Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 23046 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 23046 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 11/08/2025
ORDINANZA
sul ricorso R.G. n. 9682/2023
promosso da
Regione Lombardia , in persona del Presidente pro tempore , rappresentata e difesa dagli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME dell’ Avvocatura Regionale, con domicilio eletto presso lo Studio dell ‘a vv. NOME COGNOME, in Roma, INDIRIZZO in virtù di procura speciale in atti;
ricorrente
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall’avv. NOME COGNOME n virtù di procura speciale in atti;
contro
ricorrente avverso la sentenza della Corte d’appello di Milano n. 3287/2022 pubblicata il 20/10/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 23/04/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
letti gli atti del procedimento in epigrafe.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La RAGIONE_SOCIALE (di seguito, RAGIONE_SOCIALE otteneva dal Tribunale di Milano il decreto ingiuntivo n. 18784/2018 nei confronti della Regione Lombardia per pagamento della somma di € 252.100,97 , oltre interessi e spese di procedura, a titolo di contributi comunitari PAC, di cui al Regolamento (CE) n. 1782/2003, non liquidati e trattenuti in compensazione con i debiti della ricorrente, maturati a titolo di ‘prelievo supplementare sulla produzione lattiero -casearia’.
La Regione Lombardia proponeva opposizione al decreto ingiuntivo, deducendo la correttezza delle operazioni di compensazione e la mancanza della prova, a carico della RAGIONE_SOCIALE, d ell’avvenuta contestazione delle somme oggetto di compensazione.
Il Tribunale accoglieva il ricorso proposto dalla Regione e revocava il decreto ingiuntivo opposto.
La sentenza veniva impugnata dalla Società RAGIONE_SOCIALE e la Regione restava contumace.
Con la sentenza in questa sede impugnata, la Corte d ‘a ppello di Milano accoglieva il gravame.
La Corte, richiamata la disciplina nazionale e sovranazionale applicabile, riteneva che, nel caso in decisione, il credito opposto in compensazione dalla Regione non possedesse il requisito della certezza, impedendo la compensazione legale delle rispettive poste creditorie.
In primo luogo, la menzionata Corte riteneva che, contrariamente a quanto sostenuto dall’Amministrazione, la sola iscrizione delle poste contabili, nel Registro Unico nazionale, non era, di per sé, sufficiente affinché le stesse potessero ritenersi certe, liquide ed esigibili. L’iscrizione contabile, infatti, non comportava -automaticamente ed in via definitiva -la sussistenza del controcredito dell’Amministrazione , rispetto al quale, al fine della compensazione, era necessaria la valutazione dei requisiti di cui all’art. 1243 c.c.
La Corte d’appello, in particolare, distin gueva il valore dell’iscrizione contabile del c.d. prelievo supplementare sul latte – che è equiparata ex lege alla ‘iscrizione a ruolo’ e che ha essenzialmente la fina-
lità di precostituire un titolo esecutivo stragiudiziale in favore dell’Amministrazione – dal suo definitivo accertamento.
In tale quadro, la stessa Corte riteneva che, secondo i principi generali in tema di vicinanza della prova, laddove il debitore sollevi contestazioni, in ordine alla sussistenza e/o entità del debito iscritto a suo carico, la prova della certezza del controcredito deve essere fornita dall’ente creditore , aggiungendo che l’accertamento dei rapporti di dare ed avere, risultanti dall’apposito registro , è oggetto di apprezzamenti di fatto insindacabili in sede di legittimità.
Secondo la Corte territoriale, dunque, nella specie, la contestazione giudiziale del credito , sia nell’ an che nel quantum , impediva la compensazione legale art. 1243, comma 1 , c.c., in quanto la ‘certezza’ del credito era un requisito implicitamente richiesto dalla norma citata, oltre a quelli della esigibilità e della liquidità, risolvendosi la contestazione dell’esistenza del credito in un difetto di liquidità, con l’ulteriore corollario che ad eccezione dell’ipotesi della manifesta pretestuosità della contestazione e del caso in cui il Giudice ritenga che il credito opposto in compensazione sia di ‘pronta e facile liquidazione’, disponendo in tale caso la compensazione giudiziale ex art. 1243 c.c. – in ogni altro caso, la litigiosità del controcredito è condizione ostativa ad entrambi i tipi di compensazione, legale e giudiziale.
