Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 29795 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 29795 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 11/11/2025
ORDINANZA
sul ricorso n. 21158/2024 r.g. proposto da:
COGNOME NOME, rappresentato e difeso, giusta procura speciale allegata al ricorso, da ll’AVV_NOTAIO (EMAIL), presso il cui studio elettivamente domicilia in Ambivere (BG), alla INDIRIZZO.
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, con sede in Torino, alla INDIRIZZO, in persona del procuratore speciale AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO, elettivamente domiciliata in Monza (MB), alla INDIRIZZO, presso lo studio degli Avvocati NOME COGNOME (EMAIL) e NOME COGNOME (EMAIL) che la rappresentano e difendono.
-controricorrente – avverso la sentenza, n. cron. 1491/2024, del TRIBUNALE DI BERGAMO depositata in data 04/07/2024;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del giorno 06/11/2025 dal AVV_NOTAIO.
FATTI DI CAUSA
Con sentenza n. 1073/23, il Giudice di Pace di Bergamo rigettò la domanda di NOME COGNOME volta ad ottenere la condanna di RAGIONE_SOCIALE, ‘a titolo di risarcimento o ad altro titolo che verrà accertato ‘, al pagamento, in suo favore, della somma di € 2.089,00 , corrispondente a due operazioni (un prelievo ed un acquisto) operate da ignoti utilizzando la carta bancomat sottratta all’attore stesso .
Il gravame promosso da quest’ultimo avverso quella decisione fu respinto dall’adit o Tribunale di Bergamo con sentenza n. 1491/2024, pronunciata nel contraddittorio con RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE
Quel tribunale ritenne « che il giudice di primo grado, facendo corretta applicazione dei criteri di ermeneusi del materiale probatorio acquisito agli atti, ha chiaramente ed esaurientemente motivato le ragioni che lo hanno portato a valorizzare le circostanze fattuali emerse in causa in relazione alle modalità ed alle tempistiche del furto della carta di debito del COGNOME alle ore 17.30 del 08.02.2018 in Dalmine e dell’utilizzo della stessa da parte di ignoti nel corso della medesima giornata con prelievo effettuato alle ore 17.43 presso lo sportello bancomat della filiale di Dalmine della banca RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE e pagamento effettuato alle successive ore 18.14 presso il negozio ‘Mediaworld’ di Stezzano . Il Giudice di Pace di Bergamo, in effetti, ha valorizzato -ampiamente motivando sul punto – quanto emerso in giudizio in ordine alla modalità di consumazione del furto patito dal COGNOME ed, in particolare, al limitato periodo di tempo intercorso tra la sottrazione, da parte di ignoti, della carta di debito del COGNOME ed il prelievo effettuato alle ore 17.43 del 08.02.2018 al fine di ritenere comprovata la colpa grave dell’appellante circa la custodia della carta di debito e del relativo p.i.n. Parimenti, il giudice di primo grado ha motivato in ordine alle ragioni che lo hanno portato a ritenere che le dichiarazioni rese alla udienza del 05.05.2021 dal testimone COGNOME NOME, figlio dell’appellante attesa, in effetti,
l’assoluta genericità delle medesime, siccome evincibile dalla lettura del verbale di udienza -, non abbiano spostato i termini della questione inerente la grave negligenza dell’appellante nella custodia del p.i.n. della carta di debito. Il Tribunale reputa, pertanto, che le motivazioni addotte dal giudice di primo grado a fondamento della pronunzia non appaiono illogiche e contraddittorie, avendo egli valorizzato gli elementi istruttori ritenuti maggiormente probanti ai fini della decisione della controversia e, conseguentemente, fatta corretta applicazione delle disposizioni contenute nel d.lgs. n. 11/2010. D’altronde, la valutazione complessiva degli elementi di prova acquisiti in giudizio rappresenta l’elemento caratterizzante del giudizio, reso dal Giudice di Pace senza incorrere in lacune o contraddizioni logiche ».
Per la cassazione di questa sentenza NOME COGNOME ha proposto ricorso affidandosi ad un motivo. Ha resistito, con controricorso, RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE
In data 1/3 marzo 2025, il consigliere delegato ha depositato una proposta di definizione anticipata del giudizio ex art. 380bis cod. proc. civ., come novellato dal d.lgs. n. 149 del 2022.
Con istanza del l’11/14 aprile 2025, il COGNOME ha chiesto la decisione del suo ricorso. Sono state depositate memorie ex art. 380bis .1 cod. proc. civ.
