Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 25714 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 25714 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 19/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 13827/2023 R.G. proposto da :
COGNOME rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME ed elettivamente domiciliato presso l’indirizzo PEC del difensore iscritto nel REGINDE;
-RICORRENTE- contro
COGNOME rappresentato e difeso da ll’avvocato COGNOME ed elettivamente domiciliato presso l’indirizzo PEC del difensore iscritto nel REGINDE; -CONTRORICORRENTE- avverso la sentenza della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA n. 718/2023, depositata il 31/03/2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 11/02/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME ha proposto opposizione, dinanzi al Giudice di pace di Bologna, avverso il decreto ingiuntivo ottenuto dall’avv. COGNOME per il pagamento di € 3 .500,00 a titolo di compensi
professionali, spiegando riconvenzionale per far valere un controcredito di €. 17.808,00 per attività di supporto informatico.
Il Giudice di pace ha respinto l’opposizione, dichiarandosi incompetente per valore sulla riconvenzionale.
Riassunto tempestivamente il giudizio, il Tribunale ha ritenuto insussistente il controcredito vantato da NOME COGNOME e ha compensato le spese.
L’avv. COGNOME ha impugnato la sent enza, sostenendo che il primo giudice aveva erroneamente disposto la compensazione in virtù dell’accoglimento della richiesta di cancellazione delle frasi offensive contenute negli scritti difensivi di primo grado e che non aveva pronunciato sulla richiesta di risarcimento per responsabilità processuale aggravata ex art. 96 c.p.c.
Il gravame è stato respinto dalla Corte distrettuale di Bologna, evidenziando che negli scritti dell’app ellante erano effettivamente presenti frasi offensive e non pertinenti rispetto alle esigenze di difesa e che , essendo l’istanza di cancellazione una vera e propria domanda di parte, è possibile disporre la compensazione ai sensi dell’art. 92 c.p.c.
Non era stata formulata, secondo la Corte di merito, una richiesta di risarcimento per responsabilità processuale aggravata e comunque la riconvenzionale volta a far valere un controcredito era stata respinta perché la prestazione del COGNOME era risultata a titolo gratuito , ravvisando i presupposti per condannare l’appellante a risarcire il danno ai sensi dell’art . 96 c.p.c. per aver, con negligenza, insistentemente negato il carattere ingiurioso delle frasi utilizzate, abusando degli strumenti di tutela.
Per la cassazione della sentenza l’avv. COGNOME ricorre sulla base di due motivi. NOME COGNOME resiste con controricorso e con memoria illustrativa.
Il Pubblico Ministero ha fatto pervenire conclusioni scritte, chiedendo l’ accoglimento del ricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il primo motivo denuncia la violazione degli artt. 91 e 92 c.p.c., lamentando che la compensazione delle spese processuali sia stata disposta sull’erron eo presupposto che il ricorrente fosse soccombente perché destinatario dell’ordine di cancellazione delle frasi ingiuriose.
Il secondo motivo denuncia la violazione degli artt. 96, 112 e 132 n. 4 c.p.c., per aver la Corte di merito escluso che il ricorrente avesse chiesto la condann a di controparte ai sensi dell’art. 96 c.p.c. e per aver condannato il ricorrente, risultato totalmente vincitore all’esito del giudizio. a risarcire il danno per responsabilità processuale.
Il primo motivo è fondato.
Il Tribunale ha ritenuto insussistente il controcredito di NOME COGNOME ma ha disposto la compensazione delle spese, affermando che la richiesta di cancellazione sostanzia una vera e propria domanda giudiziale, che era stata accolta.
L’art. 89 , comma secondo c.p.c. dispone che “il giudice, in ogni stato dell’istruzione, può disporre con ordinanza che si cancellino le espressioni sconvenienti od offensive”, mentre, con la sentenza che decide la causa” può “assegnare alla persona offesa una somma a titolo di risarcimento del danno anche non patrimoniale sofferto, quando le espressioni offensive non riguardano l’oggetto della causa”.
Secondo l’orientamento assolutamente prevalente di questa Corte, la cancellazione delle frasi ingiuriose o offensive, oltre che essere disposta d’ufficio, può conseguire all’istanza di parte, la quale non costituisce una domanda giudiziale, valendo quale semplice sollecitazione all’esercizio di un potere officioso del giudice, strumentale all’obbligo delle parti di comportarsi in giudizio con lealtà e probità (Cass. n. 15503/2002; Cass. n. 9946/2001; Cass.
n. 5677/2005; Cass. n. 6439/2009; Cass. n. 14112/2011; Cass. n. 27948/2018; Cass. n. 4738/2022; Cass. n. 4212/2024).
Il provvedimento adottato nel corso dell’istruttoria (a differenza della sentenza imposta per l’eventuale assegnazione, alla persona offesa, di una somma a titolo di risarcimento del danno anche non patrimoniale sofferto) è privo di effettivo contenuto decisorio, non incide sul merito della causa e riveste una mera funzione ordinatoria avente rilievo esclusivamente entro l’ambito del rapporto endo-processuale tra le parti (Cass. n. 10517/2017; Cass. n. 1018/2009).
Si è anche affermato che, ove sollecitato in tal senso, il giudice non è sollevato dal dovere di pronunciare ; l’esame della richiesta , pur se affidato al potere discrezionale del giudice, che può provvedere al riguardo anche d’ufficio, non per questo può essere omesso, potendo configurarsi la violazione dell’art. 112 c.p.c., poiché la cancellazione è oggetto di preciso diritto processuale e sostanziale a difesa del l’onore e della reputazione (Cass. n. 12134/1991; Cass. n. 17914/2022; nel senso invece che non è configurabile l’omissione di pronuncia rispetto alla richiesta di cancellazione delle frasi ingiuriose: Cass. n. 27948/2018; Cass. n. 9040/1994; Cass. n. 12479/2004). Sostanzia, invece, una vera e propria domanda giudiziale, la richiesta di risarcimento del danno ai sensi dell’art. 89 c.p.c. che, difatti, deve esser proposta con modalità tali da garantire il rispetto del contraddittorio (Cass. n. 11617/1992; Cass. n. 9946/2001; Cass. n. 20593/2012).
Tuttavia, la soccombenza si misura rispetto alle domande che riguardano il bene della vita preteso in giudizio e non rispetto a quelle, meramente accessorie, ricollegabili alla condotta processuale delle parti e, tantomeno, a mere istanze di natura sollecitatoria (cfr., con riferimento alle domande di responsabilità aggravata ex art. 96 c.p.c.: Cass. n. 18036/2022; Cass. n. 5466/2022; Cass. n. 1792/2018; Cass. n. 9532/2017).
Nel caso in esame, non ricorreva un’ipotesi di parziale e reciproca soccombenza, né in primo grado né in appello, né si giustificava la compensazione delle spese di lite ai sensi dell’art. 92, comma, c.p.c., avendo la Corte di merito affermato che ricorrevano gravi ragioni di compensazione consistenti nell’accoglimento della richiesta di cancellazione poiché ritenuta una vera e propria domanda giudiziale, sicché appare indubbiamente valorizzata un’insussistente soccombenza reciproca .
È quindi accolto il primo motivo di ricorso, con assorbimento del secondo, la sentenza è cassata in relazione al motivo accolto, con rinvio della causa alla Corte d’appello di Bologna, in diversa composizione, anche per la pronuncia sulle spese di legittimità.
P.Q.M .
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, dichiara assorbito il secondo, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa alla Corte d’appello di Bologna, in diversa composizione, anche per la pronuncia sulle spese di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camerta di consiglio della Seconda sezione civile della Corte Suprema di Cassazione, in data 11/02/2025.
Il Presidente NOME COGNOME