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Compensazione spese legali: la Cassazione chiarisce

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 26099/2024, interviene sul tema della compensazione spese legali. In un caso di risoluzione contrattuale, la Corte ha accolto parzialmente il ricorso, annullando la condanna alle spese per la parte che, pur risultando soccombente sui motivi principali, era risultata vittoriosa su un punto specifico. La Corte ha quindi disposto la compensazione integrale delle spese per il giudizio d’appello e per quello di legittimità, stabilendo un importante principio sulla ripartizione dei costi processuali.

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Pubblicato il 22 dicembre 2025 in Diritto Immobiliare, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Compensazione spese legali: quando è giusta anche con ricorso parzialmente respinto

La gestione delle spese processuali rappresenta un aspetto cruciale in ogni contenzioso. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 26099/2024) offre un’importante lezione sulla compensazione spese legali, specialmente in contesti complessi dove le ragioni e i torti non sono nettamente definiti. Il caso analizzato, pur riguardando una vicenda immobiliare, stabilisce un principio di procedura civile di portata generale: l’accoglimento anche di un solo motivo di ricorso può giustificare la compensazione totale delle spese dei precedenti gradi di giudizio, ribaltando una precedente condanna.

I fatti del caso: un contratto preliminare e un pagamento tardivo

La vicenda trae origine da una sentenza che, molti anni prima, aveva disposto il trasferimento di un immobile a fronte del pagamento di un saldo prezzo. Il promissario acquirente, tuttavia, non aveva provveduto al pagamento per oltre quattordici anni. Quando finalmente ha tentato di saldare il dovuto tramite un’offerta reale, la promittente venditrice l’ha rifiutata, ritenendola tardiva.

Il Tribunale di primo grado aveva dato ragione alla venditrice, giudicando legittimo il suo rifiuto, ma aveva respinto la sua domanda di risoluzione del contratto per prescrizione. In secondo grado, la Corte d’Appello territoriale, pur confermando la legittimità del rifiuto dell’offerta, ha dichiarato il contratto risolto di diritto. Di conseguenza, ha condannato la venditrice a restituire l’acconto ricevuto anni prima.

La decisione della Corte d’Appello e i motivi del ricorso

La promittente venditrice ha impugnato la sentenza d’appello dinanzi alla Corte di Cassazione, sollevando tre motivi principali:

1. Violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato: la Corte d’Appello non avrebbe dovuto ordinare la restituzione dell’acconto, poiché la relativa domanda era stata rigettata in primo grado e non riproposta correttamente in appello.
2. Illogicità della motivazione: la decisione della Corte territoriale sarebbe stata carente e contraddittoria.
3. Errata condanna alle spese: pur avendo la Corte d’Appello riconosciuto l’assenza di soccombenza della venditrice, l’aveva comunque condannata a pagare un quarto delle spese del giudizio di secondo grado.

L’analisi della Cassazione e il principio sulla compensazione spese legali

La Suprema Corte ha esaminato i motivi del ricorso con esiti diversi. I primi due motivi sono stati respinti. Gli Ermellini hanno chiarito che la domanda di restituzione era stata ritualmente proposta, seppur in via subordinata, e che il ragionamento della Corte d’Appello, sebbene complesso, non era né incomprensibile né viziato. Il mancato pagamento del prezzo, configurato come condizione sospensiva per il trasferimento della proprietà, aveva correttamente condotto alla risoluzione del contratto e al conseguente obbligo di restituzione delle prestazioni.

Il terzo motivo, invece, è stato accolto. La Cassazione ha ritenuto fondata la censura relativa alla condanna alle spese. È emersa una chiara contraddizione nella sentenza d’appello: non si può affermare che una parte non sia soccombente e, allo stesso tempo, condannarla al pagamento, seppur parziale, delle spese legali. L’affermazione dell’assenza di soccombenza avrebbe dovuto portare, al contrario, a una decisione favorevole alla ricorrente sul punto delle spese.

Le motivazioni

La Corte di Cassazione ha motivato la propria decisione distinguendo nettamente i motivi di merito da quelli procedurali. Sul merito della risoluzione contrattuale e degli obblighi restitutori, la Corte ha convalidato l’operato dei giudici d’appello, ritenendo che il mancato adempimento di una prestazione essenziale (il pagamento del prezzo) avesse causato la risoluzione di diritto del rapporto, con tutte le conseguenze legali del caso. Tuttavia, sulla questione delle spese processuali, la Corte ha ravvisato un errore logico-giuridico insanabile. Il principio di soccombenza, disciplinato dall’art. 91 c.p.c., è il cardine per la regolamentazione delle spese. Condannare la parte che, secondo la stessa valutazione del giudice, non è risultata perdente, costituisce una violazione di tale principio. L’accoglimento del motivo relativo alle spese, pur a fronte del rigetto degli altri due, ha modificato l’esito complessivo della lite, giustificando una riconsiderazione totale dei costi processuali.

Le conclusioni

In conclusione, la Suprema Corte ha cassato la sentenza impugnata limitatamente al punto relativo alle spese. Decidendo nel merito, ha disposto la completa compensazione delle spese legali sia per il giudizio d’appello sia per il giudizio di cassazione. Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale: la valutazione sulla soccombenza deve essere coerente e l’esito finale del giudizio, anche se derivante dall’accoglimento di un solo motivo, può determinare la compensazione delle spese, specialmente quando la decisione riforma un aspetto non secondario della controversia come la ripartizione dei costi processuali.

Una parte può essere condannata a pagare le spese legali anche se il giudice dichiara che non è soccombente?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che è contraddittorio e illegittimo affermare l’assenza di soccombenza di una parte e allo stesso tempo condannarla al pagamento, anche parziale, delle spese di giudizio. La condanna alle spese presuppone la soccombenza.

Se un ricorso in Cassazione viene accolto solo in parte, cosa succede alle spese dei gradi precedenti?
L’accoglimento anche di un solo motivo di ricorso può portare alla cassazione della sentenza impugnata sul punto specifico (in questo caso, le spese) e alla riconsiderazione complessiva della regolamentazione delle spese dei giudizi precedenti. In questa vicenda, ha portato alla loro totale compensazione.

La richiesta di restituzione di una somma, se proposta solo in via subordinata, è valida anche se la domanda principale viene respinta?
Sì. La Corte ha ritenuto che la domanda di restituzione, anche se avanzata in via subordinata all’accoglimento di un’altra domanda, fosse stata validamente proposta e potesse essere accolta come conseguenza della risoluzione di diritto del contratto accertata dal giudice.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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