Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 16844 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 16844 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 23/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 16950/2022 R.G. proposto da : NOME COGNOME, elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE, con domiciliazione digitale ex lege
-ricorrente-
contro
COGNOME NOME COGNOME NOME, elettivamente domiciliati in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE, con domiciliazione digitale ex lege
nonché contro
RAGIONE_SOCIALE NOME
-intimati- nonché da:
NOME, elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME (CODICE_FISCALE rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE con domiciliazione digitale ex lege
-ricorrente incidentale-
contro
NOME COGNOME, elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE, con domiciliazione digitale ex lege
-controricorrente al ricorso incidentale- nonché contro
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE che la rappresenta e difende, con domiciliazione digitale ex lege
-controricorrente al ricorso incidentale-
nonché contro
RAGIONE_SOCIALE, COGNOME
-intimati- avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di MILANO n. 1552/2022 depositata il 10/05/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 27/09/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
Svolgimento del processo
Con atto di citazione del 21 settembre 2016, NOME COGNOME evocava in giudizio la società RAGIONE_SOCIALE davanti al Tribunale di Lodi deducendo che il 27 luglio 2015 NOME COGNOME aveva ottenuto il permesso di costruire mediante demolizione e ricostruzione di una porzione di un immobile sito in San Giuliano Milanese. Aggiungeva di avere stipulato un contratto d’appalto con la convenuta conferendo all’ingegnere NOME COGNOME incarico di perfezionare la pratica edilizia. L’attore, proprietario dell’immobi le, lamentava che il 20 agosto 2015 era stato travolto dal crollo della casa nella parte non interessata dalla ristrutturazione e che in sede di accertamento tecnico preventivo era emersa la riconducibilità causale del crollo all’esecuzione dello scavo in aderenza alla porzione di immobile da lui abitata. Ciò premesso evocava in giudizio l’appaltatore RAGIONE_SOCIALE
e l’ingegnere COGNOME per il risarcimento dei danni quantificati in euro 880.000.
Si costituiva la società che contestava gli esiti dell’accertamento tecnico e riteneva la esclusiva responsabilità del professionista.
Contestava anche la quantificazione dei danni e chiedeva di chiamare in causa la compagnia Italiana Assicurazioni S.p.A.
Si costituiva il professionista eccependo il difetto di legittimazione attiva e il proprio difetto di legittimazione passiva, deducendo che i lavori non erano stati eseguiti sotto la sua direzione. Chiedeva, comunque, di chiamare in causa NOME ed NOME COGNOME, rispettivamente costruttore responsabile di cantiere e amministratore unico di RAGIONE_SOCIALE e NOME COGNOME nonché la compagnia assicuratrice RAGIONE_SOCIALE per essere dalla stessa manlevato.
Si costituiva NOME COGNOME rilevando che l’ingegnere era stato incaricato di svolgere le attività necessarie per la pratica edilizia di demolizione e ricostruzione dell’immobile. Chiedeva di essere autorizzata a chiamare in causa, anche lei, Italiana Assicurazioni S.p.A. per essere da essa garantita.
Si costituivano NOME ed NOME COGNOME eccependo il difetto di legittimazione passiva ed evidenziando che l’accertamento tecnico non era stato esteso alla particolarità del terreno e dell’edificio e contestando la quantificazione dei danni comunque riferibili alla esclusiva responsabilità dell’ingegnere COGNOME
Si costituiva RAGIONE_SOCIALE eccependo il difetto di legittimazione attiva dell’attore trattandosi di comproprietà per la quale la legittimazione al risarcimento dei danni spettanti alla figlia non competeva all’attore. Deduceva la non operatività delle polizze di Cubo e della COGNOME.
Si costituivano anche gli assicuratori dei RAGIONE_SOCIALE eccependo il difetto di contraddittorio rispetto alla domanda risarcitoria e sostenendo l’infondatezza della pretesa e l’esclusione della copertura
assicurativa, trattandosi di danni provocati da circostanze note al momento della sottoscrizione della stessa.
