Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 21143 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 21143 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 24/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 7721/2024 R.G., proposto da
COGNOME NOME COGNOME rappresentato e difeso dall’avv. NOME COGNOME domiciliato ex lege come da indirizzo pec indicato, per procura su foglio separato allegato al ricorso,
-ricorrente –
contro
PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI, MINISTERO DELL’INTERNO, COMUNE DI SARNO e BASILE NOMECOGNOME
-intimati – per la cassazione della sentenza n. 1160/2020 della CORTE d’APPELLO di Salerno pubblicata il 26.9.2023;
udita la relazione svolta nella Camera di consiglio del 20.5.2025 dal Consigliere dott. NOME COGNOME
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
NOME COGNOME ricorre sulla base di un motivo per la cassazione della sentenza, pubblicata il 26.9.2023, resa dalla Corte d’appello di
Spese giudiziali civili –
Compensazione
Salerno, la quale, accogliendo l’appello da lui proposto, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Salerno, pubblicata il 4.2.2022, ha provveduto al ricalcolo degli interessi sull’importo riconosciuto a titolo di risarcimento del danno nell’ambito del giudizio promosso contro la Presidenza del Consiglio dei Ministri, il Ministero d ell’interno, il Comune di Sarno e NOME COGNOME a seguito del decesso dei congiunti NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME nel contesto degli eventi franosi verificatisi in Sarno il 5.5.1998.
La Corte d’appello, nella contumacia della Presidenza del Consiglio dei Ministri, del Ministero dell’interno e del Basile, ha provveduto al ricalcolo della mora debendi sull’importo liquidato a titolo di risarcimento del danno in favore dell’appellante, tenuto conto della data dell’evento (5.5.1998) e del momento del versamento della provvisionale (20.12.2011) di euro 30.000,00 disposta nel procedimento penale a carico del Basile, nel quale la Presidenza del Consiglio dei Ministri, il Ministero dell’inte rno e il Comune di Sarno erano stati citati quali responsabili civili. La corte salernitana, inoltre, ha compensato le spese del grado.
La trattazione del ricorso è stata fissata in camera di consiglio, ai sensi dell’art.380bis .1. cod. proc. civ..
La Presidenza del Consiglio dei ministri , il Ministero dell’ Interno, il Comune di Sarno e NOME COGNOME sono rimasti intimati.
Il Pubblico Ministero presso la Corte non ha presentato conclusioni scritte.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360, comma primo, n. 3, cod. proc. civ., la violazione degli artt. 91 e 92 cod. proc. civ.
Il ricorrente lamenta che le ragioni esposte dalla Corte d’appello a sostegno della compensazione delle spese di lite contrastino con le disposizioni indicate, poiché né la ‘natura della questione’, né ‘la minima incidenza’ , valorizzate nella decisione impugnata, le si sarebbero potute
apprezzare alla stregua di circostanze di rilevanza pari a quelle normativamente previste secondo quanto statuito da Corte Cost. 77/2014.
L’oggetto del gravame non era connotato da alcun profilo di originalità o complessità, per essere stato richiesto il ricalcolo degli interessi sull’importo liquidato sulla base di un orientamento della Suprema Corte espresso dalle pronunce n. 6347/2014 e n. 9950/2017.
La questione trattata non la si sarebbe potuta valutare come di incidenza limitata, poiché la riforma della decisione del primo grado avrebbe permesso all’appellante di incrementare il credito risarcitorio di euro 9.146,19. Né, come «prefigurato» dalla Corte d’appello, l’impugnazione integrava un abuso del processo, perché il sacrificio imposto al Dolgetta, per effetto della rinuncia a ll’impugna zione, non si sarebbe potuto mantenere nell’ambito del socialmente tollerabile in nome della solidarietà sociale, dato il carattere non simbolico dell’importo in contestazione.
Aggiunge il ricorrente che il richiamo a Cass. 7146/2017, circa la conciliabilità della compensazione delle spese di lite relative ad un grado di giudizio con il principio di infrazionabilità della soccombenza, non era pertinente, poiché il precedente richiamato presupponeva l’esistenza di ‘gravi ed eccezionali ragioni’ non ricorrenti nel caso trattato.
2. Il motivo è infondato.
La valutazione sulla concessione o meno della compensazione delle spese sul presupposto, eventualmente, della esistenza di una soccombenza reciproca o di altre ragioni rientra nel potere discrezionale del giudice di merito ed esula dalla valutazione di questa Corte (v. Cass., 22 aprile 2005, n.8540; 17 marzo 2004, 5405; 28 novembre 2003, n.17692). Infatti, il sindacato della Corte di cassazione è limitato ad accertare che non risulti violato il principio secondo il quale le spese non possono essere poste a carico della parte totalmente vittoriosa (v. Cass., Sez. Un., 31 ottobre 2022, n. 32061; 15 maggio 2023, n. 13212).
Pertanto, esula da tale sindacato e rientra nel potere discrezionale del giudice di merito la valutazione dell’opportunità di compensare in tutto o in
parte le spese di lite, e ciò sia nell’ipotesi di soccombenza reciproca, sia nell’ipotesi di concorso di altri giusti motivi (v. Cass. 31 agosto 2020, n. 18128; 17 ottobre 2017, n. 24502; 31 marzo 2017, n. 8421; 19 giugno 2013, n. 15317), ivi compresa l’ip otesi di accoglimento parziale della domanda articolata in più capi (v. Cass., 13212/2023, cit.).
Rimane ferma, invece, la necessità della verifica che non siano addotte ragioni illogiche o erronee a fondamento della decisione di compensazione, risolvendosi il sindacato di legittimità, come affermato dalla Corte costituzionale (v. sentenza, 4 giugno 2014, n. 157; Cass. 26 luglio 2021, n. 21400), in una verifica «in negativo» in ragione della «elasticità» costituzionalmente necessaria che caratterizza il potere giudiziale di compensazione delle spese di lite, ‘non essendo indefettibilmente coessenziale alla tutela giurisdizionale la ripetizione delle dette spese in favore della parte vittoriosa’ (v., Corte cost., 19 aprile 2018, n. 77).
2.1. Il ricorrente ha richiamato Corte cost. 77/2018, che ha dichiarato incostituzionale l’art. 92, 2° comma, cod. proc. civ. (nel testo modificato dall’art. 13, 1° comma, d.l. 12 settembre 2014 n. 132, conv., con modif., nella l. 10 novembre 2014 n. 162), nella parte in cui non prevede il potere del giudice di compensare le spese, parzialmente o per intero, anche in ipotesi che presentino la stessa, o maggiore, gravità ed eccezionalità di quelle espressamente codificate.
In tal modo, la possibilità di disporre la compensazione in presenza di altre gravi ed eccezionali ragioni è stata parametrata sulle ipotesi tipizzate, confermando l’elasticità del giudizio sul tema dell’art. 92 cod. proc. civ. nella versione introdotta dalla l. 69/2009 oggi ripristinata, una volta intervenuta l’indicata pronuncia della Consulta. Norma, quest’ultima, ritenuta ‘elastica, che il legislatore ha previsto per adeguarla ad un dato contesto storicosociale o a speciali situazioni, non esattamente ed efficacemente determinabili «a priori», ma da specificare in via interpretativa da parte del giudice di merito” (v. Cass., Sez. Un., 22 febbraio 2012, n. 2572).
Detta “elasticità” di valutazione costituisce, come già detto, un connotato addirittura costituzionalmente necessario del potere/dovere del giudice di regolamentare le spese di lite, visto che l’introduzione di un sistema di rigida predeterminazione delle “altre” ragioni, rispetto alla soccombenza reciproca, idonee a giustificare la compensazione è stata ritenuta in contrasto con la Costituzione, poiché una rigida “predeterminazione” di ipotesi “tipiche” di compensazione può determinare un “minus” agli art t. 24 e 111 Cost. disincentivando l’esercizio dei propri diritti (v. Corte Cost., 77/2018, cit.).
La Corte d’appello ha disposto la compensazione integrale delle spese del giudizio d’impugnazione ed ha così motivato: ‘ ritiene la Corte che la natura della questione esaminata, la sua minima incidenza sull’importo complessivamente liquidato a titolo di danno e la condotta degli appellati che non hanno contestato la doglianza, giustifichino la compensazione integrale delle spese del presente grado di giudizio, ferma restando la condanna degli originari convenuti, in solido, al pagamento delle spese processuali in favore degli attori, come statuito al punto n. 4 del dispositivo della pronuncia di primo grado’.
La decisione resa non è basata su una ragione illogica o erronea, poiché, fermo restando che la corte salernitana, diversamente da come adombrato dal ricorrente, non ha in alcun modo ‘prefigurato’ un abuso del processo, né fatto riferimento a ragioni di solidarietà sociale tali da rendere ragionevole la rinuncia all’impugnazione, ma ha radicato la sua decisione sulla ‘ natura della questione esaminata’ e sulla ‘ sua minima incidenza rispetto all’importo complessivamente liquidato’ . La corte, inoltre, ha valorizzato ‘la condotta degli appellati che non hanno contestato la doglianza’ , intendendo indicare quelli rimasti contumaci in sede di appello (Presidenza del Consiglio dei ministri , il Ministero dell’Interno e il Basile). Profilo, quest’ultimo, non investito dal ricorrente.
Le stesse Sezioni Unite (sentenza 2572/2012, cit.) permettono di ritenere non estranea, “al fine della compensazione delle spese”, pure la
valutazione dell’atteggiamento soggettivo del soccombente che ha agito o resistito in giudizio”, ovvero “delle ragioni che lo hanno indotto ad agire o resistere in giudizio”, vale a dire “un valore che è stato espressamente ritenuto meritevole di considerazione dallo stesso legislatore ai fini dell’incidenza sulle spese, come chiaramente ricavabile, sia pure «a contrario», dalla disciplina in tema di responsabilità aggravata di chi agisce o resiste con dolo o colpa grave (intesi dalla giurisprudenza anche come consapevolezza del proprio torto ovvero consapevolezza dell’infondatezza della domanda o dell’eccezione)’.
In questa cornice, la decisione impugnata non presta il fianco alla censura svolta, poiché non è basata su una ragione illogica o erronea. La questione disputata verteva sul computo della mora debendi , ossia sul pregiudizio derivante dalla ritardata disponibilità dell’equivalente pecuniario del bene perduto, e, quindi, era effettivamente circoscritta a una limitata porzione del più rilevante importo liquidato a titolo di risarcimento del danno . A ciò deve aggiungersi l’apprezzamento da parte della Corte d’appello della condotta processuale della maggior parte degli appellati, che omettendo di partecipare al giudizio d’appello hanno consentito una rapida definizione del giudizio.
Il ricorso, pertanto, deve essere rigettato.
Nulla per le spese atteso che i resistenti sono rimasti intimati.
Va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, a carico della parte ricorrente, ai sensi dell’art. 13, comma 1quater , d.P.R. 30 maggio 2002 n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, se dovuto, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13 (Cass., sez. un., 20 febbraio 2020, n. 4315).
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, al competente ufficio di merito, del l’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della Terza sezione civile della