Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 5780 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 5780 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 04/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 11301/2023 R.G. proposto da:
COGNOME rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME presso l’indirizzo di posta elettronica certificata del quale è domiciliato per legge;
-ricorrente-
contro
CAMERA DI COMMERCIO RAGIONE_SOCIALE DI ROMA, nella persona del legale rappresentante in atti indicato, rappresentata e difesa dall’avvocato NOMECOGNOME presso l’indirizzo di posta elettronica certificata del quale è domiciliata per legge;
-controricorrente-
nonché contro AGENZIA DELLE RAGIONE_SOCIALE RISCOSSIONE
-intimata-
avverso la SENTENZA del TRIBUNALE di ROMA n. 4179/2023 depositata il 14/03/2023; udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 26/02/2025 dal Consigliere COGNOME
FATTI DI CAUSA
1. Con atto di citazione in opposizione all’esecuzione, notificato nel gennaio 2019, ex art. 615, comma 1, c.p.c., NOME COGNOME conveniva in giudizio, dinanzi al Giudice di Pace di Roma, l’Agenzia delle Entrate-Riscossione e la C.C.I.A.A. di Roma, quale ente impositore, per sentir accertare e dichiarare l’intervenuta prescrizione del credito di € 4.654,31 portato dal ruolo esattoriale n. 16139/2004 intestato a suo nome, in forza della cartella di pagamento n. 097 2004 0276963177 000 relativa a sanzioni amministrative dell’anno 2003, nonché la nullità e/o inefficacia e/o inesistenza del suddetto ruolo, della cartella di pagamento e della pretesa creditoria, per il decorso senza interruzioni del termine quinquennale di prescrizione intercorso tra la data dell’asserito accertamento e la data della cartella di pagamento, che non gli era mai stata notificata, nonché, in subordine, per sentir accertare e dichiarare l’illegittima applicazione della maggiorazione per ritardato pagamento di cui all’art. 27, comma 6, della l. 689/1981. Deduceva che, essendosi recato presso gli sportelli dell’Agenzia delle Entrate-Riscossione in data 14.01.2019, era venuto casualmente a conoscenza della esistenza del suddetto ruolo.
L’Agenzia delle Entrate-Riscossione rimaneva contumace, mentre la Camera di Commercio si costituiva in giudizio e, nel chiedere il rigetto dell’opposizione, deduceva di avere notificato al COGNOME, in data 5.08.1998, il verbale di accertamento della sanzione e, in data 1.07.2003, l’ordinanza ingiunzione emessa a seguito della verifica del mancato pagamento della sanzione pecuniaria; deduceva altresì di essere del tutto estranea all’attività di riscossione successivamente posta in essere dalla Concessionaria.
Il Giudice di Pace con sentenza n. 23480/2019, accogliendo l’eccezione di prescrizione sollevata dall’opponente, dichiarava l’inefficacia della cartella esattoriale n. 097 2004 0276963177 000, ma compensava le spese tra le parti <>.
Avverso la sentenza del giudice di primo grado proponeva appello il COGNOME in relazione alla regolamentazione delle spese del giudizio, assumendo che: da un lato, non sussisteva il contrasto giurisprudenziale rilevato nella sentenza impugnata, in ragione della pronuncia n. 19704/2015 delle Sezioni Unite, che, intervenuta già da tre anni, aveva riconosciuto la possibilità di impugnare l’estratto di ruolo anche nel caso di omessa notifica della cartella di pagamento, e, dall’altro, non ricorrevano altri motivi che potessero giustificare la compensazione delle spese ai sensi dell’art. 92, comma 2, c.p.c. come riformulato dall’art. 13 della l. 162/2014.
L’Agenzia delle Entrate-Riscossione rimaneva contumace anche nel presente grado di giudizio, mentre la Camera di Commercio si costituiva, chiedendo il rigetto del gravame.
Il Tribunale di Roma, acquisito il fascicolo di primo grado, con sentenza n. 4179/2023, rigettava l’appello, compensando tra le parti anche le spese relative al giudizio di appello.
Avverso la sentenza del giudice di appello ha proposto ricorso il COGNOME.
Al ricorso ha resistito con controricorso la Camera di Commercio. L’Agenzia delle Entrate, ancorché intimata, non ha svolto difese.
Per l’odierna adunanza il Procuratore Generale non ha rassegnato conclusioni scritte, mentre il Difensore della Camera di commercio resistente ha depositato memoria insistendo nel rigetto del ricorso.
La Corte si è riservata il deposito della motivazione entro il termine di giorni sessanta dalla decisione.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.Il COGNOME articola in ricorso un unico motivo con il quale denuncia <> nella parte in cui giudice d’appello, per effetto del rigetto del gravame, ha disatteso l’applicazione del principio di soccombenza con riferimento alla regolamentazione delle spese del primo grado di giudizio, e conseguentemente ha confermato la compensazione delle suddette spese, nonostante l’integrale accoglimento dell’impugnazione e nonostante l’assenza delle condizioni previste dall’art. 92 c.p.c., nella versione ratione temporis applicabile, idonee a giustificare la disposta compensazione delle spese di lite.
