Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 6700 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 6700 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 13/03/2024
ORDINANZA
OGGETTO:
compenso degli arbitri – compensazione impropria
R.G. 14148/2018
C.C. 5-3-2024
sul ricorso n. 14148/2018 R.G. proposto da:
COGNOME NOME, c.f. CODICE_FISCALE, rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO e dall’AVV_NOTAIO, elettivamente domiciliato in Roma presso l’AVV_NOTAIO, nel suo studio in INDIRIZZO
ricorrente
COGNOME NOME, c.f. CODICE_FISCALE, rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO, con indirizzo pec EMAIL
ricorrente incidentale
contro
COGNOME NOME, c.f. CODICE_FISCALE, rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO e dall’AVV_NOTAIO, elettivamente domiciliato in Roma presso il secondo nel suo studio in INDIRIZZO, controricorrente
avverso la sentenza n.2394/2017 della Corte d’appello di Firenze depositata il 31-10-2017
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 5-32024 dal consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1.Con decreto 19-12-2003 il Tribunale di Firenze ingiunse a NOME COGNOME e NOME COGNOME di restituire a NOME COGNOME la somma di Euro 12.883,32 oltre interessi legali su 9.268,81 dall’11 -12-2003, pari agli acconti versati da NOME COGNOME sui compensi relativi all’attività svolta dagli ingiunti in qualità di arbitri nella controversia insorta tra RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE e definita con lodo dichiarato nullo per tardivo deposito.
Avverso il decreto ingiuntivo proposero opposizione NOME COGNOME e NOME COGNOME e l’opposizione fu accolta dal Tribunale di Firenze con sentenza n. 3087/2005, confermata dalla Corte d’appello di Firenze con sentenza n. 330/2010.
2.Proposero ricorso principale per cassazione NOME COGNOME e ricorso incidentale NOME COGNOME e NOME COGNOME. Con sentenza n. 21214/2014 depositata in data 8-10-2014 la Cassazione ha accolto i due motivi di ricorso di NOME COGNOME, dichiarando che non era applicabile il principio richiamato dalla Corte d’appello in ordine al diritto degli arbitri al compenso per il solo fatto di avere espletato l’incarico ; ha dichiarato che tale principio valeva nel procedimento ex art. 814 cod. proc. civ. di determinazione del compenso degli arbitri e non poteva trovare applicazione nel giudizio, testualmente, « il cui oggetto non è costituito dalla liquidazione del compenso dovuto agli arbitri, peraltro già in parte corrisposto, ma proprio dall’accertamento della loro responsabilità per la pronuncia di un lodo invalido , in conseguenza dell’inosservanza dell’obbligo di diligenza ad essi incombente nell’adempimento del mandato ricevuto, e la determinazione delle relative conseguenze nell’ambito del rapporto contrattuale instau ratosi a seguito
dell’accettazione di tale incarico. La Corte di merito ha ritenuto che l’annullamento del lodo non potesse riflettersi sul diritto al compenso…: in tal modo, tuttavia, essa ha apoditticamente escluso la configurabilità di un pregiudizio derivante dall’annu llamento del lodo, suscettibile di compensazione con il credito relativo al compenso, e quindi idoneo a giustificare la ripetizione degli importi versati a titolo di acconto, che costituiva oggetto della domanda proposta dal ricorrente, senza verificare se fosse stata concretamente dedotta e dimostrata la sussistenza di ulteriori voci di danno, eventualmente connesse agli oneri sopportati per l’espletamento del procedimento arbitrale ed al ritardo nella definizione della controversia devoluta agli arbitri ». La sentenza ha rigettato i motivi di ricorso incidentale degli arbitri e ha cassato con rinvio la sentenza impugnata in relazione al ricorso principale accolto.
3. La Corte d’appello di Firenze con sentenza n. 2394/2017 depositata il 31-10-2017 pronunciata in sede di rinvio ha condannato COGNOME e COGNOME in solido alla restituzione a favore di NOME COGNOME della somma di Euro 12.833,32, con gli interessi sulla somma capitale di 9. 268,31 dall’11 -12-2003 al saldo, nonché alla rifusione delle spese di lite del primo e del secondo grado, del giudizio di legittimità e del giudizio di rinvio.
La sentenza, dando atto di dover decidere sulla ‘sussistenza di ulteriori voci di danno, eventualmente connesse agli oneri sopportati per l’espletamento del procedimento arbitrale ed al ritardo nella definizione della controversia devoluta agli arbitri’, ha considerato che l’attore in riassunzione COGNOME allegava le spese processuali sostenute nel giudizio di impugnazione del lodo, producendo la sentenza n.1119/2010 della Corte d’appello di Firenze che non aveva condannato la controparte alla rifusione di tutte le spese di lite da lui sostenute e aveva lasciato a suo carico un quarto delle spese di c.t.u.;
ha dato atto che non era necessario accertare l’esatto ammontare della richiesta, formulata per Euro 22.400,00, in quanto la domanda era proposta limitatamente all’esborso inerente alle spese e agli onora ri degli arbitri. Quanto al profilo delineato in termini di voci di danno connesse al ritardo nella definizione della controversia, ha considerato che NOME COGNOME deduceva il dato che nel giudizio di impugnazione del lodo la sentenza, sulla base di c.t.u., aveva quantificato in Euro 875.850.589 l’ammontare dei lavori eseguiti dalla sua impresa in favore di RAGIONE_SOCIALE e perciò per una somma maggiore di quella quantificata nel lodo di Euro 720.000,00, con un saldo a suo credito di Euro 181,483,70; NOME COGNOME aveva rilevato di non avere potuto recuperare il saldo a suo credito a causa dell’intervenuta cancellazione della società dal registro dalla imprese avvenuta medio tempore; ha dichiarato che il dato era ricavabile dai documenti in atti e ha escluso l’imputabilità a NOME COGNOME della compromessa possibilità di recupero del credito, in quanto per la nullità del lodo non era stato possibile ottenere la soddisfazione del credito prima della liquidazione della società RAGIONE_SOCIALE risalente ad aprile 2003. Ha concluso che era stata allegata e provata l’esistenza di voci di danno suscettibili di compensazione con il minore credito da compenso dovuto e quindi l’esistenza di pregiudizio idoneo a giustificare la ripetizione degli importi pagati.
4.Avverso la sentenza NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione affidato a quattro motivi.
A sua volta NOME COGNOME ha proposto ricorso incidentale tempestivo sulla base di cinque motivi.
NOME COGNOME ha resistito con controricorso.
Il ricorso è stato avviato alla trattazione camerale ex art. 380bis.1 cod. proc. civ. e in prossimità dell’adunanza in camera di consiglio tutte le parti hanno depositato memoria illustrativa.
All’esito della camera di consiglio del 5-3-2024 la Corte ha riservato il deposito dell’ordinanza.
RAGIONI DELLA DECISIONE
RICORSO DI NOME COGNOME
1.Con il primo motivo, rubricato ‘violazione e falsa applicazione art. 167, 384, c.p.c. in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c.’, il ricorrente rileva che le allegazioni sul danno sono state introdotte per la prima volta nell’atto di riassunzione, mentre la sentenza che ha disposto il rinvio chiedeva di verificare la deduzione e dimostrazione delle voci di danni negli atti di causa anteriori al giudizio di cassazione; evidenzia che tale deduzione e prova non potevano neppure essere state eseguite prima del giudizio di cassazione, in quanto NOME COGNOME aveva agito qualificando i compensi degli arbitri quali voci di danno.
2.Con il secondo motivo, ‘ violazione falsa applicazione artt. 1242 c.c. in relazione all’art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c.’ il ricorrente dichiara che l’allegazione da parte di NOME COGNOME di ulteriori voci di danno non poteva essere rinvenuta nell’affermazione della comparsa di risposta di primo grado in ordine alle ‘conseguenze pregiudizievoli in termini di spese e costi arbitrali inutilmente sostenuti nonché in termini di lungaggin i processuali’, in quanto si trattava di deduzione assolutamente generica e formulata per contrastare la domanda riconvenzionale di ingiustificato arricchimento proposta da NOME COGNOME e perciò diversa da quella di restituzione degli acconti pagati.
3.Con il terzo motivo, ‘ violazione e falsa applicazione art. 394 c.p.c. in relazione all’art. 360 comma 1 n.4 c.p.c.’, il ricorrente rileva che la decisione della sentenza impugnata di esaminare le allegazioni e la documentazione prodotta per la prima volta in sede di rinvio è illegittima per violazione dell’art. 394 cod. proc. civ.
4.Con il quarto motivo, ‘violazione dell’art. 1243 c.c., per difetto di presupposto della compensazione legale in relazione all’art. 360
comma 1 n. 3′, il ricorrente sostiene che il giudice del rinvio abbia errato nel ritenere virtualmente compensabili con gli acconti versati agli arbitri le spese processuali sostenute da COGNOME nel giudizio di impugnazione del lodo e le somme riconosciute a COGNOME a carico di RAGIONE_SOCIALE all’esito di quel giudizio; rileva che tali controcrediti sono incerti non solo perché sono stati contestati nel giudizio di rinvio, ma anche perché COGNOME ha fatto espressa riserva di agire in separato giudizio per ottenere il risarcimento dei danni e a tal fine ha notificato atto di citazione il 3-2-2018. Quindi sostiene che la Corte d’appello avrebbe dovuto coordinare il principio di diritto espresso dalla Cassazione con la sentenza che ha disposto il rinvio con i principi in materia di compensazione e verificare se controparte avesse in precedenza allega to e provato l’esistenza di ulteriori voci di danno, ma solo con riferimento a crediti certi e liquidi.
RICORSO INCIDENTALE DI NOME COGNOME
5. Con il primo motivo, rubricato ‘ art. 360, I co., n. 4, c.p.c.: violazione e falsa applicazione degli artt. 167, 183 e 384 c.p.c.’ il ricorrente incidentale svolge argomenti analoghi a quelli svolti con il primo motivo di ricorso principale, lamentando che le voci di danno siano state allegate per la prima volta nell’atto di citazione in riassunzione.
6 .Con il secondo motivo, ‘ art. 360, I co., n.3. Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1242 c.c.’ il ricorrente incidentale svolge deduzione analoghe a quelle del secondo motivo di ricorso principale, rilevando che non poteva costituire allegazione di ulteriori voci di danno la replica dell’opposto COGNOME nella comparsa di risposta di primo grado alla domanda riconvenzionale di arricchimento senza causa.
7.Con il terzo motivo, ‘art. 360, I co. n. 4 c.p.c., violazione e/o falsa applicazione art. 394 c.p.c.’ il ricorrente incidentale svolge deduzioni analoghe a quelle del terzo motivo di ricorso principale,
lamentando la violazione dell’art. 394 cod. proc. civ. per essersi la sentenza impugnata fondata sull’allegazione di voci di danno eseguita per la prima volta nella citazione in riassunzione.
8 .Con il quarto motivo ‘ art. 360, I co., n. 3 c.p.c., violazione e falsa applicazione dell’art. 1243 c.c. Carenza dei presupposti per la compensazione’ il ricorrente incidentale svolge deduzioni analoghe a quelle eseguite con il quarto motivo di ricorso principale, sostenendo che la compensazione sia stata erroneamente eseguita, in quanto i crediti per danni sono incerti perché oggetto di contestazione e la controparte ne aveva riservato l’accertamento a un separato giudizio, che ha in effetti instaurato.
9. Con il quinto motivo, ‘ art. 360, I co., n.4 c.p.c., violazione e falsa applicazione degli artt. 99 e 112 c.p.c.’ il ricorrente incidentale rileva che la riserva di COGNOME di agire in separato giudizio per le voci del danno precludeva ogni accertamento in merito a tali crediti.
10.Tutti i motivi, esaminati congiuntamente stante la stretta connessione, sono infondati.
La sentenza n. 21214/2014 di questa Corte ha cassato la pronuncia della Corte d’appello che aveva dichiarato che l’annullamento del lodo non potesse riflettersi sul diritto al compenso degli arbitri, rilevando che la sentenza aveva erroneamente escluso la configurabilità di ‘un pregiudizio derivante dall’annullamento del lodo , suscettibile di compensazione con il credito relativo al compenso, e quindi idoneo a giustificare la ripetizione degli importi versati a titolo di acconto, che costituiva oggetto della domanda proposta dal ricorrente, senza verificare se fosse stata concretamente dedotta e dimostrata la sussistenza di ulteriori voci di danno, eventualmente connesse agli oneri sopportati per l’espletamento del procedimento arbitrale ed al ritardo nella definizione della controversia devoluta agli arbitri ‘. In questo modo la sentenza che ha disposto il rinvio ha fatto riferimento
alla compensazione atecnica o impropria, che sussiste in caso di crediti originati da unico rapporto, la cui identità non è esclusa dal fatto che uno di essi abbia natura risarcitoria, derivando da inadempimento (Cass. Sez. 3 13-8-2015 n. 16800 Rv. 636862-01, Cass. Sez. 1 17-112022 n. 33872 Rv. 666238-01); per il fatto che la compensazione atecnica riguarda crediti e debiti che hanno origine dallo stesso rapporto, il giudice può procedere d’ufficio al relativo accertamento, anche in grado di appello, senza che sia necessaria un’eccezione o una domanda riconvenzionale come nel caso della compensazione propria, sempre che l’accertamento si fondi su circostanze fattuali tempestivamente acquisite al processo, in quanto in tal modo si esegue un mero accertamento di dare e avere con elisione automatica dei rispettivi crediti fino alla reciproca concorrenza (Cass. Sez. 2 19-22019 n. 4825 Rv. 652692-01, Cass. Sez. 1 17-11-2022 n. 33872 Rv. 666238-01). Il dato che la compensazione impropria, come quella propria, possa operare esclusivamente se il credito opposto in compensazione abbia il requisito della certezza (così Cass. Sez. 1 233-2017 n. 7474 Rv. 644828) non esclude che sia applicabile anche nel caso di compensazione impropria il disposto dell’art. 1243 co. 2 cod. civ., secondo il quale la compensazione può essere disposta per la parte del debito che il giudice riconosce esistente.
Ciò comporta, in primo luogo, che non abbiano pregio le deduzioni svolte con il primo e secondo motivo di ricorso principale e con il primo e secondo motivo di ricorso incidentale, in ordine al fatto che l’opposto COGNOME non aveva formulato domanda relativa ai propri crediti, aveva fatto riserva di agire in separato giudizio per il risarcimento delle altre voci di danno e aveva dedotto i danni subiti solo per opporsi alla domanda di indebito arricchimento pure proposta dagli opponenti. Infatti, ciò che rileva è esclusivamente che fossero acquisite tempestivamente al giudizio le circostanze fattuali generatrici di danno
di ammontare almeno corrispondente all’importo della somma che NOME COGNOME aveva pagato agli arbitri a titolo di compenso e che chiedeva in restituzione. A fronte di questi presupposti, il giudice di rinvio correttamente ha operato la compensazione atecnica, accertato che in virtù del controcredito risarcitorio l’obbligazione di pagare il compenso degli arbitri si era estinta e riconosciuto a NOME COGNOME il diritto alla restituzione dell’importo pagato a tale titolo .
Non hanno fondamento neppure le deduzioni svolte con il quarto motivo di ricorso principale e di ricorso incidentale, in ordine all’inesistenza dei presupposti di cui all’art. 1243 cod. civ. per la compensazione e con il quinto motivo di ricorso incidentale, in ordine al fatto che il giudice non avrebbe potuto pronunciare sulla compensazione con riferimento a controcrediti che il creditore aveva riservato di esercitare in altro giudizio. La compensazione impropria, pur producendo risultato analogo a quello della compensazione propria, non è sottoposta alla relativa disciplina tipica, non solo processuale, ma neppure sostanziale (cfr. Cass. 4825/2019 già citata) e quindi, come già esposto, era necessario esclusivamente che fossero state allegate le circostanze fattuali generatrici del danno da inadempimento degli arbitri. Non rilevava neppure che il credito risarcitorio fosse stato azionato in diverso giudizio, in quanto ciò non impediva l’elisione automatica dei reciproci crediti originati dal medesimo rapporto fino alla reciproca concorrenza, con il conseguente effetto di automatica decurtazione anche del credito risarcitorio azionato nel distinto giudizio per il relativo ammontare.
Sono infondati anche il terzo motivo di ricorso principale e il terzo motivo di ricorso incidentale, in quanto deve escludersi che, con riferimento all’ammontare necessario a determinare l’estinzione del credito degli arbitri per il compenso ricevuto e ad accogliere la relativa domanda di restituzione di NOME COGNOME, vi siano state deduzioni nuove
nel giudizio di rinvio. Secondo quanto riconoscono gli stessi ricorrenti, già nella sua comparsa di risposta in primo grado NOME COGNOME aveva dedotto le conseguenze pregiudizievoli subite non solo per le spese e i costi arbitrali, ma anche per il fatto che a distanza di nove anni la controversia oggetto di arbitrato era ancora pendente avanti il giudice ordinario; nel corso del giudizio di primo grado NOME COGNOME aveva depositato copia della c.t.u. svolta nel giudizio di impugnazione del lodo che accertava un saldo a suo credito nei confronti di RAGIONE_SOCIALE di Euro 181.483,70; quindi, l’allegazione del danno subito per l’inadempimento degli arbitri era stata tempestiva e sufficiente a dimostrare di avere subito un danno assai superiore all’acconto pagato agli arbitri, in riferimento alla mancata riscossione del credito nei confronti di RAGIONE_SOCIALE nonostante il lungo tempo decorso dalla conclusione dell’arbitrato. Per di più, il giudizio di impugnazione del lodo era stato poi concluso con la sentenza n. 1119/2010 della Corte d’appello di Firenze, alla quale ha fatto riferimento la sentenza impugnata, ma che non avrebbe potuto essere prodotta nel giudizio di opposizione al decreto ingiuntivo, in quanto precedentemente conclusosi in appello con sentenza n. 330/2010 della stessa Corte d’appello di Firenze. Quindi, correttamente la sentenza impugnata ha preso in esame anche le statuizioni della sentenza n.1119/2010, in quanto era sopravvenuta e perciò ne era stata impossibile la precedente produzione (cfr. Cass. Sez. 1 22-9-2022 n. 27736 Rv. 665728, Cass. Sez. 6-5 18-10-2018 n. 26108 Rv. 651434-01, sulla possibilità di produrre anche nel giudizio di rinvio nuovi documenti se la produzione sia giustificata, tra l’altro, dall’impossibilità di produrli in precedenza per causa di forza maggiore); dalle statuizioni della sentenza n. 1119/2010 la Corte d’appello in sostanza ha tratto la conferma dell’esistenza a favore di NOME COGNOME di controcredito risarcitorio per inadempimento degli arbitri di ammontare almeno tale
d a determinare l’estinzione del diritto degli arbitri all’importo del compenso a loro pagato e perciò a giustificare l’accoglimento della domanda di ripetizione.
11.Ne consegue che i ricorsi devono essere integralmente rigettati e, in applicazione del principio della soccombenza, il ricorrente principale e il ricorrente incidentale , in solido stante l’interesse comune, devono essere condannati alla rifusione a favore del controricorrente delle spese di lite del giudizio di legittimità, in dispositivo liquidate, con la distrazione richiesta.
In considerazione dell’esito de i ricorsi principale e incidentale, ai sensi dell’art. 13 co . 1-quater d.P.R. 30 maggio 2002 n. 115 si deve dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente principale e incidentale, di ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il rispettivo ricorso ai sensi del co. 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta i ricorsi principale e incidentale; condanna il ricorrente principale e il ricorrente incidentale in solido tra loro alla rifusione a favore del controricorrente delle spese di lite del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 200,00 per spese ed Euro 3.500,00 per compensi, oltre 15% dei compensi a titolo di rimborso delle spese generali, iva e cpa ex lege, con distr azione a favore dell’AVV_NOTAIO dichiaratosi antistatario.
Sussistono ex art.13 co.1-quater d.P.R. 30 maggio 2002 n.115 i presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente principale e del ricorrente incidentale di ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il rispettivo ricorso ai sensi del co.1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della seconda sezione