Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 18703 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 18703 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 09/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 10919/2019 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE DI INDIRIZZO IN RIGNANO SULL’ARNO, denominato RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), COGNOME NOME (CODICE_FISCALE);
-ricorrente-
contro
COGNOME NOME, quale titolare della ditta RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) , rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE);
-ricorrente incidentale-
nonché contro
COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE);
-controricorrente-
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di FIRENZE n. 522/2019, depositata il 7/03/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del l’ 8/03/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
PREMESSO CHE
Nel 2009 il RAGIONE_SOCIALE ha chiamato in giudizio NOME COGNOME, chiedendo al Tribunale di Firenze di pronunciare la risoluzione per inadempimento del contratto di opera professionale concluso tra le parti, avente ad oggetto la direzione dei lavori appaltati dal RAGIONE_SOCIALE alla ditta RAGIONE_SOCIALE e di condannare il convenuto al risarcimento dei danni in misura pari al costo delle opere necessarie per l’eliminazione dei difetti, ossia euro 94.601,20. L’attore deduceva che, a prescindere dalla responsabilità dell’appaltatore per i vizi e i difetti delle opere e per i lavori non eseguiti, vi era una concorrente responsabilità del direttore dei lavori per omessa vigilanza sull’esatto adempimento del contratto. Il convenuto, costituendosi, deduceva la propria estraneità rispetto ai vizi e ai difetti e la correttezza del proprio operato quale direttore dei lavori; il convenuto chiedeva quindi di rigettare la domanda e in ipotesi di accoglimento della stessa chiedeva di essere autorizzato a chiamare in causa RAGIONE_SOCIALE e la ditta appaltatrice RAGIONE_SOCIALE; proponeva quindi domanda riconvenzionale di condanna del RAGIONE_SOCIALE al pagamento dei suoi compensi, quantificati in euro 26.425,32. La
terza chiamata RAGIONE_SOCIALE si è costituita, chiedendo in via preliminare il rigetto della domanda di manleva del convenuto in quanto fondata su un diverso titolo, il contratto di appalto, rispetto a quello principale dedotto dal RAGIONE_SOCIALE; negava comunque ogni sua responsabilità per i vizi e, in via riconvenzionale, chiedeva il pagamento del saldo del corrispettivo delle opere eseguite, pari a euro 318.345,22; chiedeva inoltre di dichiarare la risoluzione consensuale del contratto di appalto, ovvero che la risoluzione fosse pronunciata per sopravvenuta onerosità o grave inadempimento del RAGIONE_SOCIALE. Nella prima memoria ex art. 183 c.p.c., l’attore ha eccepito l’inammissibilità della riconvenzionale di RAGIONE_SOCIALEFA e ha a sua volta formulato riconvenzionale nei confronti di RAGIONE_SOCIALEFA per la determinazione del corrispettivo dei lavori, previa compensazione dell’importo liquidato in sede di accertamento tecnico preventivo per l’eliminazione dei vizi e difetti.
Il Tribunale, con sentenza n. 2576/2014, ha dichiarato inammissibile la domanda riconvenzionale del RAGIONE_SOCIALE, ha compensato l’importo ancora dovuto all’appaltatore con il controcredito del RAGIONE_SOCIALE per i vizi e difetti delle opere eseguite, ha dichiarato la risoluzione del contratto di appalto, ha condannato il RAGIONE_SOCIALE a pagare a COGNOME i compensi, nella misura di euro 12.057,80, e ha respinto la domanda di manleva proposta da COGNOME.
2. La sentenza è stata impugnata da RAGIONE_SOCIALE in via principale e in via incidentale da COGNOME. Con la sentenza n. 522/2019, la Corte d’appello di Firenze ha parzialmente accolto l’appello principale, ritenendo che sulla declaratoria di inammissibilità della riconvenzionale del RAGIONE_SOCIALE si fosse formato il giudicato, non avendo il RAGIONE_SOCIALE impugnato il relativo capo della sentenza; una volta dichiarata inammissibile tale domanda riconvenzionale, il giudice d’appello ha ritenuto che non potesse operare la compensazione impropria, avendo il RAGIONE_SOCIALE definitivamente
perso la facoltà di chiedere l’accertamento anche solo in via di eccezione di eventuali vizi e difetti delle opere realizzate da RAGIONE_SOCIALE.RAGIONE_SOCIALE e ha così condannato il RAGIONE_SOCIALE a pagare a RAGIONE_SOCIALE.FA la residua somma di euro 181.126,48. Il giudice d’appello ha poi parzialmente accolto l’appello incidentale, ritenendo che nessuna responsabilità riguardo ai vizi fosse imputabile al direttore dei lavori e ha così condannato il RAGIONE_SOCIALE a pagare in favore di COGNOME la somma di euro 21.393,32.
Avverso la sentenza ricorre in via principale il RAGIONE_SOCIALE di INDIRIZZO, INDIRIZZO e INDIRIZZO in Rignano sull’Arno, denominato RAGIONE_SOCIALE.
Resiste con controricorso NOME COGNOME, titolare della ditta individuale RAGIONE_SOCIALE, che propone ricorso incidentale.
Resiste con controricorso NOME COGNOME.
Avverso il ricorso incidentale resiste con controricorso il RAGIONE_SOCIALE.
Memoria è stata depositata dal ricorrente principale e dal ricorrente incidentale.
CONSIDERATO CHE
Il ricorso principale del RAGIONE_SOCIALE è articolato in cinque motivi:
Il primo e il quarto motivo sono tra loro strettamente connessi.
Il primo motivo denuncia ‘violazione dell’art. 112 c.p.c. in relazione all’art. 360, n. 3 c.p.c., accertamento del corrispettivo dell’appalto oltre i limiti del petitum e delle eccezioni delle parti’: la ditta RAGIONE_SOCIALE, chiamata in causa dall’originario convenuto, ‘aveva colto l’occasione per proporre domanda di condanna del RAGIONE_SOCIALE al saldo del corrispettivo dell’appalto, così utilizzando un termine propriamente contabile, da considerare quindi al netto delle spese necessarie per le riparazioni dei gravi difetti dell’opera; la sentenza d’appello, non riconoscendo al
RAGIONE_SOCIALE questa detrazione, non ha quindi osservato l’art. 112 c.p.c., così decidendo extra e ultra petita ‘.
b. Il quarto motivo denuncia ‘violazione degli artt. 1241, 1657 e 1668 c.c. in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c., mancata applicazione dell’istituto della compensazione impropria’: la Corte d’appello ha erroneamente ritenuto che la declaratoria di inammissibilità della riconvenzionale proposta dal RAGIONE_SOCIALE impedirebbe la compensazione impropria, in tal modo ponendosi in contrasto con la ‘granitica’ giurisprudenza secondo cui l’istituto della compensazione impropria si risolve in un mero accertamento di dare avere, al quale il giudice può procedere senza che sia necessaria l’eccezione di parte o la proposizione di una domanda.
I motivi non possono essere accolti.
Non può essere accolto il primo motivo, in quanto l’interpretazione del ricorrente secondo cui la richiesta del saldo da parte dell’appaltatore sarebbe da intendersi al netto dei vizi e difetti dell’opera è interpretazione del tutto implausibile e, comunque, appunto trattandosi di interpretazione della domanda non è configurabile la violazione dell’art. 112 c.p.c.
Quanto al quarto motivo, non vi è dubbio che secondo l’orientamento di questa Corte l’accertamento di dare avere con elisione automatica dei rispettivi crediti fino alla reciproca concorrenza, in cui si sostanzia la compensazione c.d. impropria, viene compiuto dal giudice senza che sia necessaria l’eccezione di parte o la proposizione di una domanda. Il ricorrente però non considera che la declaratoria di inammissibilità della domanda di accertamento dei vizi e difetti dell’opera ha espunto dalla causa i fatti costitutivi della medesima domanda, ossia la sussistenza dei vizi e difetti, così che in mancanza di tale presupposto non era possibile per il giudice porre in essere quella elisione automatica dei rispettivi crediti, non risultando il credito del RAGIONE_SOCIALE, ma unicamente il credito dell’appaltatore.
Il secondo motivo lamenta ‘violazione degli artt. 167, comma 2, e 105 c.p.c. in relazione all’art. 360, n. 3 c.p.c., ritenuta ammissibilità della domanda riconvenzionale proposta dall’appaltatore pure in presenza di eccezione di inammissibilità’: la domanda trasversale dell’appaltatore non era relativa all’oggetto o dipendente dal titolo della domanda principale, trattandosi di rapporto processuale diverso e indipendente, né la pretesa dell’appaltatore del saldo del proprio corrispettivo poteva dirsi incompatibile con le vantate dall’una o dall’altra delle parti originarie, trattandosi di domanda completamente estranea all’oggetto del giudizio proposto dal RAGIONE_SOCIALE nei confronti del direttore dei lavori.
Il motivo non può essere accolto. È infatti evidente che la domanda riconvenzionale dell’appaltatore non era ‘completamente estranea all’oggetto del giudizio proposto dal RAGIONE_SOCIALE‘ come sostiene il ricorrente, in quanto la domanda principale del ricorrente, che deduceva la concorrente responsabilità del direttore dei lavori e dell’appaltatore, e quella riconvenzionale dell’appaltatore, di pagamento del saldo dei lavori, erano entrambe relative al medesimo contratto d’appalto. Il motivo non si confronta inoltre con la sentenza d’appello, laddove (pag. 11 del provvedimento) si sottolinea come il RAGIONE_SOCIALE avrebbe dovuto proporre appello incidentale avverso il capo della sentenza di primo grado che ha statuito sulla ammissibilità della domanda dell’appaltatore.
Il terzo motivo lamenta violazione degli artt. 100 e 339 c.p.c. in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c., per la ritenuta omissione dell’appello incidentale nei confronti della sentenza del Tribunale sul punto dell’inammissibilità della riconvenzionale del RAGIONE_SOCIALE pur in difetto di interesse da parte sua: la sentenza della Corte d’appello non ha considerato che l’appello incidentale non era proponibile per difetto di interesse del RAGIONE_SOCIALE, il credito del
quale era stato correttamente contabilizzato nella sentenza del Tribunale, che aveva considerato i costi per l’eliminazione dei difetti dei lavori e l’inadempimento dell’appaltatore.
Il motivo non può essere accolto. Il ricorrente è rimasto soccombente rispetto alla declaratoria di inammissibilità della domanda riconvenzionale da esso proposta, così che doveva proporre appello sul punto, indipendentemente dal fatto che il Tribunale abbia poi detratto dalla somma dovuta al RAGIONE_SOCIALE l’importo individuato dal consulente tecnico d’ufficio nominato nel procedimento di accertamento tecnico preventivo per l’eliminazione dei vizi e difetti. Secondo la giurisprudenza di questa Corte, ‘la parte totalmente vittoriosa nel merito, ma soccombente su questione pregiudiziale di rito e/o preliminare di merito per rigetto (espresso od implicito) o per omesso esame della stessa – che consiste nell’illegittima pretermissione o nella violazione dell’ordine di decisione delle domande e/o delle eccezioni impresso dalla parte medesima – deve spiegare appello incidentale per devolvere alla cognizione del giudice superiore la questione rispetto alla quale ha maturato una posizione di soccombenza teorica; infatti, non può limitarsi alla mera riproposizione di detta questione, che è sufficiente nei soli casi in cui non vi è la necessità di sollevare una critica nei confronti della sentenza impugnata, ovvero nelle ipotesi di legittimo assorbimento’ (così Cass. n. 20315/2021) .
4) Il quinto motivo lamenta ‘violazione degli artt. 1218, 2232 e 2055 c.c. in relazione all’art. 360, n. 3 c.p.c., mancato riconoscimento di responsabilità a carico del direttore dei lavori in solido con la ditta appaltatrice’: la Corte d’appello ha rigettato l’originaria domanda principale del RAGIONE_SOCIALE di accertamento dell’inadempimento del direttore dei lavori, avendo questi documentato di avere contestato all’impresa una serie di lavorazioni mal eseguite, così identificando l’opera professionale di direzione dei lavori nella mera attività di verifica e di contestazione
all’appaltatore degli inadempimenti, senza considerare le altre attività professionali del direttore dei lavori, essenziali per l’adempimento del contratto, senza adeguata motivazione.
Il motivo non può essere accolto. La motivazione della Corte circa l’assenza di responsabilità del direttore dei lavori riguardo ai vizi è più ampia rispetto a quanto sostenuto dal ricorrente. Il giudice d’appello ha infatti fatto riferimento alle risposte al quesito, appositamente assegnatogli, date dal consulente tecnico d’ufficio (che ha affermato che i vizi erano ‘riconducibili unicamente alla fase esecutiva e quindi alla impresa appaltatrice’) e ne ha individuato una conferma nell’ordine di servizio del 30 gennaio 2002, per poi concludere per la responsabilità del direttore dei lavori unicamente in relazione a una pratica edilizia. D’altro canto, si tratta di motivate valutazioni di merito che spettava alla Corte d’appello compiere e che non possono essere sindacate da parte di questa Corte di legittimità.
Il ricorso principale va pertanto rigettato.
Il ricorso incidentale dell’appaltatore ha ad oggetto ‘la parte della sentenza di secondo grado con cui è stato dichiarato privo di responsabilità il direttore dei lavori’ e si articola in due motivi:
il primo motivo lamenta, ai sensi del n. 5 dell’art. 360 c.p.c., omesso esame di un fatto decisivo in relazione alla acritica adesione da parte del giudice d’appello alla consulenza tecnica d’ufficio e all’omesso esame delle contestazioni alla medesima mosse dal controricorrente, anche con riferimento alla documentazione versata in atti, nonché alla ritenuta imputabilità dei vizi e difetti dell’opera alla ditta appaltatrice e all’assenza di corresponsabilità in capo al direttore dei lavori;
il secondo motivo, in subordine, contesta ai sensi del n. 4 dell’art. 360 c.p.c. nullità della sentenza di secondo grado in ordine alla omessa pronuncia in ordine al quarto e al quinto motivo
dell’appello di RAGIONE_SOCIALEFA, con conseguente violazione dell’art. 132 c.p.c.
Il ricorso è inammissibile. Ad avviso del ricorrente, vi sarebbe l’interesse alla proposizione del ricorso, in quanto, se anche il giudice d’appello ha ritenuto inammissibile la domanda/l’eccezione di compensazione del RAGIONE_SOCIALE, non soltanto il ricorso avversario avrebbe fatto nuovamente sorgere il proprio interesse a ottenere una pronuncia sul punto in caso di accoglimento dello stesso profilo superato a seguito del ricorso principale – ma la domanda di condanna del RAGIONE_SOCIALE al pagamento della somma necessaria per l’eliminazione dei vizi è stata dichiarata inammissibile e non rigettata nel merito, così che potrebbe essere riproposta in un separato processo; il ricorrente intende quindi porre la questione della responsabilità del direttore dei lavori al fine di ottenere una ‘pronuncia che dichiari la non imputabilità dei difetti in ipotesi riscontrati alla RAGIONE_SOCIALE.RAGIONE_SOCIALE e, in subordine, la corresponsabilità del direttore dei lavori con l’impresa appaltatrice’. In tal modo, il ricorrente non considera che, chiamato in causa, non ha proposto domande nei confronti del direttore dei lavori, avendo proposto unicamente domanda nei confronti del RAGIONE_SOCIALE di pagamento del saldo dei lavori, così che è privo di legittimazione rispetto alla proposizione delle due censure del ricorso incidentale.
Il ricorso incidentale va pertanto dichiarato inammissibile.
II. A fronte della reciproca soccombenza, vanno compensate le spese tra il ricorrente principale e quello incidentale, che vanno condannati in solido a pagare le spese del controricorrente, essendosi quest’ultimo difeso rispetto alle censure oggetto sia del ricorso principale che di quello incidentale (pur essendo il controricorso formalmente proposto solo in relazione al ricorso principale).
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater del d.P.R. n. 115/2002, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il
versamento, da parte del ricorrente principale e del ricorrente incidentale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 -bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P. Q. M.
La Corte rigetta il ricorso principale e dichiara inammissibile quello incidentale; compensa le spese del presente giudizio tra i ricorrenti e li condanna in solido a pagare le medesime in favore del controricorrente, che liquida in euro 2.600, di cui euro 200 per esborsi, oltre spese generali (15%) e accessori di legge.
Sussistono, ex art. 13, comma 1 -quater del d.P.R. n. 115/2002, i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente principale e del ricorrente incidentale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 -bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella adunanza camerale della sezione