SENTENZA CORTE DI APPELLO DI SALERNO N. 482 2025 – N. R.G. 00000148 2023 DEPOSITO MINUTA 20 11 2025 PUBBLICAZIONE 20 11 2025
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO CORTE DI APPELLO DI SALERNO SEZIONE LAVORO
La Corte di Appello di Salerno -Sezione del Lavoro -nelle persone dei magistrati:
dr. NOME COGNOME Presidente
dr. NOME COGNOME Consigliere
dr. NOME COGNOME Consigliere rel.
ha pronunciato, all’esito della discussione del presente procedimento ex artt. 127 ter c.p.c. e 35 del
D.lgs. n. 149/2022, la seguente
SENTENZA
nel giudizio iscritto al n. 148/2023 del RAGIONE_SOCIALE e vertente
TRA
in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa come in atti dall’AVV_NOTAIO con domicilio eletto in Ogliastro Cilento alla INDIRIZZO;
parte appellante
E
in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso in virtù di procura RAGIONE_SOCIALE dall’AVV_NOTAIO con domicilio eletto in Salerno al INDIRIZZO presso l’Avvocatura Distrettuale dell’Ente;
E
, in persona del legale rappresentante p.t., parte rappresentata e difesa come in atti dall’AVV_NOTAIO con domicilio eletto in Roma al INDIRIZZO
Buozzi n. 19 ;
parti appellate
Oggetto: regolamento di spese del giudizio di primo grado
RAGIONI DELLA DECISIONE SULLE CONCLUSIONI DELLE PARTI
(art. 132 c.p.c.; art. 118 disp. att. c.p.c.)
Con ricorso depositato in data 14.01.2022 conveniva ed
innanzi al giudice del RAGIONE_SOCIALE del Tribunale di Salerno al fine di ottenere l’accertamento della non debenza degli importi richiesti a titolo di contributi previdenziali
mediante l’intimazione di pagamento n. 100 2021 90064675 22/000 notificata all’istante in data 11.01.2022, tanto per intervenuta decadenza e prescrizione nonché per mancanza della prova del credito in questione per violazione del D.M. n.321/99, con vittoria di spese.
Si costituiva l’ che concludeva per il rigetto del ricorso, con vittoria di spese.
Si costituiva l’ che concludeva per il rigetto del ricorso per carenza di legittimazione passiva, con vittoria di spese.
Sulla documentazione in atti, con sentenza n. 397/2023 resa il 18 marzo 2023 e qui impugnata, il giudice adito così provvedeva: ‘1) Accoglie il ricorso e, per l’effetto, annulla l’intimazione di pagamento n. 100 2021 90064675 22/000 accertando e dichiarando non dovuti i crediti contributivi ivi sottesi; 2) Compensa le spese di lite’.
Il Tribunale, ritenuta l’ammissibilità dell’opposizione proposta in data 14.01.2022 da e qualificata la stessa in termini di opposizione all’esecuzione per effetto della contestazione da parte dell’istante del diritto di procedere ad esecuzione forzata in seguito all’intervenuta prescrizione del credito, fondava la propria decisione sulle considerazioni che di seguito si riportano per chiarezza espositiva.
‘Sul punto la Suprema Corte a Sezioni Unite con la sentenza n. 23397/16 ha risolto il contrasto giurisprudenziale insorto con riguardo dalla interpretazione da dare all’art. 2953 c.c., con riguardo specifico alla operatività o meno della ivi prevista conversione del termine di prescrizione breve in quello ordinario decennale, nelle fattispecie originate da atti di riscossione mediante RAGIONE_SOCIALE o comunque di riscossione coattiva di crediti degli enti previdenziali, ovvero di crediti relativi ad entrate dello Stato, tributarie ed extratributarie, nonché di crediti delle Regioni, delle Province, dei Comuni e degli altri Enti locali, nonché delle sanzioni amministrative per la violazione di norme tributarie o amministrative e così via. La Suprema Corte ha escluso la conversione del termine di prescrizione breve in quello ordinario ai sensi dell’art. 2953 c.c., affermando che tale ultima disposizione si applica soltanto nelle ipotesi in cui intervenga un titolo giudiziale divenuto definitivo, mentre la cartella, avendo natura di atto amministrativo, è priva dell’attitudine ad acquisire efficacia di giudicato. Alla luce del sopra richiamato precedente giurisprudenziale, pertanto, dovremo dichiarare prescritti i crediti oggetto della intimazione di pagamento, atteso che tra la data di notifica delle cartelle esattoriali e la data di notifica della intimazione di pagamento oggi impugnata è decorso il termine prescrizionale di cinque anni. L’ ha prodotto in giudizio degli atti che dovrebbero interrompere la prescrizione ma in realtà tali atti, pur potendo qualificarsi come atti interruttivi della prescrizione, sono stati formati e notificati al contribuente ben oltre il quinquennio decorrente dalla data di notifica delle impugnate cartelle e, pertanto, era già maturata l’eccepita prescrizione
quinquennale. Nello specifico l’ , ai fini dell’interruzione della prescrizione, notificava l’intimazione di pagamento n° NUMERO_CARTA (notificata tramite pec il 03.07.2015), l’intimazione di pagamento n°1002016900786221100 (notificata tramite pec il 26.02.2016).
L’opposizione, pertanto, deve esser accolta.
Spese di lite compensate in ragione della controvertibilità delle questioni esaminate circa il tipo di prescrizione applicabile.’
Con atto di appello depositato il 22.3.2023 censurava la sentenza impugnata con riferimento al profilo della regolamentazione delle spese del giudizio di primo grado, deducendo che del tutto ingiustamente, in presenza di un accoglimento totale della domanda proposta dall’istante, non era stato applicato nel caso di specie il RAGIONE_SOCIALE principio della soccombenza di cui all’art. 91 c.p.c., in assenza di alcuna delle ipotesi che potessero giustificare, ex art. 92 c.p.c. e tenuto conto dell’elaborazione giurisprudenziale in materia, la compensazione delle spese di lite tra le parti. Concludeva chiedendo, in parziale riforma della sentenza impugnata, la condanna delle parti appellate alla rifusione in suo favore delle spese processuali del giudizio di primo grado, con vittoria delle spese anche del giudizio di impugnazione.
Instaurato nuovamente il contraddittorio, si costituiva l’ sostenendo la correttezza della decisione assunta dal primo giudice in merito al regolamento di spese della precedente fase processuale, in presenza di una situazione di ‘soccombenza reciproca’. Concludeva per il rigetto dell’appello di e la conseguente conferma integrale della sentenza di primo grado, con vittoria di spese.
Si costituiva anche l’ deducendo la propria estraneità alla specifica controversia in questione, atteso che l’acclarata prescrizione dei crediti di cui all’atto di intimazione di pagamento risultava correlata ad atti presupposti la cui notifica era stata curata direttamente dal concessionario per la riscossione.
La causa veniva decisa in camera di consiglio ai sensi dell’art. 127 ter c.p.c., sostituendo l’udienza con il deposito di note scritte.
Deve preliminarmente rilevarsi, in assenza di impugnazioni incidentali proposte dall’ e dall’ , l’intervenuto ‘giudicato interno’ ed in ogni caso il consolidamento processuale del dictum della sentenza di primo grado nelle parti in cui è stato integralmente accolto nel merito il ricorso della tanto anche con riferimento al complessivo percorso logico-argomentativo adottato dal Tribunale ed agli elementi di valutazione in precedenza riferiti, non attinti da specifiche censure e contestazioni ad opera delle parti appellate.
I predetti elementi, oggetto di specifico accertamento da parte del Tribunale nel senso sopra richiamato, devono dunque intendersi, per effetto di ciò, quale ineludibile presupposto e limite logicogiuridico della decisione del giudice dell’impugnazione anche con riferimento alla verifica della decisione del Tribunale in tema di regolamento di spese.
In merito è appena il caso rammentare che, come chiarito dalla Suprema Corte (cfr. Cassazione civile, sez. III 31/05/2006, n. 12984), al fine di evitare il formarsi del giudicato interno è necessario investire la pronunzia con uno specifico motivo d’impugnazione, non essendo al riguardo neppure sufficiente limitarsi a chiedere l’accoglimento della domanda nel merito, deducendo in ordine alla relativa fondatezza. La predetta pronuncia (cfr. motivazione integrale della stessa), ha altresì ribadito che la specificità dei motivi di appello esige che alle argomentazioni svolte nella sentenza impugnata vengano contrapposte quelle dell’appellante, volte ad incrinare il fondamento logico giuridico delle prime, ragion per cui alla parte volitiva deve sempre accompagnarsi una parte argomentativa che confuti e contrasti le ragioni addotte dal primo giudice, di tal che non è a tal fine sufficiente che l’individuazione delle censure sia consentita, anche indirettamente, dal complesso delle argomentazioni svolte a sostegno dei motivi di appello, dovendosi considerare integrato in sufficiente grado l’onere di specificità dei motivi di impugnazione, pur valutato in correlazione con il tenore della motivazione della sentenza impugnata, solo quando alle argomentazioni in essa esposte siano contrapposte quelle dell’appellante in guisa tale da inficiarne il fondamento logico giuridico.
