SENTENZA CORTE DI APPELLO DI ROMA N. 4794 2025 – N. R.G. 00002001 2022 DEPOSITO MINUTA 07 08 2025 PUBBLICAZIONE 07 08 2025
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE D’APPELLO DI ROMA
SEZIONE SECONDA SPECIALIZZATA IN MATERIA DI IMPRESA
così composta:
dr. NOME COGNOME presidente relatore
dr. NOME COGNOME
consigliere consigliere
dr. NOME COGNOME
riunita in camera di consiglio ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa civile in grado d’appello iscritta al numero 2001 del ruolo generale degli affari contenziosi dell’anno 2022, posta in decisione all’udienza del giorno 10.02.2025 e vertente
TRA
(C.F. e P.IVA ), con gli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME PARTE APPELLANTE P.
E
(C.F. ), in persona del presidente e vicepresidente del Consiglio di Amministrazione nonché legali rappresentanti p.t. , con gli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME PARTE APPELLATA P.
OGGETTO: appello avverso la sentenza n. 2612/2022 del Tribunale di Roma.
FATTO E DIRITTO
§ 1. -La vicenda da cui ha tratto origine il presente giudizio di appello è così riassunta nella sentenza impugnata:
« CONCLUSIONI DELLE PARTI
PARTE ATTRICE: con le note scritte di trattazione del 4/12/2020 precisa le conclusioni come segue: ‘Voglia l’Ill.mo Tribunale, disattesa ogni contraria istanza: A) dichiarare ed accertare l’illegittimità e la mancanza di titolo delle detrazioni operate da per recupero parziale dell’indennizzo ex art. 2 lett. B) sia in accoglimento delle eccezioni di giudicato, sia per tutte le ulteriori ragioni di infondatezza delle avverse eccezioni esposte;
B) in via gradata, e salvo gravame, dichiarare il difetto di giurisdizione in ordine ad ogni questione che riguardi la (ri)determinazione dell’indennizzo dovuto ex art. 2 lett. B) in ragione della clausola arbitrale contenuta nell’art. 8 dell’Atto Aggiuntivo del 4.11.2009, e per l’effetto dichiarare ed accertare l’illegittimità e la mancanza di titolo delle detrazioni operate da ;
C) in ulteriore subordine, e salvo gravame, dichiarare che non sono applicabili all’indennizzo de quo i nuovi indici ISTAT invocati da , in quanto diversi e sopravvenuti rispetto a quelli in essere alla data dell’offerta (20.9.2005) e di stipul a del Contratto inter partes (20.4.2006), e per l’effetto dichiarare ed accertare l’illegittimità e la mancanza di titolo delle detrazioni operate da ;
D) per l’effetto di quanto ai superiori punti, ed in ogni caso, condannare la a corrispondere alla gli importi illegittimamente trattenuti a tale titolo, pari a € 19.678.384,73, oltre IVA di legge, e interessi ex D.Lgs. n. 231/2002 come modificato dal D.Lgs. n. 192/2012, nella misura di € 4.650.004,72 calcolati dalla data delle singole trattenut e fino al 30.09.2017, oltre ad interessi successivi, anche anatocistici, e rivalutazione come per legge, fino all’integrale soddisfo;
E) con vittoria di spese, competenze ed onorari.’
PARTE CONVENUTA: con le note scritte di trattazione del 9/12/2020 precisa le conclusioni come segue: ‘Voglia l’On.le Tribunale adito, ogni contraria istanza, eccezione e deduzione disattesa, rigettare le domande formulate dalla società nell’atto di citazione introduttivo del presente giudizio e precisate e modificate con la prima memoria ai sensi dell’articolo 183, comma 6, c.p.c. Con vittoria di spese, competenze ed onorari di giudizio’
1.- Con atto di citazione notificato in data 9/10/2017 la società in persona del legale rappresentante pro tempore, conveniva in giudizio avanti all’intestato Tribunale la esponendo in fatto:
– che, con bando del 10/11/2004, la convenuta aveva indetto una procedura di appalto mediante licitazione privata per l’affidamento a contraente generale di progettazione e realizzazione del maxilotto n. 1, relativo al nuovo asse viario tra e suddiviso in sub lotti;
-che l’ATI costituito tra le società
,
e
–
si era aggiudicata la gara con l’offerta formulata il 20/9/2005;
-che il 20/4/2006 era stato stipulato il contratto di appalto ai sensi dell’art. 9 D.Lgs. n. 190/2002 per le attività di realizzazione del maxilotto n. 1, suddiviso in sub lotti, tra cui i più importanti erano i sub lotti 1.2 e 2.1, del valore di circa € 1.000.000.000;
-che le imprese facenti parte dell’ATI aggiudicataria dell’appalto, insieme al avevano costituito la per l’esecuzione dell’appalto, che era subentrata ex lege nel rapporto contrattuale con ;
-che per alcuni sub lotti l’esecuzione dei lavori era condizionata all’ottenimento del finanziamento da parte di ;
-che con la previsione, all’art. 2, lett. B) del capitolato speciale di affidamento era stato pattuito che se il finanziamento del lotto n. 2 non fosse avvenuto entro trenta mesi dall’inizio delle attività, l’odierna attrice avrebbe ricevuto un indennizzo sotto forma di adeguamento monetario utilizzando gli indici ISTAT;
che il finanziamento del sub lotto 2.1 era stato ottenuto nel febbraio 2009, oltre il termine di trenta mesi di cui sopra, pertanto alla spettava l’indennizzo previsto dal contratto e, stante l’inadempienza della committente, l’at trice aveva intrapreso il giudizio arbitrale, conclusosi con l’emissione del lodo mediante il quale era stato riconosciuto il diritto dell’attrice all’indennizzo di € 68.739.735,14, da corrispondersi non in unica soluzione, ma in ragione del progressivo avanzamento dei lavori;
che la aveva impugnato il lodo dinanzi alla Corte d’Appello di Roma;
-che, a seguito di esecuzione forzata del lodo, l’attrice aveva incassato la somma di € 55.88.339,43, di cui € 52.133.252,65 a titolo di quota di corrispettivo maturato fino al 13/3/2013 in relazione al SAL n. 23 per lavori fino al 31/12/2012;
che a far tempo dal certificato di pagamento del SAL n. 30 del 18/4/2014 fino al certificato di pagamento relativo al SAL n. 37 del 22/6/2015 la convenuta aveva illecitamente trattenuto la somma pari ad un terzo del corrispettivo dovuto all’appaltatrice, per complessivi € 19.678.384,73;
che con nota del 18 aprile 2014 aveva motivato le trattenute rinviando alle difese svolte nel giudizio di impugnazione proposta avverso il lodo sopra citato;
-che la Corte d’Appello, con sentenza n. 5149 del 2/9/2016, aveva rigettato l’impugnazione proposta avverso il lodo di cui sopra, ma, ciononostante, la non aveva provveduto a corrispondere la somma di € 19.678.384,73 indebitamente trattenuta sul compenso spettante all’attrice.
