesa, aveva omesso di produrre il contratto di appalto redatto per iscritto. L’opponente, inoltre, aveva dimostrato di aver estinto il debito.
Avverso tale sentenza proponeva appello l’originaria opposta con atto di citazione del 3 maggio 2021. Si costituiva il Comune contestando i motivi di impugnazione.
La Corte territoriale di L’Aquila con sentenza del 2 febbraio 2022 in parziale accoglimento dell’appello dichiarava integralmente compensate tra le parti le spese di lite sul rilievo che ‘il ridimensionamento della pretesa della ingiungente e il fatto che la stessa abbia reiteratamente e in fondatamente (nel primo, come nel presente grado di giudizio) insistito nel sostenere la debenza per intero della originaria somma ingiunta e, per altro verso, l’intervenuto pagamento solo nel corso del giudizio di oppos izione della minore importo ritenuto dovuto dal Comune’.
Avverso tale sentenza propone ricorso per cassazione RAGIONE_SOCIALE affidandosi a due motivi. La parte intimata non si costituisce.
Il consigliere relatore con provvedimento del 16 gennaio 2024, propone la definizione anticipata del ricorso ai sensi dell’articolo 380 bis c.p.c. Il ricorrente con istanza del 23 febbraio 2024 chiede la fissazione dell’udienza per la decisione in camera di consiglio insistendo nelle proprie richieste.
Motivi della decisione
Con il primo motivo si lamenta, ai sensi dell’articolo 360, n. 3 c.p.c., la violazione degli articoli 91 92 c.p.c. in tema di compensazione delle spese di lite disposta dalla Corte d’appello.
Il decreto ingiuntivo è stato emesso il 23 maggio 2019 per l’importo di euro 83.795 e nelle more del giudizio è intervenuto il pagamento parziale di euro 59.067 nel mese di ottobre 2019 da parte del Comune. Pertanto, qualora vi fosse stata l’estinzione int egrale dell’obbligazione la Corte d’appello avrebbe dovuto applicare le regole in tema di cessazione della materia del contendere e di soccombenza virtuale. Sotto altro profilo la motivazione della Corte territoriale appare insufficiente, vigendo, invece, l’obbligo del giudice di motivare in maniera puntuale e precisa le ragioni che portano alla compensazione delle spese.
Il motivo è destituito di fondamento. Le ragioni che hanno indotto la Corte d’appello a disporre la compensazione delle spese di primo e secondo grado derivano anche dal ridimensionamento della pretesa della opposta rispetto alla richiesta originariamente formulata con il decreto ingiuntivo. Sotto tale profilo la Corte d’appello ha dato atto che nelle more del giudizio è stata corrisposta la somma di euro 59.067, ma il profilo ritenuto rilevante è la circostanza che l’opposta ‘abbia reiteratamente e infonda tamente (nel primo, come nel presente grado di giudizio) insistito nel sostenere la debenza per intero della originaria somma ingiunta’.
Rispetto a tale argomentazione la ricorrente non ha formulato alcun rilievo limitandosi a prendere atto che, come evidenziato sia dal Tribunale, che dalla Corte territoriale, le risultanze processuali avevano dimostrato che l’importo originario era stato e rroneamente determinato e successivamente corretto mediante l’annullamento di quello precedente. L’opposta risulta parzialmente soccombente rispetto alla richiesta di condanna riferita all’ulteriore importo di euro 24.414,13.
Con il secondo motivo, ai sensi dell’articolo 360, n. 3 c.p.c., si lamenta la violazione di articoli 183, sesto comma, n. 3 c.p.c. e 2697 c.c. per avere la Corte territoriale ritenuto assolto da parte del Comune l’onere probatorio di dimostrare l’intervenu to adempimento, nonostante la tardiva produzione del documento di riferimento con la memoria ai sensi dell’articolo 183, n.3 c.p.c.
In particolare, i documenti prodotti dal Comune con la terza memoria prevista all’articolo 183 c.p.c. non avrebbero dovuto essere presi in considerazione trattandosi di un termine per prova contraria e non per prova diretta.
La censura è destituita di fondamento poiché, a prescindere dalla astratta fondatezza o meno delle considerazioni espresse, la questione relativa alla tempestività della prova contraria avrebbe dovuto essere fatta valere davanti al primo giudice e, eventualmente, costituire oggetto di specifico motivo di impugnazione. Parte ricorrente, al contrario, non ha allegato, trascritto o comunque documentato di avere formulato nelle sedi sopraindicate tali rilievi. Pertanto, la questione non può essere posta davanti al giudice di legittimità.
Il ricorso deve pertanto essere rigettato.
Nessun provvedimento va adottato in ordine alle spese del giudizio di cassazione, attesa la mancata costituzione in questa sede della parte intimata.
Va applicato il quarto comma dell’articolo 96 c.p.c. , con pronuncia in favore della Cassa delle ammende nella misura indicata in dispositivo, ricorrendone i presupposti di legge.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento della somma di euro 1.000,00 in favore della Cassa delle ammende ai sensi dell’art. 380 -bis, quarto comma, c.p.c.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater del d.p.r. 115 del 2002, da atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13.
Così deciso nella camera di Consiglio della Terza Sezione della Corte