RAGIONI DELLA DECISIONE
L’unico formulato motivo di ricorso denuncia, in sintesi:
« Violazione e falsa applicazione dell’art. 12 del d.lgs. 27 gennaio 2010 n. 11, violazione e falsa applicazione dell’art. 2729 c.c. e violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c.» . Si contesta al tribunale di avere « erroneamente ricavato la prova della colpa grave dell’odierno ricorrente (consistente nel non aver adeguatamente custodito la carta di debito ed il relativo p.i.n.) dall’unica circostanza del limitato periodo di tempo intercorso tra la sottrazione, da parte di ignoti, della carta di debito del COGNOME ed il prelievo effettuato alle ore 17.43 del giorno 8 febbraio 2018 ». Si assume, tra l’altro, che « Nel corso dei precedenti gradi di giudizio non è emersa né è stata
provata la sussistenza di colpe, negligenze o responsabilità di sorta in capo all’odierno ricorrente in ordine al verificarsi del furto della carta e del suo utilizzo abusivo occorso in data 8 febbraio 2018 (di cui il medesimo è stato vittima ad opera di ignoti); deve pertanto ritenersi pacifico -non essendo provato il contrario – che il medesimo abbia sempre ottemperato a tutti gli obblighi di custodia e prudenza finalizzati a prevenire l’eventualità dell’utilizzo abusivo da parte di malintenzionati della carta Banco Card ivi compreso l’obbligo di custodire separatamente il codice PIN; è altresì pacifico e provato che il ricorrente, dopo aver preso contezza del furto e del prelievo abusivo, ha tempestivamente richiesto il blocco della carta e denunziato la circostanza del furto a RAGIONE_SOCIALE di Dalmine e sporto formale denunciaquerela presso la Stazione dei Carabinieri di Dalmine . ».
Va rilevato, in primis , che la menzionata proposta ex art. 380bis cod. proc. civ. ha il seguente tenore:
« 1. L’unico formulato motivo di ricorso si rivela manifestamente inammissibile.
1.1. Invero, giova rimarcare, innanzi tutto, che il vizio di cui all’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ. (specificamente invocato dal ricorrente) può rivestire la forma della violazione di legge (intesa come errata negazione o affermazione dell’esistenza o inesistenza di una norma, ovvero attribuzione alla stessa di un significato inappropriato) e della falsa applicazione di norme di diritto (intesa come sussunzione della fattispecie concreta in una disposizione non pertinente perché, ove propriamente individuata ed interpretata, riferita ad altro, ovvero deduzione da una norma di conseguenze giuridiche che, in relazione alla fattispecie concreta, contraddicono la sua, pur corretta, interpretazione. Cfr. Cass. n. 5436 del 2024; Cass. n. 1015 del 2023; Cass. n. 5490 del 2022; Cass. n. 3246 del 2022; Cass. n. 596 del 2022; Cass. n. 40495 del 2021; Cass. n. 28462 del 2021; Cass. n. 25343 del 2021; Cass. n. 4226 del 2021; Cass. n. 395 del 2021; Cass. n. 27909 del 2020; Cass. n. 4343 del 2020; Cass. n. 27686 del 2018). È opportuno rimarcare, inoltre, che questa Corte, ancora recentemente (cfr., pure nelle rispettive motivazioni, oltre alle pronunce appena citate, Cass. n. 35041 del
2022, Cass. n. 33961 del 2022 e Cass. n. 13408 del 2022), ha chiarito, tra l’altro, che: a) non integra violazione, né falsa applicazione di norme di diritto, la denuncia di una erronea ricognizione della fattispecie concreta in funzione delle risultanze di causa, poiché essa si colloca al di fuori dell’ambito interpretative ed applicativo della norma di legge; b) il discrimine tra violazione di legge in senso proprio (per erronea ricognizione dell’astratta fattispecie normativa) ed erronea applicazione della legge (in ragione della carente o contraddittoria ricostruzione della fattispecie concreta) è segnato dal fatto che solo quest’ultima censura, diversamente dalla prima, è mediata dalla contestata valutazione delle risultanze di causa (cfr. Cass. n. 10313 del 2006; Cass. n. 195 del 2016; Cass. n. 26110 del 2015; Cass. n. 8315 del 2013; Cass. n. 16698 del 2010; Cass. n. 7394 del 2010); c) le doglianze attinenti non già all’erronea ricognizione della fattispecie astratta recata dalle norme di legge, bensì all’erronea ricognizione della fattispecie concreta alla luce delle risultanze di causa, ineriscono tipicamente alla valutazione del giudice di merito (cfr. Cass. n. 13238 del 2017; Cass. n. 26110 del 2015).
1.2. Secondo il consolidato e qui condiviso orientamento di legittimità, poi, un’autonoma questione di malgoverno del precetto di cui all’art. 2697 cod. civ. si pone esclusivamente ove il giudice abbia attribuito l’onere della prova ad una parte diversa da quella che ne è gravata secondo le regole dettate da quella norma, non anche quando, a seguito di un’eventuale incongrua valutazione delle acquisizioni istruttorie, il giudice abbia ritenuto assolto, o meno, tale onere, poiché in questo caso vi è soltanto un erroneo apprezzamento sull’esito della prova, sindacabile in sede di legittimità solo per il vizio di cui all’art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ. (cfr., anche nelle rispettive motivazioni, Cass. nn. 25376, 19371, 15032 e 10794 del 2024; Cass. n. 9021 del 2023; Cass. n. 11963 del 2022; Cass. nn. 17313 e 1634 del 2020; Cass. nn. 26769 e 13395 del 2018; Cass. n. 26366 del 2017; Cass nn. 19064 e 2395 del 2006), nella specie nemmeno prospettato (e comunque da rapportarsi -in ipotesi -al testo novellato di cui alla citata norma, introdotto dal d.l. n. 83 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge
n. 134 del 2012, qui applicabile ratione temporis, risultando impugnata una sentenza resa il 4 luglio 2024).
1.3. Fermo quanto precede, nella specie, il concreto argomentare dell’unico formulato motivo è tale da lasciare chiaramente intendere che, in realtà, con la denunciata pretesa violazione dell’art. 12 del d.lgs. n. 11 del 2010 e degli artt. 2729 e 2697 cod. civ., il COGNOME intende censurare una erronea ricognizione della fattispecie concreta, di necessità mediata dalla contestata valutazione delle risultanze probatorie di causa, che non costituisce vizio di violazione di legge (cfr., tra le altre, Cass. n. 16038 del 2013; Cass. n. 27197 del 2011). Alteris verbis , l’odierna doglianza, benché formulata con riferimento all’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., si rivela sostanzialmente volta ad ottenere un riesame di accertamenti fattuali compiuti dal tribunale, così dimenticando, tuttavia, che: i) la scelta degli elementi che costituiscono la base della presunzione ed il giudizio logico con cui dagli stessi si deduce l’esistenza del fatto ignoto costituiscono un apprezzamento di fatto che, se adeguatamente motivato, sfugge al controllo di legittimità (cfr. Cass. n. 3336 del 2015; Cass. n. 27457 del 2019), e che, come già ribaditosi (cfr. in motivazione, Cass. n. 7380 del 2018; Cass. n. 27457 del 2019), gli elementi assunti a fonte di presunzione non debbono essere necessariamente plurimi – benché l’art. 2729, comma 1, cod. civ. si esprima al plurale – potendosi il convincimento del giudice fondare anche su un elemento unico, preciso e grave, la valutazione della cui rilevanza, peraltro, nell’ambito del processo logico applicato in concreto, non è sindacabile in sede di legittimità ove sorretta da motivazione adeguata e logicamente non contraddittoria (cfr. Cass. n. 27457 del 2019; Cass. 15 gennaio 2014 n. 656; Cass. 29 luglio 2009, n. 17574), e dovendo il requisito della “concordanza” ritenersi menzionato dalla legge solo in previsione di un eventuale ma non necessario concorso di più elementi presuntivi (cfr. l’appena citata Cass. 17574 del 2009, nonché, la più recente Cass. n. 27457 del 2019); ii) il giudizio di legittimità non può essere surrettiziamente trasformato in un nuovo, non consentito, ulteriore grado di merito, nel quale ridiscutere gli esiti istruttori espressi nella decisione impugnata, non condivisi
e, per ciò solo, censurati al fine di ottenerne la sostituzione con altri più consoni alle proprie aspettative (cfr. Cass. n. 21381 del 2006, nonché, tra le più recenti, Cass., SU, n. 34476 del 2019; Cass. nn. 1822, 2195, 3250, 5490, 9352, 13408, 5237, 21424, 30435, 35041 e 35870 del 2022; Cass. nn. 1015, 7993, 11299, 13787, 14595, 17578, 27522, 30878 e 35782 del 2023; Cass. nn. 4582, 4979, 5043, 6257, 9429, 10712, 16118, 19423, 27328 e 35006 del 2024; Cass. nn. 1166 e 3284 del 2025) ».
Il Collegio reputa affatto condivisibile tali conclusioni, che, pertanto, ribadisce interamente, in quanto conformi anche alla successiva giurisprudenza di questa Corte pronunciatasi sui medesimi profili sostanziali e processuali rimarcati nella descritta proposta.
Rileva, inoltre, che, nella propria memoria ex art. 380bis .1 cod. proc. civ. del 23 ottobre 2025, il COGNOME insiste con argomentazioni che evidenziano (come già accaduto per quelle di cui al ricorso) una pretesa erronea ricognizione della fattispecie concreta fondata sulla contestata valutazione delle risultanze probatorie di causa. Tanto, però, come correttamente rimarcato nella proposta suddetta non costituisce vizio di violazione di legge ( cfr ., tra le altre, Cass. n. 16038 del 2013; Cass. n. 27197 del 2011).
