Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 11163 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 11163 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 28/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso 22762-2023 proposto da:
COGNOME rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati NOME COGNOME, NOME COGNOME
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 339/2023 della CORTE D’APPELLO di SALERNO, depositata il 04/07/2023 R.G.N. 71/2022;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 09/04/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
RILEVATO CHE
Con la sentenza indicata in epigrafe, la Corte d’appello di Salerno, in riforma del provvedimento del giudice di primo grado,
R.G.N. 22762/2023
COGNOME
Rep.
Ud. 09/04/2025
CC
ha respinto la domanda proposta da RAGIONE_SOCIALE nei confronti di NOME COGNOME concernente l’accertamento della legittimità della sanzione disciplinare conservativa (multa corrispondente a 4 ore di retribuzione) intimata il 7.2.2017 per il comportamento tenuto dal dipendente, in veste di sindacalista, presso il Centro di Distribuzione Master (CDM) di Salerno, il 30.11.2016, quando (nel pomeriggio) si era recato all’interno dei locali aziendali per effettuare delle riprese dell’attività di lavoro dei portalettere (che avevano denunciato, all’organizzazione sindacale, l’adibizione a lavoro straordinario non retribuito).
La Corte territoriale ha rilevato che, a prescindere dal legittimo svolgimento della sua attività di sindacalista, non risultava provato il comportamento irriguardoso e offensivo (addebitato dalla società nella lettera di contestazione disciplinare) nei confronti del Direttore del CDM, in quanto l’unico testimon e escusso doveva ritenersi inattendibile, trattandosi proprio del suddetto Direttore (fortemente interessato ad incolpare il COGNOME), in assenza della indicazione della generalità di altri testimoni da escutere sicuramente rintracciabili visto che la stessa società aveva affermato che l’episodio si era svolto ‘ dinanzi alle maestranze ‘. La Corte territoriale ha compensato le spese di lite per entrambi i gradi processuali.
Avverso tale sentenza il lavoratore ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi. La società ha resistito con controricorso.
Al termine della camera di consiglio, il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza nei successivi sessanta giorni.
CONSIDERATO CHE
Con il primo motivo di ricorso si denunzia, ai sensi dell’art. art. 360 cod.proc.civ., primo comma, nn. 3 e 4, violazione degli artt. 91 e 92 c.p.c. e nullità della sentenza per insussistenza di ragioni
che consentissero la compensazione delle spese di lite, con il secondo si lamenta violazione dell’obbligo motivazionale previsto dagli artt. 111 Cost. e 132, primo comma, n. 4, c.p.c. per manifesta illogicità, contraddittorietà e insanabile ambiguità della statuizione.
Il primo motivo di ricorso merita accoglimento.
La Corte territoriale ha compensato entrambi i gradi di merito con la seguente motivazione: ‘ Le spese processuali del doppio grado possono essere compensate per intero tra le parti in ragione della parziale novità e della controvertibilità, anche sul piano della valutazione probatoria, delle questioni trattate, difatti con differente esito decisorio tra il primo e il secondo grado ‘.
Ai sensi dell’art. 92 c.p.c., come risultante dalle modifiche introdotte dal d.l. n. 132 del 2014 (convertito con modificazioni dalla legge n. 162 del 2014) e dalla sentenza n. 77 del 2018 della Corte costituzionale, la compensazione delle spese di lite può essere disposta (oltre che nel caso della soccombenza reciproca), soltanto nell’eventualità di assoluta novità della questione trattata o di mutamento della giurisprudenza rispetto alle questioni dirimenti o nelle ipotesi di sopravvenienze relative a tali questioni e di assoluta incertezza che presentino la stessa, o maggiore, gravità ed eccezionalità delle situazioni tipiche espressamente previste dall’art. 92, comma 2, c.p.c
La compensazione delle spese di lite costituisce una facoltà discrezionale riservata al giudice di merito e non sindacabile in sede di legittimità ( ex plurimis , Cass. n. 30592 del 20/12/2017). Non è men vero, tuttavia, che quando il giudice di merito decida di compensare le spese indicando specificamente le ragioni della sua pronuncia, il sindacato di legittimità si deve estendere in tal caso alla verifica dell’idoneità in astratto dei motivi posti a
giustificazione della pronuncia ( ex plurimis , Cass. n. 7523 del 27/03/2009, Cass. n. 13767 del 31/05/2018).
Ebbene, nel caso di specie, in assenza di reciproca soccombenza, la questione trattata non presentava alcuna novità né si registravano difformi orientamenti giurisprudenziali, trattandosi, più semplicemente, di carenza di prova in ordine al fatto costitutivo del potere disciplinare di intimazione della sanzione disciplinare. I requisiti richiesti dall’art. 92 c.p.c. e richiamati dalla motivazione della sentenza impugnata non risultavano, pertanto, ricorrenti.
L’accoglimento del primo motivo di ricorso assorbe la disamina del secondo.
La ritenuta erroneità della decisione non impone la cassazione della sentenza d’appello con rinvio, potendo la causa essere decisa nel merito, regolando le spese dei due gradi di merito in base al principio della soccombenza e, quindi, condannando la società alla rifusione in favore dell’attore delle spese . Tali spese sono liquidate in base al d.m. 55 del 2014, assumendo come “bassa” la complessità della controversia; applicando la misura media dei parametri, con riguardo allo scaglione fino a 1.100,00 euro di valore (nell’ambito del quale va ricondotta l’im pugnazione della sanzione disciplinare pari a 4 ore di multa), vanno liquidati euro 610,00 per il primo grado, oltre spese generali al 15%, ed euro 500,00 per il grado di appello, oltre spese generali al 15%.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e, decidendo nel merito, condanna Poste Italiane S.p.A. al rimborso delle spese di lite a favore di NOME COGNOME, liquidate in euro 610,00 e in euro 500,00 per il grado di appello, oltre spese generali al 15% e accessori di legge; condanna altresì la predetta
società al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, liquidate in euro 1.000,00 per compensi professionali, oltre euro 200,00 per esborsi e oltre spese generali al 15% e accessori di legge.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 9 aprile 2025.