Tenuto conto di ciò, in presenza di una decisione di merito totalmente favorevole all’odierna appellante, i punti ed i profili evidenziati dal Tribunale costituiscono ormai i confini ed i limiti logici anche della valutazione del presente Collegio.
In considerazione dunque del richiamato esito del giudizio di merito ed in assenza di elementi ordinamentalmente previsti ai fini dell’eventuale adozione di una decisione di diverso contenuto, le spese della precedente fase processuale vanno dunque poste a carico dell’ che ha posto in essere gli atti oggetto del presente giudizio, ritenuti inidonei ad interrompere la prescrizione poi dichiarata dal primo giudice, tanto in applicazione del più RAGIONE_SOCIALE principio di cui all’art. 91 c.p.c. ed in assenza dei presupposti normativi per l’applicazione della norma di cui all’art. 92 comma 2 c.p.c., avuto riguardo alle varie formulazioni succedutesi a partire dall’entrata in vigore della l. n. 69/2009.
Come osservato da attenta dottrina, la stessa riforma introdotta con riferimento all’art. 92 comma 2 c.p.c. dalla L. 18.6.2009, n. 69, entrata in vigore ben prima del deposito del ricorso introduttivo del presente giudizio ed oggetto di esplicito riferimento da parte dell’ appellato nel proprio atto di costituzione nel presente grado di giudizio, appare ispirata con chiarezza all’intento di ridurre
fortemente la possibilità per il giudice di compensare le spese e di rafforzare, in tal guisa, il principio RAGIONE_SOCIALE sancito dall’art. 91 c.p.c. che vede nel fatto oggettivo della soccombenza il criterio regolatore delle spese processuali, il tutto senza trascurare una più complessiva finalità di ‘razionalizzazione’ del processo attraverso disposizioni in grado di influenzare il comportamento delle parti nel processo.
E’ del tutto evidente, poi, che le ‘gravi ed eccezionali ragioni’ da porsi a base, nell’ottica della richiamata legge di riforma n. 69/2009, della decisione di compensazione delle spese, non possono certo essere tratte dalla struttura del tipo di procedimento contenzioso applicato, né dalle particolari disposizioni processuali che lo regolano, ma devono trovare riferimento in specifiche circostanze od aspetti della controversia decisa (cfr. anche C. Giust. Amm. Sic., 19.4.2012, n. 401). Le predette “gravi ed eccezionali ragioni” non possono poi risultare illogiche o erronee, altrimenti configurandosi il vizio di violazione di legge, denunciabile in sede di legittimità (cfr. Cass. n. 11222/2016, che ha affermato come non integri tale requisito l’opportunità di risolvere in via di autotutela le controversie al fine di evitare il proliferare di contenziosi al fine di lucrare sulle spese processuali).
Va in ogni caso rammentato come la giurisprudenza della Suprema Corte abbia ritenuto in più occasioni viziata da errore di diritto la decisione del giudice di secondo grado che, con una motivazione di stile, generica e priva di una reale consistenza, abbia compensato le spese per giustificati motivi correlati alla natura della controversia, atteso che le gravi ed eccezionali ragioni, da indicarsi esplicitamente nella motivazione, devono riguardare specifiche circostanze o aspetti della controversia decisa e non possono essere espresse con una formula generica inidonea a consentire il necessario controllo (cfr. Cass nn. 26956/2019, 10042/2018, 8458/2018 e 8090/2018 ). Appare del pari del tutto condivisibile l’orientamento della giurisprudenza amministrativa che, con riferimento allo specifico giudizio sottoposto al suo esame, ha precisato come il riferimento alla ‘particolarità della questione’ dia luogo ad una motivazione stereotipa ed apparente, che non soddisfa il rigoroso onere motivazionale normativamente previsto, in particolare dall’art. 26, 1° co., D.Lgs. 2.7.2010, n. 104 e, per l’appunto, dall’art. 92, 2° co., sicchè soltanto in presenza di soccombenza reciproca, di novità della questione, di mutamenti giurisprudenziali o di altre gravi ed eccezionali ragioni, può essere disposta la compensazione delle spese (C. St. 24.4.2019, n. 2635 ), e tanto in linea con la formulazione della norma all’esito della riforma introdotta dall’art. 13 comma 1 D.L. n. 132/2014, convertito con modifiche nella l. n. 162/2014.
Con riferimento ai profili da ultimo evidenziati, va invero segnalato che di recente è intervenuto un ulteriore inasprimento normativo per effetto dell” art. 13, D.L. 12.9.2014, n. 132, pubblicato in
G.U. n. 212 del 12.9.2014, che, con riferimento alla possibilità della compensazione ed all’esito della sua conversione ad opera della L. 10.11.2014, n. 162, ha sostituito il presupposto della ricorrenza di <> con quello correlato alla sussistenza della <> o del <> , e tanto all’evidente fine di ‘spingere’ ulteriormente verso una maggiore funzionalità del processo civile di cognizione.
Nel caso di specie, non risultando con evidenza sussistenti né la assoluta novità della questione (la normativa di riferimento risale ad oltre dieci anni prima dell’introduzione del presente giudizio) né mutamenti giurisprudenziali correlati ai punti decisivi della presente controversia, neppure è dato ravvisare l’esistenza di <> nel senso rigoroso e restrittivo precisato dalla giurisprudenza sopra menzionata, non potendo di certo individuarsi siffatta ‘gravità ed eccezionalità’ nella ‘controvertibilità delle questioni trattate’, tanto tenuto proprio conto della stessa ricostruzione di merito operata dallo stesso Giudice di prime cure, nell’ambito della quale si dà atto dell’intervento delle Sezioni Unite della Cassazione in subiecta materia già nell’anno 2016. Deve dunque procedersi alla parziale riforma della sentenza impugnata nel senso fin qui precisato, con condanna dell’ alla rifusione in favore dell’appellante delle spese della precedente fase processuale nella misura liquidata in dispositivo, tanto al pari delle spese del presente grado di giudizio relative alle medesime parti, che cedono dunque a carico dell’ in applicazione del principio della soccombenza.
Ritiene altresì la Corte di dover confermare la valutazione della compensazione delle spese con riferimento al rapporto processuale relativo all’ tanto con medesima indicazione anche in relazione al presente grado di giudizio, attesa l’estraneità dell’ alla specifica res controversa oggetto di giudizio in quanto l’acclarata prescrizione dei crediti di cui all’atto di intimazione di pagamento risulta correlata ad atti presupposti la cui notifica è stata curata direttamente dal concessionario per la riscossione.
Atteso il contenuto della presente decisione, non sussistono i presupposti di cui all’art. 13, comma 1-quater, DPR n. 115/2002.
Va infine rilevato che per mero errore materiale, avulso dal procedimento logico-valutativo posto a base dell’emissione del provvedimento in questione e determinato da pura svista correlata a refuso informatico, nel dispositivo del predetto provvedimento è stata erroneamente inserita l’espressione ‘RAGIONE_SOCIALE‘ in luogo dell’espressione corretta ‘ ‘. Il suddetto errore materiale appare senz’altro emendabile anche ex officio dalla presente Corte mediante inserimento in dispositivo in corsivo dell’espressione corretta con contestuale inserimento tra parentesi quadre dell’espressione erroneamente inserita.
P.Q.M.
definitivamente pronunziando sull’appello proposto in data 22.3.2023 da in persona del legale rappresentante p.t. nei confronti di in persona del legale rappresentante p.t. e in persona del legale rappresentante p.t. avverso la sentenza del Tribunale di Salerno n. 397/2023, ogni altra domanda, eccezione e deduzione disattese, così provvede: accoglie per quanto di ragione l’appello e, in parziale riforma dell’impugnata sentenza che per il resto conferma, condanna al pagamento in favore di delle spese del giudizio di primo grado nella misura che viene liquidata in euro 4.368,00 per competenze, oltre esborsi, rimborso forfetario nella misura del 15%, Iva e Cpa come per legge, con attribuzione al procuratore di parte opponente nel giudizio di primo grado; condanna al pagamento in favore di parte appellante delle spese del presente grado di giudizio, liquidate in euro 3.473,00 per competenze, oltre esborsi, rimborso forfetario nella misura del 15%, Iva e Cpa come per legge, con attribuzione al procuratore dell’appellante; compensa anche le spese del secondo grado di giudizio con riferimento al rapporto processuale relativo all’ dichiara la non sussistenza dei presupposti di cui all’art. 13, comma 1 -quater, DPR n. 115/2002. Salerno, all’esito della camera di consiglio del 3 novembre 2025 Il RAGIONE_SOCIALE.
(Dr. NOME COGNOME)
Il PRESIDENTE (DrNOME COGNOME)
Sentenza redatta con la collaborazione del dott. NOME COGNOME, magistrato ordinario in tirocinio