Nella fattispecie, la Corte di merito dava conto del fatto che l’opposta -sin dal primo atto di costituzione in giudizio aveva contestato la sussistenza del controcredito di Regione Lombardia, così come la sua quantificazione, rilevando che la mera iscrizione dello stesso nel registro unico debitori non era di per sé sufficiente per ritenere legittima la c.d. compensazione comunitaria. Inoltre, parte opposta, aveva evidenziato la necessità di verificare i conteggi effettuati dall’Autorità preposta (AGEA) per la valutazione della produzione lattiero -casearia e, di conseguenza, per l’applicazione del c.d. prelievo supplementare sul latte, menzionando anche il procedimento penale, a ll’epoca pendente avanti al Tribunale di Roma (R.G.N.R. 96592/2016), e l’ordinanza del
15/05/2017, con la quale il GUP aveva disposto indagini supplettive. Si trattava di attività di indagine nata dalla denuncia di numerose Aziende Agricole italiane in ordine alla non corretta valutazione della produzione lattiera e, di conseguenza, del superamento del tetto prestabilito e delle multe irrogate per il prelievo supplementare sul latte. Le denunce si fondavano, tra l’altro, sui risultati raggiunti dalla Commissione di indagine, istituita dal Ministero delle Politiche Agricole il 25/06/2009, che aveva evidenziato l’inattendibilità dei dati autocertificati dagli acquirenti e dai produttori di latte, posti da AGEA alla base delle quantificazioni, sia del superamento delle produzioni nazionali, rispetto al quantitativo assegnato allo Stato italiano, sia dei prelievi supplementari imputati ai singoli allevatori.
La stessa Corte considerava che la difesa della RAGIONE_SOCIALE, ad esito del giudizio di primo grado, aveva dato atto dell’avvenuta archiviazione di detto procedimento, con ordinanza del GUP datata 05/06/ 2019, che evidenziava la difficoltà -a distanza di diversi anni dai fatti -di individuare, sul piano penale, i soggetti responsabili, ma illustrava come, dall’attività di indagine, fosse emerso che il sistema italiano si fondasse su modalità di calcolo errate. Ancora, il GUP dava conto della falsità dei dati alla quale, per circa un ventennio, non si era posto rimedio.
Secondo la Corte di merito, a fronte delle contestazioni sollevate da parte opposta – che, ad avviso della Corte, dovevano ritenersi, in base di principi già indicati, prima facie non pretestuose -oltre che del contesto complessivo di riferimento in cui la presente controversia si inseriva, l’Amministrazione, quale convenuta in senso sostanziale nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, era tenuta a dare prova della sussistenza e della congruità del controcredito che opponeva in compensazione, mentre la stessa aveva incentrato le proprie difese sulla legittimità, dal punto di vista normativo, della compensazione c.d. comunitaria fra dette poste contabili, oltre che sull’avvenuta iscrizione
di detto controcredito nel registro nazionale debitori, quale presupposto ritenuto necessario e sufficiente per procedere in tale senso.
In conclusione, la Corte d’appello riteneva che il controcredito vantato dall’Amministrazione non fosse ‘certo’ , così da escludere la compensazione legale o giudiziale ex art. 1243, commi 1 e 2, c.c.
Avverso tale sentenza la Regione ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi di doglianza.
La Società Bellini si è difesa con controricorso.
Entrambe le parti hanno depositato memoria difensiva.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso è dedotta la violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto , ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. , e in particolare la violazione dell’ art. 11 Regolamento (CE) n. 1663/1995 e riconfermato dal Regolamento (CE) n. 1290/2005, oltre che dell’ art. 5 ter del Regolamento (CE) n. 885/2006, introdotto dal Regolamento (UE) n. 1034/2008, nonché l’art. 17 del Regolamento (CE) n. 595/2004, recante le modalità di applicazione del Regolamento (CE) n. 1788/2003.
