Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 7379 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 7379 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 19/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 1958/2021 R.G. proposto da :
COGNOME, domiciliato ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOMEricorrente- contro
RAGIONE_SOCIALEintimato- avverso SENTENZA di TRIBUNALE NAPOLI n. 3989/2020 depositata il 11/06/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 14/02/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
– Il ricorso riguarda la sentenza dell’11.6.2020 con cui il Tribunale di Napoli ha confermato la sentenza del Giudice di Pace di
Napoli, pur integrandone la motivazione, che ha dichiarato cessata la materia del contendere e compensato le spese di lite con riguardo al giudizio introdotto dalla sig. NOME COGNOME nei confronti di Prestitalia s.p.a. al fine di ottenere la restituzione della somma di euro 781,80 € pari alla riduzione proporzionale dei costi vivi ed assicurativi sostenuti per l’accensione del contratto di finanziamento del 29.5.2008 rimborsabile in 120 rate ed estinto anticipatamente alla 72° rata in data 31.8.2014. La sig. COGNOME aveva depositato un ricorso in data 7.11.2016 presso l’Arbitro Bancario e Finanziario di Napoli in funzione di mediatore ed avendo la società convenuta ha risposto negando il diritto della consumatrice al rimborso richiesto, in data 11.12.2017 aveva notificato alla controparte l’atto di citazione. L’ABF comunicava il 22.2.2018 l’esito favorevole del giudizio di mediazione, sicché l’attrice alla prima udienza aveva chiesto la cessazione della materia del contendere con prosecuzione della lite solo per il riparto delle spese; Prestitalia il 23.3.2018 aveva comunicato all’attrice dell’emissione dell’assegno di euro 1.585,87, con il quale aveva soddisfatto la pretesa della COGNOME, salvo le somme che non le competevano (i ratei assicurativi la cui restituzione spettava a RAGIONE_SOCIALE Insurance s.p.a.)
Contro la decisione la COGNOME ha fatto appello soltanto con riguardo al profilo delle spese di lite che ha ritenuto ingiustificatamente e immotivatamente compensate a fronte della condotta dalla parte convenuta in primo grado che si era ingiustificatamente opposta alla declaratoria di cessazione della materia del contendere anche dopo il pagamento e la decisione da parte della ABF a aveva continuato a insistere nel sostenere le proprie ragioni in rito senza alcun addurre nessuna motivazione nel merito
– Il Tribunale ha ritenuto che l’appello fosse infondato e non meritasse accoglimento – benché il giudice di pace avesse
erroneamente richiamato, a sostegno della sua decisione di compensazione delle spese di lite, la sola sopravvenuta carenza di interesse, quando avrebbe dovuto far ricorso al principio della soccombenza virtuale o comunque a motivare espressamente le gravi eccezionali e ragioni per la deroga al principio della soccombenza – osservando che la sig. COGNOME dopo aver avviato il rimedio stragiudiziale del ricorso all’ABF aveva attivato il rimedio giudiziario prima di conoscerne l’esito, laddove un atteggiamento maggiormente prudente della consumatrice avrebbe potuto evitare il ricorso alla giustizia e ai suoi costi, né potendo pretendere che la convenuta rinunciasse ex se al diritto di difendersi per riconoscesse già a Monte le sue pretese.
– Contro la sentenza ha proposto ricorso NOME COGNOME affidandolo a due cinque motivi di cassazione. Prestitalia s.p.a. è rimasta intimata.
RAGIONI DELLA DECISIONE
– Il Primo motivo di ricorso denuncia violazione dell’art. 24 Cost. nonché dell’art. 5 comma 1 -bis, e dell’art. 6 del d.lgs. n. 28 del 2010, in relazione all’art.360 comma 1 n.3 c.p.c. Sostiene la ricorrente che la controversia – avendo ad oggetto contratti bancari e finanziari – rientra tra quelle previste nelle norme citate, e richiede preliminarmente l’esperimento del procedimento di mediazione oppure del procedimento dinnanzi all’ABF ed osserva che se è previsto che il procedimento di mediazione abbia una durata non superiore a tre mesi per quello dinnanzi all’ABF è previsto un termine di 60 giorni, mentre nella fattispecie l’ABF di Napoli avrebbe impiegato 15 mesi per decidere. Perciò il Tribunale avrebbe violato le norme indicate, applicabili «quantomeno per analogia», nonché l’art. 24 della Costituzione affermando che la sig. COGNOME aveva tenuto un atteggiamento non prudente attivando improvvidamente il rimedio giudiziario senza attendere la definizione della procedura stragiudiziale, poiché il diritto di azione
in giudizio non può essere differito sine die, e il tempo concretamente atteso (15 mesi) doveva ritenersi congruo.
