Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 22736 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 22736 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 06/08/2025
ORDINANZA
sul ricorso R.G. n. 6221/2021
promosso da
RAGIONE_SOCIALE COGNOME Simone , in persona del titolare COGNOME NOME, rappresentato e difeso dall’avv. NOME COGNOME in virtù di procura speciale in atti;
ricorrente contro
RAGIONE_SOCIALE – Agenzia per le erogazioni in agricoltura , in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato;
intimata avverso la sentenza della Corte d’appello di Trieste n. 335/2020 pubblicata il 22/07/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 23/04/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
letti gli atti del procedimento in epigrafe.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
L’ Azienda RAGIONE_SOCIALE di COGNOME NOME (di seguito, RAGIONE_SOCIALE) chiedeva al Tribunale di Pordenone l’emissione di decreto ingiuntivo per ottenere il pagamento dalla AGEA della capital somma richiesta di € 194.818,54 , oltre accessori di legge, a titolo di contributi comunitari PAC, relativi alla stagione 2005/2006, 2006/2007, 2007/ 2008, riconosciuti formalmente da AGEA, ma mai liquidati.
La ricorrente deduceva di avere presentato ad AGEA le domande per l’erogazione dei contributi denominati comunitari denominati PAC, come stabilito dal Regolamento (CE) n. 1782/2003, aggiungendo che tali domande erano state accolte, come attestato dalla domanda unica di pagamento proveniente dal registro SIAN di AGEA, ma l’importo non era stato, poi, pagato, in quanto AGEA ne aveva illegittimamente disposto la compensazione con altri importi asseritamente dovuti a titolo di prelievi supplementari non versati per eccedenze produttive delle quote latte, nonostante l’impignorabilità e, dunque, la non compensabilità dei crediti dell’Azienda.
Il Tribunale emetteva il decreto ingiuntivo, che veniva opposto da RAGIONE_SOCIALE.
Si costituiva, nel giudizio di opposizione, l’RAGIONE_SOCIALE, contestando ogni deduzione, istanza ed eccezione.
Il Giudice di prime cure pronunciava la sentenza con la quale accoglieva l’opposizione, revocava il decreto ingiuntivo n. 328/2017 e dichiarava compensate le spese del giudizio.
L’ RAGIONE_SOCIALE proponeva appello, chiedendo, in riforma della gravata sentenza, la conferma del decreto ingiuntivo.
Si costituiva in giudizio RAGIONE_SOCIALE contestando integralmente, in fatto come in diritto l ‘impugnazione.
La Corte d ‘a ppello di Trieste con sentenza n. 335/2020, pubblicata il 22/07/2020, rigettava l’appello e compensava le spese di giudizio.
In particolare, la Corte di merito richiamava l’orientamento di questa Corte (Cass., Sez. 1, Ordinanza n. 18852 del 12/07/2019), secondo il quale il diritto comunitario non prevedeva una disciplina generale della compensazione in questa materia, spettando agli Stati membri stabilirne le condizioni, ferma restando l’esigenza dell’uniforme applicazione del diritto comunitario e l’osservanza del principio di non discriminazione.
La Corte d’appello affermava, dunque, che, in base al nostro ordinamento, la compensazione poteva operare in presenza dei presupposti di legge, relativi alla certezza, liquidità ed esigibilità del controcredito, da escludere nel caso in cui lo stesso sia contestato, aggiungendo che, nel caso in esame, diversamente dalle fattispecie oggetto di precedenti statuizioni, il credito opposto in compensazione aveva i requisiti necessari perché operasse la compensazione.
La menzionata Corte non recepiva, infatti, il rilievo dell’appellante – secondo il quale la contestazione dei crediti di RAGIONE_SOCIALE era in itinere , anche sotto il profilo penale – perché la contestazione è un requisito che esclude la liquidità del credito, impedendo la compensazione, e quindi deve essere valutata con riguardo allo specifico credito opposto in compensazione.
La stessa Corte precisava che il credito opposto in compensazione da AGEA in questo giudizio riguardava la cartella di pagamento n. 3002010000008204/2000, per l’importo complessivo di € 613.055,42, riferito all’anno 2006 (per ‘ prelievo latte sulle consegne-capitale ‘ pari a € 341.804,60 e per interessi pari a € 71.951,58) e all’anno 2007 (per ‘ prelievo latte sulle consegne-capitale ‘ pari a € 169.041,51 e per interessi pari a € 30.257,73) – aggiungendo, per inciso, che, essendo i
prelievi di cui alla cartella relativi agli anni 2006-2007, non si poneva neppure la questione riferita agli effetti della sentenza della Corte di Giustizia del 27/06/2018 in causa C-348/2018, valorizzata dall’appellante negli atti conclusivi, in quanto quella sentenza, così come le sentenze del Consiglio di Stato, pure valorizzate nella memoria di replica dell’RAGIONE_SOCIALE , erano riferite ai prelievi fino al 2004 -sicché tale cartella, notificata il 16/03/2015, era sicuramente divenuta inoppugnabile, con l’effetto che il credito era stato accertato in via definitiva, non avendo l’appellante documentato di avere proposto alcuna impugnazione contro tale cartella esattoriale.
La Corte d’appello rilevava che l ‘appellante aveva affermato di avere impugnato la comunicazione preventiva di iscrizione ipotecaria di data 16/03/2008, ma, a prescindere dal fatto che l’appellante non aveva neppure dedotto l’esito di tale impugnazione, la menzionata Corte escludeva che essa potesse legittimamente veicolare la contestazione dell’esistenza del credito, di cui alla cartella esecutiva non impugnata, valendo il principio secondo il quale requisito di ammissibilità dell’impugnazione di un atto, per contestare un atto pregresso autonomamente impugnabile – come l’iscrizione a ruolo o la cartella esattoriale – è la mancata notificazione di tale atto anteriore, da escludersi nel caso di specie, stante l’intervenuta notifica della cartella esattoriale, sopra evidenziata, senza che avesse rilievo, per gli stessi motivi, neppure la successiva opposizione all’esecuzione .
La Corte d’appello escludeva anche la correttezza della tesi dell’appellante, secondo la quale le somme ingiunte non potevano essere pignorate, e di conseguenza non potevano essere oggetto di compensazione, ai sensi dell’art. 1246, n. 3, c.c. , poiché l’ art. 3, comma 5 duodecies d.l. n. 182 del 2005, convertito in l. n. 231 del 2005, al quale si riferiva l’appellante, testualmente dispone che «Le somme dovute agli
aventi diritto in attuazione di disposizione dell’ordinamento comunitario relative a provvidenze finanziarie, la cui erogazione sia affidata agli organismi pagatori riconosciuti ai sensi del regolamento (CE) n. 1663/ 95 della Commissione, del 7 luglio 1995 non possono essere sequestrate, pignorate o formare oggetto di provvedimenti cautelari, ivi compresi i fermi amministrativi di cui all’articolo 69, sesto comma, del regio decreto 18 novembre 1923, n. 2440, tranne che per il recupero da parte degli organismi pagatori di pagamenti indebiti di tali provvidenze».
Secondo il giudice del gravame, doveva escludersi, dunque, la regola dell’impignorabilità, che comporta la non compensabilità ex art. 1246, n. 3, c.c., nel caso di recupero da parte degli organismi pagatori di pagamenti indebiti, come pure ritenuto dalla giurisprudenza di legittimità. Né assumeva rilievo il fatto che, nella specie, non si trattava di insussistenza originaria della causa giustificativa dei pagamenti, in grado di dar luogo all’azione ex art. 2033 c.c., poiché, nella specie, l’accertamento definitivo del debito dell’Azienda RAGIONE_SOCIALE per prelievo supplementare, determinato dallo sforamento della quota latte comportava che la causa dell’erogazione dei contributi PAC era venuta meno in un momento successivo al pagamento, determinando un indebito oggettivo sopravvenuto.
Avverso tale sentenza l’RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi di doglianza.
L’AGEA è rimasta intimata.
La ricorrente ha depositato memoria difensiva.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso principale è dedotta la violazione e falsa applicazione dell’art. 1246 c.c. e dell ‘art. 3, comma 2, l. n. 231
del 2005 , ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 e 4, c.p.c., per avere il Giudice di merito operato un a errata interpretazione dell’art. 3, com ma 5 duodecies , l. n. 231 del 2005, nella parte in cui prevede , tra l’altro, l’impignorabilità (e dunque la non compensabilità) delle somme dovute per provvidenze finanziarie, comprendenti anche i contributi comunitari PAC, tranne che per il recupero da parte degli organismi pagatori di pagamenti indebiti di tali provvidenze, non estensibile ai controcrediti fatti valere per un titolo diverso da una erogazione indebita, con la conseguenza che il debito previsto per lo sforamento della quota latte non rende indebita la pregressa erogazione.
Nello stesso motivo la ricorrente ha anche dedotto che la Corte d’appello ha dato erroneamente rilievo al disposto dell’art. 5 ter del Regolamento (CE) n. 1034/2008, che prevede una mera facoltà (non un obbligo) e, comunque riguarda ipotesi diverse (vizi o errori materiali di procedure o liquidazioni) e comunque deve tenere conto delle norme interne nella specie riconducibile al disposto dell’art. 3, comma 5 duodecies , l. n. 231 del 2005, correttamente inteso.
Con il secondo motivo di ricorso è dedotta , ai sensi dell’art. 36 0, comma 1, n. 3, c.p.c., la violazione dell’art. 1246 c.c. e l’errata applicazione dei criteri per procedere alla compensazione, in relazione al concetto di litigiosità del credito, in ragione della pendenza di procedimenti amministrativi interessanti l’RAGIONE_SOCIALE e della non definitività del controcredito posto in compensazione.
La ricorrente ha dedotto di avere sempre contestato il debito per i prelievi supplementari, avendo allegato, a titolo esemplificativo la documentazione afferente a un ricorso al TAR.
Con il terzo motivo di ricorso è dedotta, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. la violazione degli artt. 1241 c.c. per errata applicazione della compensazione atecnica-finanziaria, con violazione e
falsa applicazione dei requisiti legali di compensazione previsti dall’art. 1243 c.c.
Secondo la ricorrente il Giudice di merito non ha tenuto conto delle pronunce del Giudice di legittimità e del Giudice amministrativo, secondo i quali il concetto di litigiosità non è un presupposto né un requisito della compensazione e le informazioni pubblicate sul SIAN -il sistema informativo agricolo nazionale che mette a disposizione della pubblica amministrazione e degli agricoltori i dati relativi alle domande di aiuto comunitario -hanno valore di accertamento amministrativo o meramente di notizia.
Con il quarto motivo di ricorso è dedotta la violazione e falsa applicazione dei requisiti legali di compensazione previsti dalla legislazione nazionale ex art. 1243 c.c., con errata e fuorviante interpretazione del concetto di compensazione finanziaria e atecnica e di unicità del rapporto come motivo legittimante l’operazione d compensazione.
Preliminarmente deve rilevarsi che il ricorrente per mero errore materiale ha erroneamente indicato in ricorso il numero e la data di pubblicazione della sentenza in questa sede impugnata, riportando il numero e la data di pubblicazione della sentenza di primo grado, adottata dal Tribunale di Pordenone, come pure si evince dalla sentenza della Corte d’appello oggetto del presente giudizio (p. 2 della sentenza impugnata: «1. Con sentenza n. 727 pubblicata il 14-09-2018 il Tribunale di Pordenone ha accolto…» ) e dal contenuto del ricorso per cassazione, ove, nel descrivere i fatti di causa , pur errando nell’indicazione del numero della sentenza della Corte d’appello, il ricorrente ha correttamente indicato la data di pubblicazione della stessa (p. 4 del ricorso per cassazione: «La Corte d’appello con sentenza n. 727/18 pubblicata il 22.07.2020…» ), che ha ritualmente depositato in atti. Lo stesso ri-
corrente, peraltro, nell’istanza ex art. 369 c.p.c., ha chiaramente richiamato il proprio ricorso «per la cassazione della sentenza n. 335/ 2020 pubblicata il 22/07/2020 R.G. 149/2019 della Corte d’ Appello di Trieste sez. 2 Civile, di data 16/06/2020» , così operando la corretta indicazione della sentenza impugnata.
Il primo motivo e il quarto motivo possono essere esaminati congiuntamente, tenuto conto della stretta connessione esistente, rivelandosi entrambi infondati.
3.1. La statuizione della Corte di appello è in linea con l’indirizzo di questa Corte, che si è andato definendo di recente, che il Collegio condivide e che pertanto intende seguire, secondo cui, in tema di rapporti tra il credito dell’agricoltore a titolo di contributi dell’Unione europea conseguenti alla Politica agricola comune (PAC), ed i debiti dello stesso per prelievo supplementare relativo alle quote latte, è ammissibile la cd. compensazione impropria o atecnica, a condizione che il controcredito sia certo e liquido secondo la valutazione dei giudici di merito, incensurabile in sede di legittimità, a tal fine valorizzando l’unitarietà del rapporto, in base al quale il regime delle quote latte è parte integrante del sistema PAC, il cui corretto funzionamento complessivo postula l’effettività del recupero delle somme dovute dai produttori di latte che abbiano superato i limiti nazionali, mediante la previa verifica del Registro nazionale dei debiti presso AGEA previsto dalla legge, nel quale sono inseriti i debiti e crediti dell’agricoltore, la cui compensazione è connaturata al sistema della PAC, come configurato dal diritto dell’Unione, la cui primazia all’interno degli Stati membri postula l’interpretazione conforme delle norme nazionali (Cass., Sez. 1, Sentenza n. 24325 del 03/11/2020; Cass., Sez. 1, Sentenza n. 41593 del 27/12/ 2021; Cass., Sez. 1, Ordinanza n. 16530 del 23/05/2022; Cass., Sez. 2, Ordinanza n. 8230 del 14/03/2022; Cass., Sez. 1, Ordinanza n.
12721 del 10/05/2023; Cass., Sez. 2, Ordinanza n. 5672 del 04/03/ 2024; Cass., Sez. 2, n. 7196 del 18/03/2025).
3.2. Questa stessa Corte ha precisato che l’ esito dell’applicazione in concreto di tale principio dipende dalle peculiarità della fattispecie, da valutare alla luce di coordinate di fondo definite oramai in modo consolidato (Cass., Sez. 1, Sentenza n. 41593 del 27/12/2021; Cass., Sez. 1, Ordinanza n. 118 del 04/01/2022; Cass., Sez. 1. Ordinanza n. 16530 del 23/05/2022).
Tali coordinate possono essere di seguito riportate:
a) il principio sopra enunciato è coerente con i principi di cui all’art. 1241 c.c. e ss., giacché la cd. compensazione impropria tra aiuti e prelievi, nell’ambito del medesimo rapporto unitario, è un effetto diretto (e naturale conseguenza) della normativa europea, e insito nel modo stesso con il quale è strutturata ed opera la PAC, implicando un mero accertamento contabile del dare e dell’avere, che efficacemente attua e soddisfa il sistema del prelievo supplementare e la ratio che presiede al meccanismo delle cd. quote latte; l’iscrizione nel Registro nazionale delle somme a titolo di prelievi supplementari autorizza la deduzione delle somme dovute a detto titolo dai produttori agricoli e acquirenti allo Stato e, in concreto, per esso, alle Agenzie regionali o provinciali, che devono pretendere il prelievo e provvedere anche al pagamento degli incentivi o finanziamenti comunitari, compensando quanto dovuto per gli aiuti PAC con i crediti iscritti nel Registro (cfr. Sez. U, Ordinanza n. 25261 del 01/12/2009);
b) la compensazione impropria o atecnica presuppone pur sempre che il credito opposto sia certo, analogamente alla compensazione propria rispetto alla quale la certezza è presupposto della liquidità (cfr.
Sez. U, Sentenza n. 23225 del 15/11/2016) che è requisito (unitamente all’esigibilità) dell’opponibilità del controcredito in sede giudiziaria, ai sensi dell’art. 1243, comma 2, c.c.;
la verifica della certezza del controcredito è oggetto di accertamento in sede giudiziaria, sebbene l’iscrizione degli importi accertati come dovuti dai produttori agricoli equivalga all’iscrizione al ruolo ai fini della procedura di recupero (art. 8 ter, comma 4, l. n. 33 del 2009), la quale non esclude evidentemente la possibilità di una contestazione da parte del preteso debitore, a fronte della quale la prova della certezza del controcredito deve essere fornita dall’ente creditore;
d) al giudice di merito spetta di accertare l’esistenza, se contestata, del controcredito invocato da AGEA, vale a dire la certezza dell’esistenza di quest’ultimo, all’esito di una valutazione dei rapporti di dare e avere risultanti dall’apposito registro, sulla base di apprezzamenti di fatto insindacabili in sede di legittimità;
la questione della impignorabilità del credito ai contributi PAC e, quindi, della sua non compensabilità, è stata risolta osservando che la previsione normativa di impignorabilità delle somme dovute agli aventi diritto in attuazione di disposizioni comunitarie non vale «per il recupero da parte degli organismi pagatori di pagamenti indebiti di tali provvidenze» (art. 3, comma 5 duodecies , d.l. n. n. 182 del 2005, conv. con modif. in l. n. 231 del 2005) e che, comunque, l’art. 1246 c.c., non opera con riferimento al fenomeno della compensazione impropria (cfr. Cass. Sez. L, Sentenza n. 21646 del 26/10/2016; Cass., Sez. L, Sentenza n. 5024 del 02/03/2009; Cass., Sez. 3, Sentenza n. 18498 del 25/08/2006; Cass., Sez. L, Sentenza n. 6214 del 29/03/ 2004);
f) l’obiezione secondo cui la compensazione sarebbe astrattamente consentita soltanto per i crediti relativi alle annate agrarie successive
alla l. n. 33 del 2009, istitutiva del Registro nazionale dei debiti, è superata dalla considerazione che la previsione di tale registro risale al Regolamento (CE) n. 1663/1995 e che la compensazione attuata mediante il meccanismo di deduzione degli importi a debito dai futuri pagamenti a favore del debitore è implicita nel sistema che impone agli Stati membri di adottare «tutte le misure necessarie affinché l’imposizione del prelievo venga effettuata correttamente e si ripercuota sui produttori che hanno contribuito al superamento» , ai sensi de ll’ art. 17 del Regolamento (CE) n. 595/2004; inoltre, come nella compensazione propria, anche in quella impropria l’accertamento della coesistenza dei rispettivi crediti va operata al momento della liquidazione del credito opposto in compensazione, con la conseguenza che i relativi effetti si verificano dal momento in cui viene pronunciata la sentenza che la dichiara.
3.3. La giurisprudenza di legittimità ha di recente ribadito che la questione della impignorabilità del credito ai contributi PAC e, quindi, della sua non compensabilità, è stata risolta osservando che la previsione normativa di impignorabilità delle somme dovute agli aventi diritto in attuazione di disposizioni comunitarie non vale per il recupero da parte degli organismi pagatori di pagamenti indebiti di tali provvidenze (art. 3, comma 5 duodecies , d.l. n. n. 182 del 2005, conv. con modif. in l. n. 231 del 2005) e che, comunque, l’art. 1246 c.c. non opera con riferimento al fenomeno della compensazione impropria (cfr. Cass., Sez. 1, Ordinanza n. 34701 del 12/12/2023; Cass., Sez. 1, Ordinanza n. 25147 del 23/08/2023; Cass., Sez. 1, Ordinanza n. 25135 del 23/08/2023; Cass., Sez. 1, Ordinanza n. 25135 del 22/08/2023; Cass., Sez. 1, Ordinanza n. 24953 del 21/08/2023; Cass., Sez. 1, Ordinanza n. 21443 del 19/07/2023; Cass., Sez. 1, Ordinanza n. 12721 del 10/05/2023; Cass., Sez. 1, Ordinanza n. 9343 del 05/04/2023).
3.4. Non possono pertanto condividersi gli argomenti della ricorrente, in ordine alla non applicabilità alla fattispecie in esame del l’eccezione alla non compensabilità dei crediti per i contributi PAC, tenuto conto del meccanismo sopra descritto di compensazione impropria, che comporta l’elisione dei crediti per i contributi in conseguenza dell’ insorgenza dei debiti per i prelievi supplementari.
3.5. Né le censure riferite all’applicabilità alla compensazione comunitaria dell’art. 5 ter del Regolamento (CE) n. 1034/2008 incidono sull’esito della decisione, tenuto conto che il richiamo a detto Regolamento è contenuto negli estratti delle pronunce di legittimità riportati nella sentenza in questa sede impugnata, ma, poi, non è impiegato dalla Corte d’appello ai fini della statuizione adottata.
3.6. Anche il richiamo operato dalla ricorrente, nella memoria ex art. 380 bis .1 c.p.c., al disposto dell ‘art. 10 bis d.l. n. 69 del 2023, conv. con modif. dalla l. n. 103 del 2023 e alle sentenze della Corte di Giustizia ivi menzionate non assume rilievo ai fini della decisione, non essendo stata contestata in questa sede la modalità di calcolo delle somme oggetto della iniziale domanda ric onvenzionale dell’AGEA.
4. Il secondo motivo è inammissibile.
Il ricorrente ha dedotto di avere sempre contestato i debiti ad essa attribuiti per prelievi supplementari, ma non ha specificato di avere impugnato proprio quel credito oggetto della cartella esattoriale opposto in compensazione, così non attingendo la ratio della la decisione di merito, che ha espressamente ritenuto decisiva, per ritenere litigioso il credito opposto in compensazione, non la prova della contestazione dei prelievi supplementari in riferimento ad altri periodi, ma la prova dell’impugnazione proprio di quello portato dalla cartella di pagamento opposta in compensazione.
La parte si è limitata ad allegare genericamente di avere impugnato le multe per superprelievo supplementare, senza nulla dedurre di specifico in riferimento alla impugnazione della specifica cartella esattoriale opposta in compensazione in questa sede.
Il terzo motivo di ricorso è anch’esso inammis sibile.
La Corte d’appello ha fondato la decisione sulla mancata impugnazione della cartella esattoriale portante il credito opposto in compensazione, pur notificata il 16/03/2015, aggiungendo che, quindi «sicuramente è divenuta inoppugnabile, con l’effetto che il credito è stato accertato in via definitiva» , spiegando più avanti la non incidenza sulla debenza della somma d i altri possibili mezzi d’impugnazione .
La censura si limita a richiamare genericamente alcuni precedenti giurisprudenziali, che attengono alla litigiosità del credito e alla valenza del SIAN, senza censurare specificamente la statuizione adottata, mediante l’indicazione dei motivi di non condivisione delle ragioni poste a fondamento della ritenuta non controvertibilità del credito opposto in compensazione e portato dalla cartella esattoriale non opposta, che non vengono neppure prese in considerazione, in violazione dell’art. 366, comma 1, n. 4, c.p.c.
In conclusione il ricorso deve essere respinto.
Nessuna statuizione sulle spese deve essere adottata tenuto conto che la AGEA è rimasta intimata.
In applicazione dell’art. 13, co mma 1 quater , d.P.R. n. 115 del 2002, occorre dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello richiesto per l’impugnazione proposta, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte
rigetta il ricorso;
dà atto, i n applicazione dell’art. 13, comma 1 quater , d.P.R. n. 115 del 2002, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello richiesto per l’impugnazione proposta, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Prima Sezione civile