Il Tribunale di Lodi con sentenza del 15 aprile 2021 condannava RAGIONE_SOCIALE al pagamento in favore di NOME COGNOME dell’importo di euro 294.500, oltre interessi, ravvisando l’esclusiva responsabilità della società; condannava RAGIONE_SOCIALE a tenere indenne l’assicurato, limitatamente all’importo di euro 194.500.
Avverso la sentenza di primo grado proponeva appello NOME COGNOME ritenendo ingiusta la compensazione delle spese di lite. Chiedeva altresì acquisirsi la deposizione del teste COGNOME
Si costituiva NOME COGNOME chiedendo il rigetto dell’appello e, in via incidentale, la condanna dell’ingegnere al risarcimento dei danni da condotta imperita nella qualità di progettista, oltre al risarcimento del danno biologico personalizzato nella misura del 23% per l’importo di euro 100.000, oltre al danno temporaneo e spese mediche, il tutto per complessivi euro 679.000.
Si costituiva RAGIONE_SOCIALE quale successore nella titolarità dei contratti, eccependo l’inammissibilità dell’appello incidentale del Gregori per intervenuta acquiescenza ai sensi dell’articolo 329 c.p.c. al capo della sentenza nel quale si era ritenuta assorbita la domanda di garanzia spiegata nei confronti dell’esponente RAGIONE_SOCIALE Nel caso di accoglimento dell’appello incidentale chiedeva dichiararsi la non operatività della garanzia assicurativa.
Si costituivano NOME ed NOME COGNOME e RAGIONE_SOCIALE, chiedendo la conferma della sentenza di primo grado; NOME COGNOME insisteva per il rigetto del solo appello incidentale promosso dall’ingegnere COGNOME
La Corte d’appello di Milano, con sentenza del 10 maggio 2022, rigettava l’appello proposto da NOME COGNOME e l’appello incidentale di NOME COGNOME confermando la sentenza del Tribunale di Lodi e provvedendo sulle spese.
Avverso tale decisione propone ricorso per cassazione NOME COGNOME affidandosi a quattro motivi. Resistono con controricorso NOME ed NOME COGNOME.
NOME COGNOME deposita controricorso e ricorso incidentale fondato su tre motivi. Resistono con distinti controricorsi COGNOME Guglielmo e RAGIONE_SOCIALE NOME COGNOME, RAGIONE_SOCIALE.aRAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE non hanno svolto attività difensiva in questa sede.
Motivi della decisione
Preliminarmente va disattesa l’eccezione di nullità e improcedibilità del controricorso proposto da NOME ed NOME COGNOME notificato telematicamente, in quanto difetterebbe la sottoscrizione nell’originale cartaceo depositato e la conformità. La censura è infondata atteso che il controricorso, in formato cartaceo, presenta la dizione ‘firmato digitalmente’ e la firma reale dell’attestazione di conformità. Nello stesso modo il controricorso di
LloydRAGIONE_SOCIALE risulta correttamente depositato.
Con il primo motivo NOME COGNOME lamenta la violazione degli articoli 91 e 92 c.p.c., in relazione all’articolo 360, n. 3 c.p.c. con riferimento alla integrale compensazione delle spese di entrambi i gradi di giudizio tra NOME COGNOME parte soccom bente e l’odierno ricorrente, parte vittoriosa nel merito. La Corte territoriale avrebbe fornito una motivazione solo apparente nel ritenere sussistenti le valide ed eccezionali ragioni richieste dalla giurisprudenza di legittimità. L’incertezza delle q uestioni di fatto e di diritto di per sé non può costituire ‘ragione eccezionale e grave’ poiché in questo caso si avallerebbero azioni puramente esplorative. Quella incertezza, peraltro, sarebbe smentita dall’esistenza di due decisioni di merito che avevano escluso la responsabilità del professionista e nello stesso senso militava la documentazione versata in atti sin dall’inizio del giudizio.
In particolare, al COGNOME sarebbe stata nota, sin dall’origine, la circostanza che l’incarico conferito all’ingegnere riguardava anche la direzione dei lavori e si riferiva alle attività successive al crollo. Conseguentemente la motivazione della Corte non spiegherebbe quale sarebbe in concreto l’incertezza oggettiva. L’attore avrebbe potuto accedere agli uffici tecnici del Comune per avere conferma del ruolo svolto dall’ingegnere.
