Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 2188 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 2188 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 22/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 18600/2019 R.G. proposto da:
COGNOME NOME, elettivamente domiciliata in FROSINONE INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE) che la rappresenta e difende;
-ricorrente –
contro
COGNOME NOME, domiciliato ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE);
-controricorrente-
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO DI ROMA n. 8102/2018, depositata il 19/12/2018;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 21/06/2023 dal Consigliere NOME COGNOME.
RILEVATO CHE:
NOME COGNOME conveniva NOME COGNOME innanzi al Tribunale di Frosinone per sentirlo condannare al rimborso della
somma di 66 milioni di vecchie lire, relative alle spese effettuate per costruire un fabbricato di tre piani, da adibire a casa familiare; nonché della somma pari all’incremento di valore derivante dalla costruzione realizzata sul terreno di proprietà esclusiva del convenuto, padre del coniuge NOME COGNOME da cui si era separata.
1.1. Costituitosi, il convenuto spiegava domanda riconvenzionale chiedendo la restituzione del valore delle fondamenta del nuovo fabbricato da questi realizzate a proprie spese, nonché del proprio controcredito per i canoni di locazione del piano dell’immobile utilizzato dalla COGNOME per trasferirvi la propria azienda tessile e occupato per 43 mesi.
1.2. Il Tribunale di Frosinone accoglieva la domanda attorea e condannava il convenuto al pagamento di € 104.344,00 a titolo di rimborso, ex art. 1150 cod. civ., delle spese sostenute dall’attrice e dell’aumento di valore conseguito dall’immobile del convenuto per effetto dei miglioramenti arrecati dalla COGNOME.
Avverso detta sentenza interponeva gravame NOME COGNOME innanzi alla Corte d’Appello di Roma che, con sentenza n. 8102/2018, in accoglimento dell’appello e in riforma della sentenza del Tribunale di Frosinone; rigettava le domande proposte dalla COGNOME nei confronti del COGNOME; rigettava anche la domanda riconvenzionale riproposta dall’appellante. A sostegno della sua decisione, osservava la Corte che:
è circostanza assolutamente incontroversa la concessione da parte di NOME COGNOME del proprio immobile in godimento al figlio e al di lui coniuge per stabilirvi la residenza familiare: ne consegue che il contratto inter partes va qualificato come comodato ad uso familiare;
è indubbio, pertanto, che la COGNOME non possa qualificarsi come terzo costruttore sul terreno altrui ai fini dell’applicazione dell’art. 936
cod. civ., né può essere applicato in via analogica al detentore l’art. 1150 cod. civ.
la COGNOME non ha mai affermato di aver esercitato un possesso uti dominus sull’immobile contro la volontà del proprietario: pertanto, l’esecuzione di rilevanti opere di realizzazione del fabbricato non vale a mutare la detenzione del comodatario in possesso;
viene in considerazione l’art. 1808 cod. civ. ai fini del rimborso delle spese, norma che pone a carico del comodante solo le spese relative ad opere non preventivabili al momento della conclusione del contratto, ma sostenute dal comodatario in quanto necessarie e urgenti per la conservazione del bene. Pertanto, i lavori realizzati dell’appellante, pur risultando aver determinato un notevole incremento di valore dell’immobile del COGNOME, non possono utilmente fondare la richiesta di rimborso proposta in prima cure essendosi l’appellata liberamente e consapevolmente determinata ad affrontarli nel proprio esclusivo interesse, e di converso difettando allegazione e prova della necessità di far fronte ad improcrastinabili esigenze di conservazione della res . Né alcun rilievo può attribuirsi alle esigenze abitative della COGNOME, poiché il presupposto della necessarietà e urgenza va riguardato dal punto di vista obiettivo, non in ragione delle esigenze soggettive del comodatario, ed è integrato solo nell’ipotesi di interventi non procrastinabili senza compromettere l’integrità della cosa stessa.
Avverso detta sentenza proponeva ricorso per Cassazione NOME COGNOME, affidandolo a quattro motivi.
Si difendeva COGNOME NOME depositando controricorso, illustrato da memoria depositata in prossimità dell’udienza.
CONSIDERATO CHE:
Con il primo motivo si deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 1150 cod. civ. in relazione all’art 360, comma 1, nn. 3) e 4) cod. proc. civ. – Vizio di motivazione su punto decisivo del giudizio. La ricorrente si duole del fatto che la Corte d’Appello abbia immotivatamente escluso una situazione di compossesso, posto che non è in discussione il possesso pieno, pacifico ed indisturbato sui tre piani da ella stessa costruiti sul terreno del suocero.
Il motivo è fondato . Dall’accertata situazione in fatto (la concessione in godimento del terreno al figlio NOME e al di lui coniuge) la Corte territoriale ha tratto conclusioni giuridiche motivate solo in apparenza, ossia la sussistenza di un comodato ad uso familiare e l’indubbia esclusione dell’accessione, ai fini dell’applicazione dell’art. 936 cod. proc. civ. Dette conclusioni non sono condivisibili per le ragioni che seguono.
2.2. Con una prima inversione logica, la Corte territoriale qualifica il contratto inter partes come «comodato ad uso familiare», peraltro traendo tale conclusione unicamente dal fatto che il terreno era stato concesso da NOME COGNOME in godimento al figlio per stabilirvi la residenza familiare (v. sentenza p. 3, ultimo capoverso). A tal proposito si osserva che il contratto di comodato conferisce un diritto personale di godimento al comodatario: dunque, il godimento della cosa costituisce la causa essenziale del negozio; è, infatti, la cosa (mobile o immobile) specifica che egli deve restituire al termine del rapporto, della quale «egli non può servirsene che per l’uso determinato dal contratto o dalla natura della cosa» (art. 1804, comma 1, secondo periodo cod. civ.), a pena di responsabilità contrattuale nel caso di perdita della stessa (art. 1805, comma 2, primo periodo cod. civ.: «Il comodatario che impiega la cosa per un uso diverso o per un tempo più lungo di quello a lui consentito, è responsabile della perdita
avvenuta per causa a lui non imputabile … »). Estranea alla causa tipica del contratto di comodato è, dunque, la trasformazione del bene oggetto di godimento, sì che anche eventuali rimborsi per le spese sostenute sono limitati alle «spese straordinarie sostenute per la conservazione della cosa», e solo se queste «erano necessarie e urgenti» (art. 1808, comma 2, cod. civ.). Inconferente, dunque, il riferimento del controricorrente (contenuto in memoria) a Cass. Civ., Ordinanza n. 22730/2019, poiché nel caso citato l’utilizzazione della casa familiare a titolo di diritto personale di godimento riguardava un immobile già esistente; diversamente nel caso di specie, ove il fabbricato di cui è causa è stato incontestabilmente costruito dalla coppia su immobile di proprietà di terzi (NOME COGNOME).
Una volta effettuata la qualificazione giuridica del rapporto come contratto di comodato familiare, la Corte distrettuale deduce da essa che la COGNOME non possa essere considerata come terzo costruttore su terreno altrui ai fini dell’applicazione dell’art. 936 cod. civ. (v. sentenza p. 3, ultimo capoverso; p. 4, 1° e 2° capoverso).
2.2.1. Ciò comporta una seconda, inevitabile contraddizione: attribuire unicamente alla libera e consapevole scelta della COGNOME la realizzazione delle unità abitative nel proprio interesse, anziché nell’interesse della famiglia (v. sentenza p. 4, 5° capoverso), in favore della quale il COGNOME aveva, invece, originariamente concesso il comodato del terreno, assunto, questo, posto dallo stesso giudice di seconde cure a fondamento della qualificazione del rapporto inter partes come comodato ad uso familiare.
2.3. Ritenuta viziata da errori logico-giuridici la qualificazione del un contratto intercorso tra la COGNOME e il COGNOME come di comodato ad uso familiare, il Collegio cassa la pronuncia gravata e rinvia alla stessa Corte d’Appello in diversa composizione: sarà compito del
giudice del rinvio – fatti gli opportuni accertamenti in ordine alla attribuzione della realizzazione della nuova costruzione – stabilire la sussistenza dell’a ccessione del fabbricato sul terreno il proprietà di NOME COGNOME, nonché l’ eventuale prospettabilità di un compossesso.
Con il secondo motivo si deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 1141, 1147 e 1150 cod. civ., in relazione all’art. 360, comma 1, nn. 3 e 4 cod. proc. civ. – vizio di motivazione su un punto decisivo del giudizio. Nella sentenza impugnata, la Corte d’Appello non ha neanche esaminato la buona fede della ricorrente, immotivatamente decretando l’esistenza di un rapporto di detenzione.
Con il terzo motivo si deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 112, 115 e 116 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, comma 1, nn. 3, 4 e 5 cod. proc. civ. La ricorrente afferma di aver esercitato il possesso pieno senza alcuna opposizione del COGNOME, mentre il giudice di secondo grado ha omesso ogni esame sulla situazione di fatto che conferiva alla ricorrente una posizione di possesso indisturbato e pieno.
Con il quarto motivo si deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 112, 115 e 116 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, comma 1, nn. 3) e 4) cod. proc. civ. La ricorrente ha dimostrato di avere entrambi il corpus possidendi , poiché ha provveduto a realizzare l’immobile a proprie spese, secondo i propri progetti e rifinendolo secondo le proprie intenzioni, nella totale passività e disinteresse del proprietario del terreno; nonché l’ animus possidendi , insito nel potere di fatto attraverso il quale esso si manifesta.
Avendo la Corte accolto il primo motivo e cassato la sentenza con rinvio ad altro giudice, i restanti mezzi di gravame si dichiarano assorbiti.
P.Q.M.
La Corte Suprema di Cassazione accoglie il primo motivo del ricorso, assorbiti i restanti, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’Appello di Roma in diversa composizione, che deciderà anche sulle spese del presente giudizio.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della Seconda Sezione