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Commissione massimo scoperto: quando è nulla la clausola

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 30298/2024, ha dichiarato inammissibile il ricorso di un istituto bancario, confermando la nullità della clausola sulla commissione di massimo scoperto. La Corte ha ribadito che la semplice indicazione di una percentuale, senza specificare le modalità e la base di calcolo, rende la clausola nulla per indeterminatezza dell’oggetto, impedendo al correntista di comprendere l’effettivo onere economico.

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Pubblicato il 10 dicembre 2025 in Diritto Bancario, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Commissione Massimo Scoperto: Nullità per Indeterminatezza

La trasparenza nei contratti bancari è un pilastro fondamentale per la tutela del consumatore. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha riaffermato un principio cruciale riguardo la commissione di massimo scoperto (CMS), stabilendo che la sua validità dipende dalla chiara specificazione di tutti gli elementi necessari al suo calcolo. Analizziamo questa importante decisione per capire le sue implicazioni pratiche per correntisti e imprese.

I Fatti di Causa: Dalla Richiesta di Restituzione alla Cassazione

Una società importatrice citava in giudizio il proprio istituto di credito per ottenere la restituzione di somme indebitamente versate sul proprio conto corrente a causa di clausole ritenute nulle. In particolare, la contestazione riguardava l’anatocismo (capitalizzazione trimestrale degli interessi) e l’applicazione della commissione di massimo scoperto.

Il Tribunale di primo grado aveva accolto parzialmente la domanda, ritenendo illegittima la capitalizzazione solo per un periodo limitato e legittima la CMS. La Corte d’Appello, tuttavia, ribaltava la decisione: dichiarava nulle le clausole anatocistiche anche per il periodo successivo e, soprattutto, riteneva nulla la clausola sulla CMS per indeterminatezza dell’oggetto. Secondo i giudici d’appello, il contratto si limitava a indicare una percentuale (0,25%) senza specificare la base di calcolo e le modalità di applicazione, rendendo impossibile per il cliente comprendere l’effettivo onere.

Contro questa sentenza, la banca ha proposto ricorso per cassazione, concentrando le proprie difese esclusivamente sulla legittimità della clausola relativa alla CMS.

La Validità della Commissione Massimo Scoperto

Il cuore della controversia davanti alla Suprema Corte è stata la validità della clausola sulla commissione di massimo scoperto. La banca ricorrente sosteneva che la clausola fosse legittima e che la Corte d’Appello avesse errato nel dichiararla nulla.

La Cassazione ha respinto questa tesi, allineandosi a un orientamento ormai consolidato. I giudici hanno chiarito che, per essere valida, una clausola che prevede una commissione del genere non può limitarsi a indicare una mera percentuale. È indispensabile che il contratto specifichi in modo chiaro e inequivocabile anche le modalità di calcolo e di quantificazione, ovvero la base su cui tale percentuale deve essere applicata. In assenza di questi elementi, il correntista non è in grado di conoscere a priori ‘quando e come’ sorgerà il suo obbligo di pagamento, violando i principi di trasparenza e determinatezza dell’oggetto contrattuale (art. 1346 c.c.).

La Tardività dei Nuovi Argomenti nel Processo

Un aspetto processuale interessante emerso nella vicenda riguarda il tentativo della banca di modificare la propria linea difensiva attraverso una memoria successiva. In tale atto, la banca ha introdotto nuovi argomenti, sostenendo che la determinabilità della commissione poteva essere desunta dall’interpretazione complessiva del contratto e dagli estratti conto.

La Corte di Cassazione ha dichiarato questi argomenti inammissibili perché tardivi. Ha ricordato che la memoria illustrativa (ex art. 378 c.p.c.) ha la sola funzione di chiarire ed illustrare i motivi di ricorso già presentati nell’atto introduttivo, non di integrarlo con nuove censure o argomentazioni. Il diritto di impugnazione si esaurisce con la proposizione del ricorso iniziale.

le motivazioni

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile per due ragioni principali. In primo luogo, il motivo di ricorso iniziale non si confrontava adeguatamente con la ratio decidendi della sentenza d’appello. La Corte territoriale aveva fondato la sua decisione sulla nullità per ‘indeterminatezza dell’oggetto’, mentre la banca nel suo ricorso si era difesa principalmente sul profilo della ‘mancanza di causa’, un aspetto diverso e non centrale nella decisione impugnata. In secondo luogo, come già accennato, i tentativi di correggere il tiro con la memoria successiva sono stati ritenuti processualmente inammissibili. La Corte ha ribadito che il suo orientamento è pacifico: deve considerarsi nulla per indeterminatezza dell’oggetto la clausola che prevede la commissione di massimo scoperto indicandone semplicemente la misura percentuale, senza specificare le modalità di calcolo e di quantificazione. Il correntista deve essere messo in condizione di comprendere fin dalla stipula del contratto l’esatto ammontare degli oneri a suo carico.

le conclusioni

Questa ordinanza rafforza un importante principio a tutela dei clienti bancari. La trasparenza non è un optional: ogni costo, commissione o spesa deve essere previsto nel contratto in modo chiaro, determinato o almeno determinabile attraverso criteri oggettivi e predefiniti. Per i correntisti, ciò significa che clausole generiche sulla commissione di massimo scoperto o su altri oneri sono potenzialmente nulle, con il conseguente diritto alla restituzione di quanto indebitamente pagato. È fondamentale, quindi, analizzare con attenzione i propri contratti di conto corrente e, in caso di dubbi sulla chiarezza delle clausole, rivolgersi a un professionista per una valutazione approfondita.

Quando una clausola sulla commissione di massimo scoperto è considerata nulla?
Una clausola sulla commissione di massimo scoperto è nulla per indeterminatezza dell’oggetto quando indica semplicemente una percentuale senza specificare in modo chiaro e preciso la base di calcolo, le modalità e la periodicità di applicazione. Il correntista deve poter comprendere fin dall’inizio l’esatto onere economico.

È possibile introdurre nuovi motivi di ricorso in Cassazione tramite una memoria successiva?
No. La memoria illustrativa prevista dal codice di procedura civile ha la sola funzione di chiarire e approfondire i motivi già presentati nell’atto di ricorso originario. Non può essere usata per introdurre nuove censure o argomenti, che sarebbero considerati inammissibili in quanto tardivi.

Perché il ricorso della banca è stato dichiarato inammissibile dalla Corte di Cassazione?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile principalmente perché non contestava in modo specifico la vera ragione della decisione della Corte d’Appello (la cosiddetta ratio decidendi), che era l’indeterminatezza dell’oggetto della clausola. Inoltre, la decisione impugnata era conforme all’orientamento consolidato della stessa Corte di Cassazione in materia.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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