Il ricorrente ha contestato, da un lato, la qualificazione della compensazione operata dal l’ Amministrazione quale compensazione giudiziale e, da ll’altro, ha evidenziato l’incompatibilità dell’applicazione della normativa nazionale richiamata in sentenza rispetto alle disposizioni del diritto comunitario in materia di recupero dei crediti dovuti a titolo di prelievo quote-latte dai contributi da erogarsi agli agricoltori.
Con il secondo motivo di ricorso è dedotta la violazione e/o falsa e/o errata applicazione di norme di diritto , ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., e in particolare la violazione degli artt. 8 ter commi 2, 4-5 e 8 quinquies , comma 1, l. n. 33 del 2009.
La ricorrente ha censurato l ‘ affermazione per cui l’iscrizione delle poste contabili, nel Registro Unico nazionale, non è, di per sé, sufficiente affinché le stesse possano ritenersi certe, liquide ed esigibili, nonché l’as-
serita raggiunta prova da parte della RAGIONE_SOCIALE della contestazione giudiziale del credito opposto in compensazione, rilevando, sotto quest’ultimo profilo che era onere della Società RAGIONE_SOCIALE provare l’esistenza di eventuali provvedimenti di sospensione o addirittura di provvedimenti definitivi di accertamento della non debenza del debito (del proprio debito) ed altresì l’eventuale esistenza e pendenza di giudizi volti a contestare il debito (il proprio debito), mentre nel caso di specie l’impresa agricola non aveva provato nulla di tutto questo .
La Regione ha aggiunto, in subordine, di avere subito rappresentato, quando ha proposto opposizione al decreto ingiuntivo che, ad ogni modo, la cifra oggetto della domanda monitoria non era corretta, poiché la somma portata in compensazione, riferita al prelievo supplementare era pari ad € € 240.435,49, essendo la ulteriore somma di € 11.665,48 riferita ad altri debiti in relazione ai quali non valevano gli argomenti spesi dalla controparte.
Il primo e il secondo motivo di ricorso possono essere esaminati congiuntamente, tenuto conto della stretta connessione esistente, dovendo essere entrambi respinti anche se la motivazione della sentenza impugnata deve essere come di seguito corretta. La censura formulata in via gradata con il secondo motivo è, poi, inammissibile.
2.1. Questa Corte, con orientamento condiviso dal Collegio, è oramai consolidata nel ritenere che, in tema di rapporti tra il credito dell’agricoltore a titolo di contributi dell’Unione europea , conseguenti alla Politica agricola comune (PAC), ed i debiti dello stesso per prelievo supplementare relativo alle quote latte, è ammissibile la cd. compensazione impropria o atecnica, a condizione che il controcredito sia certo e liquido secondo la valutazione dei giudici di merito, incensurabile in sede di legitti mità, a tal fine valorizzando l’unitarietà del rapporto, in base al quale il regime delle quote latte è parte integrante del sistema PAC , il cui corretto funzionamento complessivo postula l’effettività del recupero delle somme dovute dai produttori di latte che abbiano superato i limiti nazionali, mediante la previa verifica del Registro nazionale
previsto dalla legge, nel quale sono inseriti i debiti e crediti dell’agricoltore, la cui compensazione è connaturata al sistema della PAC, come configurato dal diritto dell’Unione, la cui primazia all’interno degli Stati membri postula l’interpretazione conforme delle norme nazionali (Cass., Sez. 1, Sentenza n. 24325 del 03/11/2020; Cass., Sez. 1, Sentenza n. 41593 del 27/12/2021; Cass., Sez. 1, Ordinanza n. 16530 del 23/05/2022; Cass., Sez. 2, Ordinanza n. 8230 del 14/03/2022; Cass., Sez. 1, Ordinanza n. 12721 del 10/05/2023; Cass., Sez. 2, Ordinanza n. 5672 del 04/03/2024; Cass., Sez. 2, n. 7196 del 18/03/2025).
2.2. Ovviamente, l’ esito dell’applicazione in concreto di tale principio dipende dalle peculiarità della fattispecie, da valutare alla luce di coordinate di fondo, definite oramai in modo consolidato dalla giurisprudenza (Cass., Sez. 1, Sentenza n. 41593 del 27/12/2021; Cass., Sez. 1, Ordinanza n. 118 del 04/01/2022; Cass., Sez. 1. Ordinanza n. 16530 del 23/05/2022), che possono essere di seguito riportate:
a) il principio sopra enunciato, in ordine alla compensazione, è coerente con i principi di cui all’art. 1241 c.c. e ss., giacché la cd. compensazione impropria tra aiuti e prelievi, nell’ambito del medesimo rapporto unitario, è un effetto diretto (e naturale conseguenza) della normativa europea, e insito nel modo stesso con il quale è strutturata ed opera la PAC, implicando un mero accertamento contabile del dare e dell’avere, che efficacemente attua e soddisfa il sistema del prelievo supplementare e la ratio che presiede al meccanismo delle cd. quote latte; l’iscrizione nel Registro nazionale delle somme a titolo di prelievi supplementari autorizza la deduzione delle somme dovute a detto titolo dai produttori agricoli e acquirenti allo Stato e, in concreto, per esso, alle Agenzie regionali o provinciali, che devono pretendere il prelievo e provvedere anche al pagamento degli incentivi o finanziamenti comunitari, compensando quanto dovuto per gli aiuti PAC con i crediti iscritti nel Registro (cfr. Sez. U, Ordinanza n. 25261 del 01/12/2009);
b) la compensazione impropria o atecnica presuppone pur sempre che il credito opposto sia certo, analogamente alla compensazione pro-
pria rispetto alla quale la certezza è presupposto della liquidità (cfr. Sez. U, Sentenza n. 23225 del 15/11/2016) che è requisito (unitamente all’esigibilità) dell’opponibilità del controcredito in sede giudiziaria, ai sensi dell’art. 1243, comma 2, c.c.;
c) la verifica della certezza del controcredito è oggetto di accertamento in sede giudiziaria, sebbene l’iscrizione degli importi accertati come dovuti dai produttori agricoli equivalga all’iscrizione al ruolo ai fini della procedura di recupero (art. 8 ter, comma 4, l. n. 33 del 2009), la quale non esclude la possibilità di una contestazione da parte del preteso debitore, a fronte della quale la prova della certezza del controcredito deve essere fornita dall’ente creditore;
d) al giudice di merito spetta di accertare l’esistenza, se contestata, del controcredito invocato da AGEA, vale a dire la certezza dell’esistenza di quest’ultimo, all’esito di una valutazione dei rapporti di dare e avere risultanti dall’apposito registro, sulla base di apprezzamenti di fatto insindacabili in sede di legittimità;
e) la questione della impignorabilità del credito ai contributi PAC e, quindi, della sua non compensabilità, va risolta osservando che la previsione normativa di impignorabilità delle somme dovute agli aventi diritto in attuazione di disposizioni comunitarie non vale «per il recupero da parte degli organismi pagatori di pagamenti indebiti di tali provvidenze» (art. 3, comma 5 duodecies , d.l. n. n. 182 del 2005, conv. con modif. in l. n. 231 del 2005) e che, comunque, l’art. 1246 c.c., non opera con riferimento al fenomeno della compensazione impropria (cfr. Cass. Sez. L, Sentenza n. 21646 del 26/10/2016; Cass., Sez. L, Sentenza n. 5024 del 02/03/2009; Cass., Sez. 3, Sentenza n. 18498 del 25/08/2006; Cass., Sez. L, Sentenza n. 6214 del 29/03/ 2004);
f) l’obiezione secondo cui la compensazione sarebbe astrattamente consentita soltanto per i crediti relativi alle annate agrarie successive alla l. n. 33 del 2009, istitutiva del Registro nazionale dei debiti, è superata dalla considerazione che la previsione di tale registro risale al
Regolamento (CE) n. 1663/1995 e che la compensazione attuata mediante il meccanismo di deduzione degli importi a debito dai futuri pagamenti a favore del debitore è implicita nel sistema che impone agli Stati membri di adottare «tutte le misure necessarie affinché l’imposizione del prelievo venga effettuata correttamente e si ripercuota sui produttori che hanno contribuito al superamento» , ai sensi dell’ art. 17 del Regolamento (CE) n. 595/2004; inoltre, come nella compensazione propria, anche in quella impropria l’accertamento della coesistenza dei rispettivi crediti va operata al momento della liquidazione del credito opposto in compensazione, con la conseguenza che i relativi effetti si verificano dal momento in cui viene pronunciata la sentenza che la dichiara.
2.3. La giurisprudenza di legittimità ha più volte ribadito che la questione della impignorabilità del credito ai contributi PAC e, quindi, della sua non compensabilità, va risolta osservando che la previsione normativa di impignorabilità delle somme dovute agli aventi diritto in attuazione di disposizioni comunitarie non vale per il recupero da parte degli organismi pagatori di pagamenti indebiti di tali provvidenze (art. 3, comma 5 duodecies , d.l. n. n. 182 del 2005, conv. con modif. in l. n. 231 del 2005) e che, comunque, l’art. 1246 c.c. non opera con riferimento al fenomeno della compensazione impropria (cfr. Cass., Sez. 1, Ordinanza n. 34701 del 12/12/2023; Cass., Sez. 1, Ordinanza n. 25147 del 23/08/2023; Cass., Sez. 1, Ordinanza n. 25135 del 23/08/ 2023; Cass., Sez. 1, Ordinanza n. 25135 del 22/08/2023; Cass., Sez. 1, Ordinanza n. 24953 del 21/08/2023; Cass., Sez. 1, Ordinanza n. 21443 del 19/07/2023; Cass., Sez. 1, Ordinanza n. 12721 del 10/05/ 2023; Cass., Sez. 1, Ordinanza n. 9343 del 05/04/2023).
2.4. Inoltre, in linea con la giurisprudenza del Consiglio di Stato (Cons. Stato, Sez. 3, Sentenza nn. 185-186-188-202 del 21/01/2015; Cons. Stato, Sez. 3, Sentenza n. 487 del 02/02/2015; Cons., Stato, Sez. 2, nn. 5692-5708 del 13/08/2019; v. da ultimo Cons. Stato, Sez. 3, Sentenza n. 4514 del 03/05/2023; Cons. Stato, Sez. 6, Sentenza n.
1519 del 24/02/2025, Cons. Stato, Sez. 6, Sentenza n. 1662 del 26/02/2025), questa stessa Corte ha ritenuto che il regime dei contributi previsto per la PAC costituisce un sistema complesso che prevede l’attribuzione, a favore degli agricoltori, di diverse forme di aiuto e che, al contempo, pone restrizioni in capo agli stessi e agli Stati membri, affinché siano rispettati i vincoli posti a livello europeo per un corretto sviluppo dell’agricoltura; che il sistema è pensato come un unicum con più attori che agiscono a livelli differenti per perseguire gli obiettivi previsti dal Trattato, in primo luogo, l’Unione Europea e lo Stato membro in qualità di “finanziatori” e, al contempo, di controllori del processo di erogazione dei contributi, in secondo luogo, gli organismi di coordinamento e gli organismi pagatori a livello nazionale e locale e, infine, i beneficiari, ovvero gli agricoltori individuali o riuniti in associazioni e cooperative, le imprese agricole, di produzione, trasformazione o commercializzazione; che i vari soggetti e, in particolare, l’insieme degli organismi nazionali con funzioni di raccordo tra l’Unione Europea e i beneficiari dei pagamenti devono agire per garantire l’effettività del sistema nel suo complesso e preservare la struttura unica, uniforme e bilanciata della PAC su tutto il territorio Europeo; che a tal fine è fondamentale che gli Stati membri diano una corretta applicazione della disciplina Europea in materia di agricoltura ed evitino di frapporre ostacoli alla corretta applicazione delle misure previste da Bruxelles; che il regime delle quote latte è parte della PAC e costituisce uno dei maggiori titoli di debito che maturano in capo ai produttori agricoli, sicché assume particolare rilievo il tema del recupero delle somme dovute dai produttori di latte a tale titolo; che i produttori, i quali abbiano contribuito al superamento dei limiti nazionali «sono debitori verso lo Stato membro del pagamento del loro contributo al prelievo dovuto soltanto per il superamento dei rispettivi quantitativi di riferimento disponibili» (quinto “considerando” del Regolamento (CE) n. 1788/2003); che l’art. 17 del Regolamento (CE) n. 595/2004 pone a carico degli Stati membri il dovere di adottare «tutte le misure necessarie affinché l’imposizione
del prelievo venga effettuata correttamente e si ripercuota sui produttori che hanno contribuito al superamento»; che il meccanismo della PAC è invero da lungo tempo consolidato nella legislazione Europea ed è previsto da disposizioni ormai risalenti, come i Regolamenti (CE) n. 1258 e n. 1259/1999, n. 1782 e n. 1788/2003, n. 796/2004 e n. 1290/ 2005; che per la sua peculiare strutturazione, che si fonda su un rapporto unico e prevede un regime unico di pagamenti diretti degli aiuti PAC (domanda unica con cui l’agricoltore può chiedere il pagamento di premi afferenti a più settori di intervento, fascicolo unico aziendale dell’agricoltore che raccoglie l’insieme della documentazione comprovante le informazioni comuni ai diversi procedimenti e relative alla consistenza aziendale di ogni agricoltore, registro nazionale dei debiti per prelievi, cauzioni, pagamenti rimborsati ecc. che l’organismo pagatore è tenuto a riscuotere per conto del FEAGA e FEASR), il meccanismo consente che tali aiuti possano, ad esempio, essere ridotti o esclusi in caso di inosservanza dei doveri o degli oneri imposti a colui che li richiede, ai sensi degli artt. 5,6 e 7 del Regolamento (CE) n. 1782 del 2003.
La compensazione si pone, dunque, quale misura comunitaria proprio a tutela del sistema PAC perché lo finanzia anche mediante il recupero del prelievo supplementare , come desumibile dall’art. 34 del Regolamento (CE) n. 1290/2005; la compensabilità tra aiuti e prelievi di derivazione comunitaria, quale mero accertamento contabile del dare e dell’avere all’interno di un unico rapporto, è dunque connaturata alla struttura stessa della PAC e trova a livello Europeo la propria fonte di legittimazione diretta e immediata, per la primazia del diritto Europeo, all’interno dei singoli ordinamenti nazionali.
In tale quadro, come già evidenziato, non è ravvisabile alcuna violazione dei principi in tema di compensazione, di cui agli artt. 1241 c.c. e segg., giacché la compensazione impropria tra aiuti e prelievi, nell’ambito del medesimo rapporto unitario, è un effetto diretto e naturale conseguenza della normativa europea, insito nel modo stesso
con il quale è strutturata e opera la PAC, implicando un mero accertamento contabile del dare e dell’avere, che efficacemente attua e soddisfa il sistema del prelievo supplementare e la ratio che presiede al meccanismo delle c.d. quote latte, come individuata dalla Corte di Giustizia (sentenza del 25 marzo 2004, C-231/00, C-303/2000 e C-451/ 00) consistente nel ristabilire l’equilibrio tra la domanda e l’offerta sul mercato lattiero, caratterizzato da eccedenze strutturali, limitando la produzione del latte.
La compensazione impropria, per sua natura, anche a livello di diritto interno, del resto, costituisce un mero accertamento contabile del dare e dell’avere nell’ambito del medesimo rapporto giuridico e proprio per questo, introducendo una forma di compensazione in deroga all’art. 1246 c.c., è naturaliter connaturata alla configurazione del rapporto unitario nel quale si iscrive, sicché la sua operatività non richiede una espressa e specifica previsione legislativa, sull’erroneo presupposto che integri una forma atipica di compensazione in senso stretto non prevista dalla legislazione nazionale, laddove essa garantisca peraltro l’effettività del diritto europeo e il recupero delle somme dovute a titolo di prelievo supplementare.
La tesi a favore della compensazione impropria (tra il credito dell’agricoltore a titolo di contributi PAC e i debiti dello stesso per prelievo supplementare relativo alle quote latte) è quindi effetto di una corretta applicazione del diritto dell’Unione, che vieta alle norme (o a un combinato disposto di norme) nazionali di impedire o ostacolare la corretta attuazione della PAC (di cui l’imposizione del prelievo supplementare costituisce una parte essenziale) o il funzionamento dei meccanismi previsti per conseguire gli scopi della normativa comunitaria; la compensazione degli importi dovuti per il prelievo supplementare con i contributi PAC rappresenta, infatti, uno dei più efficaci metodi per effettuare il recupero e la sua esclusione comprometterebbe l’effettività del sistema; l’Unione Europea sarebbe tenuta a corrispondere gli aiuti ascrivibili alla PAC anche ad agricoltori che risultino essere debitori nei
suoi confronti per somme ingenti, altrettanto riconducibili alla politica agricola comune, con difficoltà di recupero successivo; pertanto, per rendere concretamente operante la prevalenza del diritto dell’Unione Europea, gli organi giudiziari, amministrativi e legislativi sono chiamati a valutare se sia possibile fornire una interpretazione delle norme nazionali sopra citate conforme al diritto dell’Unione.
Tali principi, espressi già da Cass., Sez. 1, Sentenza n. 24325 del 03/11/2020, sono stati confermati nella giurisprudenza successiva di questa Corte, condivisa dal Collegio (Cass., Sez. 1, Sentenza n. 41593 del 27/12/2021; Cass., Sez. 1. Ordinanza n. 16530 del 23/05/2022; Cass., Sez.2, Ordinanza n. 8230 del 14/03/2022; Cass., Sez. 1, Ordinanza n. 19942 del 12/07/2023), la quale ha ribadito che in tema di rapporti tra il credito dell’agricoltore a titolo di contributi dell’Unione Europea conseguenti alla Politica agricola comune (PAC), ed i debiti dello stesso per prelievo supplementare relativo alle quote latte, è ammissibile la cd. compensazione impropria o atecnica, a condizione che il controcredito sia certo e liquido secondo la valutazione dei giudici di merito, incensurabile in sede di legittimità.
2.5. Con specifico riferimento alla censura operata con il secondo motivo di ricorso, occorre tenere presente che l’art. 8 ter d.l. n. 5 del 2009, conv. con modif. dalla l. n. 33 del 2009 (Istituzione del Registro nazionale dei debiti) stabilisce quanto segue: «Il rapporto giuridico tra ciascun produttore che eserciti attività agricola ai sensi dell’art. 2, primo paragrafo, lettera c), del regolamento (CE) n. 73/2009 del Consiglio, del 19 gennaio 2009, e l’Unione Europea è unico nell’ambito delle misure di finanziamento della Politica agricola comune di cui al regolamento (CE) n. 1290/2005 del Consiglio, del 21 giugno 2005» (comma 1); «L’iscrizione del debito nel Registro di cui al comma 2 degli importi accertati come dovuti dai produttori agricoli equivale all’iscrizione al ruolo ai fini della procedura di recupero» (comma 4); «In sede di erogazione di provvidenze e di aiuti agricoli comunitari, connessi e cofinanziati, nonché di provvidenze e di aiuti agricoli nazionali, gli organi-
smi pagatori, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano verificano presso il Registro di cui al comma 2 l’esistenza di importi a carico dei beneficiari e sono tenuti ad effettuare il recupero, il versamento e la contabilizzazione nel Registro del corrispondente importo, ai fini dell’estinzione del debito» (comma 5); l’art. 8 quinquies , comma 2, d.l. cit. stabilisce che «L’AGEA (…) intima a ciascun debitore il versamento delle somme che risultino esigibili. Sono da considerare esigibili anche le imputazioni di prelievo non sospese in sede giurisdizionale» .
