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Compartecipazione spesa sanitaria: chi paga la retta?

Il Tribunale di Roma ha rigettato l’opposizione a un decreto ingiuntivo presentata dall’erede di un paziente di una RSA. L’erede sosteneva che la retta dovesse essere a totale carico del Servizio Sanitario, ma il giudice ha stabilito che la **compartecipazione spesa sanitaria** da parte del cittadino è legittima quando le prestazioni assistenziali sono scindibili da quelle sanitarie. La decisione si fonda sulla mancata prova, da parte dell’opponente, della necessità di un intervento esclusivamente sanitario, confermando la validità della quota sociale richiesta dalla struttura.

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Pubblicato il 29 settembre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Compartecipazione Spesa Sanitaria in RSA: Quando la Quota Sociale è Dovuta?

La questione della compartecipazione spesa sanitaria per le degenze in Strutture Residenziali Assistenziali (RSA) è un tema di grande attualità che tocca molte famiglie. Spesso ci si chiede chi debba sostenere i costi: il Servizio Sanitario Nazionale (SSN) o il cittadino? Una recente sentenza del Tribunale di Roma offre chiarimenti cruciali, sottolineando l’importanza dell’onere della prova a carico di chi ritiene che la retta debba essere interamente coperta dal SSN.

I Fatti di Causa: L’Opposizione al Decreto Ingiuntivo

Il caso nasce dal ricorso per decreto ingiuntivo promosso da una società che gestisce una struttura di riabilitazione e cura. La società richiedeva il pagamento di oltre 25.000 euro a un erede per le quote sociali non corrisposte dal suo defunto parente, ospite della struttura. L’erede si opponeva al decreto, sostenendo che le prestazioni fornite al suo congiunto fossero un insieme inscindibile di assistenza sanitaria e socio-assistenziale. A suo avviso, tale inscindibilità avrebbe dovuto comportare la copertura totale dei costi da parte del Servizio Sanitario. Oltre a chiedere l’annullamento del decreto, l’erede presentava una domanda riconvenzionale per la restituzione di circa 18.000 euro già versati.

La Questione Giuridica: la legittimità della compartecipazione spesa sanitaria

Il nucleo della controversia legale ruota attorno alla distinzione tra prestazioni sanitarie, a carico del SSN, e prestazioni socio-assistenziali (spesso definite ‘alberghiere’), che possono prevedere una compartecipazione spesa sanitaria da parte dell’utente. La normativa di riferimento, definita dai Livelli Essenziali di Assistenza (LEA) tramite DPCM, stabilisce che la gratuità totale è prevista solo in casi specifici, come per pazienti nella fase terminale della vita. In altre situazioni, specialmente per persone non autosufficienti, è prevista una quota a carico del cittadino.

Il discrimine fondamentale risiede nell’impegno sanitario richiesto per un paziente specifico. Se le prestazioni sanitarie e assistenziali sono così strettamente connesse da non poter essere erogate separatamente, l’intero intervento è considerato di tipo sanitario e, quindi, a carico del SSN. La valutazione di questa esigenza spetta agli organi competenti del Servizio Sanitario, come l’Unità di Valutazione Distrettuale.

Le Motivazioni della Decisione del Tribunale

Il Tribunale di Roma ha rigettato sia l’opposizione al decreto ingiuntivo sia la domanda riconvenzionale dell’erede, basando la sua decisione su un principio cardine del diritto processuale: l’onere della prova (art. 2967 c.c.).

Il giudice ha osservato che l’opponente non ha fornito alcuna prova a sostegno della sua tesi. Non è stata dimostrata l’esistenza di un programma terapeutico-riabilitativo specifico e personalizzato che rendesse le cure sanitarie e quelle assistenziali un tutt’uno inscindibile. Al contrario, dagli atti è emerso che il paziente aveva usufruito di un percorso di cura generico e di assistenza ‘al bisogno’.

Il Tribunale ha ribadito che la valutazione sulle esigenze di cura spetta alla competente Azienda Sanitaria Locale, che nel caso specifico aveva evidentemente ritenuto corretto applicare un regime di compartecipazione spesa sanitaria. L’attore non ha assolto al suo onere di dimostrare che il paziente rientrasse in una categoria avente diritto alla copertura totale dei costi da parte del SSN. Di conseguenza, la pretesa creditoria della struttura è stata ritenuta legittima e fondata.

Conclusioni: L’Onere della Prova e le Implicazioni Pratiche

Questa sentenza conferma un orientamento consolidato: non è sufficiente affermare che le prestazioni sanitarie e assistenziali siano connesse per ottenere l’esonero dal pagamento della quota sociale in una RSA. Il cittadino (o i suoi eredi) che contesta la richiesta di pagamento ha il preciso onere di dimostrare, con documentazione medica e prove concrete, che il livello di assistenza richiesto dal paziente era tale da rendere l’intervento interamente di natura sanitaria.

In assenza di tale prova, prevale la valutazione effettuata dagli organi competenti del Servizio Sanitario, e la distinzione tra quota sanitaria (a carico del SSN) e quota sociale/alberghiera (a carico dell’utente) rimane valida. La decisione del Tribunale serve da monito: prima di intraprendere un’azione legale, è fondamentale raccogliere tutti gli elementi probatori necessari a sostenere le proprie ragioni.

Quando la retta di una struttura sanitaria residenziale (RSA) è interamente a carico del Servizio Sanitario Nazionale?
La retta è interamente a carico del SSN quando l’insieme delle prestazioni sanitarie e assistenziali erogate è considerato un intervento unitario di tipo sanitario. Ciò accade quando le due tipologie di cure sono inscindibili e necessarie per un preciso programma terapeutico-riabilitativo, come valutato dagli organi competenti.

Chi ha l’onere di provare che le prestazioni sanitarie e quelle assistenziali sono inscindibili?
Secondo la sentenza, l’onere della prova spetta al paziente (o ai suoi eredi) che contesta la richiesta di pagamento della quota sociale. È chi si oppone al pagamento che deve dimostrare, tramite prove concrete, che il paziente rientrava in una categoria che garantisce la copertura totale dei costi da parte del SSN.

È possibile chiedere la restituzione delle quote già pagate se si ritiene che non fossero dovute?
Sì, è possibile presentare una domanda di restituzione (domanda riconvenzionale), ma anche in questo caso il successo dipende dall’onere della prova. Se non si riesce a dimostrare che i pagamenti non erano dovuti (cioè che la retta doveva essere a totale carico del SSN), la richiesta di restituzione verrà rigettata, come avvenuto nel caso esaminato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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