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Compensazione spese: domanda parzialmente accolta

Una società ha citato in giudizio un istituto di credito per la restituzione di somme indebitamente percepite, quantificate in oltre 76.000 €. Il tribunale ha accolto la domanda solo per circa 43.000 €, disponendo la compensazione spese tra le parti. La Corte di Cassazione ha confermato la decisione, ritenendo che l’accoglimento della domanda per un importo notevolmente inferiore a quello richiesto integri un’ipotesi di soccombenza reciproca, giustificando così la compensazione delle spese legali.

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Pubblicato il 8 settembre 2025 in Diritto Bancario, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Compensazione Spese: Quando Vincere a Metà Significa Pagare

Nel mondo dei contenziosi legali, l’esito non è sempre una vittoria netta o una sconfitta totale. Spesso, le decisioni dei giudici si collocano in una zona grigia, accogliendo solo in parte le richieste di chi ha avviato la causa. Questo scenario solleva una questione cruciale: chi paga le spese legali? La regola generale vuole che sia la parte soccombente a farsene carico, ma cosa succede quando entrambe le parti sono, in un certo senso, sia vincitrici che perdenti? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce i presupposti per la compensazione spese, un meccanismo che ripartisce i costi del processo quando la vittoria non è completa. Il caso analizzato riguarda una società che, pur avendo ottenuto una condanna a suo favore, ha visto la sua richiesta economica notevolmente ridimensionata.

I Fatti del Caso: Dalla Richiesta Iniziale alla Sentenza

Una società commerciale citava in giudizio un noto istituto di credito, contestando la legittimità della capitalizzazione trimestrale degli interessi passivi applicata al proprio conto corrente. La richiesta di restituzione era stata quantificata in una somma precisa: 76.304,05 €.

Il Tribunale di primo grado, dopo aver disposto una Consulenza Tecnica d’Ufficio (CTU) per ricalcolare il dovuto, accoglieva la domanda della società, ma per un importo decisamente inferiore: 43.308,28 €. A fronte di questo esito, il giudice decideva per l’integrale compensazione spese processuali tra le parti. In sostanza, nonostante la condanna della banca, la società attrice non otteneva il rimborso delle proprie spese legali.

Insoddisfatta, la società proponeva appello, ma la Corte territoriale confermava la decisione di primo grado, ribadendo la correttezza della compensazione. Si arrivava così al giudizio di Cassazione.

La Decisione della Corte sulla Compensazione Spese

La società ricorrente sosteneva davanti alla Suprema Corte di non poter essere considerata ‘soccombente’ su nessun punto, poiché nell’atto introduttivo aveva fatto salva ogni ‘migliore quantificazione’ che fosse emersa nel corso del giudizio, anche ad opera del CTU. Secondo questa tesi, avendo poi adeguato le proprie richieste finali all’importo calcolato dal consulente, la sua vittoria doveva considerarsi totale.

La Corte di Cassazione, tuttavia, ha dichiarato il ricorso inammissibile, sposando una linea interpretativa più rigorosa. I giudici hanno stabilito che l’accoglimento di una domanda per un importo pari a poco più della metà (il 56%) di quello originariamente richiesto configura un’ipotesi di ‘soccombenza parziale’. Questa condizione è sufficiente a giustificare la decisione del giudice di merito di disporre la compensazione spese.

Le Motivazioni: La Distinzione tra Petitum e Causa Petendi

Il cuore della motivazione della Cassazione risiede nella distinzione tra petitum (ciò che si chiede) e causa petendi (i fatti e le ragioni giuridiche a fondamento della richiesta). La Corte ha spiegato che la soccombenza non si valuta solo guardando alla cifra finale richiesta, ma analizzando se i fatti costitutivi della domanda sono stati interamente provati.

Nel caso specifico, la notevole differenza tra la somma richiesta e quella liquidata dal giudice indicava una parziale infondatezza della causa petendi. In altre parole, i presupposti di fatto e di diritto posti dalla società a base della sua richiesta di 76.304,05 € non hanno trovato pieno riscontro nell’istruttoria processuale. La ricorrente, secondo la Corte, non è riuscita a dimostrare che la riduzione dell’importo fosse solo un mero adeguamento quantitativo e non la conseguenza di una debolezza intrinseca della sua pretesa iniziale. La semplice clausola di stile ‘salva diversa quantificazione’ non è sufficiente a neutralizzare gli effetti di una richiesta iniziale sproporzionata rispetto all’esito del giudizio.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche per Chi Agisce in Giudizio

Questa ordinanza offre un importante monito pratico: la quantificazione della domanda giudiziale non è un dettaglio trascurabile. Chiedere una somma eccessiva, anche con la cautela di rimettersi a una successiva valutazione tecnica, espone al rischio concreto della compensazione spese. Se il giudice riconosce un importo significativamente inferiore, può ritenere che l’attore abbia contribuito, con una richiesta esosa, a generare il contenzioso o a complicarne la gestione, giustificando così la mancata condanna della controparte al pagamento integrale delle spese legali.

Per le imprese e i cittadini che intendono avviare un’azione legale, ciò significa che è fondamentale basare le proprie richieste su calcoli accurati e prove solide sin dall’inizio. Una domanda ben ponderata non solo aumenta le possibilità di successo nel merito, ma protegge anche dal rischio di vedere vanificato il risultato economico ottenuto a causa della mancata rifusione dei costi sostenuti per il processo.

Quando il giudice può compensare le spese legali?
Il giudice può disporre la compensazione delle spese legali in caso di ‘soccombenza reciproca’, ovvero quando entrambe le parti risultano parzialmente sconfitte. Come chiarito nel provvedimento, ciò si verifica anche quando la domanda dell’attore viene accolta per un importo quantitativamente molto inferiore a quello richiesto.

Se ottengo in giudizio una somma inferiore a quella richiesta, sono considerato parzialmente soccombente?
Sì. Secondo questa ordinanza, l’accoglimento della domanda per una somma notevolmente inferiore a quella inizialmente pretesa (nel caso di specie, circa il 56%) costituisce una forma di soccombenza parziale che legittima il giudice a compensare le spese di lite.

È sufficiente inserire nell’atto di citazione la formula ‘salva diversa quantificazione’ per evitare la compensazione delle spese?
No, non è sufficiente. La Corte di Cassazione ha specificato che questa clausola non basta a escludere la soccombenza parziale se la riduzione dell’importo riconosciuto dipende da una parziale infondatezza dei fatti e delle ragioni giuridiche poste a base della domanda iniziale (causa petendi).

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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