Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 4789 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 4789 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 24/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 13895/2023 R.G. proposto da COMUNE DI PALAZZOLO SULL’OGLIO, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dall’Avv. NOME COGNOME con domicilio eletto in Roma, INDIRIZZO;
-ricorrente –
contro
MINISTERO DELL’INTERNO e MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona dei Ministri p.t., rappresentati e difesi dall’Avvocatura generale dello Stato, con domicilio legale in Roma, INDIRIZZO
-controricorrenti e ricorrenti incidentali – avverso la sentenza della Corte d’appello di Brescia n. 1473/22, depositata il 12 dicembre 2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 22 ottobre 2024 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Il Comune di Palazzolo sull’Oglio convenne in giudizio il Ministero dell’interno e il Ministero dell’economia e delle finanze, per sentirli condannare al pagamento della somma di Euro 142.133,64, dovuta a titolo di compensazione per i minori introiti dell’ICI relativi agli anni compresi tra il 2001 e il 2009, ai sensi dell’art. 64 della legge 23 dicembre 2000, n. 388, ed il subordine al risarcimento del danno.
Si costituirono i Ministeri ed eccepirono la prescrizione e l’infondatezza della domanda, chiedendo in via riconvenzionale la condanna del Comune al pagamento della somma di Euro 172.085,52, a titolo di restituzione delle somme erogate in assenza della dichiarazione prescritta dal d.m. 1° luglio 2002, n. 197, detratti gl’importi già recuperati o non corrisposti.
1.1. Con sentenza del 7 ottobre 2021, il Tribunale di Brescia accolse la domanda principale e rigettò quella riconvenzionale, condannando i Ministeri al pagamento della somma di Euro 142.133,64, oltre interessi legali.
L’impugnazione proposta dai Ministeri è stata parzialmente accolta dalla Corte d’appello di Brescia, che con sentenza del 12 dicembre 2022 ha rideterminato la somma dovuta al Comune in Euro 3.399,26, oltre interessi.
Premesso che la ratio della disciplina introdotta dall’art. 64 della legge 388 del 2000 consisteva nel compensare la riduzione del gettito dell’ICI determinata dal passaggio dalla modalità di calcolo della base imponibile degli immobili classificati nel gruppo catastale D parametrata sul valore contabile a quella modulata sulla rendita catastale, la Corte ha osservato che la perdita subìta dai Comuni per effetto di tale riduzione non era limitata all’anno in cui aveva avuto luogo il predetto passaggio, ma era destinata a ripetersi anche negli anni successivi, per i quali si poneva dunque la questione dell’individuazione degl’immobili di categoria D rilevanti ai fini del superamento della soglia cui la norma in esame subordinava l’insorgenza del diritto ai trasferimenti. Rilevato che l’art. 64 della legge n. 388 del 2000 e l’art. 2 del d.m. n. 197 del 2002, nel menzionare i minori introiti derivanti dall’autodeterminazione provvisoria delle rendite, non distinguevano a seconda degli anni di passaggio a tale modalità di calcolo, coerentemente con la considerazione complessiva di
tali introiti dal punto di vista contabile, ha ritenuto infondata la tesi sostenuta dai Ministeri, secondo cui il decremento del gettito doveva essere valutato per ciascun anno al netto delle perdite già attestate nell’anno precedente: ha osservato infatti che il riferimento ai singoli bilanci di previsione trovava giustificazione nel calcolo dell’ICI su base annuale e nella corrispondente cadenza delle attestazioni, mentre quello ai singoli fabbricati era giustificato dal fatto che la base imponibile complessiva era costituita dalla sommatoria dei dati relativi alle singole unità. Ha aggiunto che il consolidamento dei trasferimenti erariali, previsto dall’art. 3, comma secondo, del d.m. n. 197 costituiva soltanto una modalità tecnica contabile, che non escludeva l’obbligo del Comune di certificare, anche per gli anni successivi, il superamento delle soglie di legge anche per i minori introiti corrispondenti a contributi già consolidati, con la conseguenza che, in difetto di attestazione ovvero in caso di mancato raggiungimento dei parametri previsti dall’art. 64, il Comune perdeva il diritto al trasferimento a prescindere dal consolidamento pregresso. Ha ritenuto infine che tale interpretazione trovasse conferma nella circolare F.L. n. 6 del 24 dicembre 2008, rispetto alla quale i comunicati del 1° dicembre 2009 e del 23 gennaio 2009 avevano comportato un deciso mutamento d’indirizzo, non giustificato da sopravvenute disposizioni di legge.
Ciò posto, e precisato che ai fini del riconoscimento dei contributi il legislatore aveva previsto un procedimento caratterizzato da precise scadenze temporali, la cui applicabilità non poteva ritenersi esclusa dalla circolare F.L. n. 6 del 2008, avente efficacia meramente interna, la Corte ha rilevato che per l’anno 2009 il Comune aveva ricevuto la somma di Euro 138.734,38, pur non avendo formulato la richiesta mediante la presentazione del modulo di cui al d.m. n. 197 del 2002, ed ha pertanto concluso che tale importo era stato indebitamente erogato.
In ordine alle restanti annualità, ha invece disatteso l’eccezione di prescrizione sollevata dai Ministeri, osservando che nella specie non trovavano applicazione né il termine quinquennale, in mancanza di un’espressa disposizione di legge, né l’art. 2948, primo comma, n. 4 cod. civ., ma l’ordinaria prescrizione decennale, non trattandosi d’importi da corrispondere annualmente in base al medesimo titolo, ma di crediti distinti ed eventuali, che po-
tevano sorgere o meno di anno in anno sulla base delle certificazioni periodicamente inviate ai sensi del d.m. n 197 del 2002; pur ancorandone la decorrenza alla data in cui il Ministero aveva effettuato le trattenute, ha ritenuto che, in mancanza della relativa prova, il dies a quo dovesse essere individuato nella data del 1° dicembre 2009, in cui il Ministero aveva riconosciuto il proprio debito, mediante la pubblicazione sul proprio sito web degl’importi attribuiti a ciascun ente per i periodi dal 2002 al 2008 e la precisazione che, essendo ancora in corso ulteriori controlli, essi erano suscettibili di modifiche e correzioni, e che, per quanto concerneva l’anno 2009, la verifica non era ancora stata effettuata, non essendo disponibile il dato della spesa corrente rendicontata riferita a tale anno.
Sulla base di tali considerazioni, ha proceduto infine alla rideterminazione del credito del Comune, detraendo dall’importo di Euro 142.133,64 (ivi compresi Euro 81.091,39 recuperati dall’Erario ed Euro 61.42,25 inizialmente assegnati ma non erogati) quello di Euro 138.734,38, erogato in mancanza della prescritta dichiarazione.
Avverso la predetta sentenza il Comune ha proposto ricorso per cassazione, articolato in due motivi, illustrati anche con memoria. I Ministeri hanno resistito con controricorso, proponendo ricorso incidentale, affidato ad un solo motivo.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo d’impugnazione, il Comune denuncia la violazione dell’art. 2, comma quarto, del d.m. n. 197 del 2002 e dell’art. 1, comma 712, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, nonché la falsa applicazione dell’art. 2quater , comma settimo, del d.l. 7 ottobre 2008, n. 154 e dell’art. 14, comma 33quater , della legge 30 luglio 2010, n. 122, censurando la sentenza impugnata per aver ritenuto non dovuti i contributi relativi all’anno 2009, a causa della mancata presentazione della relativa certificazione, senza tener conto del consolidamento del contributo relativo all’anno precedente, che escludeva l’obbligo di presentare la predetta certificazione, in mancanza di un’ulteriore riduzione di gettito. Sostiene che tale interpretazione, conforme alla natura annuale dell’ICI ed alla conseguente durevolezza del minor gettito,
destinato a consolidarsi nel tempo, trovava conforto nella circolare F.L. n. 9 del 18 maggio 2007, la quale imponeva la presentazione della certificazione soltanto in presenza di variazioni rispetto agli anni precedenti o di perdite accertate e non certificate, non potendo trovare invece applicazione l’art. 2quater , comma settimo, del d.l. n. 154 del 2008 e l’art. 14, comma 33quater , della legge n. 122 del 2010, i quali riguardavano le dichiarazioni relative all’anno 2005 ed a quelli precedenti.
