Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 16822 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 16822 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 23/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 9801/2024 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE che la rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliata in CALTANISSETTA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE che la rappresenta e difende
-controricorrente-
RAGIONE_SOCIALE
-intimati- avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO CALTANISSETTA n. 62/2023 depositata il 13/03/2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 14/03/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
La RAGIONE_SOCIALE. (RAGIONE_SOCIALE, ha chiesto e ottenuto dal Tribunale di Caltanissetta, nei confronti di RAGIONE_SOCIALE, ingiunzione di pagamento per la somma di € 48.871,06 a titolo di corrispettivo per lavori edili.
Proposta opposizione da parte dell’ingiunta, la stessa era accolta dal Tribunale nisseno, il quale riconosceva, sotto più profili, la responsabilità dell’impresa nella realizzazione di un muro di sostegno a contenimento di un piazzale sul quale si sarebbe dovuta realizzare un’area commerciale. Il primo giudice riconosceva che tale opera, resasi necessaria per il ripristino della ‘gabbionate’, seppure posizionata in luogo diverso e realizzata con materiali diversi da quelli consentiti in forza delle previsioni contrattuali, risultava tuttavia idonea allo scopo, fermo restando che i relativi costi dovevano far carico all’impresa, tenuta anche al risarcimento del danno. Al riguardo il primo giudice riconosceva che i danni, manifestatisi sul piazzale, erano da imputare all’impresa solo in parte, restando per altra parte a carico della committente, in quanto imputabili a vizi di progetto. Pertanto, il primo giudice «considerato che le spese stimate dal CTU per la realizzazione dei predetti lavori ammontano a € 130.000,00 e considerato il minor credito della convenuta portato a decreto ingiuntivo sussistono sufficienti ragioni per compensare il maggior credito dell’opponente con il minor credito della convenuta oggetto del decreto ingiuntivo opposto» – revocava il decreto ingiuntivo, disponendo la compensazione fra il credito oggetto di ingiunzione e il maggior credito di cui sopra; condannava l’appaltatrice al pagamento della somma di € 15.489.00 a titolo di penale e la
condannava al pagamento di «ogni somma necessaria per la regolarizzazione, anche urbanistica del muro di sostegno in cemento armato di pali».
La Corte d’appello, adita da RAGIONE_SOCIALE, riformava la decisione, evidenziando che il credito da riconoscere in favore della committente non era pari all’intero costo del ripristino del piazzale, stabilito in € 130.000,00, ma a una quota del costo, indicat a nella sentenza del tribunale in 2/3 per errore materiale, ma in effetti pari a 1/3, in conformità al suggerimento del consulente, che il primo giudice aveva inteso recepire. Inoltre, sulla somma così ottenuta, occorreva tenere conto della misura dei diritti della committente sull’aree danneggiate, pari al 34,42%, essendo per il residuo riferibile alle società RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, chiamate nel giudizio di merito e rimasti contumaci. Quindi, la somma da riconoscere alla RAGIONE_SOCIALE ammontava a € 14.915,33, per la quale la Corte nissena pronunziava condanna della Gardenia al pagamento.
Per la cassazione della sentenza della sentenza RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso, affidato a un unico motivo, illustrato da memoria.
RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso, depositando anche la memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il solo motivo di ricorso denunzia violazione dell’art. 112 c.p.c. e/o dell’art. 1243 c.c. e omessa pronunzia e violazione del principio di corrispondenza fra chiesto e pronunziato.
Il primo giudice, nel riconoscere in favore della committente il credito risarcitorio per i danni cagionati al piazzale, aveva poi dichiarato nel dispositivo la compensazione del credito della
RAGIONE_SOCIALE «di cui al decreto ingiuntivo opposto con il maggior credito spettante alla RAGIONE_SOCIALE indicato in parte motiva». La ricorrente sostiene che la Corte d’appello ha ridotto il credito risarcitorio ad importo inferiore rispetto a quello portato dall’ingiunzione, senza tuttavia condannare la committente al pagamento della differenza, incorrendo quindi nel vizio denunziato con il motivo.
Il motivo è fondato, come risulta dal semplice confronto fra la decisione di primo e di secondo grado.
L’opposizione al decreto ingiuntivo instaura un ordinario giudizio di cognizione, nel quale il giudice non deve limitarsi ad esaminare se l’ingiunzione sia stata legittimamente emessa, ma deve procedere ad una autonoma valutazione di tutti gli elementi offerti sia dal creditore per dimostrare la fondatezza della propria pretesa dedotta con il ricorso sia dall’opponente per contestarla e, a tal fine, non è necessario che la parte che ha chiesto l’ingiunzione formuli una specifica ed espressa domanda di pronuncia sul merito della pretesa creditoria, essendo sufficiente che resista all’opposizione e chieda conferma del decreto opposto (Cass. n. 14486/2019). La compensazione estingue i crediti per quantità corrispondenti (Cass. n. 7018/2020), persistendo il credito dell’uno o dell’altro per l’«eccedenza». Se l’eccedenza è dalla parte dell’attore, vale il principio della domanda, in applicazione del comune principio che nella domanda di condanna al pagamento di una determinata somma di danaro deve ritenersi sempre implicita la richiesta della condanna al pagamento di una somma minore (Cass. n. 27479/2022). Se il credito maggiore è quello opposto in compensazione, la condanna al pagamento dell’eccedenza suppone
la proposizione di domanda, tesa a ottenerne il pagamento nel medesimo giudizio (Cass. n. 538/1997).
Nel caso in esame è avvenuto che mentre il credito oggetto dell’originaria ingiunzione è rimasto invariato nelle decisioni in primo grado e in grado d’appello, è stato invece accertato diversamente, nelle due diversi sedi di merito, il credito risarcitorio della controparte opposto in compensazione. Il primo giudice ne aveva stabilito la misura in una somma maggiore rispetto a quella oggetto di ingiunzione. La Corte d’appello ha riconosciuto che la determinazione del credito della RAGIONE_SOCIALE era erronea per eccesso, senza tuttavia trarre le debite implicazioni che da ciò derivavano. A loro volta, tali implicazioni dovevano muoversi nella logica della compensazione fra il credito oggetto di ingiunzione e il controcredito risarcitorio, da ritenere estinti per quantità corrispondenti, persistendo, quindi, non i crediti interi, ma l’eccedenza in favore dell’uno o dell’altro.
Le considerazioni proposte dalla RAGIONE_SOCIALE, secondo cui il primo giudice non aveva riconosciuto il credito oggetto di ingiunzione, non trova alcun appiglio né letterale né logico nella relativa decisione, che sia in motivazione sia in dispositivo opera il confronto fra il credito dell’opponente e «il minor credito della convenuta oggetto del decreto ingiuntivo opposto».
La sentenza, pertanto, deve essere cassata e la causa rinviata alla Corte d’appello di Caltanissetta, cui si demanda anche la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata; rinvia alla Corte d’appello di Caltanissetta in diversa composizione anche per le spese.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda