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Colpa del venditore: presunzione e prova liberatoria

La Corte di Cassazione chiarisce che, in caso di vendita di un bene difettoso, la colpa del venditore è presunta. Spetta a quest’ultimo dimostrare di aver agito con la normale diligenza per evitare il danno. La sentenza analizza anche il risarcimento del danno da “fermo tecnico”, specificando che non è automatico (in re ipsa), ma deve essere provato dall’acquirente. Il caso riguardava la vendita e installazione di un cambio difettoso su un autocarro, con il venditore che aveva ritardato la sostituzione del pezzo nonostante le continue lamentele del cliente.

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Pubblicato il 10 ottobre 2025 in Diritto Civile, Diritto Commerciale, Giurisprudenza Civile

Colpa del venditore: quando è presunta e come provare il danno

Quando si acquista un bene che si rivela difettoso, la legge tutela l’acquirente. Ma quali sono esattamente le responsabilità del venditore? Una recente sentenza della Corte di Cassazione fa luce su un aspetto cruciale: la colpa del venditore per i vizi della cosa venduta. Secondo i giudici, tale colpa si presume, e spetta al venditore l’onere di dimostrare il contrario. Approfondiamo questo principio e le sue implicazioni pratiche, analizzando anche come deve essere provato il danno da ‘fermo tecnico’ del bene.

I Fatti di Causa

Il caso nasce dalla richiesta di risarcimento danni avanzata dal proprietario di un autocarro contro l’officina che gli aveva venduto e installato un nuovo cambio. Poco dopo la consegna, il cambio manifestava gravi difetti, rendendo il veicolo pericoloso e inaffidabile. L’acquirente lamentava che, nonostante le sue continue richieste e i ripetuti rientri del mezzo in officina, il venditore si era limitato a tentativi di riparazione inefficaci, decidendosi a sostituire il pezzo solo dopo molti mesi.

L’acquirente chiedeva quindi il risarcimento per i costi sostenuti, il mancato guadagno dovuto al fermo del veicolo e il danno all’immagine. Il venditore si difendeva, sostenendo che l’azione fosse prescritta e che la responsabilità fosse del proprio fornitore. Sia in primo grado che in appello, i giudici davano ragione all’acquirente, riconoscendo la responsabilità del venditore.

La Decisione della Corte di Cassazione e la Colpa del Venditore

La questione è giunta fino alla Corte di Cassazione, che ha confermato alcuni principi fondamentali ma ne ha corretto altri, in particolare sulla quantificazione del danno.

La Presunzione di Colpa del Venditore

Il punto centrale della decisione riguarda la colpa del venditore. La Corte ha ribadito un principio consolidato: una volta che l’acquirente ha provato l’esistenza del vizio e del danno, la colpa del venditore si presume. Non è l’acquirente a dover dimostrare la negligenza del venditore, ma è quest’ultimo a dover fornire la prova liberatoria, dimostrando che l’inadempimento non è a lui imputabile.

Nel caso specifico, il comportamento del venditore, che per mesi aveva evitato la sostituzione del pezzo difettoso optando per inutili riparazioni, è stato considerato una chiara prova della sua colpa. Un comportamento più diligente e accorto avrebbe evitato il protrarsi del danno.

Il Riconoscimento dei Vizi Supera la Decadenza

Un altro aspetto importante è quello della decadenza. La legge prevede che i vizi debbano essere denunciati entro un breve termine. Tuttavia, la Corte ha specificato che il comportamento del venditore, il quale interviene più volte per tentare di riparare il difetto, equivale a un riconoscimento del vizio stesso. Questo riconoscimento impedisce la decadenza e fa sì che l’acquirente conservi il diritto alla garanzia, anche se la denuncia formale non è avvenuta nei termini stretti.

Il Danno da Fermo Tecnico Va Provato

La vera novità della sentenza risiede nella valutazione del danno da ‘fermo tecnico’. I giudici di merito avevano liquidato una somma a titolo di risarcimento per il fermo del veicolo in via equitativa, considerandolo un danno automatico (in re ipsa).

La Cassazione ha corretto questa impostazione, affermando che il danno da fermo tecnico non è presunto. L’indisponibilità del veicolo, di per sé, non costituisce un danno risarcibile. L’acquirente deve fornire la prova concreta del pregiudizio economico subito. Tale prova può consistere, ad esempio, nella dimostrazione di:

* Aver sostenuto costi per noleggiare un veicolo sostitutivo.
* Aver subito una perdita di guadagno per l’impossibilità di utilizzare il mezzo per la propria attività lavorativa.

Senza questa prova specifica, il danno non può essere liquidato.

le motivazioni
La Suprema Corte ha motivato la sua decisione sulla base di principi consolidati in materia di onere della prova e natura del danno risarcibile. Per quanto riguarda la colpa, si è richiamata all’art. 1494 c.c., che pone a carico del venditore il risarcimento del danno se non prova di aver ignorato senza colpa i vizi della cosa. La presunzione di colpa serve a riequilibrare la posizione delle parti, poiché il venditore è il soggetto che ha il controllo sul bene venduto. Il ritardo ingiustificato nella risoluzione del problema, a fronte di un difetto evidente, integra l’elemento soggettivo della colpa.

Sul danno da fermo tecnico, la Corte ha seguito l’orientamento secondo cui il danno-conseguenza deve essere sempre provato. La mera lesione di un interesse (l’uso del veicolo) non coincide con il danno risarcibile, che deve invece consistere in una perdita patrimoniale concreta e dimostrabile, secondo le regole generali dell’art. 2697 c.c.

le conclusioni
Questa sentenza offre due importanti lezioni pratiche. Per i venditori, sottolinea l’importanza di agire con prontezza e diligenza di fronte alle lamentele dei clienti per vizi della merce. Tentare di minimizzare il problema o ritardare la soluzione definitiva non solo non esclude la responsabilità, ma può anzi aggravarla, costituendo prova della propria colpa. Per gli acquirenti, invece, la decisione è un monito: per ottenere il risarcimento dei danni derivanti dall’impossibilità di usare un bene (come un veicolo), non basta lamentare il disagio. È indispensabile raccogliere e conservare le prove dei costi specifici sostenuti o dei mancati guadagni, al fine di poterli dimostrare in giudizio.

Quando si presume la colpa del venditore in caso di vizi della merce?
Una volta che l’acquirente ha provato l’esistenza dei difetti e delle loro conseguenze dannose, la colpa del venditore è presunta. Spetta al venditore fornire la ‘prova liberatoria’, dimostrando di aver ignorato i vizi senza colpa o che l’inadempimento non gli è imputabile.

Il danno da ‘fermo tecnico’ di un veicolo è sempre risarcibile in modo automatico?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che il danno da fermo tecnico non è ‘in re ipsa’ (cioè automatico), ma deve essere specificamente provato. Il danneggiato deve dimostrare la spesa sostenuta per un mezzo sostitutivo o la perdita economica subita a causa del mancato utilizzo del veicolo.

Cosa succede se il venditore tenta di riparare il bene difettoso più volte senza successo?
Il comportamento del venditore che, a seguito di una denuncia, interviene più volte per riparare il bene difettoso viene interpretato come un riconoscimento dei vizi. Questo riconoscimento impedisce la decadenza dalla garanzia, anche se la denuncia non è avvenuta nei termini di legge, e solleva il compratore dall’onere di denunciare formalmente il difetto.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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