Con il secondo motivo, il Comune deduce la violazione del divieto di venire contra factum proprium , dell’autovincolo procedimentale, del legittimo affidamento e della buona fede di cui agli artt. 2 e 97, secondo comma, Cost., agli artt. 1175, 1366 e 1375 cod. civ. ed all’art. 88 cod. proc. civ., nonché l’omesso esame di fatti controversi e decisivi per il giudizio, censurando la sentenza impugnata per non avere valutato il comportamento tenuto dai Ministeri, che, dopo avere escluso, con la circolare F.L. n. 9 del 2007, la necessità della presentazione di nuove dichiarazioni, avevano sostenuto in giudizio l’opposta tesi.
Con l’unico motivo del ricorso incidentale, i Ministeri denunciano la violazione e la falsa applicazione dell’art. 64 della legge n. 388 del 2000 e degli artt. 2 e 3 del d.m. n. 197 del 2002, sostenendo che i minori introiti derivanti dall’ICI in conseguenza dell’autodeterminazione provvisoria delle rendite catastali dei fabbricati di categoria D, che costituiscono la sola quantità rilevante ai fini dell’interpretazione dell’art. 64 cit., vanno individuati esclusivamente in quelli derivanti dai nuovi immobili che nella singola annualità passano, ai fini della determinazione dell’imponibile, dal riferimento al valore contabile a quello alla rendita catastale provvisoria. Premesso infatti che l’art. 64 cit., nel sostituire il meccanismo di compensazione previsto dallo art. 53, comma quattordicesimo, della legge 23 dicembre 1998, n. 448, che teneva conto di tutti i fabbricati che nel triennio erano passati dal valore contabile alla rendita catastale provvisoria, ha previsto innanzitutto il consolidamento delle somme relative al contributo riguardante il triennio 1998-2000, disponendo inoltre che, a decorrere dall’anno 2001, dev’essere versato, oltre al contributo, un aumento calcolato di anno in anno in misura corrispondente ai minori introiti derivanti dall’ICI in conseguenza dell’autodeterminazione
provvisoria delle rendite catastali dei fabbricati di categoria D, affermano che il termine aumento si riferisce esclusivamente al differenziale, che costituisce una perdita per il Comune, e non anche ai trasferimenti statali, già stabilizzatisi come entrate, i quali non possono essere presi nuovamente in considerazione negli anni successivi, al fine di verificare il superamento delle soglie previste dal comma primo dell’art. 64. Diversamente opinando, non troverebbe giustificazione il comma secondo dell’art. 64, il quale prevede che, qualora la determinazione della rendita catastale definitiva comporti un aumento degli introiti superiore al 30%, i trasferimenti erariali di parte corrente in favore del Comune sono ridotti in misura corrispondente. Aggiungono che tale interpretazione trova conforto nel d.m. n. 197 del 2002, il quale prevede la riduzione dei trasferimenti in misura pari all’eccedenza di gettito ed il consolidamento della stessa a decorrere dall’anno successivo a quello in cui le rendite catastali sono divenute inoppugnabili. Sostengono inoltre che l’interpretazione adottata dalla sentenza impugnata, oltre a comportare una moltiplicazione dei valori da accertare rispetto al complesso degl’immobili censiti nella categoria catastale D, implicherebbe necessariamente il superamento dei parametri di legge. Precisato infine che il meccanismo del consolidamento è previsto direttamente dall’art. 64 della legge n. 388 del 2000, alla quale il d.m. n. 197 del 2002 si è limitato a dare attuazione, affermano che il criterio in tal modo adottato costituisce espressione di una scelta non irrazionale compiuta dal legislatore nell’esercizio della sua discrezionalità.
