Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 23573 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 23573 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 03/09/2024
ORDINANZA
sul ricorso 23174 – 2022 proposto da:
COGNOME NOME, elettivamente domiciliata in Finale Emilia, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO, dal quale è rappresentata e difesa, giusta procura in calce al ricorso, con indicazione de ll’ indirizzo pec;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Ministro pro tempore, domiciliato in Roma, INDIRIZZO, rappresentato e difeso dall’RAGIONE_SOCIALE ope legis ;
– controricorrente –
avverso il decreto n. cronol. 1266/2022 della CORTE D’APPELLO di SALERNO, pubblicato il 15/4/2022;
udita la relazione della causa svolta nella del l’8 /2/2024 dal consigliere COGNOME; letta la memoria della ricorrente.
camera di consiglio
FATTI DI CAUSA
Con decreto del 5 dicembre 2018 n. 9131, la Corte d’appello di Salerno respinse l’opposizione proposta da NOME COGNOME avverso il rigetto della sua domanda di equa riparazione per la violazione della durata ragionevole della procedura fallimentare nei confronti suoi e della società in accomandita della quale era socia, iniziata il 16/04/1996 e conclusasi con decreto di chiusura del 19/04/2017; il rigetto fu motivato dall’avere la stessa ricorrente tenuto un comportamento, attivo e omissivo, precedente e successivo all’inizio della procedura concorsuale, idoneo a provocare un allungamento irragionevole della durata eccessiva.
1.1. Con ordinanza n. 28498/2020, questa Corte cassò il decreto e rinviò alla Corte d’appello di Salerno, statuendo in diritto che il comportamento della parte rileva nella misura in cui abbia determinato un ingiustificato allungamento dei tempi del processo in cui si assume essersi verificata una violazione dell’art. 6, paragrafo 1, della convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali e non rileva, come invece ritenuto dalla Corte d’appello , se anteriore al processo, seppure vi abbia dato causa; escluse pure una responsabilità del fallito, considerata la sua necessitata posizione di mera attesa in pendenza delle operazioni concorsuali.
Per quel che qui rileva, la Corte d’appello di Salerno , decidendo in rinvio, con decreto n. cronol. 1266/2022 del 15/4/2022, accolse la domanda, riconoscendo, sulla base della stessa durata irragionevole dedotta in domanda, ma di un diverso parametro annuo, un indennizzo in misura inferiore a quella indicata come spettante in ricorso e condannando il Ministero al pagamento delle spese del primo grado,
del giudizio di legittimità e della fase di rinvio, ma con compensazione di un mezzo in ragione di una ravvisata reciproca soccombenza, senza riconoscimento della fase istruttoria.
Avverso questo decreto NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione, affidandolo a due motivi, a cui il Ministero ha resistito con controricorso. La ricorrente ha depositato memoria.
RAGIONI RAGIONE_SOCIALE DECISIONE
Con il primo motivo, articolato in riferimento al n. 3 del comma I dell’art. 360 cod. proc. civ., la ricorrente ha lamentato la violazione e falsa applicazione degli art.91 e 92 cod. proc. civ., per avere la Corte d’ appello, accogliendo il ricorso all’esito del giudizio di rinvio, compensato per metà le spese di tutti i gradi, ritenendo integrata una ipotesi di reciproca soccombenza nel ridimensionamento quantitativo dell’originaria domanda.
1.1. Il motivo è fondato. A differenza di quanto sostenuto dal Ministero controricorrente, la ricorrente ha specificato in ricorso, nella parte narrativa, che aveva chiesto di essere indennizzata per un periodo di 15 anni e che, pur essendole stato riconosciuto l’intero periodo asserito come irragionevole , l’indennizzo è stato quantificato con un parametro di inferiore importo, ciò che non implica soccombenza reciproca.
Per principio ormai consolidato, infatti, nel procedimento di equa riparazione, ai sensi della I. 24 marzo 2001, n. 89, la liquidazione dell’indennizzo in misura inferiore a quella richiesta dalla parte, per l’applicazione, da parte del giudice, di un moltiplicatore annuo diverso da quello invocato dall’attore, non integra un’ipotesi di accoglimento parziale della domanda che legittima la compensazione delle spese, ai sensi dell’art. 92, comma 2, cod. proc. civ., poiché, in assenza di strumenti di predeterminazione anticipata del danno e del suo ammontare, spetta al giudice individuare in maniera autonoma
l’indennizzo dovuto, secondo criteri che sfuggono alla previsione della parte, la quale, nel precisare l’ammontare della somma richiesta a titolo di danno non patrimoniale, non completa il petitum della domanda sotto il profilo quantitativo, ma soltanto sollecita, a prescindere dalle espressioni utilizzate, l’esercizio di un potere ufficioso di liquidazione ( ex plurimis , costantemente, Cass. Sez. 6 -2, 16/07/2015, n. 14976; Cass. Sez. 2, 11/09/2018, n. 22021).
Non è conferente, pertanto, il richiamo del Ministero alla pronuncia di questa Corte n. 18962 del 2021, in cui il principio appena richiamato è proprio ribadito, ma non è stato applicato soltanto perché non è specificato in ricorso se la decisione di accoglimento per un importo inferiore al richiesto sia stata o non fondata sul riconoscimento di una durata irragionevole minore rispetto a quella prospettata in domanda.
Dall’accoglimento del primo motivo consegue logicamente, per il cosiddetto effetto espansivo interno, l’assorbimento dell’esame del secondo motivo, con cui COGNOME ha denunciato, in riferimento al n. 3 del comma I dell’art. 360 cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione dell’art.91 cod. proc. civ. e dell’art.4 del d.m. 55/2014 , per avere la Corte d’Appello accordato i compensi, calcolati per l’intero, in misura inferiore ai minimi di tariffa per i due gradi di merito, non avendo riconosciuto alla parte ricorrente la fase istruttoria.
La statuizione di compensazione parziale non è, pertanto, conforme ai principi suesposti e il decreto impugnato deve, allora, essere cassato sul punto.
Non risultando necessario alcun ulteriore accertamento, la causa può essere decisa nel merito, ai sensi dell’art. 384, secondo comma, cod. proc.civ., con una nuova regolamentazione delle spese, secondo la liquidazione operata in dispositivo, da porsi interamente a carico del M inistero, con riconoscimento dell’onorario per la fase istruttoria .
Il d.m. n. 55 del 2014 non prevede, infatti, alcun compenso specifico per la fase istruttoria, ma prevede un compenso unitario per la fase di trattazione, che comprende anche quella istruttoria, con la conseguenza che nel computo dell’onorario deve essere compreso anche il compenso spettante per questa fase istruttoria, a prescindere dal suo concreto svolgimento (Cass. Sez. 2, n. 8561 del 27/03/2023; in specifica materia di equa riparazione, in rinvio – Sez. 6 – 2, n. 38477 del 06/12/2021, con numerosi richiami).
Diversamente non rileva che, come rappresentato dal Ministero, il giudizio di rinvio si sia svolto in una sola udienza di trattazione e decisione, perché la trattazione del processo, anche in assenza di istruzione probatoria, legittima il diritto al compenso della relativa fase; è stato, invece, escluso che sia dovuto un compenso per questa fase nella diversa ipotesi in cui il giudice del rinvio sia chiamato soltanto al ricomputo delle spese processuali, non ricorrendo, in tal caso, la fattispecie legale di cui all’art. 4, comma 5, lett. c), del d.m. n. 55 del 2014, per assenza di una nuova trattazione (Cass. Sez. 6 – 2, n. 34575 del 16/11/2021).
Pertanto, in applicazione dei parametri minimi per lo scaglione delle cause di valore compreso tra Euro 5.200 ed Euro 26.000, già utilizzati dalla Corte d’appello, deve essere riconosciuto al la ricorrente, compresa la fase istruttoria, la somma di complessivi Euro 3.118,00 per il primo giudizio di opposizione, la stessa somma per la fase di rinvio ed Euro 1468,00 per il primo giudizio di legittimità, oltre rimborso forfettario, accessori e spese come già riconosciuti nel decreto impugnato.
Deve essere disposta la distrazione per essere stata tempestivamente chiesta dal difensore, come risulta dal decreto impugnato, in conformità al principio per cui la richiesta ha da essere effettuata all’interno del singolo grado, per essere riconosciuta «nella
stessa sentenza in cui il giudice condanna alle spese la parte soccombente» (cfr. Cass. Sez. 6 – 1, n. 16244 del 18/06/2019; Sez. 1, n. 2667 del 18/07/1969).
Le spese di questo grado di legittimità sono pure poste a carico del Ministero, con distrazione anche per questa fase in favore del difensore dichiaratosi distrattario, come richiesto in ricorso, secondo la liquidazione operata in dispositivo in relazione al valore differenziale del compenso riconosciuto in questa sede e in sede di rinvio.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa il decreto impugnato e, decidendo nel merito, liquida le spese del giudizio di opposizione in Euro 3.118,00, del primo giudizio di legittimità in Euro 1468,00 e del giudizio di rinvio in Euro 3.118,00, oltre rimborso forfettario, accessori e spese come già riconosciuti nel decreto impugnato, ponendole interamente a carico del Ministero, con distrazione in favore dell’avvocato COGNOME dichiaratosi antistatario;
condanna il Ministero al pagamento, in favore di NOME COGNOME, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 950,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 e agli accessori di legge, con distrazione in favore dell’avvocato di COGNOME dichiaratosi antistatario .
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della seconda