Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 34412 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 34412 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 24/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso 13476-2023 proposto da:
COGNOME NOME, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che la rappresenta e difende;
– controricorrente –
Oggetto
LICENZIAMENTO REINTEGRAZIONE OBBLIGHI CONTRIBUTIVI
R.G.N. 13476/2023
COGNOME
Rep.
Ud. 30/10/2024
CC
avverso la sentenza n. 269/2023 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE, depositata il 05/04/2023 R.G.N. 703/2022; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 30/10/2024 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
RILEVATO CHE
Con la sentenza indicata in epigrafe, la Corte d’appello di Firenze, in sede di rinvio da parte di questa Corte di Cassazione (sentenza n. 31908 del 2022), ha accolto la domanda proposta da NOME COGNOME nei confronti di Poste Italiane s.p.a. tesa alla declaratoria di illegittimità del licenziamento intimato il 26.4.2013, ordinando -ai sensi dell’art. 18, comma 4, della legge n. 300 del 1970 la reintegrazione nel posto di lavoro e condannando la società al pagamento un’indennità risarcitoria pari a dodici mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto, oltre versamento dei contributi previdenziali ed assistenziali dal giorno del licenziamento a quello della effettiva reintegrazione, con interessi di legge, compensando le spese di lite per la quota di 1/3 e condannando la società al pagamento dei restanti 2/3.
La Corte territoriale, per quel che rileva, ha preliminarmente riassunto la vicenda giudiziaria intercorsa tra le parti (controversia oggetto di tre rinvii da parte di questa Corte di Cassazione) e, con riguardo alla regolazione delle spese di lite ha ritenuto di compensarle tenuto conto, nonostante l’esito complessivo del giudizio a favore della lavoratrice, ‘della complessità della vicenda in fatto che ha determinato pronunce difformi, per quanto riguarda la sussunzione della fattispecie in esame, da parte di ben due Corti di appello.
Avverso tale sentenza la lavoratrice ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi. La società ha resistito con controricorso.
Al termine della camera di consiglio, il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza nei successivi sessanta giorni.
CONSIDERATO CHE
Con il primo motivo di ricorso si denunzia, ai sensi dell’art. 360 cod.proc.civ., primo comma, n. 3, violazione e falsa applicazione dell’art. 429, comma 3, c.p.c. avendo, la Corte territoriale, limitato la condanna per gli accessori dell’obbligazione contributiva solamente agli interessi legali, non anche alla rivalutazione monetaria, violando un consolidato diritto vivente.
Con il secondo motivo di ricorso si denunzia, ai sensi dell’art. 360 cod.proc.civ., primo comma, n. 5, violazione e falsa applicazione dell’art. 91 c.p.c. avendo, la Corte territoriale, compensato in parte le spese di lite nonostante la lavoratrice sia stata totalmente vittoriosa.
Il primo motivo di ricorso è inammissibile.
3.1. Nel giudizio di legittimità il ricorrente che proponga una questione giuridica, implicante un accertamento di fatto, non trattata in alcun modo nella sentenza impugnata, al fine di evitare una statuizione di inammissibilità per novità della censura, ha l’onere non solo di allegare l’avvenuta deduzione della questione innanzi al giudice di merito, ma anche di indicare in quale scritto difensivo o atto del giudizio precedente lo abbia fatto, onde dar modo alla Corte di cassazione di controllare ex actis la veridicità di tale asserzione, prima di esaminare nel merito la questione stessa ( in tal senso fra le tante Cass. n. 8206/2016; Cass. n.
16706/2018; Cass. n. 16843/2018; Cass. S.U. n. 17532/2018; Cass.n. 25543 del 2018).
3.2. Detto onere non è stato assolto dalla ricorrente la quale, nel lamentare l’omessa condanna, da parte della Corte territoriale, della rivalutazione monetaria sull’importo dei contributi dovuti dal datore di lavoro a seguito della declaratoria di illegittimità del licenziamento e dell’applicazione del regime della c.d. tutela reintegratoria debole (di cui all’art. 18, comma 4, della legge n. 300 del 1970), non deduce e dimostra di avere sottoposto al giudice d’appello la questione degli accessori del credito contributivo, a fronte di una chiara previsione della disposizione invocata dalla lavoratrice stessa che prevede il ‘versamento dei contributi previdenziali e assistenziali dal giorno del licenziamento fino a quello della effettiva reintegrazione, maggiorati degli interessi nella misura legale senza applicazione di sanzioni per omessa o ritardata contribuzione…’ (comma 4 citato).
3.3. In ogni caso, l’art. 18, comma 4, della legge n. 300 del 1970 -a differenza del comma 2 del medesimo articolo, ove nulla si dispone circa gli oneri accessori del credito contributivo -prevede espressamente la maturazione dei soli interessi legali su ll’obbligo contributivo, rendendo palese la ratio legis di prevedere -a fronte dell’introduzione, con la riforma della c.d. legge Fornero, di tutele differenziate a seconda della ‘gravità’ della illegittimità del licenziamento l’alleggerimento dell’oner e a carico del datore di lavoro.
3.4. Questa Corte, inoltre, ha più volte affermato che l’obbligazione contributiva ha per soggetto attivo l’ente previdenziale e per soggetto passivo il datore di lavoro, che è debitore di tali contributi nella loro interezza (artt. 2115
comma 2° c.c. e 19, l. n. 218/1952), mentre il lavoratore è unicamente il beneficiario delle prestazioni previdenziali dovutegli dagli enti, restando completamente estraneo al rapporto contributivo (cfr. da ultimo Cass. n. 701 del 2024 e ivi ulteriore giurisprudenza citata).
Il secondo motivo di ricorso non è fondato.
4.1. Ai sensi dell’art. 92 c.p.c., come risultante dalle modifiche introdotte dal d.l. n. 132 del 2014 e dalla sentenza n. 77 del 2018 della Corte costituzionale, la compensazione delle spese di lite può essere disposta (oltre che nel caso della soccombenza reciproca), soltanto nell’eventualità di assoluta novità della questione trattata o di mutamento della giurisprudenza rispetto alle questioni dirimenti o nelle ipotesi di sopravvenienze relative a tali questioni e di assoluta incertezza che presentino la stessa, o maggiore, gravità ed eccezionalità delle situazioni tipiche espressamente previste dall’art. 92, comma 2, c.p.c. (Cass. n. 4696 del 2019).
4.2. La Corte di appello ha espressamente motivato con riguardo sia all’eccezionalità dell’ iter processuale (‘dall’esito molto articolato’ considerata ‘la particolarità del caso’, pag. 2 e pag. 7 della sentenza impugnata) sia al mutamento di giurisprudenza (‘complessità della vicenda in fatto che ha determinato pronunce difformi’), rispettando, dunqu e, il dettato normativo processuale e conformandosi all’orientamento consolidato di questa Corte.
In conclusione, il ricorso va rigettato e le spese di lite seguono il criterio della soccombenza dettato dall’art. 91 cod.proc.civ.
Sussistono le condizioni di cui all’art. 13, comma 1 quater, d.P.R.115 del 2002;
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che si liquidano in Euro 200,00 per esborsi, nonché in Euro 3.000,00 per compensi professionali, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, de ll’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 30 ottobre