Il ricorso incidentale, da esaminarsi prioritariamente rispetto a quello principale, in quanto riguardante il diritto del Comune al riconoscimento dei contributi dovuti per gli anni compresi tra il 2001 e il 2009, è fondato.
La questione proposta dai controricorrenti ha ad oggetto l’interpretazione dell’art. 64 della legge n. 388 del 2000, ai sensi del quale, a decorrere dallo anno 2001, i minori introiti relativi all’ICI conseguiti dai Comuni per effetto dei minori imponibili derivanti dall’autodeterminazione provvisoria delle rendite catastali dei fabbricati di categoria D, eseguita dai contribuenti ai sensi del d.m. 19 aprile 1994, n. 701, dovevano essere compensati con corrispondente aumento dei trasferimenti statali se di importo superiore a Lire 3.000,00 e allo 0,5% della spesa corrente prevista per ciascun anno. La de-
terminazione dei criteri e delle modalità per l’applicazione di tale disposizione era demandata dal comma terzo al Ministro dell’interno, il quale vi ha provveduto, di concerto con il Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, con il d.m. n. 197 del 2002: l’art. 2 di tale decreto, dopo aver ribadito che i trasferimenti erariali devono essere aumentati in misura pari alla perdita di gettito subìta dal Comune ove quest’ultima sia di un importo superiore a Euro 1.549,37 ed allo 0,5% della spesa corrente risultante dal bilancio di previsione dello stesso anno in cui si era verificata la perdita, definitivamente assestato (comma primo), ha stabilito che il contributo statale deve essere pari alla differenza tra il gettito dell’ICI che sarebbe derivato dai fabbricati classificabili nel gruppo catastale D considerando la base imponibile risultante prima dell’autodeterminazione provvisoria delle rendite catastali effettuata secondo le procedure previste dal d.m. n. 701 del 1994 e quello derivante dagli stessi fabbricati a seguito della predetta autodeterminazione provvisoria delle rendite catastali; l’entità del minor gettito deve essere calcolata applicando l’aliquota dell’imposta vigente nell’esercizio finanziario in cui i contribuenti, per la prima volta, effettuano i pagamenti in base alle rendite catastali provvisoriamente autodeterminate ai sensi del predetto decreto ministeriale; il contributo statale deve essere attribuito nell’anno successivo a quello in cui si è verificata la perdita del gettito dell’ICI ed è consolidato nei trasferimenti erariali dei Comuni interessati.
La questione in esame è stata già affrontata dalla giurisprudenza di legittimità, e risolta mediante l’enunciazione del seguente principio di diritto, che il Collegio condivide ed intende ribadire anche in questa sede: «i trasferimenti erariali agli enti locali previsti dall’art. 64 della legge n. 388 del 2000 e dal d.m. n. 197 del 2002 e volti a compensare, a decorrere dall’anno 2001, i minori introiti relativi all’ICI conseguiti dai Comuni per effetto dei minori imponibili derivanti dall’autodeterminazione provvisoria delle rendite catastali dei fabbricati di categoria D, eseguita dai contribuenti secondo quanto previsto dal d.m. n. 701 del 1994, sono subordinati alla duplice condizione che il minor introito sia superiore a Euro 1.549,37 e allo 0,5% della spesa corrente prevista per ciascun anno; il superamento delle predette soglie va valutato senza tener conto del minor gettito ICI derivante da autodichiarazioni pre-
sentate dai contribuenti negli anni precedenti e compensate con trasferimenti erariali consolidati; tuttavia, ai fini della determinazione del minor introito ICI per ciascun anno si tiene conto non solo di quello scaturente dalle autodeterminazioni provvisorie delle rendite catastali dei fabbricati di categoria D presentate dai contribuenti in quell’anno ma anche di quello scaturente da autodeterminazioni provvisorie presentate negli anni precedenti, non compensate con trasferimenti erariali consolidati» (cfr. Cass., Sez. I, 3/07/2023, nn. 18701, 18705, 18718; 6/07/2023, nn. 19168, 19895).
A fondamento di tale conclusione, si è osservato che a) la ratio del contributo in questione consiste nel neutralizzare le conseguenze sfavorevoli in termini di gettito ICI per i Comuni derivanti dall’applicazione del meccanismo provvisorio di determinazione della rendita catastale per autodichiarazione introdotto dall’art. 1, comma terzo, del d.m. n. 701 del 1994, che conferisce rilievo provvisorio ai fini fiscali alla «rendita proposta», b) l’art. 64, comma terzo, della legge n. 388 del 2000 ha introdotto, a decorrere dall’anno 2001, nuove modalità di determinazione del contributo, diverse da quelle previste per gli anni precedenti dall’art. 31, comma terzo, della legge 23 dicembre 1998, n. 488 e dall’art. 53, comma quattordicesimo, della legge n. 388 del 2000, e consistenti da un lato nella stabilizzazione del diritto dei Comuni ai trasferimenti compensativi e dall’altro nell’introduzione di una franchigia, la cui operatività è condizionata al mancato superamento di due soglie quantitative, una determinata in misura fissa, e volta a neutralizzare variazioni «bagatellari», l’altra in misura percentuale, e volta a penalizzare i Comuni poco virtuosi che non tengano sotto controllo la spesa, c) la fissazione di tali soglie (soprattutto della prima) verrebbe sostanzialmente vanificata ove si consentisse di computare il minor gettito degli anni precedenti (già compensato mediante trasferimenti erariali consolidati) anche ai fini della verifica in ordine al superamento delle soglie negli anni successivi, d) il consolidamento a regime dei trasferimenti acquisiti negli anni precedenti, previsto dal d.m. n. 197 del 2002, non si pone in contrasto con la disciplina dettata dall’art. 64, il quale, oltre a rimettere al decreto ministeriale la determinazione dei criteri e delle modalità per l’attuazione, presuppone l’operatività di tale principio, prevedendo la riduzione dei trasferimenti erariali soltanto nel caso in cui, per effetto
della determinazione della rendita catastale definitiva da parte degli uffici tecnici erariali, derivino ai Comuni introiti superiori almeno del 30% rispetto a quelli conseguiti prima dell’autodeterminazione provvisoria delle rendite catastali, e) è quindi possibile che, per effetto del consolidamento dei trasferimenti erariali acquisiti, si determini la sterilizzazione dei minori gettiti dell’ICI maturati con riferimento alle autodichiarazioni relative a fabbricati presentate in un determinato anno, a causa del mancato superamento delle soglie nello anno di riferimento, f) tale sterilizzazione non si estende tuttavia agli anni successivi, ove in riferimento agli stessi immobili si produca un ulteriore mancato introito, non essendovi alcun elemento testuale, né nella legge, né nel regolamento, che permetta di espungere dal minor gettito dell’ICI di un determinato anno anche quello maturato, in quell’anno, per effetto di autodichiarazioni presentate nell’anno precedente, o negli anni precedenti, e non compensate negli anni precedenti per la loro modestia, e quindi non consolidate.
4.1. Non può dunque condividersi la tesi sostenuta dalla sentenza impugnata, secondo cui la previsione del consolidamento per gli anni successivi del contributo statale determinato sulla base del minor gettito dell’ICI verificatosi in un determinato anno non costituisce un elemento determinante per considerare rilevanti, ai fini del riconoscimento del contributo, i soli immobili di categoria D passati in autodeterminazione nel medesimo anno, trattandosi di una modalità tecnica meramente contabile, che lascia intatto l’obbligo del Comune di certificare, anche per gli anni successivi, il superamento delle soglie di legge, ed essendo la perdita di gettito destinata a ripetersi anche negli anni successivi, fino all’individuazione della rendita catastale definitiva.
Nessun rilievo può assumere, in contrario, la circostanza, evidenziata dalla Corte territoriale, che l’art. 2, comma primo, del d.m. n. 197 del 2002, nel fissare le soglie quantitative il cui superamento legittima il riconoscimento del contributo, determini quella variabile in misura pari allo 0,5% «della spesa corrente risultante dal bilancio di previsione dello stesso anno in cui si è verificata la perdita»: tale previsione, anzi, ancorando il riconoscimento del contributo al confronto tra il minor gettito dell’ICI registratosi in un determinato anno e il volume complessivo della spesa corrente risultante dal bilancio del
medesimo anno, conferma la già segnalata impossibilità di computare il minor gettito degli anni precedenti (già compensato mediante trasferimenti erariali consolidati) ai fini della verifica in ordine al superamento della soglia negli anni successivi.
E’ altresì fondato il primo motivo del ricorso principale, riguardante il rigetto della domanda di riconoscimento dei contributi relativi all’anno 2009, a causa della mancata presentazione della relativa certificazione.
In proposito, la sentenza impugnata ha richiamato a) l’art. 2quater , comma settimo, del d.l. n. 154 del 2008, che per gli anni precedenti al 2005 richiedeva, a pena di decadenza, la presentazione delle dichiarazioni entro il 31 gennaio 2009, b) l’art. 14, comma 33quater , del d.l. n. 78 del 2010, che differiva il predetto termine al 30 ottobre 2010, c) l’art. 1, comma 712, della legge 296 del 2006, che per gli anni successivi al 2006 prevedeva la presentazione della dichiarazione entro il termine perentorio del 30 giugno dell’anno successivo. Ha ritenuto inoltre che la circolare F.L. n. 9 del 2007, la quale escludeva la necessità della presentazione della dichiarazione in mancanza di variazioni, non fosse avvalorata da alcuna disposizione di legge, affermandone comunque l’efficacia meramente interna.
Orbene, il richiamo all’art. 2quater del d.l. n. 154 del 2008 non può considerarsi pertinente, poiché lo stesso (così come l’art. 14, comma 33quater , del d.l. n. 78 del 2010, che lo modificava) si riferiva alle dichiarazioni relative all’anno 2005 ed a quelle precedenti. Con riguardo alla presentazione della dichiarazione relativa all’anno 2009, trova invece applicazione l’art. 1, comma 712, della legge n. 296 del 2006, che stabiliva il termine perentorio del 30 giugno 2010. In riferimento a quest’ultima disposizione, la circolare F.L. n. 9 del 2007 precisava peraltro che «i certificati devono essere presentati dagli enti interessati solo se è avvenuta una variazione rispetto a quelli in precedenza certificati, ovvero se trattasi di perdita accertata e non certificata. Pertanto, gli enti che hanno già fatto richiesta e non hanno subìto ulteriori perdite non devono presentare alcuna dichiarazione, in quanto l’importo attribuito si consolida nei trasferimenti erariali»: tale precisazione, contrariamente a quanto ritenuto dalla Corte d’appello, non può considerarsi in contrasto con la disciplina dettata dall’art. 1, comma 712 cit., poiché appare coerente con
il consolidamento previsto dall’art. 64, comma secondo, della legge n. 388 del 2000, che consente al Comune di fruire del contributo precedentemente riconosciuto anche per gli anni successivi in cui non si sia verificata alcuna ulteriore riduzione del gettito.
Tale rilievo, consentendo di ritenere superflua la presentazione della dichiarazione relativa all’anno 2009, ove in tale anno non si sia verificata una ulteriore riduzione di gettito, comporta l’assorbimento del secondo motivo, concernente la contraddittorietà del comportamento tenuto dai Ministeri.
La sentenza impugnata va pertanto cassata, con il conseguente rinvio della causa alla Corte d’appello di Brescia, che provvederà, in diversa composizione, anche al regolamento delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
accoglie il primo motivo del ricorso principale ed il ricorso incidentale, dichiara assorbito il secondo motivo del ricorso principale, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di appello di Brescia, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma il 22/10/2024