Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 6456 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 6456 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 12/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 19362/2021 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE CAMPANIA, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, DOMICILIO DIGITALE, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
PRESIDENZA DEL RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO . (P_IVA) che la rappresenta e difende
-controricorrente-
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO NAPOLI n. 1773/2021 depositata il 13/05/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 07/03/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI E RAGIONI DELLA DECISIONE
Il Tribunale di Napoli, decidendo l’opposizione proposta dal comune di RAGIONE_SOCIALE all’ ingiunzione ex art.2 r.d.n.639/1910 di importo pari ad euro 3.091.812,6 emessa dalla RAGIONE_SOCIALE per il pagamento di contributi, maggiorazioni e quote ristoro maturate in base al quantitativo di rifiuti conferito in alcuni impianti di combustibile derivato da rifiuti e di termovalorizzatori gestiti dalla RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, poi RAGIONE_SOCIALE, in base a convenzioni affidate dal Presidente della Regione RAGIONE_SOCIALE sulla base delle OPCM susseguitesi nel tempo, dichiarata la propria giurisdizione, annullava parzialmente l’ingiunzione dichiarando la compensazione tra i reciproci crediti delle parti, rideterminando la pretesa nella complessiva somma di euro 299.065,41.
La RAGIONE_SOCIALE proponeva appello contro la decisione anzidetta e la Corte di appello di Napoli, con sentenza n.1410/2021, pubblicata il 13 maggio 2021, accoglieva l’appello , rigettando l’opposizione proposta dal comune di RAGIONE_SOCIALE, inoltre compensando le spese del giudizio.
La Corte di appello, per quel che qui ancora rileva, riteneva che in forza della convenzione di affidamento di gestione del servizio conclusa con la RAGIONE_SOCIALE (art.20) quest’ultima, oltre a riscuotere la tariffa per il servizio dalla stessa gestito- rispetto alla quale era direttamente creditrice dei comuni che conferivano i rifiuti- era parimenti legittimata a riscuotere, quale mandataria all’incasso, le quote di ristoro spettanti ai comuni che ospitavano gli impianti di CDR ed aggiungeva che, una volta risolta ex lege tale convenzione in forza del d.l.n.245/2005, il controcredito dedotto dal comune di RAGIONE_SOCIALE -quale quota di ristoro allo stesso
spettante per ospitare uno degli impianti -non poteva che essere azionato direttamente dal RAGIONE_SOCIALE nei confronti degli altri enti locali conferenti; non poteva dunque operare il meccanismo della compensazione in mancanza del requisito della reciprocità delle pretese e ciò non per la ragione avanzata dalla difesa erariale, correlata alla titolarità del credito del RAGIONE_SOCIALE nei confronti di un soggetto terzo (RAGIONE_SOCIALE), quanto per il fatto che il RAGIONE_SOCIALE appellato non vantava nessun credito verso RAGIONE_SOCIALE, essendo ogni pretesa maturata invece nei confronti dei Comuni conferitori. Per altro verso, secondo la Corte di appello il congegno della compensazione non poteva che operare a condizione che la società affidataria avesse, in virtù del mandato all’incasso, riscosso i contributi dai conferitori. Sicché non essendovi prova di tale incasso, il mancato incameramento da parte di RAGIONE_SOCIALE delle quote di ristoro di competenza del RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE escludeva la condizione della compensazione, proprio per difetto di esigibilità del credito del comune verso RAGIONE_SOCIALE, non essendo sorto in capo alla società l’obbligo restitutorio secondo le regole generali del mandato (art.1713 c.1 c.c.) rispetto a quanto ricevuto in esecuzione del mandato stesso, nemmeno risultando l’operatività del meccanismo del riscosso per non riscosso. Non poteva dunque ritenersi corretta la decisione impugnata che aveva ritenuto irrilevante nei rapporti fra RAGIONE_SOCIALE e PCM il diverso rapporto esistente fra RAGIONE_SOCIALE e singoli Comuni conferitori, costituendo, invece, la condizione di esigibilità del credito. Sicché non esistevano le condizioni di revocabilità del controcredito per ristori ambientali, sia perché la pretesa non era azionabile nei confronti di NOME in ragione della maturazione del credito sorto nei confronti dei Comuni conferitori, così difettando il requisito della reciprocità, sia perché la pretesa al ristoro poteva essere fatta valere contro NOME quale mandataria all’incasso del credito maturato dal RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE soltanto se riscosso,
difettando altrimenti il requisito dell’esigibilità del credito in forza della disciplina di cui all’art.1713 c.c.
Il RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE in RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione contro la RAGIONE_SOCIALE, affidato a due motivi, al quale ha resistito con controricorso la RAGIONE_SOCIALE.
La causa è stata posta in decisione all’udienza camerale del 7 marzo 2024.
Con il primo motivo il ricorrente deduce la violazione degli artt.342 e 324 c.p.c. in relazione all’art.360, c.1, n.3 c.p.c.
Il Tribunale di Napoli avrebbe, secondo il ricorrente, ritenuto non contestata , tra l’altro, la volontà di RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE di procedere alla compensazione fra i rispettivi crediti e tale autonomo capo di decisione non sarebbe stato aggredito dall’appello proposto dalla RAGIONE_SOCIALE, limitato alla impugnazione della decisione del Tribunale ‘alla parte (e nella misura in cui) il Tribunale ha ritenuto fondata l’eccezione di compensazione proposta dal comune opponente.’ Sarebbe dunque passata in giudicato la statuizione relativa alla non contestazione in ordine all’accordo sulla compensazione, rendendosi evidente la preclusione per la Corte di appello di decidere in difformità.
Il motivo è privo di autosufficienza, tralasciando di riportare parti essenziali della sentenza del Tribunale che sono state, per converso, riprodotte dalla sentenza qui impugnata, ove si afferma, a pag.7 primo capoverso, che l’appellante, nel proprio atto di appello, aveva prospettato il venir meno della convenzione con la RAGIONE_SOCIALE e quindi il venir meno dell’operatività del mandato all’incasso per le quote di ristoro da versare direttamente al Commissario del Governo, ma aveva altresì sostenuto che ‘… Non vi è traccia in atti di un accordo finalizzato alla compensazione tra la RAGIONE_SOCIALE e il comune di RAGIONE_SOCIALE‘(v.pag.9 dell’appello).
Tanto è sufficiente per escludere il rispetto del canone dell’autosufficienza del motivo di ricorso, non risultando riprodotta in modo integrale la parte dell’impugnazione rilevante al fine di verificare il formarsi o meno del giudicato.
D’altra parte, è sufficiente sul punto evidenziar e che nessun giudicato poteva dirsi formato in ragione della contestazione integrale operata dalla RAGIONE_SOCIALE, tanto sia con riferimento all’anno 2005 , sia con riferimento agli anni 2003 e 2004, con riguardo ai presupposti della compensazione.
Ciò si evince dall’esame diretto dell’atto di appello , consentito in relazione alla natura processuale del vizio prospettato, ove si coglie, in termini generali, a pag.7 dell’impugnazione, la censura relativa alla ‘inammissibilità ed infondatezza dell’eccezione di compensazioneAssenza dei presupposti della eccepita compensazione quale la liquidità, esigibilità e reciprocità dei creditidebiti. La sentenza gravata è errata laddove applica la compensazione con crediti/debiti di controparte con RAGIONE_SOCIALE ‘ -cfr.pag.7, 2^ cpv. appello RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE dei RAGIONE_SOCIALE-.
Nella pagina successiva l’appellante, dopo avere riassunto le ragioni poste a fondamento della sentenza appellata, dichiarava ‘nel merito, si interpone appello limitatamente alla parte (e nella misura in cui il Tribunale ha ritenuto fondata l’eccezione di compensazione proposta dal RAGIONE_SOCIALE opponente’, aggiungendo che ‘In primo luogo’ i contratti di concessione in corso con RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE erano stati risolti ex lege a far data dal 15.12.2005 e che, non essendo da quella data RAGIONE_SOCIALE più titolare di mandato all’incasso, doveva ritenersi illegittima la compensazione operata dal RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE con la RAGIONE_SOCIALE -sulla base della determina n.828 del 30.12.2005- tra i propri crediti per ristori (in quanto RAGIONE_SOCIALE beneficiario) e i propri debiti per ristori in quanto RAGIONE_SOCIALE conferente.
Aggiungeva poi che ‘Anche con riferimento alle precedenti determine relative ai debiti/crediti per gli anni 2003 e 2004 il Giudice erroneamente non ha tenuto conto delle circostanze dedotte nel corso del giudizio di primo grado e cioè che non vi è traccia in atti di un accordo finalizzato alla compensazione tra la RAGIONE_SOCIALE e il comune di RAGIONE_SOCIALE; che in assenza di tale accordo, non era possibile alcuna compensazione legale ex art.1243 c.c.’ ancora aggiungendo che ‘mancava il requisito dell’esigibilità che poteva consentire di far luogo a compensazione, considerato che il credito per ristori, al momento dell’emissione della determina, non era ancora maturato nei confronti del RAGIONE_SOCIALE conferitore’ .
Per tali ragioni, secondo l’appellante ‘in assenza di previo concerto con la RAGIONE_SOCIALE, il comune beneficiario…non poteva unilateralmente compensare tale voce di credito non ancora sorto con il proprio debito’.
Rilevava , ancora, a pag.11 dell’appello che ‘Va parimenti riscontrata l’assenza, agli atti dell’amministrazione, …di documenti che attestino la compensazione del credito per ristori con il debito ingiunto, né la RAGIONE_SOCIALE ha mai confermato di avere compensato il debito per tariffa con il credito per ristori. Avendo trasmesso le fatture documentanti i crediti da recuperare, pare evidente che RAGIONE_SOCIALE non ha prestato il consenso ad alcuna compensazione, per cui i crediti di cui all’ingiunzione sono certi, liquidi ed esigibili dall’amministrazione’.
Infine, nello stesso atto la RAGIONE_SOCIALE del RAGIONE_SOCIALE eccepiva ‘altresì la mancanza della condizione di reciprocità ossia che non sia possibile la compensazione in questione con il credito dell’amministrazione statale trattandosi di crediti -debiti del RAGIONE_SOCIALE con un soggetto terzo ossia NOME‘ -cfr.pag.11 ultimo periodo appello PDM-.
Sulla base della verifica compiuta in ordine al complessivo contenuto dell’atto di appello, consentita a questa Corte in ragione
della natura processuale del vizio prospettato, deve quindi escludersi che vi sia stato il passaggio in giudicato della sentenza di primo grado in ordine alla contestazione della compensazione, come prospettato dal ricorrente.
Con il secondo motivo ed il terzo motivo il ricorrente ha dedotto la violazione dell’art.112 c.p.c. sotto il profilo dell’ultrapetizione e della violazione degli artt.342 e 324 c.p.c.
Secondo il ricorrente, la RAGIONE_SOCIALE, nell’impugnare la decisione del Tribunale, avrebbe formulato due autonome argomentazioni giuridiche per i diversi anni oggetto dell’ingiunzione, prospettando , quanto all’anno 2005 , l’inoperatività della convenzione e dunque del mandato all’incasso delle quote di ristoro dovute dai Comuni conferenti i rifiuti in favore dei Comuni che ospitavano gli impianti con RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE per effetto del d.l.n.145/2005 – e, quanto agli anni 2003 e 2004, l’assenza dei presupposti per la compensazione in ragione del mancato incasso delle quote dovute dagli enti conferenti,in base a quanto previsto dall’art.20 della convenzione , e per difetto del requisito della reciprocità, trattandosi di crediti-debiti con altro soggetto e non con l’amministrazione statale.
Ora, la Corte di appello, nel riformare la sentenza del Tribunale, avrebbe utilizzato l’argomento speso per gli anni 2003 e 2004 anche per le quote relative all’anno 2005, modificando in questo modo la portata delle censure esposte in appello e comunque violando il giudicato implicito interno su quanto deciso dal Tribunale in ordine agli anni 2003 e 2004.
Tali doglianze sono infondate, alla luce di quanto già esposto con riguardo al contenuto dell’atto di appello.
Va dunque escluso che la Corte di appello, nel ritenere l’assenza dei requisiti della compensazione per assenza del requisito della reciprocità e per la mancanza del credito riscosso da parte di NOME
dai Comuni conferenti, abbia travalicato il contenuto dell’impugnazione e tanto meno violato il giudicato interno.
Sul punto, è sufficiente ribadire che anche dall’esposizione, peraltro parziale, dell’atto di appello riportato nel ricorso per cassazione a proposito del secondo motivo si coglie con tutta evidenza che le contestazioni operate dalla RAGIONE_SOCIALE attenevano integralmente alla contestazione in ordine all’esistenza di un accordo di compensazione, al quale si aggiungeva, per l’anno 2005, il venir meno della convenzione.
Con il quarto motivo il ricorrente ha dedotto la violazione degli artt.1362 ss. c.c., in relazione all’art.360 c.1 n.3 c.p.c.
I giudici di appello avrebbero violato i canoni ermeneutici relativi all’interpretazione dei contratti, ove ritenuti applicabili alla domanda giudiziale, ritenendo che l’appello proposto fosse fondato su autonome argomentazioni che la Corte di appello non avrebbe invece considerato.
Il motivo è inammissibile.
Ed invero, è consolidato l’orientamento di questa Corte nel senso di ritenere che ai fini della interpretazione della domanda giudiziale non sono utilizzabili i criteri di interpretazione del contratto dettati dall’art. 1362 e seguenti cod. civ., in quanto non esiste una comune intenzione delle parti da individuare, e può darsi rilevo alla soggettiva intenzione della parte attrice solo nei limiti in cui essa sia stata esplicitata in modo tale da consentire al convenuto di cogliere l’effettivo contenuto della domanda formulata nei suoi confronti, per poter svolgere una effettiva difesa.
L’interpretazione della domanda si risolve in un giudizio di fatto riservato al giudice di merito, sindacabile in cassazione solo sotto il profilo del vizio di motivazione e non per violazione di leggecfr.Cass.n.4754/2004, Cass. n. 24480/2020 -.
Tanto è sufficiente per ritenere l’inammissibilità della censura che la ricorrente ha calibrato sull’errata interpretazione della volontà
sottesa alla domanda giudiziale e, segnatamente, dell’atto di appello della RAGIONE_SOCIALE.
Il ricorso va quindi rigettato.
Le spese seguono la soccombenza.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater , inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1bis .
PQM
Rigetta il ricorso e condanna il RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE in RAGIONE_SOCIALE al pagamento delle spese processuali che liquida in favore della RAGIONE_SOCIALE in euro 10.000,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater , inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1bis .
Così deciso il 7 marzo 2024 in Roma nella camera di consiglio