Sostiene che la disposta compensazione delle spese di giudizio del primo grado di giudizio, così come confermata dal giudice di appello, è illegittima in quanto violativa delle prescrizioni dell’art. 9192 c.p.c., come modificate dall’art. 13 della L. 162/2014, entrata in vigore, per quanto interessa, in data 10.12.2014 che ha prescritto che, salve le ipotesi di soccombenza reciproca, da escludersi nel caso di specie, il Giudice possa disporre la compensazione (parziale o totale) delle spese solo in un caso di assoluta novità della questione trattata o di mutamento della giurisprudenza rispetto alle questioni dirimenti e, per effetto della pronuncia della Corte Costituzionale n. 77/2018 del 19.4.2018, in casi di altre analoghe gravi ed eccezionali ragioni.
Osserva che il giudice di appello in motivazione: da un lato, non ha indicato alcuna ragione che giustificasse la compensazione e, d’altra
parte, ha violato il giudicato interno formatosi in tema di ammissibilità dell’opposizione a ruolo esattoriale nella parte in cui, richiamando una modifica normativa sopravvenuta alla pronuncia di primo grado (e precisamente il d.l. n. 146/2021), ha rilevato la stessa, se applicata al caso di specie, avrebbe determinato l’inammissibilità della originaria opposizione.
Osserva altresì che la novella normativa ha reso inammissibile l’opposizione a ruolo esattoriale soltanto nel caso in cui risultino soddisfatte alcune condizioni, la cui ricorrenza nel caso di specie non aveva formato oggetto di alcun accertamento (essendosi peraltro sul punto formatosi il giudicato interno).
Osserva infine che la sentenza n. 26283/2022 delle Sezioni Unite, richiamata nella sentenza impugnata, riguardava disposizione normativa non applicabile alla fattispecie in esame e, d’altra parte, era successiva alla sentenza del giudice di primo grado.
Il motivo non è fondato, sebbene la motivazione della gravata sentenza abbia bisogno di essere adeguatamente integrata.
Vero è che la statuizione contenuta nella sentenza di primo grado, secondo cui il ricorso era da ritenersi ammissibile in quanto era sussistente l’interesse ad agire in capo all’originaria parte opponente, non è stata gravata in appello, di talché era da intendersi coperta dal giudicato.
Come pure è vero è che il d.l. n. 146/2021, convertito con modificazioni nella legge n. 215/2021 (secondo il quale l’estratto di ruolo non è autonomamente impugnabile e, nel caso di omessa o invalida notifica del ruolo e della cartella di pagamento, il destinatario può proporre una impugnazione avverso tali atti purché dimostri che dalla semplice iscrizione a ruolo del suo presunto debito possa derivargli uno dei pregiudizi indicati dalla norma) è entrato in vigore il 22 ottobre 2021 e, dunque, successivamente alla pronuncia della sentenza di primo grado.
Senonché, come questa corte ha di recente affermato (Cass. n. 3812/2023), se la sentenza di accoglimento dell’opposizione ad una cartella di pagamento (invalidamente notificata e conosciuta dall’opponente solo attraverso un estratto di ruolo) è impugnata soltanto per la statuizione sulle spese, come per l’appunto si verifica nel caso di specie, lo ius superveniens , di cui all’art. 12, comma 4-bis, del d.P.R. n. 602 del 1973 (in forza del quale l’azione e l’impugnazione sarebbero state inammissibili), introdotto dall’art. 3 bis del d.l. n. 146 del 2021, (come convertito dalla l. n. 215 del 2021), se non può incidere sulle statuizioni coperte dal giudicato, può tuttavia rilevare ai fini della decisione di compensazione dei costi della lite, in quanto <>.
D’altronde, nel caso di specie, la compensazione delle spese, statuita dal giudice di primo grado è stata correttamente motivata, in quanto, all’epoca della stessa, nonostante l’intervento delle Sezioni Unite (con sentenza n. 19704/2015), la questione della impugnabilità o meno di un estratto di ruolo, spontaneamente acquisito, aveva continuato a formare oggetto di contrasto giurisprudenziale, tanto è vero che proprio questa stessa Sezione (cfr. Cass. n. 22946 e 20618/2016) aveva dato alla questione una risposta negativa, osservando che, nel caso preso in esame dalle Sezioni Unite, era stata affermata la possibilità per il privato-contribuente di far valere immediatamente le sue ragioni avverso la cartella esattoriale non notificata o invalidamente notificata, della cui esistenza fosse venuto a conoscenza solo attraverso un estratto di ruolo rilasciato su sua richiesta, ma tanto non si era verificato nel caso allora in esame. In ogni caso, sarebbe stato comunque necessario verificare la sussistenza
di un interesse ad agire in ipotesi, come quella allora esaminata, di carenza di qualunque atto successivo da cui desumere la minaccia o anche la sola intenzione di porre in esecuzione quella ragione di credito, pure specificandosi che, se non altro normalmente, la prescrizione non è deducibile in via di azione principale.
Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente alle spese processuali, nonché la declaratoria della sussistenza dei presupposti processuali per il pagamento dell’importo, previsto per legge ed indicato in dispositivo, se dovuto (Cass. Sez. U. 20 febbraio 2020 n. 4315).
P. Q. M.
La Corte:
rigetta il ricorso;
condanna il ricorrente alla rifusione, in favore dei resistenti, delle spese del presente giudizio, spese che liquida in complessivi euro 800 per compensi, oltre, alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200 ed agli accessori di legge;
-ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, ad opera del ricorrente al competente ufficio di merito, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato a norma del comma 1-bis del citato art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 26 febbraio 2025, nella camera di consiglio