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Commercio itinerante: legittimo il divieto per tutela

Due società di commercio itinerante, sanzionate per aver operato in un’area storica protetta di una grande città, hanno impugnato il provvedimento sostenendo la violazione delle norme sulla libera concorrenza. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, stabilendo che il divieto di commercio itinerante è legittimo quando motivato da ragioni di pubblico interesse, come la tutela del patrimonio storico e culturale. Tale tutela, secondo la Corte, costituisce un valido motivo per limitare la libertà di iniziativa economica, prevalendo sulle norme a tutela della concorrenza.

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Commercio Itinerante: Legittimo Stop per Proteggere il Patrimonio Culturale

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in esame, ha affrontato un tema di grande attualità: il bilanciamento tra la libertà di iniziativa economica, rappresentata dal commercio itinerante, e l’esigenza di tutela del patrimonio storico-artistico delle nostre città. La decisione chiarisce i limiti del potere dei Comuni di imporre divieti e le condizioni alle quali tali restrizioni sono considerate legittime, anche alla luce del diritto europeo.

I Fatti del Caso: La Sanzione al Commercio Itinerante

Il caso nasce da un verbale della Polizia Locale di un importante comune italiano, che contestava a due società l’esercizio del commercio in forma itinerante in una piazza di notevole pregio storico e culturale. Tale attività era stata vietata da un’ordinanza del Sindaco. A seguito del verbale, il Comune emetteva un’ordinanza-ingiunzione che imponeva il pagamento di una sanzione pecuniaria di 1.000 euro, la confisca del veicolo (un motocarro attrezzato per la vendita), la distruzione delle merci e l’alienazione delle attrezzature.
Le società si opponevano in giudizio, ma sia il Tribunale che la Corte d’Appello confermavano la legittimità del provvedimento sanzionatorio. Le società decidevano quindi di ricorrere in Cassazione.

I Motivi del Ricorso e la Difesa delle Società

Le ricorrenti basavano la loro difesa su tre argomentazioni principali:

1. Difetto di giurisdizione: Sostenevano che il giudice ordinario non potesse giudicare la legittimità dell’ordinanza comunale, atto amministrativo presupposto della sanzione.
2. Violazione delle norme sulla concorrenza: Ritenevano che il divieto, esteso a un’area molto vasta del territorio comunale, fosse sproporzionato e violasse le norme nazionali ed europee sulla libertà di iniziativa economica e sulla libera concorrenza (in particolare la c.d. direttiva Bolkestein).
3. Errata applicazione della legge nel tempo: Invocavano una normativa più recente (d.lgs. n. 222/2016) sostenendone l’applicabilità retroattiva al caso di specie.

L’Analisi della Corte: il Commercio Itinerante e la Tutela Culturale

La Corte di Cassazione ha respinto tutti e tre i motivi, ritenendo il ricorso infondato. L’analisi della Corte offre importanti spunti sulla giurisdizione e sul merito della questione.

La Giurisdizione del Giudice Ordinario

In primo luogo, la Corte ha ribadito un principio fondamentale: nel giudizio di opposizione a una sanzione amministrativa, il giudice ordinario ha il potere e il dovere di valutare la legittimità dell’atto amministrativo presupposto (in questo caso, l’ordinanza del Sindaco). Questo controllo non porta all’annullamento dell’atto, ma alla sua eventuale disapplicazione nel caso concreto, qualora venga ritenuto illegittimo.

La Legittimità del Divieto di Commercio Itinerante

Entrando nel merito, la Corte ha giudicato pienamente legittimo il divieto imposto dal Comune. La motivazione di pubblico interesse alla base dell’ordinanza, ovvero la salvaguardia di aree di particolare pregio storico-artistico, è stata ritenuta una giustificazione valida e sufficiente a comprimere la libertà di iniziativa economica. La piazza in questione e i monumenti in essa presenti (come un arco, una porta storica e un casello daziario) sono risultati sottoposti a vincolo culturale, rendendo preminente l’esigenza di tutela.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte Suprema ha motivato la sua decisione sottolineando che la normativa europea, inclusa la direttiva Bolkestein, non è assoluta. Essa stessa prevede che gli Stati membri possano limitare la libera circolazione dei servizi per “motivi imperativi di interesse generale”. La conservazione del patrimonio nazionale storico ed artistico rientra a pieno titolo in questa categoria, come peraltro previsto anche dall’art. 36 del Trattato sul Funzionamento dell’U.E.
La Corte ha quindi concluso che il bilanciamento operato dal Comune tra l’interesse privato degli operatori commerciali e l’interesse pubblico alla tutela del patrimonio culturale era corretto e non sproporzionato. Infine, ha escluso l’applicabilità retroattiva della normativa del 2016, chiarendo che essa imponeva agli enti locali solo un obbligo di adeguamento per il futuro, senza invalidare i provvedimenti precedentemente adottati.

Conclusioni: L’Equilibrio tra Libertà d’Impresa e Interesse Pubblico

Questa ordinanza riafferma un principio cruciale: la libertà d’impresa, pur essendo un valore fondamentale, non è illimitata. Può essere legittimamente compressa quando si scontra con altri interessi pubblici di rango costituzionale, come la tutela del paesaggio e del patrimonio storico e artistico della Nazione. La decisione fornisce ai Comuni un solido fondamento giuridico per regolamentare il commercio itinerante al fine di proteggere le aree di pregio, a condizione che tali restrizioni siano motivate da un effettivo e comprovato interesse pubblico e non risultino arbitrarie o discriminatorie.

Un giudice civile può sindacare la legittimità di un’ordinanza comunale che vieta il commercio itinerante?
Sì. Nel giudizio di opposizione a una sanzione amministrativa, il giudice ordinario ha il potere di valutare la legittimità dell’atto amministrativo presupposto (come un’ordinanza comunale) al fine di disapplicarlo nel caso specifico, se ritenuto illegittimo.

La tutela del patrimonio storico-artistico può giustificare una limitazione al commercio itinerante e alla libera concorrenza?
Sì. Secondo la Corte di Cassazione, la conservazione del patrimonio nazionale storico ed artistico costituisce un ‘motivo imperativo di interesse generale’ che può legittimamente giustificare restrizioni alla libertà di iniziativa economica e alla libera concorrenza, anche ai sensi della normativa europea.

Una nuova legge che modifica le procedure per limitare il commercio ha effetto retroattivo sui divieti già in vigore?
No. La Corte ha stabilito che la normativa successiva (in questo caso, il d.lgs. n. 222/2016) non ha effetto retroattivo tale da invalidare i provvedimenti restrittivi precedenti. Essa impone unicamente un obbligo per Regioni ed enti locali di adeguarsi alle nuove disposizioni per il futuro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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