Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 2048 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 2048 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 19/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso 8845-2020 proposto da:
COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
COGNOME NOME, COGNOME NOME;
– intimati – avverso la sentenza n. 201/2020 del TRIBUNALE di ASCOLI PICENO, depositata il 28/02/2020;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 16/01/2024 dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
Lette le memorie del ricorrente;
RAGIONI IN FATTO ED IN DIRITTO
Il Tribunale di Ascoli Piceno con la sentenza n. 643 del 2016, pubblicata il 30 maggio 2016, ha confermato con diversa motivazione la sentenza del Giudice di Pace di San Benedetto del Tronto n. 330 del 2011.
Il giudizio di primo grado era stato introdotto da NOME COGNOME e NOME COGNOME, eredi beneficiati di NOME COGNOME insieme alle germane NOME ed NOME, con atto di opposizione al decreto ingiuntivo con il quale era stato intimato ad essi eredi il pagamento di euro 4.200,00 in favore di NOME COGNOME, a titolo di compenso dell’attività professionale da questi svolta nell’interesse del de cuius.
Il Giudice di pace rigettò l’opposizione, accertando incidentalmente l’avvenuta decadenza degli eredi dal beneficio dell’inventario.
Il Tribunale, adito da NOME e NOME COGNOME, i quali lamentavano l’erroneità dell’accertamento, sia pure incidentale, della decadenza dal beneficio, ha rigettato il gravame, in quanto non si era verificata la decadenza, posto che non era perentorio il termine fissato dall’art. 498, secondo comma, cod. civ., sicché la responsabilità patrimoniale degli eredi rimaneva intra vires hereditatis . Nondimeno, il beneficio risultava privo di effetti e l’opposizione al decreto ingiuntivo doveva essere rigettata in quanto gli opponenti non avevano allegato né provato l’incapienza dei beni ereditari a soddisfare il credito azionato, mentre il
creditore opposto non aveva interesse a chiedere l’accertamento della decadenza.
Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso NOME COGNOME, sulla base di due motivi, mentre non hanno svolto difese gli intimati NOME COGNOME e NOME COGNOME.
Questa Corte con ordinanza n. 30247/2019 del 20 novembre 2019 ha accolto il ricorso, cassato la sentenza impugnata e rinviato, anche per le spese del giudizio di cassazione, al Tribunale monocratico di Ascoli Piceno, in persona di altro magistrato.
Rilevava la Corte che, essendo stata accertata l’esistenza del credito azionato in INDIRIZZO monitoria, il ricorrente aveva interesse all’accertamento dell’avvenuta decadenza degli eredi del debitore dal beneficio dell’inventario, per poterne esecutare il patrimonio personale senza incorrere nel divieto di promuovere azioni individuali previsto dall’art. 506, primo comma, cod. civ. per la durata della procedura di liquidazione concorsuale. Non rilevava in senso contrario il fatto che la sentenza impugnata avesse rigettato l’opposizione proposta dagli eredi. L’affermazione contenuta nella motivazione, secondo cui gli eredi non sarebbero decaduti dal beneficio d’inventario, era idonea a limitare la responsabilità degli eredi intra vires , e in questa prospettiva a recare pregiudizio al creditore odierno ricorrente. Sussisteva dunque un concreto interesse giuridico, e ciò permetteva di rilevare l’illogicità ed erroneità della decisione del Tribunale nella parte in cui aveva negato tale interesse in capo al creditore appellato, sul presupposto che gli eredi non avessero dimostrato l’incapienza dei beni ereditari a soddisfare il credito azionato, e senza considerare l’onere per il creditore di doversi inserire nella
procedura liquidatoria e non poter promuovere azioni esecutive individuali fino alla conclusione della procedura. Il Tribunale aveva errato nell’affermare la natura ordinatoria del termine previsto dall’art. 498, secondo comma, cod. civ., in quanto l’espressione utilizzata dal legislatore – non oltre un mese – depone nel senso della perentorietà del termine, perentorietà che, del resto, è coerente con l’esigenza di procedere in tempi ragionevoli alla liquidazione dell’eredità, in funzione della quale si ritiene perentorio anche il termine, fissato dal AVV_NOTAIO, entro il quale i creditori e i legatari possono presentare le dichiarazioni di credito (così Cass. 19/10/1994, n. 8527, di recente ribadita da Cass. 13/08/2018, n. 20713).
Era quindi disposta la cassazione della sentenza impugnata con rinvio al giudice designato in dispositivo, il quale si sarebbe dovuto attenere al seguente principio di diritto: “il termine previsto dall’art. 498, secondo comma, cod. civ., entro il quale l’erede beneficiato è tenuto ad invitare i creditori e i legatari a presentare le dichiarazioni di credito, è perentorio”.
Riassunto il giudizio, nella contumacia dei convenuti, il Tribunale di Ascoli Piceno, con sentenza n. 201 del 28 febbraio 2020, prendeva atto del principio di diritto affermato dalla Corte di Cassazione e per l’effetto accertava che gli eredi COGNOME erano decaduti dal beneficio di inventario.
Quanto alle spese di lite, applicava il principio della soccombenza per quelle sostenute dinanzi al giudice di legittimità (che liquidava in dispositivo), mentre quanto al giudizio di rinvio, reputava che la contumacia dei convenuti, che non avevano frapposto alcun ostacolo alla definizione del procedimento, giustificava la compensazione delle spese.
2. Per la cassazione di tale sentenza propone ricorso COGNOME NOME sulla base di un unico motivo con il quale si denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 91 e 92 c.p.c. quanto alla compensazione delle spese del giudizio di rinvio, avendo il Tribunale operato la stessa in assenza dei presupposti di legge, con illogicità manifesta della decisione.
Gli intimati non hanno svolto difese in questa fase.
Il ricorrente ha depositato memorie in prossimità dell’udienza.
3. Il motivo è fondato.
Rileva la Corte che costituisce principio affermato dal giudice di legittimità quello secondo cui (Cass. n. 13498/2018; Cass. n. 6722/1998), poiché, ai fini della distribuzione dell’onere delle spese del processo tra le parti, essenziale criterio rivelatore della soccombenza è l’aver dato causa al giudizio, la soccombenza non è esclusa dalla circostanza che, una volta convenuta in giudizio, la parte sia rimasta contumace o abbia riconosciuto come fondata la pretesa che aveva prima lasciato insoddisfatta, così da renderne necessario l’accertamento giudiziale.
Ritiene il Collegio che tale principio debba essere confermato anche alla luce della più restrittiva formulazione dell’art. 92 c.p.c., nella versione scaturente dalla novella di cui alla legge n. 69/2009, applicabile alla fattispecie ratione temporis , e senza che possa reputarsi che la contumacia della parte soccombente possa rientrare tra le analoghe gravi ed eccezionali ragioni che, a seguito della sentenza della Corte Costituzionale n. 77/2018 che ha dichiarato parzialmente illegittimo l’art. 92 c.p.c. nella versione di cui alla legge n. 162/2014, del pari consentono di addivenire alla compensazione delle spese di lite.
Infatti, non può avere rilievo alcuno, ai fini dell’applicazione della disciplina fissata nell’art.92 cod.proc.civ., la circostanza che la parte che ha dato causa al processo abbia poi omesso di costituirsi in esso e comunque di dispiegare attività difensiva, condotta alla quale va attribuita valenza totalmente neutra siccome inidonea a costituire indice di esclusione del dissenso e addirittura di adesione all’avversa richiesta (in termini anche Cass. n.4485/2001), e che anzi può semmai considerarsi espressione di mera indifferenza rispetto alle ragioni di economia che dovrebbero indurre le parti all’adozione di ogni cautela utile ad evitare inutili dispendi di energia processuale (Cass.n.373/2015).
La sentenza impugnata deve quindi essere cassata con rinvio, anche per le spese del presente giudizio al Tribunale di Ascoli Piceno, in persona di diverso magistrato.
PQM
Accoglie il ricorso, cassa e rinvia al Tribunale di Ascoli Piceno, in persona di diverso magistrato anche per le spese del presente giudizio.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Seconda