Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 9283 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 9283 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 08/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso 15847-2023 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in qualità di incorporante della RAGIONE_SOCIALE in persona dei legali rappresentanti pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che la rappresentata e difende unitamente agli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME;
– ricorrente principale –
contro
COGNOME elettivamente domiciliato presso l’indirizzo PEC dell’avvocato COGNOME che lo rappresenta e difende;
– controricorrente –
ricorrente incidentale –
nonché contro
Oggetto
Licenziamenti successivi -Accertamento e conseguenzeCompensazione impropria
R.G.N. 15847/2023
COGNOME
Rep.
Ud. 04/02/2025
CC
RAGIONE_SOCIALE in qualità di incorporante della RAGIONE_SOCIALE
– ricorrente principale -controricorrente incidentale –
avverso la sentenza n. 4976/2022 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 17/01/2023 R.G.N. 1639/2021; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 04/02/2025 dal Consigliere Dott. COGNOME
RILEVATO CHE
l a Corte d’Appello di Napoli, in parziale riforma di sentenza del Tribunale della stessa sede, ha condannato la società Napoli RAGIONE_SOCIALE al pagamento in favore di NOME COGNOME della somma di € 15.444,31 (in luogo di quella di € 11.031,65 riconosciuta dal Tribunale), oltre accessori;
detta somma è stata determinata a titolo di indennità risarcitoria a seguito di declaratoria di nullità del licenziamento (collettivo) comunicato il 12.1.2017 a seguito di ordinanza del Tribunale di Napoli n. 8737/2018, non opposta e divenuta pertanto irretrattabile; tale ordinanza era stata posta a fondamento di azione monitoria esercitata dal lavoratore per 12 mensilità di retribuzione, azione accolta con decreto ingiuntivo dello stesso Tribunale di Napoli n. 1253/2018; il decreto ingiuntivo veniva opposto, e il Tribunale determinava l’indennità in questione nella misura di 5 mensilità, ciascuna dell’importo di € 2.206,33;
la Corte d’Appello, nella sentenza qui impugnata, ha osservato che la quantificazione dell’indennità risarcitoria andava fatta tenendo conto del dies a quo (licenziamento del 12.1.2017 dichiarato nullo) e del dies ad quem , rappresentato dalla definitiva cessazione del rapporto di lavoro per effetto di
successivo licenziamento per superamento del periodo di comporto intimato il 2.8.2017; e che la società andava condannata a pagare un’indennità risarcitoria complessiva pari alla retribuzione globale di fatto di € 2.206,33 per 7 mensilità, ossia dal licenziamento del 12.1.2017 a quello del 2.8.2017, non impugnato;
4. per la cassazione della predetta sentenza propone ricorso la società con due motivi; resiste NOME COGNOME con controricorso, contenente altresì ricorso incidentale con 4 motivi, al quale replica con controricorso parte ricorrente principale; entrambe le parti hanno comunicato memoria; al termine della camera di consiglio, il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza;
CONSIDERATO CHE
1. con il primo motivo del ricorso principale, la società deduce nullità della sentenza per errore nel procedimento per violazione dell’art. 112 c.p.c. (art. 360, n. 4, c.p.c.): sostiene che la sentenza di appello ha omesso di considerare che la società aveva espressamente eccepito di aver dato esecuzione alla sentenza di primo grado corrispondendo un importo pari a 5 mensilità, e che aveva conseguentemente chiesto che tale importo fosse detratto da quanto eventualmente riconosciuto all’esito del giudizio di appello a parte appellante;
2. con il secondo motivo, subordinato, deduce omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti (art. 360, n. 5, c.p.c.): sostiene che la sentenza impugnata ha omesso di considerare il fatto storico rappresen tato dall’avvenuto pagamento, da parte della società,
dell’importo corrispondente a cinque mensilità in esecuzione della sentenza di primo grado;
3. i motivi, da trattare congiuntamente per connessione, in quanto prospettano sotto diverse angolazioni la medesima questione della detrazione dal credito risarcitorio di quanto percepito dal ricorrente in forza della provvisoria esecutività della sentenza di primo grado, sono fondati per quanto di ragione;
4. come chiarito da Cass n. 6700/2024, in tema di estinzione delle obbligazioni, la compensazione impropria (o atecnica) riguarda crediti e debiti che hanno origine da uno stesso rapporto e, risolvendosi in una verifica delle reciproche poste attive e passive delle parti, consente al giudice di procedere d’ufficio al relativo accertamento, anche in grado di appello, senza che sia necessaria un’eccezione di parte o una domanda riconvenzionale, sempre che l’accertamento si fondi su circostanze fattuali tempestivamente acquisite al processo e senza che rilievi la riserva della parte di esercitare il controcredito in altro giudizio o la pendenza di esso;
5. poiché tale compensazione atecnica non è stata operata nella sentenza gravata, questa va cassata sul punto per quanto di ragione;
6. il ricorso incidentale è da ritenersi tempestivo, secondo i principi espressi da questa Corte (cfr. Cass. n. 9087/2023), per cui il deposito telematico degli atti processuali si perfeziona nel momento in cui viene generata la ricevuta di avvenuta consegna da parte del gestore di posta elettronica certificata del Ministero della giustizia, ai sensi dell’art. 16 bis, comma 7, del d.l. n. 179 del 2012 (conv. con modif. dalla l. n. 221 del 2012), inserito dall’art. 1, comma 19, n. 2, della l. n. 228 del 2012 e modificato dall’art. 51, comma 2, lett. a) e b), del d.l.
n. 90 del 2014 (conv. con modif. dalla l. n. 114 del 2014), purché la suddetta ricevuta venga generata entro le ore 24.00 dell’ultimo giorno utile;
7. con il primo motivo del ricorso incidentale, viene dedotta (art. 360, n. 4, c.p.c.), ai sensi dell’art. 112 c.p.c., violazione della corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato in relazione all’eccezione di giudicato;
8. con il secondo motivo (art. 360, n. 3, c.p.c.), violazione degli artt. 2909 c.c. e 18, comma 4, legge n. 300/1970; si sostiene erroneità della sentenza d’appello nella parte in cui ha ritenuto che il supposto secondo licenziamento del 2.8.2017, mai dedotto ed eccepito dalla società nel cd. giudizio Fornero, potesse limitare l’indennità risarcitoria spettante a 7 mensilità, decorrenti dalla data del recesso del 12.1.2017 e sino alla data del supposto secondo licenziamento, non avvedendosi che quest’ultimo e ra ormai coperto dal giudicato;
9. con il terzo motivo (art. 360, n. 5, c.p.c.), omesso esame del fatto che il supposto secondo licenziamento non è mai stato dedotto ed eccepito nella comparsa di costituzione del datore di lavoro nel cd. giudizio Fornero;
10. con il quarto motivo (art. 360, n. 3, c.p.c.), violazione degli artt. 2110, 2118 c.c. e 161 CCNL per i dipendenti del settore turismo e pubblici esercizi: si sostiene erroneità della sentenza d’appello per avere ritenuto che il supposto secondo licenziamento del 2.8.2017, integrasse un nuovo e distinto atto di recesso rispetto al licenziamento del 12.1.2017;
11. i motivi di ricorso incidentale, da trattare congiuntamente per connessione, in quanto prospettano sotto diverse angolazioni la medesima questione della prospettata formazione di giudicato sull’inidoneità del secondo licenziamento a limitare il risarcimento, non sono meritevoli di
accoglimento, perché esterni all’oggetto e al perimetro della sentenza impugnata;
12. infatti, l’oggetto del presente giudizio è l’opposizione al decreto ingiuntivo ottenuto per il pagamento di 12 mensilità di retribuzione globale di fatto a titolo di indennità risarcitoria per la dichiarata nullità del primo licenziamento in forza dell’ordinanza del Tribunale di Napoli n. 8737/2018, non opposta;
13. dato atto che il secondo licenziamento è intervenuto per causa autonoma e distinta, che esso è divenuto produttivo di effetti a seguito della dichiarata nullità del primo licenziamento, che il secondo licenziamento non risulta impugnato dal lavoratore nelle sedi proprie e quindi non è più censurabile, tale quadro dei rapporti tra le parti ha portato la Corte di merito all’individuazione del dies dies a quo e del dies a quem rilevanti ai fini della quantificazione del credito contestato, nei limiti di quanto devoluto nel presente giudizio;
14. in conclusione, la sentenza impugnata deve essere cassata in accoglimento per quanto di ragione del ricorso principale, rigettato il ricorso incidentale; poiché non sono necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito, con conferma della condanna della società (in questa sede ricorrente principale) al pagamento della somma indicata nella sentenza impugnata, ma detratto quanto versato in esecuzione della sentenza di primo grado;
15. tenuto conto dell’esito complessivo della lite e del fatto che parte controricorrente non si è sostanzialmente opposta alla detrazione dal complessivo dovuto della parte di somma versata in esecuzione della sentenza di primo grado, ricorrono giusti motivi per la compensazione tra le parti delle spese di lite del presente giudizio di cassazione, ferma la regolazione delle
spese dei gradi di merito precedenti come operata dalla sentenza di appello;
16. ricorrono i presupposti processuali per il raddoppio del contributo a carico di parte ricorrente incidentale, ove dovuto;
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso principale per quanto di ragione; rigetta il ricorso incidentale; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e, decidendo nel merito, condanna la società al pagamento della somma indicata nella sentenza impugnata, detratto quanto versato in esecuzione della sentenza di primo grado; compensa le spese del giudizio di cassazione, ferma la regolazione delle spese del primo e del secondo grado di giudizio.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.p.r. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso incidentale, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, ove dovuto.
Così deciso in Roma, nell’Adunanza camerale del 4 febbraio 2025.