In alcune iniziali pronunce, questa Corte ha affermato che è la stessa legislazione nazionale che conferisce all’Amministrazione il potere di accertare unilateralmente il debito per quote latte, stabilendo che l’iscrizione del debito nel Registro di cui al comma 2, degli importi accertati come dovuti dai produttori agricoli equivale all’iscrizione al ruolo, ai fini della procedura di recupero, aggiungendo che, in conseguenza di detta iscrizione, la contestazione del controcredito non può che essere affidata ad una azione giurisdizionale dell’interessato dinanzi al giudice competente, senza la quale esso si cristallizza ed è efficacemente opponibile all’agricoltore per paralizzare, in tutto o in parte, il credito per contributi PAC (Cass, Sez. 1, Sentenza n. 24325 del 03/11/2020; Cass., Sez. 1, n. 41593 del 27/09/2021).
A tale orientamento è poi seguita la precisazione, condivisa da questo Collegio, sopra riportata, secondo la quale l’accertamento in ordine alla contestazione del controcredito oggetto di compensazione impropria dipende dalle peculiarità della fattispecie (ad esempio è decisivo verificare che vi sia stata l’emissione o meno di una cartella esattoriale em in caso positivo, se essa sia stata impugnata), e si risolve in un accertamento in fatto, insindacabile in sede di legittimità (tra le ultime, v. Cass., Sez. 2, Ordinanza n. 7196 del 18/03/2025; Cass., Sez. 2, Ordinanza n. 5672 del 04/03/2024; Cass., Sez. 1, Sentenza n. 19942 del 12/07/2023)
Nel caso di specie, dalle allegazioni delle parti non è emersa alcuna ragione per ritenere non contestabile (o non più contestabile) la mera iscrizione del credito vantato dall’AGEA nel Registro nazionale e la Corte d’appello ha ritenuto sufficientemente contestat a nel presente giudizio la sua debenza, richiamando anche l’esito del procedimento penale che, pur non rinvenendo gli autori, ha tuttavia accertato le irregolarità nelle operazioni correlate alla determinazione delle poste attive e passive nel Registro, con conseguente inaffidabilità delle stesse.
L’accertamento in ordine alla avvenuta contestazione risulta , dunque, effettuato dalla Corte d’appello , con una motivata valutazione di merito che, come sopra evidenziato, non è sindacabile in sede di legittimità.
2.6. Nel secondo motivo la Regione ha aggiunto che, ad ogni modo, nel proporre opposizione al decreto ingiuntivo aveva specificato che la cifra oggetto della domanda monitoria non era corretta, poiché la somma portata in compensazione, riferita al prelievo supplementare in materia di quote latte, non costituiva l’intero importo portato in compensazione, dal momento che era p ari ad € 240.435,49 e l’ulteriore somma di € 11.665,48 era riferita, non a compensazioni per quotelatte, ma a somme dovute dalla RAGIONE_SOCIALE COGNOME per altri debiti e con riferimento alle quali, pertanto, non valevano gli argomenti riferiti alla intervenuta contestazione.
Tale eterogeneità dei controcrediti non risulta essere stata esaminata dal Giudice di merito, né la Regione ha dedotto di avere proposto uno specifico motivo di appello sul punto.
Per tali ragioni la doglianza, di cui la parte ha formulata solo una generica allegazione in ordine alla formulazione in primo grado, deve ritenersi inammissibile in questa sede di legittimità.
In conclusione il ricorso deve essere respinto.
La statuizione sulle spese segue la soccombenza.
In applicazione dell’art. 13, co mma 1 quater , d.P.R. n. 115 del 2002, occorre dare atto della sussistenza dei presupposti processuali
per il versamento da parte della ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello richiesto per l’impugnazione proposta, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso;
condanna parte ricorrente al pagamento delle spese di lite sostenute dalla controricorrente che liquida in € 5.000,00 per compenso ed € 200,00 per esborsi, oltre accessori di legge;
dà atto, i n applicazione dell’art. 13, comma 1 quater , d.P.R. n. 115 del 2002, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello richiesto per l’impugnazione proposta, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Prima Sezione civile