– Il secondo motivo di ricorso denuncia la violazione degli artt. 91 e 92 c.p.c. in relazione all’art. 360 comma 1 nn. 3 e 5 in quanto il fatto che Prestitalia aveva emesso l’assegno per il minore importo di euro 1585,80 mentre la residua somma di 195,00 euro era stata corrisposta da RAGIONE_SOCIALE, somme che riguardavano soltanto la sorte capitale, non poteva giustificare la deroga al principio della soccombenza virtuale quanto alla regolamentazione delle spese processuali, in quanto le ragioni esposte dal Tribunale implicavano che la consumatrice avrebbe dovuto attendere per un tempo indefinito per la conclusione del procedimento di mediazione.
3. -Entrambi i motivi sono infondati.
3.1. – Con il primo la ricorrente denuncia la violazione di norme che non riguardano la procedura dell’ABF, disciplinata dall’art. 128 bis del TUB che prevede – al comma 2 – che le procedure devono assicurare la rapidità, l’economicità delle soluzioni e l’effettività della tutela e rimanda alla deliberazione del CICR per la determinazione dei criteri di svolgimento delle procedure; quest’ultimo con deliberazione 29.7.2008 n. 275 ha previsto all’art. 6 che il collegio si pronuncia entro 60 giorni dal momento in cui ha ricevuto le controdeduzioni o in mancanza dalla scadenza al termine per la presentazione di queste, che la segreteria deve svolgere un’ istruttoria preliminare, e che il termine predetto può essere sospeso uno o più volte per chiedere ulteriori elementi alle parti fissando un termine massimo per la loro produzione.
Premesso che la disciplina in parola – quindi – prevede scansioni temporali che rendono variabile il termine di conclusione del procedimento e che, pertanto, è infondato quanto sostiene la ricorrente a proposito del fatto che il termine massimo entro cui la procedura arbitrale deve concludersi è di 60 giorni, decisivo è il
rilievo che la ricorrente invoca norme che non hanno niente a che vedere con la fattispecie, invocando un’applicazione analogica che non può aver luogo dal momento che non è dato ravvisare in siffatti casi alcun vuoto normativo, bensì una disciplina specifica che la ricorrente cita in modo inesatto.
3.2. – Il secondo motivo è infondato poiché in linea generale, deve ribadirsi come il potere del giudice di compensare le spese di lite presenti natura discrezionale, sicché il sindacato di questa Corte, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3) cod. proc. civ., è limitato ad accertare che non risulti violato il principio secondo il quale le stesse non possono essere poste a carico della parte totalmente vittoriosa (v. per tutte Cass. n. 10685/2019), per cui vi esula, rientrando nel potere discrezionale del giudice di merito, la valutazione dell’opportunità di compensarle in tutto o in parte, sia nell’ipotesi di soccombenza reciproca che in quella di concorso di altri giusti motivi (tra le altre, Cass. n. 24502/2017; Cass.n. 19613/2017), e ciò in ragione della «elasticità» costituzionalmente necessaria che caratterizza il potere giudiziale di compensazione delle spese di lite, « non essendo indefettibilmente coessenziale alla tutela giurisdizionale la ripetizione di dette spese » in favore della parte vittoriosa (così Cass. n. 21400/2021, che richiama Corte cost., sent. 21 maggio 2014, n. 157).
Premesso quindi che – ai sensi dell’art. 92 c.p.c., pertanto, come risultante dalle modifiche introdotte dal d.l. n. 132 del 2014 e dalla sentenza n. 77 del 2018 della Corte costituzionale che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 92, secondo comma, c.p.c., nella parte in cui non prevede che il giudice possa compensare le spese tra le parti, parzialmente o per intero, non solo nelle due ipotesi di assoluta novità della questione trattata o di mutamento della giurisprudenza rispetto a questioni dirimenti, ma anche in presenza di «altre analoghe gravi ed eccezionali ragioni» vale a dire riconducibili alla stessa ratio giustificativa delle
situazioni tipiche espressamente previste dall’art. 92, comma 2, c.p.c. – va ribadito che « resta censurabile in sede di legittimità la coerenza e la razionalità (non della scelta di compensare le spese, ma) della motivazione con cui il giudice di merito abbia sorretto la compensazione », risultando suscettibile di cassazione « la motivazione palesemente illogica, inconsistente o manifestamente erronea » (così, in motivazione, Cass. n. 17816/2019;; Cass. 30328/2022; Cass. 6424/2024).
Nella specie il Tribunale ha richiamato la condotta della parte che ha attivato il giudizio senza attendere il risultato dell’ABF, giunto proprio in concomitanza con l’avvio della lite, aveva chiesto dichiararsi la cessazione della materia del contendere ed invocato il principio di soccombenza perché la controparte aveva insistito nelle difese svolte in rito, cui non era esigibile la parte rinunciasse, motivazione che si fonda sulla condotta processuale della parte attrice e che non presenta alcuna delle anomalie predette.
4.- Il ricorso in conclusione va respinto. Nessuna statuizione va assunta sulle spese essendo la resistente rimasta intimata. Sussistono i presupposti processuali per il raddoppio del contributo unificato se dovuto.
P.Q.M.
La Corte respinge il ricorso. Ai sensi dell’art. 13, comma 1quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, inserito dalla I. 24 dicembre 2012, n. 228, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.
Cosí deciso in Roma, nella camera di consiglio della 1° Sezione