Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 21134 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 21134 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 24/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 24516/2023 R.G. proposto da :
COMUNE DI COGNOME, in persona del legale rappresentante p.t., elettivamente domiciliato in SASSARI INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME che lo rappresenta e difende;
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante p.t., elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME che l a rappresenta e difende;
Avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO SEZ.DIST. DI SASSARI n. 232/2023 depositata il 13/07/2023. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 23/05/2025
dalla Consigliera NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con decreto ingiuntivo n. 6/1985 il Tribunale di Tempio Pausania ingiungeva al Comune di Perfugas il pagamento, in favore di RAGIONE_SOCIALE, della somma di lire 323.386.299 (pari a euro 167.015,08) a titolo di corrispettivo per forniture di energia elettrica. Il Comune proponeva opposizione, deducendo, in via principale, eccezione di compensazione per controcrediti vantati in forza di un contratto di transazione stipulato nel 1959 con RAGIONE_SOCIALE dante causa di RAGIONE_SOCIALE, nonché per l’inadempimento, da parte di quest’ultima, dell’obbligo di ricostruzione di un tratto viario sommerso da un bacino artificiale.
Con sentenza n. 285/2001, il Tribunale accoglieva l’opposizione e, all’esito di consulenze tecniche, condannava ENEL alla ripetizione delle somme versate in forza del decreto opposto, al pagamento di indennità annuali per il periodo 1962 -1997, al risarcimento dei danni derivanti dall’allagamento di terreni e alla ricostruzione del tratto stradale.
La sentenza veniva appellata da RAGIONE_SOCIALE, succeduta a RAGIONE_SOCIALE, che riproponeva eccezioni preliminari e di merito, tra cui l’incompetenza per materia, la nullità del contratto del 1959, l’inopponibilità dello stesso e la prescrizione dei crediti del Comune. La Corte d’appello di Cagliari, sezione distaccata di Sassari, con sentenza n. 34/2008, rigettava tutte le eccezioni, fatta eccezione per quella relativa alla nullità del contratto RAGIONE_SOCIALE
Il Comune proponeva ricorso per cassazione, deducendo tra l’altro la violazione degli artt. 1418, 1441 e 1444 c.c.; la Corte di cassazione, con sentenza n. 14583 del 2015, accoglieva il secondo motivo del ricorso principale, rigettando nel merito il ricorso incidentale proposto da RAGIONE_SOCIALE, ad eccezione del sesto motivo, ritenuto inammissibile per assorbimento.
Riassunto il giudizio, RAGIONE_SOCIALE eccepiva la prescrizione dei crediti opposti in compensazione. Il Comune ne chiedeva il rigetto, invocando il principio di diritto enunciato dalla Cassazione. La Corte d’appello, con sentenza n. 11/2017, accoglieva nuovamente l’appello di RAGIONE_SOCIALE ritenendo prescritte le pretese creditorie del Comune anteriori al 13 febbraio 1985 e senza pronunciarsi in modo adeguato sull’eccezione di compensazione.
Il Comune proponeva ricorso per cassazione, denunciando la violazione dell’art. 1242, comma 2, c.c., per l’omessa considerazione della coesistenza delle reciproche ragioni di credito fin dal 1959.
Con sentenza n. 7018 del 2020, la Corte accoglieva il ricorso, richiamando il principio per cui, in sede di compensazione giudiziale, il giudice può procedere alla liquidazione del credito opposto, ove certo e prontamente liquidabile, e dichiarare estinto per compensazione il credito azionato in via principale (Cass. S.U. n. 23225/2016).
Riassunto il giudizio innanzi alla Corte d’appello di Cagliari, Sezione distaccata di Sassari, questa, con sentenza n. 232/2023, rilevava la definitività del credito azionato da ENEL, nonché la validità dell’accordo del 1959.
Applicando i principi enunciati dalla Cassazione, la Corte riteneva compensabile il solo credito relativo all’indennità annua di lire 500.000, per il periodo 1962 -1997, pari a € 9.554,51, oltre interessi, ed escludeva la compensabilità degli ulteriori crediti
risarcitori, ritenuti privi dei requisiti di pronta liquidabilità e specifica allegazione.
In accoglimento dell’appello di ENEL, la Corte confermava il decreto ingiuntivo opposto, detratta la somma riconosciuta in compensazione.
Avverso la suindicata pronunzia della corte di merito Comune di Perfugas propone ora ricorso per cassazione, affidato a 2 motivi.
3.1. RAGIONE_SOCIALE (già RAGIONE_SOCIALE resiste con controricorso.
È stata formulata proposta di definizione anticipata ai sensi dell’art. 380-bis, comma 1, c.p.c.
Il ricorrente Comune di Perfugas ha richiesto la decisione del ricorso ai sensi del comma 2 del medesimo articolo.
Pertanto, il ricorso è stato fissato per la trattazione in camera di consiglio ai sensi dell’art. 380 -bis.1 c.p.c.
RAGIONI DELLA DECISIONE
4.1. Con il primo motivo il ricorrente censura la decisione impugnata per violazione e falsa applicazione dell’art. 1242, comma 2, c.c. (art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.).
Il giudice del rinvio non avrebbe fatto corretta applicazione del principio, più volte enunciato dalla Suprema Corte, da ultimo con ordinanza n. 7018/2020, secondo cui il giudice ‘deve, «se il credito opposto è certo ma non liquido perché indeterminato nel suo ammontare, in tutto o in parte, provvedere alla relativa liquidazione, se facile e pronta, e quindi può dichiarare estinto il credito principale per compensazione giudiziale sino alla concorrenza con la parte di controcredito liquido (SS. UU. 23225/2016)»’ (cfr. p. 6, ricorso). Nel caso, la Corte d’appello, sulla base dei dati ricavabili dalla consulenza tecnica d’ufficio, avrebbe dovuto, ai sensi del citato art. 1242, comma 2, c.c., procedere alla compensazione giudiziale, dichiarando estinto il credito di Enel con il controcredito del Comune. E ciò, perché ‘il
valore minimo indicato dal CTU (£ 183.500.000) sommato a quello delle indennità annuali non corrisposte da Enel (£ 18.500.111), oltre interessi legali, risulta superiore al credito opposto’ (cfr. p. 7, ricorso).
4.2 . Il motivo è infondato, alla luce dei principi affermati dalle Sezioni Unite a partire dalla sentenza n. 23225 del 2016 -cui si sono uniformate numerose successive pronunce, tra cui Cass., Sez. III, ord. 3 maggio 2025, n. 11613; Cass., Sez. II, ord. 18 ottobre 2024, n. 27113; Cass., Sez. II, 30 luglio 2024, n. 21383 -principi che il ricorrente ha invece richiamato in maniera impropria a sostegno dell’impugnazione.
Secondo l’indirizzo consolidato, in tema di compensazione giudiziale, disciplinata dall’art. 1242, comma 3, c.c., essa può operare anche in presenza di contestazione del controcredito, purché l’accertamento dello stesso sia compiuto nel medesimo giudizio in cui la compensazione è eccepita. Non è invece ammissibile fondare la compensazione su un controcredito subordinato all’esito di un separato giudizio ancora pendente o non definito con efficacia di giudicato.
Le Sezioni Unite hanno inoltre chiarito che il credito opposto in compensazione deve presentare i requisiti oggettivi di liquidità -che implica la certezza -ed esigibilità. Verificata la presenza di tali presupposti, il giudice è tenuto a dichiarare l’estinzione del credito principale a decorrere dalla coesistenza del controcredito, rigettando conseguentemente la relativa domanda.
Infine, le Sezioni Unite hanno precisato che, qualora il controcredito sia certo ma non liquido perché non ancora determinato nel suo ammontare, il giudice può procedere alla sua liquidazione, qualora ciò risulti agevole e immediato, potendo quindi dichiarare l’estinzione per compensazione nei limiti della parte liquida oppure sospendere la condanna sino alla definizione dell’importo dovuto.