In definitiva, l’odierna doglianza, benché formulata con riferimento all’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., si rivela sostanzialmente volta ad ottenere un riesame di accertamenti fattuali compiuti dal tribunale, così dimenticando, tuttavia, che, come puntualizzato, in motivazione, da Cass. n. 7612 del 2022 e da Cass. nn. 8671, 20895, 25907 e 27478 del 2025, « Il compito di questa Corte, , non è quello di condividere o non condividere la ricostruzione dei fatti contenuta nella decisione impugnata, né quello di procedere ad una rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, al fine di sovrapporre la propria valutazione delle prove a quella compiuta dai giudici di merito (Cass. n. 3267 del 2008), anche se il ricorrente prospetta un migliore e più appagante (ma pur sempre soggettivo) coordinamento dei dati fattuali acquisiti in giudizio (Cass. n. 12052 del 2007), dovendo, invece, solo controllare, a norma degli artt. 132, n. 4, e 360 comma
1, n. 4, c.p.c., se costoro abbiano dato effettivamente conto delle ragioni in fatto della loro decisione e se la motivazione al riguardo fornita sia solo apparente ovvero perplessa o contraddittoria (ma non più se sia sufficiente: Cass. SU n. 8053 del 2014), e cioè, in definitiva, se il loro ragionamento probatorio, qual è reso manifesto nella motivazione del provvedimento impugnato, si sia mantenuto, com’è in effetti accaduto nel caso in esame, nei limiti del ragionevole e del plausibile (Cass. n. 11176 del 2017, in motiv.) ».
In conclusione , quindi, l’odierno ricorso di NOME COGNOME deve essere dichiarato inammissibile, restando a suo carico le spese di questo giudizio di legittimità sostenute dalla costituitasi controricorrente.
4.1. Poiché il giudizio è definito in conformità della proposta ex art. 380bis , comma 1, cod. proc. civ. (come novellato dal d.lgs. n. 149 del 2022), va disposta la condanna della parte istante a norma dell’art. 96, commi 3 e 4, cod. proc. civ.
Vale rammentare, in proposito, che, in tema di procedimento per la decisione accelerata dei ricorsi inammissibili, improcedibili o manifestamente infondati, l’art. 380bis , comma 3, cod. proc. civ. (pure novellato dal menzionato d.lgs. n. 149 del 2022) -che, nei casi di definizione del giudizio in conformità alla proposta, contiene una valutazione legale tipica della sussistenza dei presupposti per la condanna ai sensi del terzo e del quarto comma dell’art. 96 cod. proc. civ. -codifica un’ipotesi normativa di abuso del processo, poiché il non attenersi ad una valutazione del proponente, poi confermata nella decisione definitiva, lascia presumere una responsabilità aggravata del ricorrente ( cfr . Cass., SU, n. 28540 del 2023; Cass. nn. 11346 e 16191 del 2024). Pertanto, non ravvisando il Collegio (stante la complessiva ‘tenuta’ del provvedimento della PDA rispetto alla motivazione necessaria per confermare l’inammissibilità del ricorso) ragioni p er discostarsi dalla suddetta previsione legale ( cfr ., in motivazione, Cass., SU, n. 36069 del 2023), il ricorrente suddetto va condannato, nei confronti della costituitasi controricorrente, al pagamento della somma equitativamente determinata di € 1.000 ,00, oltre che al pagamento dell’ulteriore somma di € 2.500,00 in favore della Cassa delle ammende.
4.2. Deve darsi atto, infine, -in assenza di ogni discrezionalità al riguardo ( cfr . Cass. n. 5955 del 2014; Cass., S.U., n. 24245 del 2015; Cass., S.U., n. 15279 del 2017) e giusta quanto precisato da Cass., SU, n. 4315 del 2020 -che, stante il tenore della pronuncia adottata, sussistono, ai sensi dell’art. 13, comma 1quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, i presupposti processuali per il versamento, da parte del medesimo ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto, mentre « spetterà all’amministrazione giudiziaria verificare la debenza in concreto del contributo, per la inesistenza di cause originarie o sopravvenute di esenzione dal suo pagamento ».
PER QUESTI MOTIVI
La Corte dichiara inammissibile il ricorso proposto da NOME COGNOME e lo condanna al pagamento, in favore della costituitasi controricorrente, delle spese di questo giudizio di legittimità, che liquida in € 1.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi, liquidati in € 200,00, ed agli accessori di legge.
Condanna il medesimo ricorrente al pagamento della somma di € 1.000,00 in favore della costituitasi controricorrente e di una ulteriore somma di € 2.500,00 in favore della Cassa delle ammende.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, ad opera di NOME COGNOME, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, giusta il comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Prima sezione civile della Corte Suprema di cassazione, il 6 novembre 2025.
Il Presidente NOME COGNOME