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Compensazione spese legali: quando è illegittima?

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 23573/2024, ha stabilito un importante principio in materia di compensazione spese legali. Se in una causa per equa riparazione per eccessiva durata del processo il giudice liquida un indennizzo inferiore a quello richiesto, non si configura una soccombenza reciproca. Di conseguenza, è illegittima la compensazione parziale delle spese legali, che devono essere interamente poste a carico della parte soccombente, in questo caso il Ministero della Giustizia.

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Pubblicato il 15 dicembre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Compensazione Spese Legali: Illegittima se il Giudice Riduce l’Indennizzo

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione affronta un tema cruciale per chiunque chieda un’equa riparazione per la lungaggine dei processi: la compensazione spese legali. Spesso, chi vince una causa si aspetta il rimborso totale delle spese legali sostenute. Tuttavia, a volte i giudici decidono di ‘compensarle’, adducendo una ‘soccombenza reciproca’. Ma cosa succede se la vittoria è piena sul diritto, ma ridotta solo nell’importo? La Suprema Corte fa chiarezza.

I Fatti del Caso

La vicenda nasce dalla richiesta di equa riparazione presentata da una cittadina per la durata eccessiva di una procedura fallimentare che la vedeva coinvolta. Il procedimento, iniziato nel 1996, si era concluso solo nel 2017. La Corte d’Appello, decidendo in sede di rinvio dopo una prima pronuncia della Cassazione, aveva sì riconosciuto il diritto all’indennizzo per la durata irragionevole, ma aveva liquidato una somma inferiore a quella richiesta dalla ricorrente.

Proprio sulla base di questa differenza quantitativa, la Corte d’Appello aveva ritenuto sussistente una ‘soccombenza reciproca’, disponendo la compensazione per metà delle spese legali di tutti i gradi di giudizio. In pratica, pur avendo vinto la causa, la cittadina si vedeva negato il rimborso integrale delle spese legali. Contro questa decisione, ha proposto un nuovo ricorso in Cassazione.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha accolto il ricorso, cassando la decisione della Corte d’Appello sul punto delle spese. Ha affermato un principio consolidato e fondamentale: nel procedimento di equa riparazione, la liquidazione di un indennizzo in misura inferiore a quella richiesta non integra un’ipotesi di accoglimento parziale della domanda che possa giustificare la compensazione delle spese.

Di conseguenza, la Corte ha deciso la causa nel merito, annullando la compensazione e condannando il Ministero della Giustizia al pagamento integrale delle spese di tutti i gradi di giudizio, compresa la fase istruttoria che la Corte d’Appello aveva erroneamente escluso.

Le Motivazioni: Perché la Compensazione Spese Legali Era Illegittima?

Il cuore della motivazione risiede nella natura della domanda di risarcimento del danno non patrimoniale. Quando un cittadino chiede un indennizzo, specialmente per un danno come quello da eccessiva durata del processo, la quantificazione economica è un’indicazione per il giudice. Non costituisce un petitum rigido.

La Corte spiega che spetta al giudice, in assenza di parametri predeterminati, individuare in autonomia l’indennizzo dovuto. La richiesta della parte serve solo a sollecitare l’esercizio di questo potere-dovere del giudice. Pertanto, se il giudice liquida una somma inferiore, non sta rigettando una parte della domanda; sta semplicemente esercitando il suo potere di quantificazione del danno. Non c’è una ‘sconfitta parziale’ per il ricorrente, che ha visto pienamente riconosciuto il suo diritto a essere indennizzato.

Invocare la soccombenza reciproca in questi casi è un errore di diritto. La vittoria è totale sull’an debeatur (il diritto a ottenere qualcosa), mentre il quantum debeatur (l’importo) è rimesso alla valutazione equitativa del giudice. Di conseguenza, non vi sono i presupposti per la compensazione spese legali ai sensi dell’art. 92 cod. proc. civ.

La Corte ha inoltre precisato che l’onorario per la fase di trattazione comprende anche l’attività istruttoria, e deve quindi essere riconosciuto anche se tale fase è stata breve o non ha comportato l’assunzione di prove complesse.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa ordinanza rafforza la tutela dei cittadini che subiscono i ritardi della giustizia. L’implicazione pratica è chiara: chi agisce per ottenere un’equa riparazione e vede riconosciuto il proprio diritto non deve temere di essere penalizzato sulle spese legali solo perché il giudice liquida una somma diversa da quella auspicata. La condanna alle spese deve seguire la soccombenza sostanziale, che in questi casi è interamente a carico dello Stato. La decisione riafferma che il diritto al rimborso delle spese legali è un corollario essenziale del diritto di agire in giudizio e non può essere indebolito da interpretazioni che confondono la quantificazione del danno con una parziale sconfitta nel merito.

Se un giudice mi riconosce un risarcimento inferiore a quello che ho chiesto, significa che ho perso in parte la causa e devo pagare parte delle spese legali?
No. Secondo la Corte di Cassazione, nelle cause di equa riparazione per eccessiva durata del processo, la liquidazione di un indennizzo inferiore a quello richiesto non costituisce una soccombenza parziale. Il diritto è stato pienamente riconosciuto e le spese legali devono essere pagate interamente dalla parte soccombente (lo Stato).

Perché la richiesta di una somma specifica non vincola il giudice e non determina una soccombenza parziale se l’importo liquidato è inferiore?
Perché nel risarcimento del danno non patrimoniale, la quantificazione è rimessa alla valutazione equitativa del giudice. La somma indicata dalla parte è solo una sollecitazione, non una parte rigida della domanda. Il giudice esercita un potere ufficioso di liquidazione, quindi il suo giudizio sul quantum non equivale a un rigetto parziale della domanda.

Le spese per la fase istruttoria devono essere sempre riconosciute anche se non ci sono state attività complesse come l’escussione di testimoni?
Sì. La Corte ha chiarito che il compenso per la fase di trattazione è unitario e comprende anche l’attività istruttoria, a prescindere dal suo concreto svolgimento. Pertanto, il compenso per questa fase deve essere riconosciuto, legittimando il diritto dell’avvocato a essere pagato per l’intera attività difensiva prevista dalla tariffa.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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