Osserva questa Corte che il giudice d’appello ha ritenuto corretta l’argomentazione del Tribunale posta a sostegno della compensazione delle spese fondata sulla ‘sussistenza di elementi di incertezza in fatto, idonei a incidere sulla esatta conoscibilità a priori della fondatezza della domanda’. Ha ricordato che la Consulta, con la sentenza n. 77 del 2018, ha dichiarato l’incostituzionalità del secondo comma dell’articolo 92 c.p.c. nella parte in cui non prevede che il giudice possa compensare le spese ‘anc he qualora sussistano altre gravi ed eccezionali ragioni analoghe a quelle di cui al primo comma’. La Cassazione ha successivamente specificato che, trattandosi di nozione elastica, le gravi ed eccezionali ragioni per disporre la compensazione delle spese legali possono consistere in una ‘situazione di obiettiva incertezza sul diritto controverso’ (Cass. n. 21157 del 2019).
L’assunto è condivisibile sulla base dei principi dettati dalla giurisprudenza di legittimità in materia, che in sintesi si riportano.
La valutazione sulla concessione o meno della compensazione delle spese, sul presupposto, eventualmente, dell’esistenza di una soccombenza reciproca rientra nel potere discrezionale del giudice di merito ed esula dalla valutazione di questa Corte. Infatti, il sindacato della Corte di cassazione è limitato ad accertare che non risulti violato il principio secondo il quale le spese non possono essere poste a carico della parte totalmente vittoriosa; pertanto, esula da tale sindacato e rientra nel potere discrezionale del giudice di merito la valutazione dell’opportunità di compensare in tutto o in parte le
spese di lite, e ciò sia nell’ipotesi di soccombenza reciproca, sia nell’ipotesi di concorso di altri giusti motivi (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 15317 del 19/06/2013, Rv. 627183 – 01).
In tema di spese processuali, le gravi ed eccezionali ragioni indicate esplicitamente nella motivazione per giustificare la compensazione totale o parziale ex art. 92, comma 2, c.p.c., nella formulazione applicabile ratione temporis, non possono essere illogiche o erronee, altrimenti configurandosi un vizio di violazione di legge denunciabile in sede di legittimità (Cass. Sez. L -, Ordinanza n. 14036 del 21/05/2024).
La compensazione per “gravi ed eccezionali ragioni”, sancita dall’art. 92, comma 2, c.p.c., come riformulato dalla l. n. 69 del 2009 (“ratione temporis” applicabile), nei casi in cui difetti la reciproca soccombenza, riporta a una nozione elastica, che ricomprende la situazione di obiettiva incertezza sul diritto controverso e che può essere conosciuta dal giudice di legittimità ove il giudice del merito si sia limitato a una enunciazione astratta o, comunque, non puntuale, restando in tal caso violato il precetto di legge e versandosi, se del caso, in presenza di motivazione apparente. Tuttavia, il sindacato della Corte di cassazione non può giungere sino a misurare “gravità ed eccezionalità”, al di là delle ipotesi in cui all’affermazione del giudice non corrispondano le evidenze di causa o alla giurisprudenza consolidata (Cass. Sez. 2 -, Sentenza n. 15495 del 16/05/2022, Rv. 664877 – 01).
Le gravi ed eccezionali ragioni che consentono al giudice di disporre la compensazione delle spese non sono ravvisabili nel solo fatto che la domanda attorea, prima dell’instaurazione del giudizio, avesse una parvenza di fondatezza, nel caso in cui la stessa ad esito del giudizio non venga accolta, atteso che, diversamente opinando, si finirebbe con attribuire rilevanza non all’esito del giudizio stesso, ma a una mera prognosi di esito del giudizio, in contrasto con la funzione
di accertamento proprio di quest’ultimo (Cass. Sez. 3 -, Ordinanza n. 16130 del 7/06/2023, Rv. 667829 – 01).
Alla luce di quanto precede deve affermarsi che, in linea di principio, la valutazione sulla concessione o meno della compensazione delle spese rientra nel potere discrezionale del giudice di merito ed esula dalla valutazione di questa Corte.