L’attrice concludeva, quindi, come in epigrafe, chiedendo la condanna della controparte al pagamento della somma di € 19.678.384,73, oltre all’IVA come per legge ed agli interessi ex D.Lgs. n. 231/2002 dalla data delle singole trattenute fino al 30/9/2017 ed alla rivalutazione monetaria, previo accertamento della illegittimità delle trattenute operate dalla convenuta sull’indennizzo spettante all’attrice ex art. 2, lett. B) del C.S.A.
Con comparsa del 22/12/2017 si costituiva in giudizio la , chiedendo il rigetto dell’avversa domanda, con vittoria delle spese di lite.
La convenuta deduceva:
di essere una società pubblica di progetto senza scopo di lucro ex art. 172 D.Lgs. n. 163/2006, costituita il 6/6/2003 in forma di società di capitali e soggetta alla direzione e al coordinamento di RAGIONE_SOCIALE S.p.A.RAGIONE_SOCIALE che ne era azionista di controllo, in quanto titolare del 92,38% del capitale sociale, designata per la realizzazione del progetto pilota infrastrutturale denominato ‘Asse viario Marche – Umbria e di penetrazione interna’, di cui alle deliberazioni CIPE del 21 dicembre 2001, n. 121, 31 ottobre 2002, n. 93 e 27 maggio 2004, n. 13;
-che il Progetto costituiva un’infrastruttura strategica di preminente interesse nazionale ai sensi della legge 21 dicembre 2001, n. 443 (cd. ‘Legge obiettivo’), per la cui realizzazione alla convenuta erano state affidate le seguenti attività:
progettazione e realizzazione dell’asse viario che consisteva in completamento e adeguamento di due arterie principali (strada statale 77 asse Foligno-Civitanova Marche, strada statale 76 – strada statale 318 asse PerugiaAncona), della Pedemontana Fabriano-Muccia/Sfercia e di altri interventi viari, idonei ad assicurare il raccordo con i poli industriali esistenti, e, più in generale, a migliorare ed incrementare l’accessibilità delle aree interne delle Regioni interessate;
redazione dei Piani di Area Vasta per il cofinanziamento dell’opera viaria;
reperimento delle risorse finanziarie necessarie per assicurare la completa copertura dell’investimento previsto per la realizzazione del ‘Progetto Quadrilatero’;
che, a seguito di procedura di evidenza pubblica, con contratto del 20/4/2006, all’ aggiudicataria, costituita dalla società nella qualità di mandataria e la
e la società erano stati affidati le ‘attività di realizzazione con qualsiasi mezzo dell’opera: Maxi -lotto n. 1 del sistema ‘Asse INDIRIZZO -e Quadrilatero di penetrazione interna’: lavori di completamento della dirett rice S.S. 77 ‘ Civitanova Marche – Foligno tramite realizzazione del tratto INDIRIZZO Foligno …’;
-che l’affidamento delle prestazioni ricomprese in ciascuno dei sub lotti era stato sospensivamente condizionato all’acquisizione del relativo finanziamento, intervenuto con deliberazione del CIPE di approvazione dei progetti definitivi ed assegnazione dei fondi;
-che l’attrice, ritenendo avverata la condizione per ottenere l’indennizzo di cui all’art. 2, lett. B) del C.S.A., aveva proposto un giudizio arbitrale, al cui esito il collegio arbitrale aveva effettuato una quantificazione provvisoria dell’indennizzo e aveva dato atto che ‘Circa l’individuazione degli indici ISTAT di riferimento, andranno utilizzati: l’indice ISTAT del costo di costruzione di un tronco stradale per tipologia di strada in galleria relativo al primo trimestre 2006, in quanto l’Ordine di In izio Attività è intervenuto il 30 marzo 2006, e il medesimo indice ISTAT riferito al primo trimestre 2009, epoca di avveramento della condizione sospensiva.
Dal momento che, allo stato, come si evince dalla documentazione in atti, l’ultimo indice ISTAT disponibile di tale tipologia è quello del 4° trimestre 2008, questo Collegio ritiene di poter provvisoriamente quantificare l’indennizzo dovuto applicando l’ul timo indice disponibile, dovendosi precisare che nel momento in cui sarà disponibile l’indice del 1° trimestre 2009 -dovrà procedere ai relativi eventuali conguagli in favore di in base al nuovo indice’;
che il lodo era stato impugnato e che contro la sentenza emessa dalla Corte d’appello pendeva il ricorso in cassazione proposto dall’odierna convenuta;
-che nelle more era stato pubblicato l’indice ISTAT relativo al primo trimestre 2009, che risultava essere inferiore (109,8) a
quello dell’ultimo trimestre del 2008 (156,0), quindi la percentuale dell’adeguamento, data dal rapporto tra i due indici ISTAT, era scesa da 12,72 a 8,39, con la conseguenza che l’importo complessivamente dovuto da a in forza del lodo ammontava a complessivi € 45.340.124,04, calcolato applicando l’indice dell’8,39% alla base di calcolo di € 540.406.722,77, oltre interessi, da corrispondere fino alla concorrenza della somma al raggiungimento del SAL n. 31; Contro
-che dai calcoli effettuati con l’applicazione della corretta percentuale di adeguamento risultava, peraltro, che l’indennizzo era dovuto nella misura di € 34.386.634,41 fino al SAL n. 23 e non in quella maggiore di € 55.141.850,72;
-che, con nota del 28/5/2014, la convenuta aveva comunicato alla controparte che avrebbe recuperato gli importi indebitamente pagati mediante trattenute sui documenti di SAL successivi ed in particolare:
-€ 3.000.000,00 quale importo trattenuto sul pagamento del documento di SAL n. 30 fino al 28/2/2014;
-€ 15.771.373,56 quale somma da trattenere sui pagamenti dei successivi documenti di SAL, in misura pari al 60% dell’importo di ciascun certifi cato di pagamento, fino al raggiungimento di detta somma, maggiorata degli interessi maturati in favore del Contraente Generale sugli importi incassati in eccesso;
che, per le ragioni sopra esposte, la convenuta aveva provveduto ad operare detrazioni sui pagamenti dal SAL n. 30 al SAL n. 36, fino a concorrenza di € 34.386.634,41, oltre interessi, per l’ammontare complessivo di € 19.678.384,73.
Intervenuto lo scambio delle memorie ex art. 183, co. VI, c.p.c., con la memoria ex art. 183, co. VI, n. 1 c.p. c. l’attrice , oltre a ribadire le proprie domande, contestava le avverse deduzioni, eccependo il giudicato arbitrale sulla quantificazione dell’indennizzo e, in subordine, l’incompetenza del giudice adito a favore dell’organo arbitrale sulla richiesta di controparte d i rideterminazione dell’indennizzo in base agli indici ISTAT del 2012, che riteneva comunque inapplicabili retroattivamente.
La precisava, inoltre, di non aver reiterato nel presente giudizio le domande svolte in sede arbitrale, ma di aver chiesto la condanna della convenuta al pagamento delle somme indebitamente trattenute sul corrispettivo maturato nel corso del contratto inter partes.
In seguito, il nuovo Giudice istruttore, nominato a far data dal 23/4/2018, fissava per la precisazione delle conclusioni
l’udienza del 18/5/2020, poi rinviata al 14/12/2020, in cui le parti concludevano e la causa era trattenuta in decisione, con la concessione dei termini di legge ex art. 190 c.p.c. per il deposito di comparse conclusionali e repliche ».
§ 2. -All’esito del giudizio il tribunale ha così deciso:
« il Tribunale ordinario di Roma, Sezione Specializzata in materia di Impresa, in composizione collegiale, pronunciando sul procedimento n. R.G. 66345/2017 tra le società
e in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, ogni contraria istanza e deduzione disattesa, così provvede:
DICHIARA tenuta e, per l’effetto, CONDANNA la società al pagamento in favore della della somma di € 19.678.384,73, oltre all’Iva come per legge e agli interessi di cui al D.Lgs. n. 231/2002, dalla data delle singole trattenute fino al saldo;
CONDANNA la società al pagamento in favore della controparte delle spese di lite, che liquida in € 65.000,00 per compenso professionale ed €3.399,00 per spese, oltre al 15% per spese generali IVA e CPA come per legge ».
A fondamento della decisione il primo giudice ha svolto le considerazioni che seguono:
Domanda di condanna al pagamento
« ha chiesto la condanna di al pagamento in proprio favore della somma di € 19.678.384,73, oltre all’IVA, agli interessi ex D.Lgs. n. 231/2002, pari ad € 4.650.004,72, calcolati dalle singole trattenute fino al 30/9/2017 ed agli interessi successivi, quali somme indebitamente trattenute dalla controparte sul corrispettivo pattuito con il contratto di appalto inter partes a titolo di indennizzo ex art. 2, lett. B) del capitolato speciale d’appalto (C.S.A.).
Risulta per tabulas che, con bando del 10/11/2004, la convenuta, società pubblica di progetto senza scopo di lucro ex art. 172 D.Lgs. n. 163/2006, costituita il 6/6/2003 e soggetta alla direzione e al coordinamento di RAGIONE_SOCIALE designata per la realizzazione del progetto pilota infrastrutturale denominato ‘Asse viario Marche – Umbria e di penetrazione interna’, approvato con deliberazioni del CIPE del 21/12/2001, n. 121, del 31/10/2002, n. 93 e del 27/5/2004, n. 13, con bando del 10/11/2004 indisse una procedura di appalto mediante licitazione privata per l’affidamento a contraente generale di progettazione e realizzazione del maxilotto n. 1, relativo al nuovo asse viario tra e suddiviso in sub lotti.
L’ATI costituita dalle società
,
e
cooperativa si aggiudicava la gara con l’offerta formulata il 20/9/2005 ed in seguito, in data 20/4/2006, è stato stipulato il contratto di appalto, ai sensi dell’art. 9 D.Lgs. n. 190/2002, per la realizzazione del maxilotto n. 1, suddiviso in sub lotti, tra cui i sub lotti maggiori erano quelli nn. 1.2 e 2.1, del valore di circa € 1.000.000.000; l’ATI aggiudicataria, unitamente al costituiva la società di progetto per l’esecuzione dell’appalto.
Per alcuni sub lotti l’esecuzione dei la vori era condizionata all’ottenimento del finanziamento da parte della committente, con la previsione, all’art. 2, lett. B) del capitolato speciale di appalto, che, se il finanziamento del lotto n. 2 non fosse stato erogato entro trenta mesi dall’inizio delle attività, l’odierna attrice avrebbe ricevuto un indennizzo sotto forma di adeguamento monetario mediante gli indici ISTAT.
Il finanziamento del sub lotto 2.1 è stato ottenuto nel febbraio 2009, oltre il termine di trenta mesi di cui sopra, pertanto alla chiedeva la corresponsione dell’indennizzo previsto dal contratto e, stante l’inadempienza della comm ittente, intraprendeva il giudizio arbitrale, definito con l’emissione del lodo, che accertava il diritto dell’attrice al pagamento di un indennizzo da corrispondersi in ragione del progressivo avanzamento dei lavori, pari ad € 68.739.735,14.
Stante il mancato adempimento spontaneo del lodo da parte dell’odierna convenuta, l’attrice intraprendeva l’azione esecutiva, al cui esito otteneva il pagamento della somma di € 55.88.339,43, di cui € 52.133.252,65 a titolo di quota di corrispettivo maturato fino al 13/3/2013 in relazione al SAL n. 23 per lavori fino al 31/12/2012.
Ciò posto, a far tempo dal certificato di pagamento del SAL n. 30 del 18/4/2014 fino al certificato di pagamento relativo al SAL n. 37 del 22/6/2015 la convenuta tratteneva la somma pari ad un terzo del corrispettivo dovuto all’appaltatrice, per complessivi € 19.678.384,73, a compensazione delle somme pagate asseritamente in misura maggiore rispetto al dovuto in esecuzione del lodo.
Va precisato che l’impugnazione del lodo è stata poi respinta dalla Corte d’Appello con sentenza n. 5149 del 2/9/2016, ma risultava pendente il giudizio di Cassazione, per cui la determinazione dell’indennizzo non è allo stato definitiva.
Dai documenti prodotti risultano le somme spettanti per i SAL dal nn. 30 al 37 a titolo di compenso maturato per i lavori eseguiti ed i relativi mandati di pagamento, con la indicazione delle detrazioni effettuate dalla parte co nvenuta, per la complessiva somma di € 19.678.384,73.
A prescindere da ogni considerazione sulle modalità di calcolo della somma spettante alla società attrice a titolo di indennizzo, che è già oggetto del giudizio di impugnazione del lodo e del giudizio di opposizione all’esecuzione intrapresa, parte convenuta non aveva alcun titolo per procedere alle detrazioni effettuate, in assenza di un proprio credito liquido ed esigibile da porre in compensazione ai sensi dell’art. 1243 c.c.
Mentre, infatti, non vi è contestazione tra le parti sui lavori eseguiti e sull’ammontare dei SAL, in ragione dei mandati di pagamento prodotti, per cui il relativo importo deve considerarsi spettante alla società attrice, la compensazione operata dalla convenuta è avvenuta, in realtà, in base ad un proprio ricalcolo dell’indennizzo per il ritardato finanziamento del lotto n. 2
-come detto allo stato non definitivo -sul presupposto unilaterale di aver versato somme superiori, sulla base di un titolo non definitivo.
Sono pertanto illegittime le trattenute operate di iniziativa dalla convenuta fino alla concorrenza di € 19.678.384,73, con conseguente fondatezza della domanda attorea.
Ne consegue, in accoglimento delle domande attoree, la condanna della al pagamento in favore della della somma di € 19.678.384,73, oltre all’Iva come per 31/2002 dalla data delle singole trattenute fino al saldo. Deve, invece, escludersi la rivalutazione monetaria, trattandosi di credito di valuta e in mancanza di idonea allegazione e prova
legge e all’interessi di cui al D.Lgs. n. 2 del maggior danno di cui al capoverso dell’articolo 1224 c.c ».
Spese
«Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate nella misura indicata in dispositivo secondo i parametri di cui al D.M. 55/2014 in base al valore del giudizio, tra minimo e medio».
§ 3. -Ha proposto appello
ed ha così concluso:
‘ Voglia l’On.le Corte di Appello adita, disattesa ogni contraria istanza, deduzione ed eccezione, previa valutazione positiva dell’ammissibilità del gravame,
A) in via preliminare, disporre l’immediata sospensione dell’esecutività della sentenza impugnata ai sensi e per gli effetti degli artt. 351 e 283 c.p.c., in considerazione del danno grave e irreparabile derivante dall’esecuzione della medesima, per le ragioni sopra esposte;
B) in via principale, nel merito, riformare integralmente la sentenza n. 2612 del 17.02.2022, pronunciata dal Tribunale Ordinario di Roma, sez. XVI civile, specializzata in materia di impresa, respingendo la domanda originariamente proposta da e dunque accertare il fondamento e la certezza del credito opposto in compensazione, mediante detrazione sui SAL, da QMU e la non debenza della somma di Euro 19.678.384,73 (oltre Iva ed interessi) ovvero condannare alla restituzione di quanto, n elle more, corrisposto dall’odierna attrice (oltre interessi), e per l’effetto mandando esente l’esponente da qualsiasi obbligo nei confronti di controparte;
C) in via subordinata, dichiarare comunque non dovuti gli interessi ex d.lgs. n. 231/2002 sull’importo di Euro 19.678.384,73;
in via di estremo subordine, compensare le spese di lite del primo grado di giudizio;
E) ad ogni modo, condannare alla rifusione delle spese di lite, oltre oneri ed accessori come per legge, di ogni fase e grado del giudizio ‘.
ha resistito al gravame ed ha chiesto: ‘ Voglia l’Ecc.ma Corte di Appello, disattesa e respinta ogni diversa e contraria istanza, eccezione e deduzione:
INDIRIZZO INDIRIZZO
rigettare l’appello di in ogni sua prospettazione, per tutte le ragioni di infondatezza esposte e conseguentemente confermare la sentenza del Tribunale Ordinario di Roma, XVI sez.
civ., n. 2612/2022 pubblicata il 17.2.2022;
In subordine
Per la denegata ipotesi di accoglimento anche parziale dell’appello proposto da accogliere integralmente le domande proposte dalla assorbite in primo grado e che qui di seguito si formulano (ex art. 346 c.p.c., ove occorra anche come appello incidentale condizionato):
dichiarare ed accertare l’illegittimità e la mancanza di titolo delle detrazioni operate da
per recupero parziale dell’indennizzo ex art. 2 lett. B) sia in accoglimento delle eccezioni di giudicato e di competenza, sia per tutte le ulteriori ragioni di infondatezza esposte;
in via gradata, dichiarare la giurisdizione arbitrale in ordine ad ogni questione che riguardi la (ri)determinazione dell’indennizzo dovuto ex art. 2 lett. B) in ragione della clausola arbitrale contenuta nell’art. 8 dell’Atto Aggiuntivo del 4.11.2009, e per l’effetto dichiarare ed accertare l’illegittimità e la mancanza di titolo delle detrazioni operate da
D) in ulteriore subordine, dichiarare che non sono applicabili all’indennizzo de quo i nuovi indici ISTAT invocati da in quanto diversi e sopravvenuti rispetto a quelli in essere alla data dell’offerta (20.9.2005) e di st ipula del Contratto inter partes (20.4.2006), e per l’effetto dichiarare ed accertare l’illegittimità e la mancanza di titolo delle detrazioni operate da
E) per l’effetto di quanto ai superiori punti, ed in ogni caso, condannare la a corrispondere alla gli importi illegittimamente trattenuti a ta le titolo, pari a €
19.678.384,73, oltre IVA di legge, e interessi ex D.Lgs. n. 231/2002 come modificato dal D.Lgs. n. 192/2012, nella misura di € 4.650.004,72 calcolati dalla data delle singole trattenute fino al 30.09.2017, oltre ad interessi successivi, anche anatocistici, e rivalutazione come per legge, fino all’integrale soddisfo;
con vittoria di spese, competenze ed onorari del presente grado di giudizio ‘.
L’appello è stato posto in decisione all’udienza del giorno 10.02.2025 e successivamente deciso allo spirare dei termini per il deposito di conclusionali e repliche.
§ 4. -L’appello principale contiene i seguenti motivi:
Sulla ritenuta sussistenza di contestazione e non definitività del credito vantato da ed operato in detrazione sui SAL nn. 30-36 spettanti a Violazione e falsa applicazione dell’art. 1243 c.c. e del principio di autonomia dell’organo giudicante, ai sensi dell’art. 101 Cost. Omessa, e comunque carente e contraddittoria, motivazione della sentenza. Controp
Con il primo motivo di appello la parte appellante censura la sentenza di primo grado nella parte in cui il Tribunale ha escluso l’operatività della compensazione del credito, ritenendo che ‘ il credito, vantato da ed operato in compensazione, stato oggetto di contestazione in due separati giudiz i’ e, pertanto, risultasse ancora incerto. Contro
Quanto al giudizio di impugnazione del Lodo, pendente davanti alla Corte di Cassazione, parte appellante afferma che lo stesso si è già concluso ed è già stato riassunto innanzi alla Corte di Appello, avendo la Suprema Corte ‘ ritenuto sindacabile la statuizione arbitrale nella parte in cui ha considerato valida la clausola che prevede la debenza dell’indennizzo ‘ .
Tuttavia, in ogni caso, a parere dell’appellante gli oggetti del giudizio di riassunzione e di quello odierno sarebbero in realtà differenti, con la conseguenza che la pendenza del primo non dovrebbe pregiudicare in alcun modo lo svolgimento del secondo: il giudizio di riassunzione, relativo al Lodo arbitrale, sarebbe infatti relativo alla ‘ validità della clausola arbitrale in forza della quale l’indennizzo era dovuto ‘, dunque un profilo processuale; il giudizio odierno , invero, avrebbe avuto ad oggetto ‘ la legittimità della compensazione, in forza di un credito certo ‘.
Secondariamente, in merito al giudizio incardinato dall’odierna appellata ai fini dell’annullamento della sentenza n. 6656 del 2020 del Tribunale di Roma, asserisce l’appellante che il Tribunale avrebbe dovuto ‘ considerare che l’oggetto di quel giudizio era ed è decisamente diverso ‘.
Precisamente, tale giudizio riguardava ‘ la spettanza o meno, da a della maggior somma precettata, calcolata in forza del rapporto tra l’indice ISTAT 2006 e quello del quarto trimestre del 2008 ‘; d’altra parte, invece, il presente giudizio ha ad oggetto ‘ la validità o meno delle trattenute in compensazione operate da QMU ‘ al fine di ‘ recuperare quanto già corrisposto in eccesso dall’odierna attrice a Val di Chieti ma non più dovuto a seguito della pubblicazione del nuovo indice ISTAT ‘ . Contro
Sostiene dunque l’appellante che anche tra questi due giudizi non vi sia alcun tipo di pregiudizialità ‘ tale da impedire, nella presente sede, di sindacarsi sulla validità della compensazione (e dunque della certezza del credito) effettuata da QMU sui SAL nn. 30-36 ‘ .
Inoltre, il Giudice di primo grado , a parere dell’ appellante, avrebbe dovuto comunque valutare la compensazione, a prescindere dalla certezza del credito, che non sarebbe rilevante nell’accertamento giudiziale richiesto.
Sull’asserito ricalcolo unilaterale del credito vantato da Conseguente violazione del ‘giudicato interno’ del lodo arbitrale di data 8-9 marzo 2011. Omessa pronuncia. Controp
La parte appellante censura la decisione di primo grado laddove il Tribunale ha ritenuto che ‘ la compensazione sia stata oggetto di un ricalcolo autonomo dell’indennizzo da parte di , violando, secondo la tesi dell’appellante, ‘ l’accertamento compiutosi nel Lodo, che obbligava le parti ad adattare la quantificazione, provvisoriamente stabilita dagli Arbitri, alla pubblicazione del nuovo indice ISTAT afferente al primo trimestre del 2009 ‘. Contro
Il riporta la parte, effettuava una liquidazione dell’indennizzo solo provvisoria, stabilendo poi la modalità di calcolo definitiva nei termini seguiti successivamente dalla parte oggi appellante.
Pertanto, il Giudice di prime cure avrebbe errato nel ritenere la statuizione del lodo come immodificabile e qualificando, di conseguenza, l’operazione effettuata dal QMU come un ‘ proprio ricalcolo ‘.
A riprova della legittimità del proprio operato, l’appellante richiama la conclusione a cui è giunto il Tribunale di Roma nel parallelo giudizio, ‘ che ha ritenuto ‘titolato’ il ricalcolo dell’indennizzo operato da . Contro
3. Sulla non debenza degli interessi ex d.lgs. n. 231 del 2002 sul pro quota dell’indennizzo.
Con il terzo motivo l’appellante lamenta l’erroneità della parte della sentenza di primo grado in cui il Giudice ‘ ha ritenuto che QMU, oltre alla somma pari all’indennizzo detratto, debba su quest’ultima anche gli interessi ‘.
Viceversa , la parte appellante sostiene che ‘ l’indennizzo è stato già computato tenendo in considerazione, in re ipsa, gli interessi ‘ , dal momento che gli indici ISTAT tengono già in considerazione ” il costo della moneta’, e, dunque, gli interessi ‘.
Nondimeno, il Lodo nulla ha stabilito sulla debenza di tali interessi.
In via subordinata, l’appellante afferma che in ogni caso ‘ la somma de qua vada esente da interessi, trattandosi di un debito di valore, e non di valuta ‘, come altresì confermato dalla Circolare del Mise, al Prot. n. 0001293 -23/01/2013, avente ad oggetto le modifiche del d.lgs. n. 231 del 2002.
4. Sulla condanna di al pagamento delle spese di lite. Violazione e falsa applicazione dell’art. 92 co. 2 c.p.c.
Infine, la parte appellante censura il capo della sentenza relativo alla refusione delle spese di lite, addebitate interamente a quando invece, secondo la parte, ci sarebbero stati i presupposti per la compensazione delle spese. Controp
In tal senso, la parte richiama la ‘ complessità dei profili giuridici coinvolti ‘, i ‘ profili di assoluta novità ‘, nonché la presenza di un precedente giurisprudenziale che, in merito ad un’analoga situazione, è giunto a conclusioni opposte.
§ 5. -L’appello, nei primi due motivi, è infondato.
E’ bene chiarire che l’oggetto della domanda proposta dalla società attrice, oggi appellata, nel giudizio di primo grado è: ‘ A) dichiarare ed accertare l’illegittimità e la mancanza di titolo delle detrazioni operate da per recupero parziale dell’indennizzo ex art. 2 lett. B) C.S.A., sia in accoglimento delle eccezioni di giudicato, sia per tutte le ulteriori ragioni di infondatezza delle avverse eccezioni esposte ….per l’effetto di quanto ai superiori punti, ed in ogni caso, condannare la a corrispondere alla gli importi illegittimamente trattenuti a tale titolo, pari a € 19.678.384,73,
oltre IVA di legge, e interessi ex D.Lgs. n. 231/2002 come modificato dal D.Lgs. n. 192/2012, nella misura di € 4 .650.004,72 calcolati dalla data delle singole trattenute fino al 30.09.2017, oltre ad interessi successivi, anche anatocistici, e rivalutazione come per legge, fino all’integrale soddisfo’.
Le conclusioni della società convenuta, oggi appellante, nel giudizio di primo grado sono le seguenti: ‘ Voglia l’On.le Tribunale adito, ogni contraria istanza, eccezione e deduzione disattesa, rigettare le domande formulate dalla società nell’atto di citazione introduttivo del presente giudizio e precisate e modificate con la prima memoria ai sensi dell’articolo 183, comma 6, c.p.c’ .
La causa, dunque, ha ad oggetto la dedotta illegittimità delle trattenute operata dalla convenuta dal certificato di pagamento del SAL n. 30 del 18/4/2014 fino al certificato di pagamento relativo al SAL n. 37 del 22/6/2015 per la complessiva somma di € 19.678.384,73.
Rispetto alle contestazioni di parte appellante, può dunque subito escludersi che la causa avesse ad oggetto una domanda principale o incidentale di compensazione, non proposta da alcuna delle parti in causa, con la conseguenza che deve ritenersi privo di fondamento l’assunto di parte appellante, laddove, nell’atto di appello, a pag. 23 deduce che ‘ il requisito della certezza del credito caratterizza solo la compensazione legale, e non anche quella giudiziale, sicché, una volta che ha giudizialmente richiesto simile accertamento, il Tribunale non poteva esimersi dal valutare la detrazione effettuata da alla stregua dell’art. 1243 co. 2 del Codice civile ‘ . Contro
Invero, come si è detto, ha proposto la diversa domanda di accertamento dell’illegittimità delle detrazioni operate dalla società appaltante, con conseguente condanna alla restituzione di quanto illegittimamente trattenuto.
Altra contestazione erronea in diritto mossa dall’appellante alla motivazione del giudice si rinviene a pag. 20 dell’atto di appello, laddove si afferma che ‘ l’orientamento giurisprudenziale è conforme nel ritenere che il Giudice possa conoscere la validità di una compensazione compiuta, nonostante il credito principale sia oggetto di contestazione in separato giudizio -diversamente a quanto stabilitosi nella sentenza gravata ‘ , e ciò, sulla base del principio affermato dalla S.C. n. 23573 del 17 ottobre 2013.
Contrariamente a quanto sostenuto dall’appellante, il giudice di primo grado ha correttamente applicato il principio affermato dalle S.U. nella sentenza n. 23225 del 15/11/2016,
secondo cui: ‘ In tema di compensazione dei crediti, se è controversa, nel medesimo giudizio instaurato dal creditore principale o in altro già pendente, l’esistenza del controcredito opposto in compensazione, il giudice non può pronunciare la compensazione, neppure quella giudiziale, perché quest’ultima, ex art. 1243, comma 2, c.c., presuppone l’accertamento del controcredito da parte del giudice dinanzi al quale è fatta valere, mentre non può fondarsi su un credito la cui esistenza dipenda dall’esito di un separato giudizio in corso e prima che il relativo accertamento sia divenuto definitivo. In tale ipotesi, resta pertanto esclusa la possibilità di disporre la sospensione della decisione sul credito oggetto della domanda principale, ed è parimenti preclusa l’invocabilità della sospensione contemplata in via generale dall’art. 295 c.p.c. o dall’art. 337, comma 2, c.p.c, in considerazione della prevalenza della disciplina speciale dell’art. 1243 c.c. ‘ .
E’ evidente che il principio formulato dalle S.U. vale sia nel caso in cui il giudizio abbia ad oggetto una domanda o un’eccezione di compensazione, sia nel caso, quale quello di cui oggi è giudizio, in cui la compensazione sia addotta dalla parte a fondamento delle disposte detrazioni, la restituzione delle quali è oggetto della domanda proposta dall’attore al Tribunale.
Ciò premesso, è ben vero che l’oggetto del presente giudizio è diverso dall’impugnativa del lodo arbitrale del 3 novembre 2011, con cui era stata condannata a pagare a la somma di euro 68.739.735,14, oltre accessori, a titolo di indennizzo, in base alla clausola di cui all’art. 2, lett. b), del capitolato speciale di affidamento relativo al contratto d’appalto stipulato il 20 aprile 2006; invero il giudizio di rinvio a seguito dell’ordinanza della Co rte di Cassazione n. 38327/2021 è stato definito da questa Corte con sentenza n. 228/2025 riguardante l’unico motivo , che è stato respinto, di omessa pronuncia sulla eccezione di nullità della clausola del capitolato relativa all’indennizzo contrastante con le norme imperative che impongono l’affidamento dei contratti in presenza id una copertura finanziaria.
Meno chiara risulta la dedotta autonomia della causa avente ad oggetto l’opposizione al precetto intimato da a sulla base del dispositivo del lodo arbitrale del 3 novembre 2011, che aveva disposto:
‘ 1) … accerta e dichiara che al Contraente
compete, relativamente al sublotto sub 2.1. del Contratto inter partes dedotto in lite l’indennizzo derivante
dall’applicazione della clausola di cui all’art. 2 lett. B) del Capitolato Speciale di Affidamento.
2) accerta e dichiara che l’indennizzo di cui al punto precedente va computato assumendo come base di calcolo l’importo di € 540.406.722,77, al quale va applicato il rapporto tra l’indice ISTAT del costo di costruzione di un tronco stradale per tipologia di strada in galleria relativo al primo trimestre 2006 e l’analogo indice ISTAT relativo al primo trimestre 2009.
accerta e dichiara che, essendo tali indici disponibili solo fino al quarto trimestre 2008, l’indennizzo va allo stato calcolato applicando la percentuale del 12,73 all’importo sub 2) che precede e pertanto lo stesso risulta ad oggi determinato nella misu ra di € 68.739.735,14, che dichiara dovuti dalla alla e per l’effetto condanna a corrispondere a l’indennizzo di € 68.739.735,14 in ragione dell’avanzamento dei lavori in occasione del SAL come pre visto dall’art. 2 lett. B) CSA;
4) (….);
accerta e dichiara l’obbligo di d’integrare l’indennizzo di € 68.739.735,14 quando disporrà dell’indice ISTAT relativo al primo trimestre 2009 e per l’effetto condanna a pagare a le somme che deriveranno dall’applicazione dell’indice ISTAT relativo al primo trimestre 2009 mediante i relativi conguagli sulle quote di indennizzo già maturate’.
Orbene, la Corte d’appello, con sentenza n. 44/2023, ha riformato la sentenza del Tribunale n. 6656/2020 che aveva accolto l’opposizione di ed aveva annullato il precetto di pagamento di euro 25.381,247,63 complessivi, intimato a saldo della somma liquidata nel lodo arbitrale, avendo rilevato il primo giudice che quanto precettato a titolo di indennizzo fosse esorbitante rispetto alla liquidazione operata nel responso arbitrale, laddove per il primo trimestre del 2009 il dovuto doveva intendersi ragguagliato all’effettivo Indice Istat 8,39%, e non già del 12,72% enunciato a titolo indicativo e salvo conguaglio.
In quel giudizio, aveva dedotto nell’atto di opposizione a precetto (pag. 15):
IL.2 Applicando tale diversa e minore percentuale di adeguamento; è risultato che Limporto da QMU a Val forza del lodo arbitrale era 9.45.340.124.04 euro; di cui 34.386.634,41 euro fino al SAL n. cui si riferiva latto di precetto precedentemente notificato. pari 23 ,
Per tale ragione, QMU ha provveduto a recuperare sui SAL successivi, ed in particolare dal SAL n 30 al SAL n. 36, limporto complessivo di 19.678.384,73 al lordo degli interessi (così come iscritto anche nel bilancio chiuso al 31 dicembre 2015,il cui estratto si deposita sub doc. n. 10).
La questione relativa alle detrazioni di cui oggi è giudizio era già stata prospettata in quella causa, sulla base della stessa tesi sostenuta nel presente giudizio: ossia il carattere provvisorio della liquidazione dell’indennizzo operata dal Collegio arbitrale sulla base dell’ultimo indice ISTAT disponibile ossia quello del IV trimestre 2008 pari al 12,73%, mentre una volta resosi disponibile l’indice ISTAT del I t rimestre 2009, applicando la più bassa percentuale di adeguamento del 8,39%, l’importo complessivamente dovuto fino al SAL n. 23 (cui si riferiva il precetto), la somma dovuta a titolo di indennizzo risultava inferiore a quella corrisposta, con una differenza pari a euro 19.678.384,73 tra quanto corrisposto in eccesso dall’opponente , in forza del rapporto provvisorio tra gli indici ISTAT, e quanto effettivamente dovuto, a seguito della pubblicazione del valore ISTAT del 2009; tale differenza era stata oggetto quindi delle detrazioni sui pagamenti dal SAL n. 30 al SAL n. 36.
Questo è quanto ha dedotto nell’opposizione a precetto intimato da sulla base di quanto disposto dal Collegio arbitrale. Pare a questa Corte che la questione posta in quel giudizio sia la medesima eccepita da anzi l’appellante rimprovera espressamente al primo giudice dell’odierno giudizio di non aver voluto affrontare la questione riguardante l’interpretazione della statuizione de l Collegio arbitrale con la quale ha disposto: ‘ 5) accerta e dichiara l’obbligo di d’integrare l’indennizzo di € 68.739.735,14 quando disporrà dell’indice ISTAT relativo al primo trimestre 2009 e per l’effetto condanna a pagare a le somme che deriveranno dall’applicazione dell’indice
ISTAT relativo al primo trimestre 2009 mediante i relativi conguagli sulle quote di indennizzo già maturate ‘.
Orbene, nel giudizio di opposizione a precetto la questione interpretativa della pronuncia arbitrale riguardante l’applicazione dell’indice ISTAT relativo al primo trimestre 2009 è stata affrontata e decisa in primo grado nel senso che, per tutto il periodo in contestazione, si doveva applicare il rapporto con il valore ISTAT del I trimestre 2009, ossia la percentuale di adeguamento del 8,39%.
Tuttavia la sentenza del Tribunale è stata riformata in appello con la citata sentenza n. 44/2023 della Corte d’appello di Roma a seguito dell’impugnazione di che aveva contestato l’accoglimento dell’opposizione da parte del Tribunale, deducendo che essa fosse il frutto di un travisamento di quanto statuito nel lodo e che, quindi, il Tribunale si fosse indebitamente ingerito nella competenza attribuita al Giudice arbitrale.
Nella sentenza n. 44/2023 di questa Corte, il giudice dell’appello ha ritenuto , quanto alle statuizioni del lodo ai punti 3 e 5 del dispositivo, sopra riportati:
‘ riguardo a quanto disposto sub 3) è dato evincere che la quantificazione dell’indennizzo a tutti il primo trimestre del 2009, nella misura di euro 68.739.735,14, sia avvenuta esclusivamente alla stregua dell’indice 12,73.
Laddove poi, stante l’indisponibilità dell’indice corrispondente al primo trimestre, la testé detta liquidazione risulta prevista ‘ ad oggi ‘, soccorre quanto ulteriormente statuito sub 5), nel senso che ad avvenuta acquisizione del corrispondente dato attuariale è fatto carico alla sola di integrare quanto in precedenza anticipato. Conformemente infatti a quanto denuncia la società odierna appellante, ad avviso della Corte, la circostanza che lodo non prevedesse alcunché per il caso, quale quello di specie, della sopravvenienza di un indice inferiore a quello del primo trimestre del 2006, non consentiva al Tribunale di modificare il decisum arbitrale. Trattandosi pur sempre di una materia coperta dalla relativa clausola compromissoria, al contrario, toccava all’odierno appellante fare nuovamente ricorso al rimedio arbitrale, salvo l’esperimento del giudizio impugnatorio dinanzi a questa Corte ex art. 829 n. 12 cpc, qualora la questione fosse stata anch’essa oggetto di domanda ‘ .
Detta sentenza è stata impugnata in Cassazione con regolamento di competenza, dichiarato inammissibile con ordinanza n. 24836/2024.
Dunque, tornando al nostro giudizio, non può la parte appellante sostenere che la sentenza di primo grado oggi impugnata sarebbe erronea nella parte in cui stabilisce che non aveva titolo per operare le trattenute effettuate sui SAL, ‘ poiché il titolo è rappresentato dal Lodo arbitrale stesso ‘ (così in memoria di replica parte appellante, pag. 3).
Invero, sebbene il giudizio di opposizione a precetto avesse un oggetto diverso a quello del presente giudizio, tuttavia, proprio nell’opposizione a precetto , la questione principale era quella del l’interpretazione del titolo , ossia il lodo, in base al quale valutare la legittimità dell’azione esecutiva, dovendosi in particolare valutare le contrapposte tesi delle parti in relazione alla questione della sopravvenienza, per il primo Trimestre 2009, di un indice inferiore a quello del 2006. Si è visto come già nel giudizio di opposizione a precetto l’odierna appellante abbia anticipato l’avvenuta detrazione dal SAL n. 30 al SAL n. 36 della complessiva somma di euro 19.678.384,73 sul rilievo che l’indennizzo andasse determinato attraverso il rapporto con il valore ISTAT del I trimestre 2009, ossia la percentuale di adeguamento del 8,39%, con conseguente deduzione del controcredito dell’opponente per la somma ver sata in eccesso sulla base della percentuale di adeguamento relativa all’ultimo trimestre 2008.
La tesi di è stata disattesa dalla Corte d’appello di Roma, sulla base di due rilievi:
1)il lodo non ha previsto alcunché per il caso della sopravvenienza di un indice inferiore a quello del primo trimestre del 2006;
2) la questione è comunque coperta dalla clausola compromissoria.
Pertanto, la tesi oggi sostenuta dall’opponente, -secondo la quale, sulla base del lodo del 3 novembre 2011 , l’indennizzo va determinato attraverso il rapporto con il valore ISTAT del I trimestre 2009, ossia applicando la percentuale di adeguamento del 8,39%,- è già stata respinta con la sentenza n. 44/2023 di questa Corte, la quale, pur essendo estranea alla questione dell’illegittimità delle detrazioni, ha escluso il fondamento della tesi interpretativa del lodo proposta dall’opponente in quel giudizio, che sta alla base delle detrazioni di cui oggi è giudizio, e di cui l’odierna appellante afferma la legittimità.
Questa Corte concorda con quanto già motivato dalla stessa Corte d’appello di Roma nella sentenza n. 44/2023, nel ritenere
che, avuto riguardo alla statuizione del lodo al punto 5) del dispositivo: ‘… per l’effetto condanna a pagare a le somme che deriveranno dall’applicazione dell’indice ISTAT relativo al primo trimestre 2009 mediante i relativi conguagli sulle quote di indennizzo già maturate ‘ , la pronuncia arbitrale non abbia previsto alcunché per il caso della sopravvenienza di un indice inferiore a quello del primo trimestre del 2006, soprattutto in considerazione del fatto, evidenziato dall’appe llata, che i nuovi indici ISTAT del primo trimestre 2009 (pubblicati nel 2012 e su base 2005) sono basati su presupposti e metodologie di calcolo diversi rispetto a quelli posti a base degli indici ISTAT in base 1995, utilizzati invece nel Lodo.
Tanto basta per confermare quanto stabilito dal giudice di primo grado nella sentenza impugnata, ossia che non aveva titolo per operare le detrazioni dal SAL n. 30 al SAL n. 36 per la complessiva somma di euro 19.678.384,73 sui corrispettivi maturati dalla società appellata per
i lavori eseguiti.
Esula completamente dalla domanda proposta dalla nel presente giudizio la questione della competenza arbitrale ovvero in sede di impugnazione del lodo, circa la misura dell’indennizzo dovuto fino al febbraio 2009, ossia alla data in cui è stato approvato il finanziamento del sub lotto 2.1, per la parte in cui il lodo non ha previsto il caso della sopravvenienza nel primo trimestre 2009 di un indice inferiore a quello del primo trimestre del 2006.
Altresì, la ritenuta assenza di titolo in forza del quale fondare le detrazioni operate dall’appellante sugli importi dovuti all’appellata per i lavori eseguiti spazza via ogni censura riguardante l’asserita sussistenza dei presupposti per l’operatività della dedotta compensazione legale, ovvero giudiziale, o anche impropria, come tardivamente dedotto dall’appellante negli scritti conclusivi del presente giudizio di appello.
Il motivo sugli interessi ai sensi del D. Lgs. N. 231/2002 va accolto. Questa Corte nella sentenza n. 2804/2025 pubbl. il 07/05/2025, ha espresso il proprio orientamento, a cui il Collegio intende dare continuità, sostenendo quanto segue:
‘ Il d.lgs. 231/2002, invocato da… , al tempo della stipula dell’appalto, non era applicabile agli appalti dei lavori: esso, nella sua formulazione originaria, era applicabile solo agli appalti pubblici di servizi e forniture: art. 2.
Detto d.lgs. è stato modificato con il d.lgs. del 2012 n.192, il quale, costituendo attuazione della Direttiva 2011/7/UE, è stato
interpretato nel senso che ricomprendesse anche gli appalti di lavori; e ciò sia tenuto conto del ‘considerando’ 11, che della finalità della Direttiva, volta a favorire la competitività delle imprese.
Il d.lgs. 2012/192 è stato a propria volta interessato dalla l. di interpretazione autentica del 2014 n. 161, la quale ha previsto: ‘ l’articolo 2 comma 1, lettera a) del decreto legislativo 9 ottobre 2002 n. 231, come sostituito d all’articolo 1 comma 1 lettera b) del decreto legislativo 9 novembre 2012 n. 192 si interpreta nel senso che le transazioni commerciali ivi considerate comprendono anche i contratti previsti dall’articolo 3 comma 3 del codice di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006 n. 163 ‘, c ioè anche gli appalti di opere o lavori.
Tuttavia, tale estensione, ad opera del d.lgs. 2012/192, è applicabile ai contratti con clusi successivamente a quest’ultima disciplina, mentre il contratto in esame è ad essa anteriore ‘ .
La sentenza di primo grado va, pertanto parzialmente riformata dovendo disporsi che
va condannata al pagamento in favore della
della somma di € 19.678.384,73, oltre all’Iva come per legge ed interessi legali dalla data delle singole trattenute fino al saldo.
L’appello incidentale condizionato proposto dall’appellata resta assorbito.
Il motivo sulle spese resta assorbito dalla diversa regolamentazione delle spese del giudizio di primo grado a seguito della parziale riforma della sentenza di primo grado.
Esse vanno compensate nella misura di un quinto, stante la reciproca soccombenza delle parti (la domanda relativa agli interessi ha carattere autonomo Cass. n. 18292 del 19/09/2016; Cass. n. 36659 del 25/11/2021 ) e vanno liquidate per l’intero nella misura stabilita da giudice di primo grado. Per i restanti quattro quinti le spese seguono la prevalente soccombenza di nei confronti di
§ 6. -Le spese del grado di appello vanno regolate in applicazione dei medesimi criteri. Pertanto va disposta la compensazione nella misura di un quinto delle spese del grado di appello, liquidate per l’intero ai sensi del D.M. n. 147/2022 , valori medi, nella misura di euro 97.110 oltre a spese generali, IVA e CPA, mentre per i restanti quattro quinti seguono la soccombenza
di
PER QUESTI MOTIVI
definitivamente pronunciando sull’appello proposto da nei confronti di contro la sentenza resa tra le parti dal tribunale di Roma, ogni altra conclusione disattesa, così provvede
-in parziale riforma della sentenza impugnata,
CONDANNA la società
al pagamento in favore della della somma di € 19.678.384,73, oltre all’Iva come per legge e interessi legali, dalla data delle singole trattenute fino al saldo; compensa per un quinto le spese del giudizio di primo grado nella misura liquidata dal Tribunale, e condanna
al rimborso in favore di dei restanti quattro quinti;
2. -compensa per un quinto le spese del presente giudizio di appello, liquidate per l’intero nella misura di euro 97.110 oltre a spese generali, IVA e CPA, e condanna
al rimborso in favore di dei
restanti quattro quinti.
Così deciso in Roma il giorno 25.07.2025. Il presidente estensore
nei confronti di