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Compensazione spese legali: quando è legittima?

Un istituto di credito ha agito contro un Comune per un credito derivante da un appalto. Durante la causa, il Comune ha effettuato un pagamento parziale. La Corte d’Appello ha disposto la compensazione spese legali e la Cassazione ha confermato, sottolineando che l’insistenza infondata del creditore sulla somma originaria, nonostante il pagamento, giustificava tale decisione.

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Pubblicato il 20 settembre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Compensazione Spese Legali: Quando il Giudice Può Decidere che Ognuno Paga per Sé?

Nel processo civile vige la regola generale della soccombenza, secondo cui chi perde paga le spese legali della controparte. Tuttavia, esistono eccezioni. Una di queste è la compensazione spese legali, prevista dall’articolo 92 del codice di procedura civile, che consente al giudice di decidere che ogni parte sostenga i propri costi. Un’ordinanza recente della Corte di Cassazione chiarisce un’ipotesi interessante in cui tale compensazione è ritenuta legittima: quando la parte, pur avendo parzialmente ragione, insiste in modo infondato sulla sua pretesa originaria. Analizziamo insieme il caso.

I Fatti del Caso: Un Credito Conteso tra Istituto Finanziario e Comune

La vicenda ha origine da un decreto ingiuntivo di circa 84.000 euro ottenuto da una società finanziaria nei confronti di un Comune. Il credito derivava dalla cessione di un corrispettivo per lavori di recupero di un immobile destinato ad alloggi popolari, originariamente vantato da un’impresa appaltatrice.

Il Comune si opponeva al decreto, dando il via a una causa. Durante il giudizio di primo grado, l’ente pubblico effettuava un pagamento parziale di oltre 59.000 euro. Nonostante ciò, il Tribunale accoglieva l’opposizione, revocava il decreto ingiuntivo e condannava la società finanziaria al pagamento delle spese, ritenendo che quest’ultima non avesse provato adeguatamente il suo credito e che il debito fosse stato estinto.

La Decisione della Corte d’Appello e la Compensazione delle Spese

La società creditrice impugnava la decisione. La Corte d’Appello riformava parzialmente la sentenza di primo grado, riconoscendo il diritto della società a una parte residua del credito. Tuttavia, in merito alle spese di entrambi i gradi di giudizio, decideva per la loro integrale compensazione.

La ragione di questa scelta risiedeva in due elementi chiave:
1. Il ridimensionamento della pretesa iniziale della società creditrice, a seguito del pagamento parziale avvenuto in corso di causa.
2. Il fatto che la società avesse reiteratamente e infondatamente insistito nel sostenere la debenza dell’intera somma originaria, sia in primo grado che in appello.

Il Ricorso in Cassazione e la Questione della Compensazione Spese Legali

Insoddisfatta, la società finanziaria ricorreva in Cassazione, sollevando due principali motivi. Il primo, e più rilevante, contestava proprio la violazione delle norme sulla compensazione spese legali. Secondo la ricorrente, il pagamento parziale avrebbe dovuto portare il giudice a valutare la cosiddetta ‘soccombenza virtuale’, riconoscendole quindi il diritto al rimborso delle spese. Il secondo motivo, invece, riguardava la presunta tardiva produzione di documenti da parte del Comune.

Le Motivazioni della Corte

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, confermando in pieno la decisione della Corte d’Appello. I giudici supremi hanno chiarito che le ragioni fornite per la compensazione erano valide e sufficientemente motivate. Il punto cruciale non era solo il ridimensionamento della pretesa economica, ma la condotta processuale della parte creditrice.

L’aver ‘reiteratamente e infondatamente insistito nel sostenere la debenza per intero della originaria somma ingiunta’ è stato considerato un comportamento che giustificava pienamente la deroga al principio della soccombenza. In pratica, la Corte ha sanzionato l’atteggiamento della parte che, pur avendo già incassato una somma cospicua, ha continuato a portare avanti una pretesa per l’intero, risultata poi infondata.

Riguardo al secondo motivo, la Cassazione ha dichiarato l’inammissibilità della censura, ricordando un principio fondamentale: le eccezioni procedurali, come la tardività di una produzione documentale, devono essere sollevate nel primo grado di giudizio e, in caso di rigetto, riproposte con uno specifico motivo d’appello. Non è possibile farle valere per la prima volta davanti alla Corte di Cassazione.

Conclusioni

Questa ordinanza offre importanti spunti pratici. In primo luogo, conferma che la decisione sulle spese legali non è un automatismo basato solo sull’esito finale della lite. Il giudice ha il potere di valutare la condotta complessiva delle parti durante tutto il processo. Insistere su pretese palesemente infondate o eccessive, anche se si ottiene una vittoria parziale, può portare alla compensazione delle spese. In secondo luogo, ribadisce la necessità di una strategia processuale attenta: le eccezioni procedurali devono essere sollevate tempestivamente, altrimenti si perde il diritto di farle valere nei gradi successivi del giudizio.

Quando il giudice può compensare le spese legali anche se una parte vince parzialmente?
Il giudice può disporre la compensazione delle spese quando la pretesa iniziale viene significativamente ridimensionata e, soprattutto, quando la parte parzialmente vincitrice ha mantenuto una condotta processuale scorretta, insistendo in modo reiterato e infondato nel richiedere l’intera somma originaria, rivelatasi poi non dovuta.

Un pagamento parziale del debito durante la causa garantisce al creditore il rimborso delle spese legali?
No, non necessariamente. Sebbene il pagamento dimostri che il credito era in parte fondato, la Corte ha stabilito che la condotta processuale successiva, come l’insistenza infondata su una somma maggiore, costituisce una valida ragione per compensare integralmente le spese di lite.

È possibile contestare per la prima volta in Cassazione la produzione tardiva di un documento?
No. La Corte ha ribadito che le questioni relative alla tempestività delle prove devono essere sollevate davanti al giudice di primo grado. Se l’eccezione viene respinta, deve essere oggetto di uno specifico motivo di appello. Non può essere presentata per la prima volta davanti al giudice di legittimità.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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