Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 28378 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 28378 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 27/10/2025
ORDINANZA
sul ricorso 4727/2021 proposto da:
COGNOME NOME, rappresentato e difeso dagli avv.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME, per procura speciale in atti;
-ricorrente-
-contro-
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappres. p.t., rappres. e difesa dagli avv.ti NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, per procura speciale in atti;
-controricorrente-
avverso la sentenza d ella Corte d’appello di Roma , n. 3223/2020, depositata in data 6.7.2020;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 10.10.2025 dal Cons. rel., AVV_NOTAIO COGNOME.
RILEVATO CHE
NOME COGNOME conveniva innanzi al Tribunale di Roma la RAGIONE_SOCIALE, esponendo: di aver stipulato con la società convenuta, il 23.10.2006, un contratto di mediazione in rapporto di leasing verso un corrispettivo prestabilito; con scrittura del 15.2.2007 la convenuta si era impegnata a corrispondere un’ulteriore commissione nella percentuale dello 0,75% sul totale dei contratti stipulatipurché l’importo totale fosse pari ad almeno euro 35.000.000,00 per ciascun semestre-; che tra i clienti figurava la RAGIONE_SOCIALE– che nel periodo di vigenza degli accordi aveva concluso 185 contratti di leasing per un controvalore complessivo di euro 14.535.403,57-; che la convenuta, nonostante i solleciti, non aveva corrisposto la provvigione pattuita, dichiarando, con missiva del 4.10.2017, l’intenzione di sospendere l’accordo di mediazione.
Pertanto, l’attore chiedeva la condanna della convenuta al pagamento della somma di euro 494.466,12 oltre accessori, a titolo d’intermediazione con la RAGIONE_SOCIALE, nonché della somma di euro 284.126,33 a titolo d provvigioni integrative relative al primo semestre del 2007, oltre al risarcimento dei danni subiti commisurati al mancato guadagno derivante dai contratti in essere.
Si costituiva la convenuta.
Con sentenza del 9.1.2013, il Tribunale di Roma condannava la convenuta al pagamento in favore dell’attore, della somma di euro 494.466,12 oltre interessi ex d.lgs. 231/2002, osservando che: la convenuta non aveva contestato né il conferimento dell’incarico, né l’entità delle provvigioni; l’attore aveva provat o la fonte del proprio credito e la stipula dei contratti di leasing con la RAGIONE_SOCIALE; in ordine alla richiesta di rendiconto, incombeva sul
mandatario l’onere di provare la dimostrazione degli affari conclusi per proprio tramite; in ordine alle provvigioni richieste in relazione al contratto ‘ RAGIONE_SOCIALE ‘, l’attore non aveva provato l’avveramento della condizione prevista, cioè la conclusione di un volume d’affari superiore alla somma di euro 35.000.000,00.
Era invece rigettata la domanda risarcitoria, atteso che la sospensione del rapporto doveva considerarsi del tutto legittima a norma dell’art. 24 dell’accordo concluso tra le parti, e che l’eccezione di compensazione sollevata dalla difesa non poteva essere accolta, in quanto attinente a fatti esulanti dalla fattispecie concreta.
Con sentenza del 6.7.2020 la Corte territoriale rigettava l’appello incidentale ed accoglieva l’appello principale dell’RAGIONE_SOCIALE, dichiarando estinto il credito del COGNOME nei confronti della stessa società- come determinato dal Tribunaleper effetto dell’intervenuta compensazione con il credito accertato dalla sentenza della Corte d’appello penale di Milano (confermata dalla sentenza della terza sezione penale della Cassazione, depositata il 23.5.2013), osservando che: circa l’appello inciden tale, era infondata la doglianza del COGNOME circa l’obbligo di rendiconto; non era stata provata la sussistenza e l’entità degli affari conclusi per la mediazione a partire dall’1.6.2007; non erano stati provati i danni ulteriori rispetto a quelli relativi alle provvigioni; era fondato l’appello principale riguardo all’eccezione di compensazione; infatti, l’appellante aveva prodott o documentazione attestante l’avvenuto passaggio in giudicato sentenza della Corte d’appello di Milano del 20.4.2012, per effetto della sentenza emessa il 23.5.2013 dalla Cassazione, che, in riforma della sentenza di primo grado, aveva condannato il COGNOME, in solido con gli altri imputati, al risarcimento dei danni nei confronti della RAGIONE_SOCIALE Italease, da liquidarsi in separato giudizio, con liquidazione di una provvisionale esecutiva nella
somma di euro 19.519.455,56 oltre alle spese; ai sensi dell’art. 1298 c.c. doveva dunque ritenersi accertato, con sentenza definitiva, il debito in capo al COGNOME, non inferiore alla misura del credito accertato nel presente giudizio e corrispondente a quello determinato dal Tribunale adito; pertanto, la domanda d’accertamen to dei crediti del COGNOME era stata ritenuta parzialmente fondata, sulla base di documentazione sopravvenuta rispetto alla sentenza di primo grado, e la relativa domanda di conda nna era stata rigettata sulla base di un’eccezione di compensazione relativa ad un credito di maggiore entità.
NOME COGNOME ricorre in cassazione con unico motivo. RAGIONE_SOCIALE resiste con controricorso, Le parti hanno depositato memoria.
RITENUTO CHE
L’unico motivo denunzia violazione degli artt. 539, c.2, c.p.c., e 1243 c.c. , per aver la Corte d’appello ritenuto definitivo l’accertamento del risarcimento contenuto nelle sentenze penali, così erroneamente applicando la compensazione, poiché il credito della banca non era certo, né liquido, posto che derivava da una provvisionale emessa nell’ambito di un giudizio penale, suscettibile di essere modificata.
In particolare, il ricorrente assume che nel giudizio civile relativo al risarcimento dei danni dovuto dal reo alla parte civile, il giudice può autonomamente rivalutare il fatto procedendo ad un autonomo accertamento, non essendo vincolato alle soluzioni e alle qualificazioni del giudice penale, potendo giungere ad un riparto delle responsabilità diverso da quello stabilito dal giudice penale con riferimento alle statuizioni civili risultanti all’esito del giudizio penale; nella specie, pendeva innanzi al Tribunale di Milano il giudizio avente ad oggetto la rideterminazione, ex art. 539 c.p.p., delle statuizioni civili contenute nelle sentenze penali e, dunque, la quantificazione del danno che il ricorrente dovrebbe in ipotesi risarcire alla banca; in tale giudizio, il
ricorrente ha chiesto di sciogliere la solidarietà e di limitare l’eventuale condanna al risarcimento del danno a suo carico all’effettivo danno da lui causato, tenendo conto sia del proprio grado di responsabilità nei confronti della banca, limitatamente alle condotte a lui effettivamente imputabili- per un massimo di euro 608.960,83-, sia del fatto che la banca, nell’ambito del giudizio penale, aveva già acquisito la somma di euro 620.953,08 in forza del sequestro di somme e titoli depositati su alcuni conti correnti intestati al ricorrente.
Preliminarmente, va disattesa l’eccezione di tardività del ricorso , in quanto proposto nel termine lungo di un anno, ratione temporis.
Il motivo è fondato. La Corte d’appello ha ritenuto che, essendo intervenuto un giudicato penale di condanna, con rinvio al giudice civile per la liquidazione del danno e determinazione di provvisionale, doveva ritenersi accertata con giudicato la sussistenza del debito, in misura non inferiore al credito accertato dal Tribunale.
Non è in discussione che la verifica della sussistenza del requisito della pronta e facile liquidazione del credito illiquido, cui collegare la compensazione giudiziale, sia riservata al giudice del merito ed è incensurabile in sede di legittimità se congruamente motivata (Cass. 21923/09); il giudizio di fatto del giudice del merito muove però dall’errore in diritto di avere considerato che il giudicato di condanna alla penale responsabilità estende il suo ambito anche all’esistenza del credito risarcitorio della banca, rispetto al quale vi è soltanto la condanna generica con liquidazione in separato giudizio e determinazione di provvisionale.
Al riguardo, posto che, come si afferma a proposito dei reati di danno, la decisione di condanna generica al risarcimento emessa dal giudice penale contiene implicitamente l’accertamento del danno-evento e del nesso di causalità materiale tra questo e il fatto-reato, ma non anche
quello del danno-conseguenza, per il quale si rende necessaria un’ulteriore indagine, in sede civile, sul nesso di causalità giuridica fra l’evento di danno e le sue conseguenze pregiudizievoli (Cass., n. 8477/20), il giudicato penale ha ad oggetto il danno-evento, ma non anche il danno-conseguenza
Invero, la giurisprudenza penale di legittimità risulta consolidata nell’affermazione che, «ai fini della pronuncia di condanna generica al risarcimento dei danni in favore della parte civile non è necessario che il danneggiato provi la effettiva sussistenza dei danni ed il nesso di causalità tra questi e l’azione dell’autore dell’illecito, essendo sufficiente l’accertamento di un fatto potenzialmente produttivo di conseguenze dannose: la suddetta pronuncia infatti costituisce una mera “declaratoria juris” da cui esula ogni accertamento relativo sia alla misura sia alla stessa esistenza del danno, il quale è rimesso al giudice della liquidazione» (Cass. n. 12175/2016, conforme a Cass. n. 9266/1994).
Invero, la facoltà del giudice penale di pronunciare una condanna generica al risarcimento del danno ed al pagamento della provvisionale, prevista dall’art. 539 c.p.p., non incontra restrizioni di sorta in ipotesi di incompiutezza della prova sul quantum , bensì trova implicita conferma nei limiti dell’efficacia della sentenza penale di condanna nel giudizio civile per la restituzione e il risarcimento del danno fissati dall’art. 651 c.p.p. quanto all’accertamento della sussistenza del fatto, della sua illiceità ed all’affermazione che l’imputato l’ha commesso, con la conseguenza che deve escludersi che il giudicato penale si estenda alle conseguenze economiche del fatto illecito commesso dall’imputato (Cass., n. 30992/2023: in applicazione di tale principio, la RAGIONE_SOCIALE. ha escluso che fosse coperta dal giudicato l’affermazione del
giudice penale in ordine alla insufficienza degli elementi probatori atti a quantificare il danno lamentato dalla parte civile).
Ne consegue che non può essere la mera esistenza di un siffatto giudicato penale a fondare il credito da opporre in sede di compensazione giudiziale, per cui alcuna efficacia di giudicato circa il danno-conseguenza può attribuirsi alla provvisionale, la quale è per definizione provvisoria e modificabile.
Per quanto esposto, in accoglimento del ricorso, la sentenza impugnata va cassata, con rinvio della causa alla Corte d’appello, anche in ordine alle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte d’appello di Roma, in diversa composizione, anche in ordine alle spese del giudizio.
Così deciso, in Roma, nella camera di consiglio del 10 ottobre 2025.
Il Presidente AVV_NOTAIO NOME COGNOME