Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 19957 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 19957 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 17/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 3091/2024 R.G. proposto da :
ALLOGGIO COGNOME rappresentata e difesa dall’Avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE e Avvocato NOME COGNOME con domicilio digitale rispettivamente EMAIL e EMAIL
-ricorrente-
contro
PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI, ex lege rappresentata e difesa dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (ADS80224030587) con domicilio digitale @mailcetEMAIL
-controricorrente-
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO ROMA n. 5741/2023 depositata il 13/09/2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 18/06/2025 dalla consigliera NOME COGNOME.
RILEVATO CHE:
1.La Corte di appello di Roma con la sentenza n. 5741/2023 pubblicata il 13.9.2023 ha respinto l’originaria domanda proposta dall’attuale ricorrente volta ad accertare la responsabilità dei magistrati della Corte di cassazione in relazione all’allegata indebita compensazione delle spese nel procedimento deciso con sentenza n. 23092 del 2010.
2.La Corte territoriale era stata investita del gravame in via principale dalla odierna ricorrente NOME COGNOME che contestava il rigetto della domanda statuito dal tribunale in ragione della mancata prova del danno subito pur ravvisata la prospettata violazione di legge, e in via incidentale dallo Stato italiano in persona del Presidente del Consiglio, al fine di contestare l’accertamento circa la violazione di legge.
3.La Corte d’appello confermava il rigetto della domanda in accoglimento dell’appello incidentale, assorbito l’appello principale, ed escludeva la violazione di legge ritenuta dal tribunale, relativamente alla compensazione delle spese. Premesso che la norma applicabile, ratione temporis , prevedeva (art. 92 co. 2 nel testo anteriore a quello introdotto dalla L. 28.12.2005 n. la ‘ essendo stato il procedimento concluso con la sentenza della S.C. instaurato prima del 1 marzo 2006 ) che si potesse disporre la compensazione delle spese per ‘giusti motivi’, (che la giurisprudenza di legittimità ha poi precisato dovessero essere comunque esplicitati, pur rientrando nei poteri discrezionali del giudice di merito), la corte d’appello osservava come la Corte di cassazione aveva motivato la compensazione con la ‘peculiarità procedurale del caso’ e riteneva che detta motivazione non appariva in alcun modo connessa con la valutazione, attinente invece al merito, della esistenza di una costante giurisprudenza di
legittimità sulla questione relativa al mezzo di impugnazione del provvedimento di assegnazione delle somme nel processo esecutivo procedurale, questione oggetto del processo conclusosi con la sentenza n. 23092 del 2010. Pertanto, non era apprezzabile la ritenuta illogicità e contraddittorietà della decisione in quanto mentre il primo rilievo afferiva al merito della vicenda, il secondo riguardava la circostanza che il rigetto del reclamo e del conseguente appello si era convertito in una pronuncia di inammissibilità dello stesso, sicché, nella sostanza, il giudizio era stato definito con una pronuncia in rito ed in ciò doveva ravvisarsi il giustificato motivo che aveva indotto la Corte di legittimità a compensare le spese processuali.
4.La cassazione della sentenza in esame è chiesta da Alloggio con ricorso notificato il 29.1.2024 ed affidato a due motivi, illustrati da memoria, cui resiste con controricorso la Presidenza del Consiglio dei ministri.
5.Il Procuratore generale ha depositato requisitoria con cui ha chiesto il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO CHE:
6.Con il primo motivo si deduce (in relazione all’art. 360, comma 1, n.3 cod. proc. civ. ), la violazione e falsa applicazione dell’articolo 2, comma 3, lett. a) della legge 117 del 1998 nonché degli articoli 91 e 92 cod. proc. civ. per avere la corte d’appello con motivazione apparente ritenuto erroneamente che sia stato rispettato l’articolo 92 comma 2, cod. proc. civ., nell’interpretazione datane dal diritto vivente mediante il legittimo esercizio di una valutazione discrezionale e non arbitraria. Contesta parte ricorrente la motivazione della corte territoriale che aveva escluso l’illogicità e contraddittorietà della decisione ritenendo che il riferimento alla peculiarità procedurale del caso operato dalla Suprema Corte per giustificare la compensazione integrale delle spese non potesse essere messo in correlazione con la valutazione attinente, invece,
al merito della esistenza di una costante giurisprudenza di legittimità sulla questione procedurale.
7.Il primo motivo è infondato perché come osservato dal P.G., non coglie la ratio posta a fondamento della decisione del giudice di appello: il motivo insiste sull’esistenza tra una contraddizione logica tra la constatazione di una giurisprudenza consolidata ed il rilievo di una peculiarità procedurale, laddove, invece, la corte di appello ha chiaramente ricollegato quest’ultima alla constatazione, da parte della Suprema Corte, del fatto che il processo era stato concluso con una decisione in rito (e, cioè, che il giudizio non andava proposto fin dall’origine).
8.La censura, dunque, insiste sull’esistenza di una contraddizione, senza tuttavia farsi carico di spiegare le ragioni per le quali la contraria affermazione della corte di appello (che del resto riposa su un argomento del tutto ragionevole) debba considerarsi errata: secondo il giudice di merito, la contraddizione non sussiste perché la concordia giurisprudenziale vi è sul merito, mentre le ragioni processuali attengono all’avvenuta definizione del processo per questione di rito; ed il ricorrente non spiega perché tale interpretazione sia scorretta.
9.Con il secondo motivo si deduce (in relazione all’art. 360, comma 1, n.5 cod. proc. civ.) la violazione dell’art. 132, secondo comma, n.4 cod. proc. civ. e dell’art. 118 disp.att. cod. proc. civ. nonché degli articoli 91 e 92 cod. proc. civ. per avere la corte territoriale respinto la domanda proposta dalla Alloggio con una motivazione apparente.
10.La censura è infondato perché, al di là della inesatta riconduzione del vizio di motivazione apparente al n. 5 dell’art. 360 cod.proc.civ., non si confronta con i vari argomenti valorizzati dalla corte d’appella a sostegno del rigetto.
11.A partire da quello secondo il quale i giudici del corte di cassazione statuendo sulle spese avevano fatto legittimo esercizio
della loro discrezionalità senza sfociare nell’arbitrio non potendo l’arbitrarietà derivare dalla circostanza che la decisione sia stata fondata su una costante giurisprudenza di legittimità, assumendo rilevanza ai fini delle spese non solo il merito ma anche tutti gli altri elementi soggettivi ed oggettivi afferenti ad una causa.
12.Sul punto la Corte costituzionale con la sentenza n.77/2018 ha chiarito che la ratio ispiratrice è da individuarsi nei principi di uguaglianza e ragionevolezza che giustificano il potere del giudice di adeguare le spese alle peculiarità della causa.
13.Senza tralasciare di considerare che la corte laziale aveva osservato come non emergesse alcun altro elemento idoneo a fondare la tesi della arbitrarietà della decisione e del riferimento alla ‘peculiarità procedurale’, neppure l’eventuale sproporzione tra il ricavato dal giudizio e le spese legali sostenute dall’attore.
14.E’ perciò evidente che il giudice territoriale, attestandosi ben al di sopra del minimo costituzionale, abbia chiaramente spiegato le ragioni della decisione.
15.Il ricorso deve quindi essere rigettato e in applicazione del principio della soccombenza, parte ricorrente va condannata alla rifusione delle spese di lite a favore del controricorrente liquidate come in dispositivo.
16.Sussistono i presupposti processuali per il versamento – ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.p.r. 30 maggio 2002, n. 115 -, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione, se dovuto.
PQM
La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese di lite a favore del controricorrente e liquidate in euro 2200,00 per compensi, oltre accessori di legge e spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater del d.p.r. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 18/06/2025.