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Compensazione spese legali: no se la parte è contumace

Un avvocato ha contestato la liquidazione delle sue competenze in un caso di patrocinio a spese dello Stato. Il Tribunale, pur aumentando l’importo, ha negato il rimborso delle spese della fase di opposizione perché il Ministero convenuto era contumace. La Corte di Cassazione ha stabilito che la contumacia non è una ragione valida per la compensazione spese legali. La Corte ha quindi cassato la decisione su questo punto, affermando che il vincitore ha diritto al rimborso delle spese anche se l’avversario non si è costituito in giudizio.

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Pubblicato il 9 novembre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Compensazione Spese Legali: La Contumacia Non Basta

Nel sistema processuale civile italiano vige il principio della soccombenza: chi perde la causa, paga le spese legali della parte vincitrice. Tuttavia, l’articolo 92 del codice di procedura civile prevede delle eccezioni, consentendo al giudice di disporre la compensazione spese legali. Con l’ordinanza n. 8273/2024, la Corte di Cassazione chiarisce un punto fondamentale: la semplice contumacia della parte soccombente non rientra tra le ragioni che giustificano tale compensazione.

I Fatti di Causa

La vicenda trae origine dalla richiesta di un avvocato, ammesso al patrocinio a spese dello Stato, di vedersi liquidare i propri onorari per l’attività svolta in un giudizio dinanzi al Giudice di Pace. A seguito di una liquidazione ritenuta insufficiente, il legale proponeva opposizione al Tribunale.

Il Tribunale accoglieva parzialmente l’opposizione, aumentando l’importo delle competenze professionali. Tuttavia, decideva di non pronunciarsi sulla condanna alle spese relative alla fase di opposizione, motivando tale scelta con il fatto che il Ministero della Giustizia, parte convenuta, non si era costituito in giudizio e non aveva quindi ‘avversato la domanda’. Le spese, secondo il Tribunale, dovevano rimanere a carico di chi le aveva anticipate.

I Motivi del Ricorso in Cassazione

L’avvocato ricorreva in Cassazione affidandosi a due motivi:
1. Violazione dei parametri tariffari: Sosteneva che l’onorario dovesse essere liquidato secondo i valori medi previsti dal D.M. 55/2014 per le cause di valore indeterminabile.
2. Violazione delle norme sulla condanna alle spese: Contestava la decisione del Tribunale di non condannare il Ministero soccombente al pagamento delle spese di giudizio, ritenendo che la contumacia non potesse giustificare la compensazione.

Le Motivazioni della Cassazione sulla compensazione spese legali

La Suprema Corte ha esaminato distintamente i due motivi, giungendo a conclusioni opposte.

Sulla Liquidazione dell’Onorario

Il primo motivo è stato dichiarato infondato. La Cassazione ha ribadito un principio consolidato in materia di patrocinio a spese dello Stato: i valori medi delle tariffe professionali, indicati dall’art. 82 del D.P.R. 115/2002, costituiscono un limite massimo e non un importo inderogabile. Il giudice ha la facoltà di liquidare compensi inferiori alla media, purché non scendano al di sotto dei minimi tariffari. La decisione del Tribunale, in questo senso, era legittima e non censurabile in sede di legittimità.

Sulla Compensazione delle Spese e la Contumacia

Il secondo motivo è stato invece accolto. La Corte ha affermato con chiarezza che la contumacia è una condotta processualmente neutra. La scelta di una parte di non costituirsi in giudizio non può essere interpretata come una ragione per derogare al principio della soccombenza.

L’articolo 92 del codice di procedura civile, nel testo vigente, consente la compensazione spese legali solo in casi tassativi: reciproca soccombenza, assoluta novità della questione trattata, mutamento della giurisprudenza o ‘altre analoghe gravi ed eccezionali ragioni’. La contumacia, di per sé, non rientra in nessuna di queste categorie. Di conseguenza, il Tribunale ha errato nel negare alla parte vittoriosa il rimborso delle spese legali basandosi unicamente sulla mancata costituzione del Ministero.

Le Conclusioni: Principio di Diritto e Implicazioni Pratiche

La Corte di Cassazione, accogliendo il secondo motivo, ha cassato l’ordinanza impugnata e ha rinviato la causa al Tribunale in diversa composizione, affinché provveda anche alla regolamentazione delle spese del giudizio di legittimità.

Il principio di diritto che emerge è netto: la parte che vince una causa ha diritto al rimborso delle spese sostenute, e la contumacia della parte soccombente non costituisce, da sola, una ‘grave ed eccezionale ragione’ per giustificare la compensazione. Questa pronuncia rafforza la tutela del diritto di difesa, garantendo che il comportamento processuale passivo della controparte non si traduca in un pregiudizio economico per chi ha agito, o resistito, fondatamente in giudizio.

Se la parte che perde la causa non si presenta in giudizio (è contumace), il vincitore deve comunque pagare le proprie spese legali?
No. Secondo la Corte di Cassazione, la contumacia della parte soccombente non è una ragione valida per derogare alla regola generale secondo cui chi perde paga le spese. La parte vittoriosa ha diritto al rimborso.

Il giudice può liquidare un onorario inferiore ai valori medi di tariffa in un caso di patrocinio a spese dello Stato?
Sì. L’ordinanza conferma che i valori medi delle tariffe professionali rappresentano un limite massimo, non un importo obbligatorio. Il giudice può liquidare un compenso inferiore, a condizione che non sia al di sotto dei minimi tariffari.

In quali casi il giudice può decidere per la compensazione delle spese legali?
La Corte ribadisce che i casi sono specificamente individuati dalla legge: reciproca soccombenza, assoluta novità della questione trattata, mutamento della giurisprudenza o altre ‘gravi ed eccezionali ragioni’, tra le quali non rientra la semplice contumacia della parte soccombente.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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