Orbene, alla luce della corretta disamina dei suddetti principi, ritiene questo collegio che la decisione impugnata sia giuridicamente corretta e conforme ad essi. E infatti, detto giudice, chiamato a pronunciarsi in fase rescindente sulla compensabilità del controcredito avanzato dal Comune di Perfugas nei confronti di Enel, a seguito dell’ordinanza di questa Corte n. 7018/2020, avuto riguardo al complessivo materiale istruttorio in atti, ha correttamente stabilito che delle tre ‘voci’ di credito opposto dall’Ente e precisamente: l’indennità di 500.000 lira annue stabilite sulla base dell’accordo transattivo dell’11 dicembre 1959; risarcimento dei danni per inutilizzabilità della strada SediniTempio; ancora, risarcimento dei danni per il rifacimento di detta strada -solo quella derivante dalla citata indennità aveva i requisiti della liquidità (che comprendeva anche la sua certezza) e dell’esigibilità del controcredito.
Al contempo, la Corte territoriale ha ritenuto che i requisiti oggettivi e soggettivi richiesti per l’operatività della compensazione giudiziale non ricorressero con riferimento alle ulteriori voci di credito opposte dal Comune, per ragioni puntualmente indicate, che ne rendevano la liquidazione né facile né immediata. In particolare, si è osservato che, già nella sentenza di primo grado resa dal Tribunale di Tempio Pausania, tali danni erano stati sì riconosciuti, ma non determinati nel loro preciso ammontare. Il giudice di prime cure, infatti, si era limitato a condannare Enel al pagamento in favore del Comune della ‘differenza fra quanto pagato in corso di causa…e quanto dovuto, a titolo di responsabilità contrattuale per i danni sofferti per l’effetto e in conseguenza dell’interruzione della strada comunale Sedini -Tempio, quali risultanti dalle c.t.u. espletate; … nonché per quanto dovuto, in alternativa, alle spese necessarie per l’esecuzione della strada comunale SediniTempio, come da determinazione del c.t.u.’ (cfr.
pp. 7-8 della sentenza impugnata n. 267/2020), senza tuttavia procedere ad alcuna specifica liquidazione degli importi.
In tale complesso quadro, la Corte territoriale ha ampiamente evidenziato le ragioni di indeterminabilità dei suddetti danni, sempre nell’ottica della compensazione col controcredito del Comune, in quanto: i) rispetto a quelli relativi alla realizzazione della strada Sedini -Tempio, non vi era prova della sua esistenza e del relativo ammontare, atteso che sia il CTU che i CTP avevano accertato in corso di causa che, malgrado la strada fosse stata interrotta, vi era, comunque, la possibilità di raggiungere tutti i terreni limitrofi seppur mediante percorsi alternativi a detta via (cfr. p. 8 sentenza impugnata n. 267/2020); ii) rispetto, invece, a quello da interruzione della strada -la cui realizzazione, peraltro, non era integrale ma solo per un tratto -non era chiaro quale fosse il reale oggetto e l’effettiva consistenza degli stessi, atteso il difetto di specifica allegazione e prova della titolarità dei terreni interessati da tale interruzione ed in che termini, a causa di tale interruzione, la viabilità della zona ovvero le colture dei terreni limitrofi abbiano subito un peggioramento e/o una modifica (cfr. pp. 8-9 sentenza impugnata n. 267/2020); iii) in ogni caso, il credito opposto dall’opponente era stato dedotto genericamente senza esattamente quantificare la somma da eccepire in compensazione (cfr. p. 9 sentenza impugnata n. 267/2020).
Orbene, all’esito dell’accertamento di merito svolto dalla Corte d’appello, il controcredito opposto in compensazione, quindi, non aveva né le caratteristiche di certezza né tanto meno quelle di determinabilità prospettate dalla illustrata giurisprudenza, rendendo così impossibile operare la compensazione giudiziale richiesta dall’Ente.
Alla luce di quanto sopra, ne deriva una motivazione in cui il ragionamento risulta congruo e logico, del tutto rispettoso del c.d. minimo costituzionale, insindacabile in questa sede (v. Cass. civ.,
SS.UU., 7 aprile 2014, n. 8053; nelle successive pronunce, più di recente, Cass. civ. Sez. V, Ord., 9 ottobre 2024, n. 26349; Cass. civ., Sez. V, Ord., 20 settembre 2024, n. 25319; Cass. civ. Sez. III, Ord., 16 settembre 2024, n. 24760).
