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Compensatio Lucri Cum Damno e Danni da Trasfusione

La Corte d’Appello di Cagliari ha parzialmente riformato una sentenza di primo grado in un caso di danno da trasfusione infetta. Pur confermando la responsabilità del Ministero della Salute, ha applicato integralmente il principio della compensatio lucri cum damno, stabilendo che l’intero ammontare del risarcimento del danno deve essere compensato con l’indennizzo, sia già percepito che futuro, previsto dalla L. 210/1992. Di conseguenza, il risarcimento è stato di fatto azzerato dall’importo maggiore dell’indennizzo.

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Pubblicato il 24 ottobre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Compensatio Lucri Cum Damno: Annullato Risarcimento per Trasfusione Infetta

Una recente sentenza della Corte d’Appello di Cagliari affronta un tema cruciale nella responsabilità sanitaria: il rapporto tra il risarcimento del danno e l’indennizzo statale. Il caso riguarda un cittadino che ha contratto l’epatite C a seguito di una trasfusione di sangue nel 1987. La Corte, pur confermando la piena responsabilità del Ministero della Salute, ha applicato rigorosamente il principio della compensatio lucri cum damno, arrivando a una conclusione di forte impatto per il danneggiato: l’intero risarcimento è stato assorbito dall’indennizzo già percepito e da percepire.

I Fatti di Causa

La vicenda ha inizio nel 1987, quando un paziente, durante un ricovero ospedaliero, viene sottoposto a una trasfusione di sangue. Oltre vent’anni dopo, nel 2009, gli viene diagnosticata un’epatite di tipo C, ricondotta a quella terapia trasfusionale. A seguito della diagnosi, il paziente avvia una causa civile contro il Ministero della Salute, accusandolo di non aver esercitato la dovuta vigilanza sulla sicurezza dei prodotti emoderivati.

Il Tribunale di primo grado accoglie la domanda, riconoscendo la responsabilità del Ministero e liquidando un risarcimento di oltre 119.000 euro. Da questa somma, il giudice detrae l’importo dell’indennizzo che il paziente aveva già percepito ai sensi della Legge 210/1992.

Il Ministero, non soddisfatto, presenta appello, sollevando diverse questioni, tra cui la presunta insussistenza della propria colpa e, soprattutto, l’errata applicazione del principio della compensatio lucri cum damno, sostenendo che dal risarcimento dovessero essere sottratte non solo le somme già incassate, ma anche tutte quelle future previste dall’indennizzo.

La Decisione della Corte: La Piena Applicazione della Compensatio Lucri Cum Damno

La Corte d’Appello ha parzialmente accolto il ricorso del Ministero, intervenendo in modo decisivo sulla quantificazione del danno. I giudici hanno respinto i motivi di appello relativi alla responsabilità, confermando che il Ministero aveva l’obbligo di vigilare e che, già negli anni ’70, erano noti i rischi di trasmissione virale e le misure per prevenirli. La colpa del Ministero è stata quindi pienamente ribadita.

Il punto di svolta della sentenza risiede però nell’accoglimento del quarto motivo di appello. La Corte ha stabilito che il principio della compensatio lucri cum damno deve essere applicato in modo integrale. Ciò significa che l’ammontare totale del risarcimento del danno deve essere diminuito dell’intero valore dell’indennizzo, comprensivo sia delle rate già versate sia di quelle future, calcolate sulla base dell’aspettativa di vita media del danneggiato. Poiché l’importo totale dell’indennizzo (stimato in oltre 343.000 euro) superava ampiamente quello del risarcimento del danno (liquidato in circa 173.000 euro comprensivo di rivalutazione), la Corte ha dichiarato il risarcimento interamente compensato.

Le Motivazioni

La decisione della Corte si fonda su un consolidato orientamento della Corte di Cassazione, che ha chiarito la natura e l’applicazione della compensatio lucri cum damno. I giudici hanno spiegato che tale principio non costituisce un’eccezione di parte, ma un obbligo per il giudice, che deve rilevarlo d’ufficio in ogni stato e grado del procedimento. Lo scopo è evitare un’ingiustificata locupletazione, ovvero un arricchimento del danneggiato, il quale non può ricevere un ristoro superiore al danno effettivamente subito.

Nel caso specifico, sia il risarcimento del danno (derivante da fatto illecito) sia l’indennizzo (previsto dalla legge per solidarietà sociale) traggono origine dal medesimo evento lesivo: il contagio da HCV. Pertanto, l’indennizzo, avendo una funzione analoga a quella del risarcimento, deve essere integralmente scomputato da quest’ultimo. La Corte ha specificato che il calcolo deve includere anche le somme future, poiché il danno è un evento unitario e tutti i benefici che ne derivano, presenti e futuri, devono essere considerati nel calcolo finale per determinare il giusto ristoro.

Le Conclusioni

Questa sentenza offre un’importante lezione pratica: se da un lato la responsabilità del Ministero della Salute per i danni da emotrasfusione è un punto fermo nella giurisprudenza, dall’altro il diritto al risarcimento del danno deve fare i conti con gli altri benefici economici ricevuti per la stessa causa. L’applicazione rigorosa della compensatio lucri cum damno comporta che, nei casi in cui l’indennizzo statale sia economicamente più consistente del danno liquidato dal giudice, il danneggiato, pur vedendo riconosciuta la responsabilità dell’ente pubblico, potrebbe non ricevere alcun importo aggiuntivo a titolo di risarcimento. La decisione evidenzia come il sistema giuridico miri a un equilibrio, garantendo il ristoro del pregiudizio ma impedendo che la vittima ottenga un vantaggio economico superiore al danno patito.

Il Ministero della Salute è responsabile per i contagi da trasfusione avvenuti prima della scoperta ufficiale del virus HCV?
Sì. La sentenza conferma che la responsabilità del Ministero sussiste anche per contagi avvenuti prima del 1989-1990, poiché sin dalla fine degli anni ’60 e l’inizio degli anni ’70 erano noti il rischio di trasmissione di epatite virale e le misure idonee a prevenirlo, come i test surrogati e il controllo sui donatori.

L’indennizzo ricevuto per legge (L. 210/1992) si somma al risarcimento del danno?
No. Secondo la Corte, l’indennizzo non si somma ma viene sottratto dall’importo del risarcimento del danno, in applicazione del principio della compensatio lucri cum damno. Questo serve a evitare che il danneggiato riceva un arricchimento ingiustificato, ottenendo un ristoro complessivo superiore al danno effettivamente subito.

Nel calcolo della compensatio lucri cum damno si considerano solo le somme già percepite a titolo di indennizzo?
No. La sentenza chiarisce, seguendo l’orientamento della Cassazione, che dal risarcimento del danno deve essere detratto l’intero ammontare dell’indennizzo, includendo non solo le somme già corrisposte ma anche quelle che il danneggiato percepirà in futuro, calcolate sulla base della sua aspettativa di vita.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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