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Commissione incasso tributi: la Cassazione decide

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di un agente della riscossione, confermando la sua condanna al pagamento della commissione incasso tributi a un fornitore di servizi postali. La controversia riguardava il pagamento di una commissione per ogni versamento di imposta comunale effettuato tramite bollettino postale. La Corte ha dichiarato inammissibili la maggior parte dei motivi del ricorso, in quanto sollevavano questioni nuove non discusse nei precedenti gradi di giudizio o si basavano su argomentazioni già respinte in casi identici, consolidando il diritto del servizio postale a ricevere tale compenso.

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Pubblicato il 12 novembre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Commissione Incasso Tributi: La Cassazione Conferma l’Obbligo di Pagamento

La questione della commissione incasso tributi dovuta dall’agente della riscossione al fornitore di servizi postali è stata nuovamente al centro di una pronuncia della Corte di Cassazione. Con una recente ordinanza, i giudici di legittimità hanno messo un punto fermo su una controversia che da anni vede contrapposti i due soggetti, confermando l’obbligo di pagamento della commissione per il servizio di incasso dei bollettini postali. Questa decisione consolida un orientamento giurisprudenziale e offre importanti spunti sulla corretta gestione del contenzioso.

I Fatti di Causa: Una Lunga Controversia

La vicenda ha origine nel 2007, quando un fornitore di servizi postali citava in giudizio una società concessionaria della riscossione dell’imposta comunale sugli immobili (ICI) per conto di numerosi Comuni. Il fornitore chiedeva l’accertamento del proprio diritto a percepire una commissione per ogni versamento effettuato dai contribuenti tramite bollettino postale e la conseguente condanna della società concessionaria al pagamento.

La società di riscossione si opponeva, sostenendo l’illegittimità della pretesa e, in via riconvenzionale, chiedeva un risarcimento danni per presunto abuso di posizione dominante da parte del fornitore di servizi postali.

Il Tribunale di primo grado accoglieva la domanda del fornitore, riconoscendogli il diritto alla commissione a partire dal 1° aprile 1997 e determinandone la misura. La sentenza veniva impugnata da entrambe le parti.

La Decisione della Corte d’Appello

La Corte d’Appello, riformando parzialmente la decisione di primo grado, rigettava l’appello della società di riscossione e accoglieva quello del fornitore di servizi postali. Di conseguenza, condannava la società concessionaria al pagamento delle commissioni “in ragione di ogni versamento sui conti correnti postali ICI”. La decisione si basava principalmente sul richiamo a precedenti sentenze della stessa Corte di Cassazione che avevano già affrontato casi analoghi.

L’Analisi della Cassazione e la commissione incasso tributi

La società di riscossione proponeva ricorso per cassazione, basandolo su numerosi motivi. Tuttavia, la Suprema Corte ha dichiarato la maggior parte di essi inammissibile, confermando la decisione d’appello.

Inammissibilità per Novità della Questione

Molti dei motivi di ricorso sono stati respinti perché introducevano per la prima volta nel giudizio di legittimità questioni che non erano state sollevate e discusse nei precedenti gradi di merito. Tra questi, la Corte ha sottolineato:

* Mancata pubblicità delle tariffe: La società ricorrente lamentava che il fornitore postale non avesse adempiuto all’obbligo di pubblicizzare le determinazioni sulle commissioni. La Corte ha ritenuto il motivo inammissibile perché la questione non era mai stata sollevata in primo grado.
* Parità di trattamento: La censura relativa alla presunta violazione del principio di parità di trattamento tra i correntisti, secondo cui la società di riscossione non poteva essere trattata come un cliente qualsiasi dato l’enorme volume di operazioni, è stata giudicata inammissibile perché nuova e implicante un accertamento di fatto non consentito in sede di legittimità.
Applicazione delle norme sulla trasparenza bancaria: Anche le argomentazioni relative all’applicazione dello ius variandi* (diritto di modifica unilaterale del contratto) previsto dalla normativa bancaria sono state respinte perché sollevate tardivamente.

Rigetto nel Merito e Rinvio a Precedenti Conformi

Per altri motivi, la Corte ha fatto ricorso all’articolo 360-bis, n. 1, c.p.c., dichiarando l’inammissibilità del ricorso in quanto le questioni sollevate erano già state decise innumerevoli volte in modo conforme dalla stessa Corte. In particolare, le censure relative alla violazione del diritto dell’Unione Europea in materia di concorrenza, aiuti di Stato e abuso di posizione dominante erano state ripetutamente respinte in casi identici, promossi dallo stesso difensore per la medesima società.

La Corte ha quindi ribadito la legittimità della normativa nazionale che regola il servizio di incasso e la relativa commissione incasso tributi, senza ravvisare profili di contrasto con il diritto europeo.

Le Motivazioni

La ratio decidendi dell’ordinanza si fonda in larga parte su principi procedurali. La Corte di Cassazione ha riaffermato con forza il principio secondo cui il giudizio di legittimità non è una terza istanza di merito dove poter introdurre nuove questioni di fatto o di diritto. Le parti hanno l’onere di delineare l’oggetto del contendere fin dal primo grado, e le eccezioni non sollevate tempestivamente non possono essere recuperate in Cassazione. Inoltre, l’ordinanza evidenzia come la giurisprudenza consolidata su una determinata materia renda inammissibili i ricorsi che si limitano a riproporre le medesime questioni già decise, senza offrire argomenti nuovi e persuasivi per un cambio di orientamento.

Le Conclusioni

La decisione in esame consolida definitivamente il diritto del fornitore di servizi postali a percepire una commissione per l’incasso dei tributi versati tramite bollettino. Per gli agenti della riscossione, emerge chiara l’implicazione pratica: ogni contestazione sulla legittimità o sulla misura di tali commissioni deve essere strutturata e argomentata in modo completo fin dalle prime fasi del giudizio. L’affidamento su censure tardive o su questioni già ampiamente respinte dalla giurisprudenza si traduce, come in questo caso, in una inevitabile soccombenza, con conseguente condanna al pagamento delle spese legali.

È dovuta una commissione al fornitore di servizi postali per l’incasso dei bollettini di pagamento dei tributi?
Sì, la Corte di Cassazione ha confermato che l’agente della riscossione è tenuto a pagare una commissione al fornitore di servizi postali per ogni versamento di imposta effettuato dai contribuenti tramite bollettino postale, riconoscendo il diritto del fornitore a essere remunerato per il servizio svolto.

Un motivo di ricorso può essere presentato per la prima volta in Cassazione se non è stato discusso nei precedenti gradi di giudizio?
No, la Corte ha dichiarato inammissibili diversi motivi del ricorso proprio perché sollevavano questioni “nuove”, ovvero non erano state proposte e discusse né in primo grado né in appello. Il giudizio di Cassazione non può esaminare fatti o eccezioni non trattati in precedenza.

Le norme che obbligano l’agente della riscossione a utilizzare il servizio postale per l’incasso violano il diritto europeo sulla concorrenza?
Secondo la Corte, la censura relativa alla violazione del diritto europeo (aiuti di Stato e abuso di posizione dominante) è inammissibile. La Corte ha richiamato precedenti sentenze su casi identici che avevano già respinto tale argomento, confermando la legittimità del sistema nazionale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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