5.1. Con il secondo motivo il ricorrente denunzia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., la violazione o falsa applicazione degli artt. 92 c.p.c. e 55 d.m. 10.03.2014 n. 55, dolendosi: da un lato, del fatto che il giudice del gravame ha determinato, in modo errato, il valore della causa, avendo fatto riferimento alla domanda riconvenzionale e non al residuo credito riconosciuto ad ENEL; dall’altro lato, della mancata valutazione dell’andamento del giudizio e della condotta processuale delle parti.
Il motivo è infondato.
Innanzitutto, va osservato che il richiamo operato dal ricorrente alla decisione di questa Corte n. 9237 del 2022 non può ritenersi risolutivo, in quanto il principio di diritto ivi affermato, in tema di liquidazione delle spese processuali, deve essere armonizzato con gli ulteriori criteri elaborati dalla giurisprudenza di legittimità in materia.
È vero, infatti, che -ai sensi dell’art. 5, comma 1, terzo periodo, del d.m. n. 55/2014 -quando la pretesa attorea venga solo parzialmente accolta nel corso del giudizio, il valore della causa va determinato in base all’effettivo decisum e non al petitum originario. Tuttavia, nei casi -come nella specie -di soccombenza reciproca ai fini della regolamentazione delle spese va distinto se essa derivi dal parziale accoglimento di una medesima domanda ovvero dal rigetto incrociato di domande contrapposte.
Solo nella prima ipotesi, infatti, trova applicazione il principio di causalità, in forza del quale le spese vanno poste, in tutto o in parte, a carico della parte che ha dato causa all’instaurazione o alla prosecuzione del giudizio, anche mediante una resistenza in parte ingiustificata.
Pertanto, mentre nel caso in cui il processo sia imperniato su un’unica domanda, il suo accoglimento parziale e la conseguente configurabilità di una soccombenza reciproca non escludono l’applicazione del principio di causalità ai fini dell’individuazione della parte onerata delle spese, laddove, invece -come nel caso di specie -siano state proposte più domande contrapposte e ne sia seguito un accoglimento solo parziale, con reciproca soccombenza, non può farsi ricorso al suddetto principio di causalità, trovando applicazione il diverso criterio della compensazione integrale o parziale delle spese (cfr. Cass. civ., Sez. III, Ord., 25 luglio 2023, n. 22392).
Nella fattispecie in esame, sebbene nel giudizio di primo grado vi sia stato un parziale soddisfacimento della pretesa attorea -con conseguente riduzione del valore della causa -la presenza di più domande contrapposte, entrambe parzialmente accolte, ha determinato una reciproca soccombenza, e correttamente il giudice del gravame ha esercitato il potere discrezionale di fare nella specie luogo alla declaratoria di compensazione de qua .
L a Corte d’appello ha altresì correttamente determinato il valore della causa facendo riferimento all’importo complessivo delle domande oggetto di impugnazione, in conformità al consolidato principio secondo cui, in applicazione del criterio del disputatum , il valore della causa, ai fini della liquidazione delle spese, corrisponde: nel primo grado, alla somma domandata nell’atto introduttivo (in caso di rigetto) o a quella riconosciuta (in caso di accoglimento); nel giudizio di appello, alla somma oggetto di impugnazione (se l’appello è rigettato) o alla maggiore somma ottenuta rispetto al primo grado (in caso di accoglimento)(Cass., sez. 6 -3, n. 35195 del 30/11/2022).
6. Le spese del giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo in favore della controricorrente, seguono la soccombenza. Il
ricorrente va altresì condannato al pagamento di somme ex art. 96, 3° e 4° co., c.p.c., ricorrendone i relativi presupposti di legge.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente: delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in complessivi euro 8.200,00 di cui euro 8.000,00 per onorari, oltre a spese generali e accessori di legge; della somma di euro 8.000,00 ex art. 96, 3° co., c.p.c. Condanna il ricorrente al pagamento della somma di euro 2.000,00 ex art. 96, 4° co., c.p.c. in favore della Cassa delle ammende.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1-bis del citato art. 13.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza