Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 23343 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 23343 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 16/08/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 22473/2023 R.G. proposto da:
COGNOME rappresentato e difeso dall ‘avvocat a NOME COGNOMEdomicilio digitale PEC: EMAIL-ricorrente- contro
RAGIONE_SOCIALE in qualità di cessionaria di RAGIONE_SOCIALEe per essa, quale mandataria, RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocat a NOME COGNOME che la rappresenta e difende
-controricorrente-
nonché contro
REV GESTIONE RAGIONE_SOCIALE COGNOME RAGIONE_SOCIALE AGENZIA DELLE ENTRATE RISCOSSIONE, RAGIONE_SOCIALE NOME
-intimati- avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO L’AQUILA n. 1198/2023 depositata il 27/07/2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 16/04/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME COGNOME aveva proposto opposizione di terzo, ex art.619 c.p.c., per accertare la sua usucapione della quota di pertinenza della madre, NOME COGNOME e del fratello NOME COGNOME, già comproprietari con lui di immobili sottoposti a pignoramento, tra gli altri, da RAGIONE_SOCIALE.aRAGIONE_SOCIALE e da RAGIONE_SOCIALE
La domanda era stata respinta sia in primo che in secondo grado.
Per quanto riguarda in particolare le spese legali, la Corte d’Appello di L’Aquila aveva respinto lo specifico motivo di impugnazione con cui l’appellante NOME COGNOME COGNOME aveva lamentato la violazione da parte di REV s.p.a. dei doveri ex art.88 c.p.c., per una produzione documentale tardiva (si sarebbe trattato di un verbale di udienza nella procedura esecutiva n.27/2017, nel quale il ricorrente ‘ si associa alla richiesta di divisione ‘ e con ciò avrebbe rinunciato, secondo la banca, all’usucapione), rilevando che: -la produzione era stata fatta dalla Banca Popolare di Puglia e Basilicata socRAGIONE_SOCIALE coopRAGIONE_SOCIALE, alla quale era subentrata RAGIONE_SOCIALE e non da RAGIONE_SOCIALE.p.aRAGIONE_SOCIALE; -comunque della produzione contestata il Tribunale di Lanciano non aveva tenuto alcun conto ai fini della decisione; -non vi erano quindi, in relazione ai profili evidenziati, i presupposti giustificanti una compensazione delle spese. Le spese
dell’appello erano state poste a carico dell’appellante, in applicazione del principio della soccombenza, con valori prossimi al minimo dello scaglione di riferimento, ‘ considerata la natura molto modesta delle questioni ‘.
NOME COGNOME propone ricorso per cassazione solo sulla pronuncia relativa alle spese processuali.
Ha depositato controricorso RAGIONE_SOCIALE quale mandataria di RAGIONE_SOCIALE, cessionaria di RAGIONE_SOCIALE.aRAGIONE_SOCIALE
Le altre parti sono rimaste intimate.
E’ stata formulata proposta di definizione anticipata del ricorso, per sua inammissibilità e/o infondatezza, ex art.380 bis c.p.c.
NOME COGNOME COGNOME ha proposto istanza di decisione, ex art.380 bis c.p.c., formulando altresì eccezione di incostituzionalità della norma richiamata nella parte in cui non prevede che la Corte di Cassazione decida il giudizio successivo alla proposta di definizione anticipata senza la partecipazione del consigliere delegato che ha formulato detta proposta e dunque in diversa composizione.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Si deve prima di tutto escludere la rilevanza, nel presente giudizio, della questione di legittimità costituzionale prospettata dal ricorrente, che afferma il contrasto dell’art.380 bis co 3 c.p.c. con gli art.3, 24, 25 e 111 Cost, ‘nonché dell’art.117 Cost. quale norma interposta l’art.6 CEDU ‘, nei termini appena sopra esposti: la proposta di definizione anticipata del ricorso è stata formulata dal Consigliere NOME COGNOME che non è parte del Collegio giudicante.
Con l’unico articolato motivo di ricorso proposto NOME COGNOME COGNOME lamenta la violazione, rilevante ai sensi dell’art.360 co 1 n.3 c.p.c., degli art.92 e 88 c.p.c. nonché degli art.102 e 111 Cost. La Corte di merito avrebbe ingiustificatamente sottolineato il fatto che la produzione documentale tardiva sarebbe stata effettuata non
da REV ma dalla dante causa di Cribis e che detta produzione non sarebbe stata comunque considerata ai fini della decisione, risultando conseguentemente irrilevante; le controparti non solo ‘ operano l’una la tardiva produzione documentale (Banca Puglia, oggi Cribis) e l’altra (REV) vi fa riferimento, ma entrambe isolano una frase tratta dal verbale del marzo 2018 della procedura esecutiva 27/2017 celando al Giudice che in quello stesso procedimento ‘ il ricorrente ‘ aveva assunto il contegno processuale di chiedere sì la divisione, ma solo per ‘i beni residui’, eccependo l’usucapione per tutti gli altri cespiti ‘; il verbale tardivamente prodotto non sarebbe stato nemmeno depositato nella versione completa, con strumentalizzazione della frase richiamata da parte di entrambe le banche; ai sensi dell’art.88 c.p.c. le parti e i loro difensori hanno il dovere di comportarsi in giudizio con lealtà e probità e detta regola sarebbe stata infranta nel caso di specie, provocando sia l’alterazione del contraddittorio, sia la menomazione del diritto di difesa. ‘ Si chiede che la Corte Suprema voglia enunciare il principio di diritto secondo cui la condotta processualmente scorretta della parte, ancorché risultata vittoriosa, è idonea ad essere sussunta tra le gravi ed eccezionali ragioni di compensazione delle spese in deroga al principio della soccombenza anche nel caso in cui il Giudice non l’abbia espressamente recepita per pervenire alla decisione ‘ -così il ricorso, a pag.13-.
Il motivo di ricorso è infondato.
Si richiama, in linea generale, l’orientamento interpretativo di legittimità, costante, secondo il quale ‘ In tema di condanna alle spese processuali, il principio della soccombenza va inteso nel senso che soltanto la parte interamente vittoriosa non può essere condannata, nemmeno per una minima quota, al pagamento delle spese stesse. Con riferimento al regolamento delle spese, il sindacato della Corte di cassazione è pertanto limitato ad accertare
che non risulti violato il principio secondo il quale le spese non possono essere poste a carico della parte vittoriosa, con la conseguenza che esula da tale sindacato, e rientra nel potere discrezionale del giudice di merito, sia la valutazione dell’opportunità di compensare in tutto o in parte le spese di lite, tanto nell’ipotesi di soccombenza reciproca, quanto nell’ipotesi di concorso con altri giusti motivi, sia provvedere alla loro quantificazione, senza eccedere i limiti (minimi, ove previsti e) massimi fissati dalle tabelle vigenti’ -così Cass. n.19613/2017-.
Ribadisce ancora i limiti del sindacato di legittimità in materia di esercizio del potere discrezionale del Giudice di merito per la valutazione in ordine all’opportunità di una compensazione totale o parziale delle spese Cass. n.11329/2019, che evidenzia come ‘ In tema di spese processuali, la facoltà di disporne la compensazione tra le parti rientra nel potere discrezionale del giudice di merito, il quale non è tenuto a dare ragione con una espressa motivazione del mancato uso di tale sua facoltà, con la conseguenza che la pronuncia di condanna alle spese, anche se adottata senza prendere in esame l’eventualità di una compensazione, non può essere censurata in cassazione, neppure sotto il profilo della mancanza di motivazione ‘ – è in linea Cass. n.11537/2002 …
Una pronuncia di condanna alle spese processuali sostenute dalla controparte a carico della parte totalmente vittoriosa, e quindi a prescindere dal principio della soccombenza e superandolo, è effettivamente possibile solo nell’ipotesi eccezionale prevista dall’art.92 co 1 c.p.c., di trasgressione del dovere di cui all’art.88 c.p.c.: in tal caso anche la parte totalmente vittoriosa può essere condannata al rimborso delle spese che ha causato alla controparte per il comportamento contrario ai doveri imposti dall’art.88 c.p.c. -cfr., in particolare, Cass. n.13427/2003, secondo la quale ‘ Ai sensi dell’art. 92, primo comma, cod. proc. civ., la violazione del dovere di lealtà e probità stabilito dall’art. 88 dello stesso codice giustifica,
indipendentemente dalla soccombenza, la condanna della parte, che è venuta meno a tale dovere, al rimborso delle spese processuali che l’altra parte ha dovuto sostenere a causa del comportamento illecito. Pertanto non viola il principio della soccombenza il giudice che pone a carico della parte vittoriosa le spese del giudizio, ove accerti – con apprezzamento discrezionale non sindacabile in sede di legittimità, se congruamente motivato in relazione alla logica e alla realtà processuale – che questo è stato reso necessario dal comportamento tenuto dalla parte vittoriosa in violazione del predetto dovere ‘; cfr. anche, sul punto, Cass. SSUU n.5624/2022 che si è pronunciata in relazione alla rilevanza delle contestazioni e dei rilievi critici delle parti alla consulenza tecnica d’ufficio, non integranti eccezioni di nullità relative al suo procedimento, proposti oltre i termini concessi all’uopo alle parti-. Nell’ipotesi di violazione del disposto dell’art.88 c.p.c. è quindi legittima la condanna al pagamento delle spese processuali a carico della parte totalmente vittoriosa, ma nei soli limiti delle spese causate alla controparte dalla trasgressione dei doveri disciplinati dalla norma richiamata e sulla base di una motivazione congrua: l’ipotesi eccezionale disciplinata dall’art.92 co 1 c.p.c., in relazione all’art.88 c.p.c., non coinvolge cioè tutte le spese processuali ma solo quelle causate dal comportamento trasgressivo dei doveri di lealtà e di probità, ferma restando la possibilità di operare discrezionalmente una compensazione anche solo parziale di esse ove il comportamento illegittimo ex art.88 c.p.c. sia stato tenuto ma non abbia dato causa a spese conseguenti.
In ogni caso, al di fuori dell’ipotesi di condanna al pagamento delle spese processuali a carico della parte totalmente vittoriosa e dell’ipotesi di mancato rimborso di spese in relazione causale diretta con il comportamento accertato violativo del disposto dell’art.88 c.p.c., non è prospettabile alcuna violazione di legge nella pronuncia del Giudice di merito che, nell’esercizio dei poteri
discrezionali che gli sono propri e che non necessitano di motivazione specifica, non ritenga di applicare alcuna compensazione, nemmeno parziale, delle spese processuali -cfr. la giurisprudenza di legittimità sopra richiamata-.
Nel caso di specie, RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE sono risultate totalmente vittoriose nei confronti di NOME COGNOME e la Corte di merito ha escluso l’attribuzione di qualsivoglia rilevanza alla produzione documentale contestata ai fini della decisione da parte del Giudice di primo grado e poi da parte dello stesso Giudice d’appello -che in nessun punto della motivazione fa a detta produzione riferimento per giustificare la valutazione del merito della controversiae, implicitamente, ai fini della durata del processo (che non è stato neppure prospettato abbia subito aggravi istruttori o ritardi per approfondimenti inutili causati dalla produzione in esame): non è stato nemmeno allegato da parte del ricorrente che egli abbia sostenuto spese specificamente causate dalla produzione di cui si duole. Non è pertanto in concreto prospettabile nella sentenza impugnata alcuna ipotesi di violazione di legge correlabile al disposto degli art.88 e 92 co 1 c.p.c., nei termini sopra esposti, mentre la rilevanza della produzione documentale contestata ai fini quantomeno di una compensazione delle spese processuali, ex art.92 co 2 c.p.c., non è stata valorizzata dalla Corte di merito per non aver avuto detta produzione alcuna incidenza sulla decisione, conforme nei due gradi di giudizio.
In conclusione, ciò che NOME COGNOME COGNOME vorrebbe nella sostanza sia rimesso in discussione in questa sede è quindi il modo di utilizzo da parte della Corte d’Appello del solo potere discrezionale di compensazione delle spese processuali, attraverso la richiesta di una sua rivisitazione e rielaborazione propriamente meritale preclusa in sede di legittimità.
Il ricorso proposto deve essere pertanto integralmente respinto.
Le spese del presente giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.
Poiché il ricorso è deciso in conformità alla proposta formulata ai sensi dell’art. 380 -bis c.p.c., vanno applicati -come previsto dal terzo comma, ultima parte, dello stesso art. 380-bis c.p.c. -il terzo e il quarto comma dell’art. 96 c.p.c., con conseguente condanna della parte ricorrente al pagamento, in favore della parte controricorrente, di una somma equitativamente determinata (nella misura di cui in dispositivo), nonché al pagamento di una ulteriore somma -nei limiti di legge- in favore della cassa delle ammende.
Considerato il tenore della pronuncia, va dato atto -ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del D.P.R. n. 115 del 2002 -della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento di un ulteriore importo a titolo contributo unificato, pari a quello previsto per la proposizione dell’impugnazione, se dovuto.
P. Q. M.
La Corte Suprema di Cassazione rigetta il ricorso e condanna NOME COGNOME al pagamento, in favore di RAGIONE_SOCIALE (cessionaria di RAGIONE_SOCIALE.p.aRAGIONE_SOCIALE, in persona della mandataria RAGIONE_SOCIALE, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in € 3.000 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in € 200,00 ed agli accessori di legge, inclusi iva e cassa avvocati. Condanna altresì NOME COGNOME, ai sensi dell’art. 96 c.p.c., al pagamento, in favore di RAGIONE_SOCIALE (cessionaria di RAGIONE_SOCIALE.aRAGIONE_SOCIALE, in persona della mandataria RAGIONE_SOCIALE.p.aRAGIONE_SOCIALE, di una somma ulteriore, pari ad € 3.000,00, nonché al pagamento della somma di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo
di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda