Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 30796 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 30796 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 02/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso 13416-2022 proposto da:
COGNOME e COGNOME, eredi di COGNOME NOME COGNOME rappresentate e difese dagli avv.ti NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME e domiciliate presso la cancelleria della Corte di Cassazione
– ricorrenti –
contro
COGNOME rappresentata e difesa dagli avv.ti COGNOME e NOME COGNOME e domiciliata presso la cancelleria della Corte di Cassazione
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 2969/2021 della CORTE DI APPELLO di VENEZIA, depositata il 30/11/2021;
udita la relazione della causa svolta in camera di consiglio dal Consigliere COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con ricorso ex art. 702 bis c.p.c. depositato il 12.6.2018 Spagna NOME evocava in giudizio NOME innanzi il Tribunale di Verona, chiedendo di ordinare l’identificazione catastale di due cantine delle quali essa aveva ottenuto la dichiarazione di usucapione, giusta sentenza n. 1273/2017, passata in giudicato, onde poterne ottenere la trascrizione.
Nella resistenza della convenuta il Tribunale, con sentenza n. 2640/2019, rigettava la domanda.
Con la sentenza impugnata, n. 2969/2021, la Corte di Appello di Venezia accoglieva il gravame proposto dalla Spagna avverso la decisione di prime cure, riformandola, accogliendo la domanda ed individuando catastalmente le due cantine di cui è causa in forma autonoma rispetto agli appartamenti alle quali esse risultavano in origine unite, compensando le spese del doppio grado del giudizio di merito. La Corte distrettuale riteneva, in particolare, che la questione dell’identificazione catastale delle cantine non rientrasse nell’ambito di quanto deciso dalla sentenza n. 1273 del 2017, la quale aveva soltanto accertato l’usucapione di detti beni in capo alla Spagna. Aggiungeva tuttavia che anche quest’ultima era responsabile del problema insorto per effetto della mancata individuazione catastale dei beni, poiché la stessa aveva omesso di indicarli in modo univoco nell’ambito di quel primo giudizio, e compensava per tale motivo le spese del giudizio.
Propongono ricorso per la cassazione della pronuncia di secondo grado COGNOME NOME e COGNOME NOME, eredi di COGNOME NOME affidandosi ad un solo motivo.
Resiste con controricorso NOME
Con istanza del 22.3.2023 la parte ricorrente, dopo aver ricevuto la comunicazione della proposta di decisione ai sensi di quanto previsto dall’art. 380-bis c.p.c., ha chiesto la decisione del ricorso.
Il ricorso è stato chiamato una prima volta all’adunanza camerale del 27.10.2023, in esito alla quale, con ordinanza interlocutoria n. 30378/2023, è stato rinviato a nuovo ruolo in attesa della decisione delle Sezioni Unite di questa Corte in relazione all’incompatibilità, del consigliere redattore della proposta di definizione anticipata ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., a comporre il collegio che decide il ricorso a seguito di istanza di decisione presentata nel termine prescritto dalla legge.
All’esito della pubblicazione della sentenza delle Sezioni Unite di questa Corte n. 9611 del 10.4.2024, il ricorso è stato nuovamente fissato per l’odierna adunanza camerale, in prossimità della quale ambo le parti hanno depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Preliminarmente, il collegio dà atto che, a seguito della pubblicazione della sentenza delle Sezioni Unite di questa Corte n. 9611 del 10 aprile 2024, non sussiste alcuna incompatibilità del presidente della sezione o del consigliere delegato, che abbia formulato la proposta di definizione accelerata, a far parte, ed eventualmente essere nominato relatore, del collegio che definisce il giudizio ai sensi dell’art. 380-bis.1, atteso che la proposta non ha funzione decisoria e non è suscettibile di assumere valore di pronuncia definitiva, né la decisione in camera di consiglio conseguente alla richiesta del
ricorrente si configura quale fase distinta del giudizio di cassazione, con carattere di autonomia e contenuti e finalità di riesame e di controllo sulla proposta stessa.
Sempre in via preliminare, va evidenziato che il ricorso n. 8650/2022, del quale si fa cenno nella memoria depositata dalla parte controricorrente, pendente tra le medesime ricorrenti, da un lato, e COGNOME NOME e COGNOME NOME, dall’altra parte, chiamato esso pure all’odierna adunanza camerale, ha ad oggetto una diversa sentenza della Corte di Appello di Venezia. Le due impugnazioni, dunque, non devono essere riunite.
Passando all’esame dell’unico motivo del ricorso, con esso si contesta la violazione o falsa applicazione degli artt. 91 e 92 c.p.c., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., perché la Corte di Appello avrebbe disposto la compensazione delle spese del doppio grado di giudizio in assenza dei presupposti di legge.
La censura è infondata.
Come costantemente affermato da questa Corte, in tema di condanna alle spese processuali, il principio della soccombenza va inteso nel senso che soltanto la parte interamente vittoriosa non può essere condannata, nemmeno per una minima quota, al pagamento delle spese stesse. Con riferimento al regolamento delle spese, il sindacato della Corte di cassazione è pertanto limitato ad accertare che non risulti violato il principio secondo il quale le spese non possono essere poste a carico della parte vittoriosa, con la conseguenza che esula da tale sindacato, e rientra nel potere discrezionale del giudice di merito, sia la valutazione dell’opportunità di compensare in tutto o in parte le spese di lite, tanto nell’ipotesi di soccombenza reciproca, quanto nell’ipotesi di concorso con altri giusti motivi, sia provvedere alla loro quantificazione, senza eccedere i limiti (minimi, ove previsti e)
massimi fissati dalle tabelle vigenti’ (tra le varie, v. Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 19613 del 04/08/2017, Rv. 645187; conf. Cass. Sez. 3, Sentenza n. 406 del 11/01/2008, Rv. 601214).
Nel caso in esame, la Corte di Appello, accogliendo il gravame proposto dalla Spagna (dante causa delle odierne ricorrenti), ha compensato le spese del doppio grado del giudizio di merito, ravvisando un concorso dell’appellante nella causazione del contenzioso concernente l’identificazione della cantina, e ha condannato la Bianchi alla restituzione delle spese versate dalla stessa Spagna in esecuzione della sentenza di primo grado.
Tale statuizione, come si vede, non contrasta col principio di diritto suindicato; né, del resto, è possibile oggi sindacare in sede di legittimità la decisione del giudice di merito di compensare in parte le spese del doppio grado di giudizio, posto che la valutazione delle proporzioni della soccombenza reciproca e la determinazione delle quote in cui le spese processuali debbono ripartirsi o compensarsi tra le parti, ai sensi dell’art. 92, secondo comma, cod. proc. civ., rientrano nel potere discrezionale del giudice di merito, che resta sottratto al sindacato di legittimità, non essendo egli tenuto a rispettare un’esatta proporzionalità fra la domanda accolta e la misura delle spese poste a carico del soccombente (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 2149 del 31/01/2014 Rv. 629389; conf. Cass. Sez. 2, Sentenza n. 30592 del 20/12/2017, Rv. 646611; nonché Cass. Sez. 1, Sentenza n. 1703 del 24/01/2013, Rv. 624926 e Cass. Sez. 5, Ordinanza n. 8421 del 31/03/2017, Rv. 643477).
Il governo delle spese del giudizio, infatti, quando il giudice di seconde cure riforma in tutto o in parte la sentenza di primo grado, va operato tenendo conto dell’esito complessivo del giudizio (cfr. Cass. Sez. 3, Sentenza n. 6522 del 20/03/2014, Rv. 630212; cfr. anche, in
termini, Cass. Sez. 3, Sentenza n. 9587 del 12/05/2015, Rv. 635269; Cass. Sez. 6 -1, Ordinanza n. 18125 del 21/07/2017, Rv. 645057; Cass. Sez. 6 -2, Ordinanza n. 16431 del 19/06/2019, Rv. 654608; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 24482 del 09/08/2022, Rv. 665389), anche a prescindere dall’esistenza di uno specifico motivo di impugnazione (Cass. Sez. 3, Ordinanza n. 9064 del 12/04/2018, Rv. 648466).
Il ricorso, dunque, va respinto, con inevitabile aggravio di spese a carico della parte soccombente.
Inoltre, poiché il ricorso è stato deciso in conformità alla proposta formulata ai sensi dell’art. 380bis c.p.c., devono essere applicati come previsto dal terzo comma, ultima parte, dello stesso art. 380bis c.p.c.- il terzo e il quarto comma dell’art. 96 c.p.c., con conseguente condanna della parte ricorrente al pagamento di una somma equitativamente determinata (nella misura di cui in dispositivo), nonché al pagamento di una ulteriore somma – nei limiti di legge- in favore della cassa delle ammende.
Considerato il tenore della pronuncia, va dato atto -ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater , del D.P.R. n. 115 del 2002- della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento di un ulteriore importo a titolo contributo unificato, pari a quello previsto per la proposizione dell’impugnazione, se dovuto.
P. Q. M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento, in favore di quella controricorrente, delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in € 1.800,00 per compensi, oltre ad € 200,00 per esborsi, alle spese forfettarie nella misura del 15% ed agli accessori di legge, inclusi iva e cassa avvocati.
Condanna altresì la parte ricorrente, ai sensi dell’art. 96 c.p.c., al pagamento, in favore della parte controricorrente, di una somma
ulteriore pari a quella sopra liquidata per compensi (€. 1.800,00) nonché al pagamento della somma di € 3.000,00 in favore della cassa delle ammende.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del D.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda