Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 1564 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 1564 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: RAGIONE_SOCIALE
Data pubblicazione: 16/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 22032/2019 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-controricorrente-
nonché contro
REGIONE RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) che la rappresenta e difende
-controricorrente-
nonché contro
RAGIONE_SOCIALE
-intimata- avverso la SENTENZA RAGIONE_SOCIALE CORTE D’APPELLO di ROMA n. 71/2019 depositata il 08/01/2019; udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 26/10/2023 dal
Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
Con sentenza parziale n.13767/2015 il Tribunale di Roma dichiarava il difetto di legittimazione passiva RAGIONE_SOCIALE Regione Lazio e rigettava le domande proposte da RAGIONE_SOCIALE, cessionaria RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE in relazione ai crediti per prestazioni erogate da quest’ultima nel periodo compreso tra luglio 1994 e dicembre 2000 nei confronti dell’RAGIONE_SOCIALE, proposte sia nei confronti di quest’ultima parte, sia nei confronti RAGIONE_SOCIALE Regione Lazio, aventi ad oggetto il pagamento delle somme di danaro di cui alle fatture n.2208, 2209 e 2210 del 2000, disponendo con separata ordinanza la rimessione sul ruolo RAGIONE_SOCIALE causa per la parte delle domande non definite e riservando la statuizione sulle spese alla decisione definitiva.
Con sentenza n.71/2019 pubblicata l’8 gennaio 2019, la Corte di Appello di Roma ha rigettato sia l’appello principale proposto da RAGIONE_SOCIALE (di seguito per brevità RAGIONE_SOCIALE), sia l’appello incidentale
proposto dalla RAGIONE_SOCIALE avverso la citata sentenza parziale. La Corte di merito, per quanto ora di interesse, in ordine all’appello principale, ha affermato che: a) la Regione Lazio difettava di titolarità passiva, poiché RAGIONE_SOCIALE aveva allegato che nella specie l’ente incaricato del pagamento era la Regione Lazio, avendo così disposto la delibera RAGIONE_SOCIALE Giunta Regionale n.66 del 12-12-2007, ma non aveva prodotto la citata delibera, mentre il documento prodotto (n.8) era il piano di rientro approvato con DGR n.149 del 6 marzo 2007; b) era stato dimostrato dall’RAGIONE_SOCIALE il pagamento RAGIONE_SOCIALE somma, pretesa a titolo di sorte capitale, di cui alle fatture n.2208, 2209 e 2210 del 2000, sulla base dell’ordinativo di pagamento n.7385 del 30 luglio 2001, come correttamente ritenuto dal Tribunale, poiché il suddetto ordinativo e l’allegata quietanza costituivano prova dell’estinzione del debito dell’RAGIONE_SOCIALE, che era stato oggetto di compensazione con il debito RAGIONE_SOCIALE struttura RAGIONE_SOCIALE nei confronti RAGIONE_SOCIALE stessa RAGIONE_SOCIALE, come risultava dalle note di credito emesse e comprese nello stesso ordinativo di pagamento; c) non erano dovuti gli interessi nella misura di cui al d.p.r. 16 luglio 1962 n.1063 perché il contenuto RAGIONE_SOCIALE delibera RAGIONE_SOCIALE Giunta Regionale Lazio n.7279/1990 prevedeva la maggiorazione per interessi limitatamente a quelle case di cura ‘che rinunciano ad azioni legali in corso e future per ritardi nei pagamento’ e alla pretesa azionata, evidentemente futura rispetto a quanto previsto dalla delibera, non era pertanto applicabile quella maggiorazione; d) neppure erano dovuti gli interessi ex art.5 d.lgs.n.231/2002 in quanto la norma non era applicabile ai contratti conclusi prima dell’8-8-2002, né la direttiva comunitaria poteva ritenersi immediatamente applicabile poiché il termine per la sua attuazione era stato rispettato dal legislatore nazionale. La Corte territoriale ha rigettato anche i motivi di appello incidentale proposto dalla RAGIONE_SOCIALE
Avverso questa sentenza la RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso, affidato a cinque motivi, resistito con separati controricorsi dalla Regione Lazio e dall’RAGIONE_SOCIALE. La RAGIONE_SOCIALE è rimasta intimata. 4. Il ricorso è stato fissato per l’adunanza in camera di consiglio ai sensi degli artt. 375, ultimo comma, e 380 bis 1, cod. proc. civ.. Parte ricorrente e l’RAGIONE_SOCIALE hanno depositato memorie illustrative.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.Parte ricorrente denuncia: i) con il primo motivo la violazione degli artt.116 e 113 cod. proc. civ., ex art. 360 cod. proc. civ. n.4 , per avere la Corte d’appello erroneamente escluso la legittimazione passiva RAGIONE_SOCIALE Regione Lazio, senza considerare gli obblighi posti dalla l.n.311/2004 (art.1 comma 180) a carico delle Regioni sottoposte a piano di rientro, evidenziando che il piano di rientro del 28-2-2007, intervenuto tra la Regione Lazio e il RAGIONE_SOCIALE, ritualmente depositato, attestava la funzione assunta dalla suddetta Regione di ripianare il debito sanitario delle ASL maturato fino al 31-12-2005 e in tale veste l’ente regionale non poteva che essere dichiarato incaricato al pagamento delle prestazioni rese dalla struttura privata accreditata per conto del S.S.N., stante anche la notorietà del commissariamento RAGIONE_SOCIALE citata Regione; ii) con il secondo motivo la violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., ex art. 360 cod. proc. civ. n.4 , per avere la Corte d’appello erroneamente ritenuto estinto il debito, valorizzando, a fronte RAGIONE_SOCIALE richiesta di pagamento di €656.812,70 e dell’avvenuto pagamento del minor importo di €471.450,00, tre note di credito emesse per altre fatture, così esorbitando dai limiti delle domande ed eccezioni, poiché l’ASL non aveva sollevato l’eccezione di compensazione e non aveva provato di avere provveduto al pagamento delle fatture stornate con le note di credito ; iii) con il terzo motivo la violazione dell’art.1241 cod. civ. ex art. 360 cod. proc. civ. n.3, per avere la Corte d’appello erroneamente ritenuto provato un controcredito dell’RAGIONE_SOCIALE nei confronti
RAGIONE_SOCIALE casa di cura cedente, mentre non assumeva alcun rilievo in tal senso l’emissione delle tre note di credito, che avevano solo la funzione di uno storno contabile, e dalla lettura dell’ordinativo di pagamento non era dato desumere l’interpretazione che ne aveva dato la Corte di merito, travisando tutto il contenuto delle note di credito suddette ; iv) con il quarto motivo la violazione dell’art.1241 cod. civ. ex art. 360 cod. proc. civ. n.3 , per avere la Corte d’appello negato la debenza degli interessi legali nella misura di cui agli artt.35 e 36 d.p.r. 16 luglio 1962 n.1063, erroneamente interpretando il contenuto dell’accordo 29 marzo 1990 intervenuto tra la Regione Lazio e l’RAGIONE_SOCIALE e recepito nella delibera RAGIONE_SOCIALE Giunta Regionale del 279-1990 n.7279, che prevedeva la maggiorazione degli interessi per i crediti che sarebbero maturati dall’1-1-1990, in caso di ritardo nel pagamento (oltre 90 giorni dalla data RAGIONE_SOCIALE loro presentazione), limitatamente a quelle case di cura che avessero rinunciato ad azioni legali in corso per il ritardo nei pagamenti; ad avviso RAGIONE_SOCIALE ricorrente, il tenore letterale dell’accordo e l’intenzione delle parti era da interpretarsi nel senso che le case di cura si erano impegnate ad attendere il pagamento spontaneo dei crediti maturati fino a tutto l’anno 1989, mentre le case di cura non avrebbero potuto rinunciare a crediti non ancora maturati (pag.30 ricorso); v) con il quinto motivo la violazione dell’art.112 cod. proc. civ. ex art. 360 cod. proc. civ. n.4 , per avere la Corte d’appello erroneamente interpretato la domanda, in quanto oggetto RAGIONE_SOCIALE pretesa era il solo pagamento dell’importo per interessi moratori non pagati, il cui diritto era maturato in ragione dell’avvenuto pagamento spontaneo RAGIONE_SOCIALE debitrice, senza ricorso ad azione giudiziaria.
Il primo motivo è in parte infondato e in parte inammissibile . Questa Corte ha, infatti, reiteratamente affermato che, in tema di organizzazione RAGIONE_SOCIALE, l’art. 1, comma 10, del d.l. n. 324 del 1993, conv., con modif., dalla l. n. 423 del 1993 (a tenore del quale nei rapporti con le strutture private convenzionate «in caso di mancato
pagamento delle relative spettanze, si deve considerare debitore inadempiente e soggetto passivo di azione di pignoramento per le obbligazioni sorte successivamente alla data di entrata in vigore RAGIONE_SOCIALE legge di conversione del presente decreto l’ente incaricato del pagamento del corrispettivo, anziché l’RAGIONE_SOCIALE competente»), si applica anche dopo la riforma del sistema sanitario di cui al d.lgs. n. 502 del 1992, e successive modificazioni ed integrazioni, con riferimento alle prestazioni sanitarie autorizzate dalle RAGIONE_SOCIALE sanitarie locali che si sono costituite in aziende sanitarie locali (Cass. 17587/2018; conf. Cass. 26959/2016; Cass. 3676/2020). Orbene, tale giurisprudenza fonda la legittimazione passiva di tali enti su leggi e relative delibere regionali, che espressamente prevedono – per ciascuna singola regione – la legittimazione dell’ente incaricato del pagamento del corrispettivo, per le prestazioni rese – nell’ambito del SSN – dalle case di cura accreditate. Nello specifico, l a Regione Lazio, con la l. r. n.18/1994, ha demandato alla Giunta Regionale l’individuazione de l soggetto incaricato del pagamento delle prestazioni per cui è causa e deve pertanto darsi continuità ai precedenti arresti (Cass. 13333/2015; Cass.24639/2016; Cass.26959/2016) specificamente riferiti alla legittimazione passiva RAGIONE_SOCIALE Regione Lazio, per fattispecie sovrapponibili a quella in esame (più di recente Cass. 28005/2021 in motivazione; Cass. 24758/2021; Cass. 3676/2020).
In altre parole, la questione RAGIONE_SOCIALE individuazione del soggetto legittimato passivo per le obbligazioni di pagamento di prestazioni rese da soggetti convenzionati con il SRAGIONE_SOCIALE e autorizzate dall’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE va risolta, per la Regione Lazio, alla luce del combinato disposto del D.L. 27 agosto 1993, n. 324, art. 1, comma 10, conv., con mod., in L. 27 ottobre 1993, n. 423, D. lgs. n. 502 del 1992, art. 2 e L.R. n. 18 del 1994, art. 2, comma 2, lett. c), là dove la designazione operata dalla Giunta regionale con relativa delibera si sostanzia nella determinazione, da parte dell’Organo competente,
di una modalità di finanziamento dell’RAGIONE_SOCIALE mediante l’incarico al pagamento (così Cass. 24758/2018).
Nel caso di specie, l’UBI ricorrente ha invocato, nei giudizi di merito, la delibera RAGIONE_SOCIALE Giunta Regionale n. 66/2007, che avrebbe incentrato in capo alla Regione Lazio «il pagamento delle prestazioni rese dalle strutture sanitarie sino a tutto il 31 dicembre 2007» (p. 8 RAGIONE_SOCIALE sentenza). A fronte del rilievo – operato dalla Corte d’appello secondo cui nelle produzioni documentali effettuate non era dato rinvenire la citata delibera RAGIONE_SOCIALE Giunta Regionale n.66 del 12-122007, la ricorrente deduce in questa sede – inammissibilmente – che la delibera in questione sarebbe, invece, da individuarsi in quella RAGIONE_SOCIALE Giunta Regionale Lazio n. 149 del 6 marzo 2007, contenente un – non meglio identificato – piano di rientro, posto in essere dalla Regione per ripianare i debiti sanitari dell’RAGIONE_SOCIALE.
Ciò posto, il motivo è privo di specificità ed autosufficienza, perché le due delibere non sono state neppure compiutamente riassunte nel ricorso. Né il giudice di merito, contrariamente a quanto deduce la ricorrente, avrebbe potuto acquisire di ufficio la delibera n. 66/2007 non prodotta, trattandosi – non di una fonte del diritto – bensì di un atto amministrativo (cfr. Cass. S.U. 10416/2014), che è onere RAGIONE_SOCIALE parte interessata produrre.
3. I motivi secondo e terzo, da esaminare congiuntamente per la loro connessione, sono inammissibili perché aspecifici e generici, non essendo state riprodotte, né riassunte le note di credito in contestazione. La Corte d’appello ha accertato che era stato dimostrato dall’RAGIONE_SOCIALE il pagamento RAGIONE_SOCIALE somma, pretesa a titolo di sorte capitale, di cui alle fatture n.2208, 2209 e 2210 del 2000, sulla base dell’ordinativo di pagamento n.7386 del 30 luglio 2001, come correttamente ritenuto dal Tribunale, poiché il suddetto ordinativo e l’allegata quietanza costituivano prova dell’estinzione del debito dell’RAGIONE_SOCIALE, che era stato oggetto di compensazione con il debito RAGIONE_SOCIALE struttura RAGIONE_SOCIALE nei confronti RAGIONE_SOCIALE stessa RAGIONE_SOCIALE, come
risultava dalle note di credito emesse e comprese nello stesso ordinativo di pagamento. Pertanto la Corte di merito ha compiuto una valutazione su un elemento istruttorio (tra l’altro in ipotesi di doppia conforme), ossia il documento citato (ordinativo di pagamento), nel quale erano evidentemente indicate le poste attive e quelle passive (saldo di dare e avere contestuale nel documento) e in tal senso le risultanze delle note di credito sono state valutate, vale a dire come rapporti di dare-avere tra le parti (Cass.4825/2019 e 10798/2018). Generica è anche la deduzione RAGIONE_SOCIALE ricorrente secondo cui le note di credito avrebbero solo un valore contabile, dato che è un’affermazione di principio, non compiutamente precisata in relazione alla specificità del caso di specie.
Le censure sono anche meritali, perché – a fronte del pagamento , accertato dai giudici di merito, delle fatture di cui trattasi, mediante compensazione con un controcredito dell’RAGIONE_SOCIALE, comprovato dall’ordinativo di pagamento n. NUMERO_DOCUMENTO e da relativa quietanza -tendono ad una inammissibile rivisitazione delle risultanze istruttorie.
Le doglianze sono altresì infondate, nella parte in cui denunciano il vizio di extra-petizione, che è insussistente nella specie, in quanto la Corte di merito ha fatto ricorso d’ufficio – de l tutto correttamente alla cd. compensazione impropria, avente ad oggetto i rapporti di dareavere delle parti all’interno di un unico rapporto giuridico. Occorre ribadire che, in tema di estinzione delle obbligazioni, la compensazione impropria (o atecnica) si distingue da quella propria, disciplinata dagli articoli 1241 e ss. c.c., poiché riguarda crediti e debiti che hanno origine da uno stesso rapporto, e si risolve in una verifica contabile delle reciproche poste attive e passive delle parti. E’ per questo che il giudice può procedere d’ufficio al relativo accertamento anche in grado di appello, senza che sia necessaria un’eccezione di parte o una domanda riconvenzionale, sempre che
l’accertamento si fondi su circostanze fattuali tempestivamente acquisite al processo (Cass. 33872/2022).
Anche il quarto motivo è inammissibile.
L’interpretazione di un atto amministrativo a contenuto non normativo, risolvendosi nell’accertamento RAGIONE_SOCIALE volontà RAGIONE_SOCIALE P.A., è riservata al giudice di merito ed è incensurabile in sede di legittimità se sorretta da motivazione adeguata e immune dalla violazione delle norme sull’interpretazione dei contratti, applicabili anche agli atti amministrativi, tenendo conto dell’esigenza di certezza dei rapporti e del buon andamento RAGIONE_SOCIALE P.A., sicché, la parte che denunzi in cassazione l’erronea interpretazione, in sede di merito, di un atto amministrativo, è tenuta, a pena di inammissibilità del ricorso, a indicare quali canoni o criteri ermeneutici siano stati violati; in mancanza, l’individuazione RAGIONE_SOCIALE volontà dell’ente pubblico è censurabile non quando le ragioni addotte a sostegno RAGIONE_SOCIALE decisione siano diverse da quelle RAGIONE_SOCIALE parte, bensì allorché esse si rivelino insufficienti o inficiate da contraddittorietà logica o giuridica (Cass. 5966/2022; Cass. 17367/2010).
Nella specie, si tratta dell’interpretazione de l contenuto dell’accordo 29 marzo 1990 intervenuto tra la Regione Lazio e l’RAGIONE_SOCIALE e recepito nella delibera RAGIONE_SOCIALE Giunta Regionale del 27-9-1990 n.7279 e detta delibera – come dianzi detto – costituisce un atto amministrativo non normativo. L a censura, previo formale richiamo dell’art. 1362 c od. civ. nella rubrica, si risolve, peraltro, in maniera non chiara e senza uno specifico raffronto con il contenuto RAGIONE_SOCIALE statuizione impugnata, in una richiesta di interpretazione conforme alle aspettative d ell’odierna ricorrente , del tutto inammissibile.
Parimenti inammissibile è il quinto motivo.
La censura, espressa invero in modo non lineare, è generica e mancante di autosufficienza, in quanto concerne l’interpretazione RAGIONE_SOCIALE domanda, il cui tenore, nella parte di eventuale rilevanza, neppure è compiutamente riassunto o trascritto.
6. In conclusione, il ricorso va complessivamente rigettato e le spese di lite, liquidate come in dispositivo in favore di ciascuna controricorrente, seguono la soccombenza.
Ai sensi dell’art.13, comma 1-quater del d.p.r. 115 del 2002, deve darsi atto RAGIONE_SOCIALE sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte RAGIONE_SOCIALE ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso per cassazione, a norma del comma 1-bis dello stesso art.13, ove dovuto (Cass. S.U. n.5314/2020).
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna la ricorrente alla rifusione in favore dell’RAGIONE_SOCIALE delle spese di lite del presente giudizio, liquidate in € 13.200,00, di cui € 200,00 per esborsi, oltre rimborso spese generali (15%) ed accessori, come per legge; condanna la ricorrente alla rifusione in favore RAGIONE_SOCIALE Regione Lazio delle spese di lite del presente giudizio, liquidate in € 8.200,00, di cui € 200,00 per esborsi, oltre rimborso spese generali (15%) ed accessori, come per legge.
Ai sensi dell’art.13, comma 1-quater del d.p.r. 115 del 2002, dà atto RAGIONE_SOCIALE sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso per cassazione, a norma del comma 1-bis dello stesso art.13, ove dovuto.
Così deciso in Roma, il 26/10/2023.