Nel caso in cui la compensazione sia stata disposta sulla base di ‘gravi ed eccezionali ragioni’, di cui alla sentenza n. 77 del 2018 della Consulta, il giudice di legittimità può sindacare l’argomentazione del giudice di merito secondo cui ricorrerebbe un a ‘situazione di obiettiva incertezza sul diritto controverso’ in due casi: nell’ipotesi in cui ricorra una motivazione apparente, che si verifica quando il giudice del merito si sia limitato a una enunciazione astratta e nel caso in cui le gravi ed eccezionali ragioni risultino illogiche o erronee. Al di fuori di queste ipotesi il motivo deve ritenersi inammissibile.
Nel caso di specie non ricorre nessuna delle due fattispecie.
La Corte territoriale ha ritenuto congrua la motivazione del Tribunale che faceva riferimento alla ‘sussistenza di elementi di incertezza in fatto, idonei a incidere sull’esatta conoscibilità a priori della fondatezza della domanda’, riempiendo di contenut o tale affermazione con il riferimento fattuale alla circostanza che ‘l’individuazione delle responsabilità nel crollo dell’abitazione delle Gregori era stata, per il primo giudice, tutt’altro che agevole; resa possibile solo a seguito di un’approfondita v alutazione delle numerose risultanze istruttorie acquisite nelle more del procedimento’.
Tali considerazioni consentono di escludere sia l’ipotesi di motivazione apparente, che quella di illogicità o erroneità della valutazione. Il sindacato della Corte di cassazione non può però giungere sino a misurare “gravità ed eccezionalità” delle ragioni
poiché tale valutazione appartiene esclusivamente al giudice di merito.
2.1. Il motivo all’esame va, pertanto, disatteso.
Con il secondo motivo si lamenta la violazione dell’articolo 132, n. 4 c.p.c., in relazione all’articolo 360, n. 4 c.p.c. e conseguente vizio di nullità della sentenza per motivazione illogica e contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili e motivazione perplessa e incomprensibile. L’ipotesi dell’incertezza oggettiva delle ragioni di fatto e di diritto sarebbe smentita dalla documentazione presente sin dall’inizio del giudizio. La Corte avrebbe errato nell’accomunare in maniera acritica le posizioni delle diverse parti coinvolte.
3.1. Il motivo è inammissibile in quanto generico. Parte ricorrente lamenta che il giudice di secondo grado non avrebbe esaminato le singole posizioni del COGNOME e del COGNOME, parte soccombente, ma avrebbe accomunato i ruoli di tutte le parti coinvolte, rilevando che parte attrice, lungi dall’assumere un comportamento di ridimensionamento delle proprie domande, avrebbe esacerbato i toni pervenendo ad attacchi ingiustificati basati su interpretazioni fantasiose delle norme penali.
Espressa in questi termini la censura è assolutamente generica poiché non consente alla Corte di legittimità di individuare la norma violata, la specifica argomentazione della sentenza impugnata che avrebbe disatteso la disposizione di legge e le ragioni specifiche e giuridiche della censura. Sotto altro profilo va ribadito che il sindacato della Corte di cassazione non può giungere sino a misurare “gravità ed eccezionalità” delle ragioni poiché tale valutazione appartiene esclusivamente al giudice di merito.
Con il terzo motivo si deduce la violazione l’articolo 132, n. 4 c.p.c. e 111 della costituzione, in relazione all’articolo 360, n. 4 c.p.c. per mancanza assoluta della motivazione sotto l’aspetto materiale e grafico riguardo alla decisione di porre a carico di COGNOME le spese di tutti i terzi. La decisione sarebbe errata perché l’appellante COGNOME
avrebbe formulato solo domande subordinate e condizionate all’accoglimento dell’appello incidentale proposto da COGNOME
4.1. Il motivo è inammissibile per violazione dell’articolo 366, n. 6 c.p.c. Parte ricorrente si è limitata a sostenere di non avere proposto motivi di appello nei confronti delle parti in favore delle quali è stata disposta la condanna al pagamento delle spese, senza trascrivere i motivi di appello, quantomeno in parte sintetica, individuare la localizzazione dell’atto all’interno del processo e, conseguentemente dimostrare il proprio assunto. Nulla di tutto ciò compare, sia nel testo del terzo motivo riportato alle pagine 14 e 15 del ricorso, sia nella parte illustrativa del ricorso a pagina 6.
