Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 26099 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 26099 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 04/10/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 1520/2021 R.G. proposto da:
COGNOME NOME, rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE);
-ricorrente-
contro
COGNOME NOME, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE);
-controricorrente-
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di BARI n. 1318/2020, depositata il 10/07/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del l’ 8/05/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
PREMESSO CHE
Con la sentenza n. 1775/2016 il Tribunale di Trani ha rigettato la domanda di NOME COGNOME di convalida dell’offerta reale di euro 5.595,96, a titolo di pagamento del residuo prezzo del trasferimento di un immobile in base alla sentenza ex art. 2932 emessa dalla Corte d’appello di Bari nel 1994, in quanto ha ritenuto giustificato il rifiuto dell’offerta del prezzo a distanza di oltre quattordici anni dal passaggio in giudicato della sentenza di trasferimento; ha poi rigettato la domanda riconvenzionale della convenuta NOME COGNOME di risoluzione del contratto preliminare, ritenendo prescritto il relativo diritto.
La sentenza è stata impugnata da COGNOME. La Corte d’appello di Bari, con la sentenza n. 1318/2020, ha confermato la sentenza di primo grado laddove ha valutato legittimo il rifiuto della offerta reale; ha poi ritenuto che, una volta esclusa la possibilità di avveramento della condizione sospensiva del pagamento del prezzo, il contratto dovesse ritenersi risolto di diritto e ha condannato COGNOME alla restituzione dell’acconto versato, pari a euro 4.906,34, e ha autorizzato lo svincolo della somma di euro 5.596,96 depositata a titolo di offerta reale; ha poi compensato le spese per ¾ tra le parti.
Avverso la sentenza NOME COGNOME ricorre per cassazione.
Resiste con controricorso NOME COGNOME.
Memoria è stata depositata dal controricorrente.
CONSIDERATO CHE
Il ricorso è articolato in tre motivi.
I primi due motivi sono tra loro strettamente collegati:
il primo motivo, rubricato ‘art. 360, n. 3 c.p.c. in riferimento all’art. 112 c.p.c. per mancata corrispondenza tra richiesto e pronunciato, nonché in riferimento all’art. 345 c.p.c.’, lamenta che la Corte d’appello, pur avendo riconosciuto la necessità della proposizione di apposita domanda di restituzione della prestazione
eseguita in base al contratto oggetto di pronuncia di risoluzione, abbia poi accolto la domanda di restituzione che controparte aveva proposto solo subordinatamente all’accoglimento della domanda di risoluzione del contratto, domanda sì proposta in primo grado dalla ricorrente, ma rigettata dal primo giudice e non oggetto di riproposizione in secondo grado.
b) il secondo motivo, rubricato ‘art. 360, n. 4 c.p.c. per illogicità della motivazione in riferimento all’art. 1458 c.c.’, sottolinea la carenza e contraddittorietà della motivazione sul punto.
I motivi non possono essere accolti. È vero che la lettura della sentenza impugnata non è facilissima, ma non è certo ‘incomprensibile o contrastante frontalmente con i principi cardine della logica deduttiva’ come sostiene la ricorrente, così che non sussiste il vizio denunciato con il primo motivo.
Veniamo al vizio relativo alla violazione dell’art. 112 c.p.c. La Corte d’appello fa un lungo ragionamento. Anzitutto ricorda le posizioni in materia di qualificazione del pagamento del prezzo cui è subordinato il trasferimento della proprietà nel caso di accoglimento della domanda di esecuzione specifica dell’obbligo a concludere una compravendita e parla al riguardo, non propriamente, di condizione sospensiva (v. Cass. n. 10827/2001 che osserva come, se è vero che il pagamento del prezzo assolve alla funzione di condizione per il verificarsi dell’effetto traslativo, non perde peraltro la sua natura di prestazione essenziale destinata ad attuare il sinallagma contrattuale, con la conseguenza per cui l’inadempimento della correlativa obbligazione, può – nel concorso dei relativi presupposti – essere fatta valere dalla controparte, come ragione di risoluzione del rapporto o ipso iure o ope iudicis , e non già come causa di automatica inefficacia del rapporto medesimo ai sensi dell’art. 1353 c.c.). Il mancato adempimento del pagamento del prezzo, che la Corte ha ritenuto di rilevare d’ufficio, senza necessità di una domanda risoluzione del trasferimento
operato ai sensi dell’art. 2932 c.c. a fronte della produzione di una sentenza della medesima Corte d’appello di Bari (n. 1651/2013) passata in giudicato che ha accertato l’inadempimento di COGNOME al pagamento del residuo prezzo stabilito dalla sentenza del 1994, ha portato di conseguenza -ha sostenuto la Corte d’appello alla risoluzione di diritto del rapporto, con l’obbligo per le parti di provvedere al ripristino della situazione anteriore. La Corte ha poi osservato che, in mancanza di una espressa domanda di parte, il giudice non può emanare i provvedimenti restitutori. Tale domanda -ha concluso la Corte -è stata proposta da COGNOME, sia in primo grado che in appello, subordinatamente all’accoglimento della domanda di risoluzione.
La ricorrente non contesta i precedenti passaggi del ragionamento della Corte, lamentando unicamente che la Corte l’abbia condannata alle restituzioni in assenza di una domanda. Tale domanda è però stata proposta (v. la memoria depositata in primo grado ai sensi dell’art. 183, comma 6, n. 1 alle pagine 6 e 7, e l’atto d’appello alle pagg. 12 e 14) e non rileva che fosse stata proposta subordinatamente all’accoglimento della domanda di risoluzione, avendo la Corte d’appello accertato la risoluzione di diritto del contratto concluso ex art. 2932 c.c.
Il terzo motivo lamenta violazione dell’art. 91 c.p.c.: la Corte d’appello, dopo avere escluso la soccombenza nel giudizio d’appello della ricorrente, l’ha poi condannata al pagamento di ¼ delle spese del giudizio di secondo grado.
Il motivo è fondato. La Corte d’appello ha affermato l’assenza di soccombenza della ricorrente, essendo stato confermato il rigetto la domanda principale di COGNOME relativa all’offerta reale ed essendo stata accolta quella ‘subordinata’ solo ‘in virtù degli effetti restitutori previsti dall’art. 1458 c.c.’, per poi, impropriamente, parlare di accoglimento dell’appello e condannare la ricorrente a pagare ¼ delle spese del giudizio di secondo grado.
II. La sentenza impugnata va pertanto cassata in relazione al motivo accolto; non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa va decisa nel merito e, considerato l’esito complessivo della lite, vanno compensate le spese del giudizio di secondo grado; alla luce del rigetto dei primi due motivi di ricorso, si compensano pure le spese del presente giudizio.
P.Q.M.
La Corte accoglie il terzo motivo di ricorso, rigettati i primi due, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e, decidendo nel merito, compensa tra le parti le spese del giudizio d’appello; si compensano le spese del presente giudizio.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della seconda