Con il quarto motivo si deduce la violazione l’articolo 91 c.p.c., in relazione all’articolo 360, n. 3 c.p.c. per le medesime ragioni oggetto del motivo precedente. La Corte avrebbe violato il principio di causalità poiché oltre al profilo della soccombenza, sarebbe stata necessaria la ‘palese arbitraria infondatezza della chiamata’.
In particolare, la compagnia RAGIONE_SOCIALE sarebbe stata chiamata in giudizio in primo grado da RAGIONE_SOCIALE e da NOME COGNOME per cui l’appellante COGNOME non avrebbe dovuto essere condannato al pagamento delle spese. Quanto alla compagnia di assicurazioni RAGIONE_SOCIALE, la chiamata in garanzia da parte dell’odierno ricorrente non sarebbe stata impropria; in ogni caso sarebbe stato notificato l’atto di appello ai sensi dell’articolo 332 c.p.c., al fine della denuntiatio litis.
Quanto a NOME COGNOME, responsabile del crollo e condannata in sede penale, la stessa avrebbe sostenuto le medesime ragioni del padre NOME e quindi, come il padre, avrebbe dovuto essere condannata in solido. La stessa era stata chiamata in garanzia propria quale corresponsabile e cioè committente titolare della sicurezza al momento del crollo. Quanto ai COGNOME, chiamati in garanzia propria quali corresponsabili, sarebbero stati
contravvenzionati dagli ispettori Asl e avrebbero patteggiato la pena a causa del crollo.
5.1. Il motivo è infondato. Trova applicazione il principio secondo cui allorché il convenuto chiami in causa un terzo ai fini di garanzia impropria – e tale iniziativa non si riveli palesemente arbitraria legittimamente il giudice di appello, in caso di soccombenza dell’attore, pone a carico di quest’ultimo anche le spese giudiziali sostenute dal terzo, ancorché nel secondo grado del giudizio la domanda di garanzia non sia stata riproposta, in quanto, da un lato, la partecipazione del terzo al giudizio di appello si giustifica sotto il profilo del litisconsorzio processuale, e, dall’altro, l’onere della rivalsa delle spese discende non dalla soccombenza – mancando un diretto rapporto sostanziale e processuale tra l’attore ed il terzo – bensì dalla responsabilità del primo di avere dato luogo, con una infondata pretesa, al giudizio nel quale legittimamente è rimasto coinvolto il terzo (Cass. Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 1123 del 14/01/2022, Rv. 663523 – 01).
Nel caso di specie tale principio va riferito all’appellante COGNOME e la ragione della condanna alle spese risiede nel fatto che la partecipazione del terzo al giudizio di appello si giustifica sotto il profilo del litisconsorzio processuale, quale soggetto evocato in giudizio dall’appellante e la condanna al pagamento delle spese dei terzi chiamati discende dalla responsabilità dell’appellante di avere dato luogo, con una infondata impugnazione, al giudizio nel quale legittimamente è rimasto coinvolto il terzo.
Le considerazioni che precedono consentono di superare le argomentazioni del ricorrente che, con riferimento alle singole posizioni, riguardano questioni di merito attinenti al ruolo svolto da tali soggetti nell’ambito del giudizio di primo grado.
Con il quinto motivo si deduce la violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunziato. La Corte avrebbe omesso di pronunziarsi sulla istanza di cancellazione ai sensi dell’articolo 89
c.p.c. riguardo alle frasi offensive indirizzate al difensore dell’odierno ricorrente.
6.1. Il motivo è inammissibile poiché si tratta di un potere che non è sindacabile in sede di legittimità. Opera infatti il seguente principio di diritto: ‘l’apprezzamento del giudice di merito sul carattere sconveniente od offensivo delle espressioni contenute nelle difese delle parti e sulla loro estraneità all’oggetto della lite, nonché l’emanazione o meno dell’ordine di cancellazione delle medesime, a norma dell’art. 89 c.p.c., integrano esercizio di potere discrezionale non censurabile in sede di legit timità’ (Cass. n. 38730 del 6/12/2021, Cass. n. 14364 del 2018 e Cass. n. 22189 del2009).
Oltre a ciò, va rilevato che parte ricorrente ha omesso di trascrivere il motivo di appello contenente la richiesta di cancellazione ai sensi dell’articolo 89 c.p.c. delle frasi offensive che sarebbero state indirizzate al difensore dell’odierno ricorrente . I passaggi ritualmente trascritti all’interno del quinto motivo di ricorso riguardano la comparsa conclusionale di primo grado di controparte e la memoria di replica, di primo grado, del 19 ottobre 2020. In difetto di documentazione attestante la formulazione di una specifica domanda al giudice di appello ai sensi dell’articolo 89 c.p.c. la censura è inammissibile anche sotto tale profilo.
Alla luce delle considerazioni che precedono il ricorso per cassazione proposto da NOME COGNOME deve essere rigettato.
Con il ricorso incidentale NOME COGNOME chiede ‘nella deprecata ipotesi di accoglimento del ricorso principale, in accoglimento di quanto richiesto con il ricorso incidentale, dichiarare la responsabilità del progettista-direttore dei lavori e in ogni caso la responsabilità del ruolo di progettista’.
Poiché il ricorso principale è infondato, quello incidentale chiaramente subordinato all’ipotesi di accoglimento del ricorso principale risulta assorbito.
In ogni caso si riportano i singoli motivi del ricorso incidentale.
Con il primo motivo lamenta la violazione di articoli 115 e 116 c.p.c. in relazione all’articolo 360, n. 3 n. 5 c.p.c. In particolare, contrariamente a quanto ritenuto nel merito dalla Corte territoriale, l’esame del permesso di costruire rilasciato dal Comune alla committente NOME COGNOME in data 27 luglio 2015 sarebbe emerso che l’ingegnere risultava sia progettista dell’opera (demolizione e ricostruzione), sia direttore dei lavori. Questo avrebbe determinato una responsabilità solidale tra appaltatore e progettista ai sensi dell’articolo 2055 c.c.
Con il secondo motivo si lamenta la violazione dell’articolo 2715 c.p.c. e del principio previsto agli articoli 115 e 116 c.p.c., in relazione all’articolo 360, n. 3 e n. 5 c.p.c. La Corte avrebbe omesso di esaminare altri documenti che accettano l’assunzione dell’incarico da parte del professionista in particolare il contenuto della relazione tecnica dell’ingegnere inviata alla provincia di Milano in data 4 novembre 2014 nella quale il professionista compare nella doppia qualità di progettista e direttore dei lavori.
Con il terzo motivo si deduce la violazione l’articolo 2230 c.c., con riferimento all’articolo 360, n. 3 e n. 5 c.p.c. La Corte non avrebbe riesaminato la documentazione prodotta che attesterebbe, soprattutto con riferimento al permesso di costruire, che l ‘ingegnere non avrebbe limitato la propria mansione a quella di progettista architettonico. Negli stessi termini militano altri documenti, come la relazione geologica.
Per quanto detto il ricorso principale va rigettato e dichiarato assorbito quello incidentale.
Il ricorrente principale va condannato al pagamento delle spese di lite in favore di NOME COGNOME ed in favore di RAGIONE_SOCIALE e di NOME ed NOME COGNOME, nella misura indicata in dispositivo.
Ricorrono i presupposti per il pagamento del doppio contributo a carico del solo ricorrente principale.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso principale e dichiara assorbito il ricorso incidentale.
Condanna il ricorrente principale al pagamento delle spese in favore di NOME COGNOME liquidandole in € 2.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, ivi compresi esborsi liquidati in euro 200,00 ed agli accessori di legge, ed in favore di Lloyd’s Insurance Company S A, liquidandole in € 2.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, ivi compresi esborsi liquidati in euro 200,00 ed agli accessori di legge, ed in favore di NOME ed NOME COGNOME liquidandole in € 3.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, ivi compresi esborsi liquidati in euro 200,00 ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater del d.p.r. 115 del 2002, d à atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente COGNOME, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13.
Così deciso nella camera di Consiglio della Terza Sezione della Corte