Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 16003 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 16003 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 15/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 18432/2023 R.G. proposto da :
COGNOME NOME COGNOME rappresentato e difeso dall’Avv. NOME COGNOME con domicilio digitale legale
-ricorrente-
contro
Università degli studi del Salento, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui Uffici, siti in Roma, INDIRIZZO domicilia
-controricorrente/ricorrente incidentalenonché contro
Istituto Nazionale della Previdenza RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dagli Avv.ti NOME COGNOME NOME COGNOME, NOME COGNOME NOME COGNOME, elettivamente domiciliato in Roma, INDIRIZZO presso l’Avvocatura centrale dell’INPS
–
resistente
con mandato- avverso la sentenza della Corte d’appello di Lecce n. 356/2023 depositata il 02/05/2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 08/05/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
La Corte d’appello di Lecce ha definito il giudizio di rinvio disposto da questa Corte con ordinanza n. 12877 del 26/06/2020, che, nel cassare la sentenza impugnata in relazione al motivo del ricorso principale accolto, ha enunciato il principio di diritto secondo cui ai collaboratori esperti linguistici assunti come tali senza mai avere rivestito la qualifica di cosiddetti ex lettori di madrelingua straniera non si applica il d.l. n. 2 del 2004, come autenticamente interpretato dalla l. n. 240 del 2010.
La Corte territoriale, dopo avere dato atto dell’avvenuta formazione del giudicato interno sul capo della sentenza d’appello che aveva ritenuto l’illegittimità dei rapporti a termine e riconosciuto il danno comunitario quantificato in misura pari a dodici mensilità, in applicazione dei principi enunciati da questa S.C., ha rigettato le ulteriori domande proposte da NOME COGNOME, collaboratore esperto linguistico dell’Università del Salento, per ottenere il riconoscimento del diritto alla retribuzione di ricercatore con fermato a tempo definito dall’inizio del rapporto sino al 31 dicembre 2008. Ha aggiunto che il principio di diritto affermato dalla sentenza rescindente non poteva dirsi superato da norme sopravvenute ed in particolare dall’art. 11 della l . n. 167 del 2017 e successive modificazioni, sia perché quelle norme rimettevano la determinazione alla contrattazione collettiva integrativa di ateneo, sia in quanto il decreto ministeriale -peraltro sempre riferito agli ex lettori -attiene al riconoscimento degli scatti biennali a decorrere dalla data di entrata in vigore della l. n. 240 del 2010, mentre nella fattispecie si discute di differenze retributive inerenti al periodo 2002-2008.
2.1. La Corte di merito -sviluppando una doppia ratio decidendi -ha poi aggiunto che sulla inapplicabilità al ricorrente della normativa dettata per i lettori divenuti collaboratori linguistici si era formato un giudicato esterno, essendo passata in giudicato la sentenza n. 746 del 15/01/2021 della medesima C orte d’appello , che, sia pure ad altri fini, aveva rigettato la invocata equiparazione. Ha, quindi, richiamato il principio secondo cui, in caso di pluralità di giudizi, il giudicato formatosi fra le stesse parti su una
situazione giuridica comune ad entrambe le cause preclude il riesame del punto accertato e risolto anche se l’altro giudizio concerna un petitum diverso dal primo.
2.2. Ha, pertanto, condannato il ricorrente alla restituzione delle somme ricevute in esecuzione della sentenza cassata, quantificate al netto, e ha precisato che non trova applicazione alla fattispecie l’art. 2033 c.c.
2.3. Infine, in ragione della soccombenza reciproca, ha compensato per metà le spese di tutti i gradi del giudizio, ponendo la residua metà a carico dell’Università .
Avverso tale pronuncia propone ricorso per cassazione NOME COGNOME sulla base di cinque motivi, illustrati da memoria, cui oppone difese l’Università del Salento, proponendo a sua volta ricorso incidentale, mentre l’ Istituto Nazionale della Previdenza Sociale si è limitato a depositare procura speciale.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo del ricorso principale si deduce la violazione dell’art. 384 c.p.c. , degli artt. 36 e 3 cost., delle sentenze della Corte di Giustizia UE del 26 giugno 2001 (C-212/99) e del 18 luglio 2006 (C119/04), della l. n. 167 del 2017 e del decreto interministeriale n. 765 del 16 agosto 2019, in relazione a ll’art. 4 della l . n. 236 del 1995, a ll’art. 51 del CCNL 1996 comparto Università, a ll’art. 1 della l . n. 63 del 2004 e a ll’art. 26 della l. n. 240 del 2010 , ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c.
La censura richiama la procedura di infrazione promossa dalla Commissione Europea in ordine alla posizione degli ex lettori divenuti collaboratori esperti linguistici per denunciare l’erroneità del capo della sentenza che ha escluso l’incidenza dell a stessa nel giudizio di rinvio. Si esclude la sussistenza di ragioni per differenziare il trattamento economico dei collaboratori esperti linguistici assunti dopo il 1995 e i cosiddetti ex lettori.
Con il secondo motivo del ricorso principale si deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 36 e 3 Cost., della l. n. 236 del 1995, del CCNL 1996, della l. n. 63 del 2004, dell’art. 2099 c.c. , nonché la violazione
del principio di non discriminazione sancito dai Trattati UE e dall’art. 117 Cost. , ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c.
In particolare, si reitera la censura in ordine alla natura discriminatoria del trattamento economico riservato ai collaboratori esperti linguistici assunti come tali.
Con il terzo motivo del ricorso principale si deduce la violazione degli artt. 2094, 2099 e 2103 c.c., dell’art. 22 del CCNL comparto Università del 2003, prospettando un ulteriore profilo di discriminazione rilevante per il diritto europeo, nonché la nullità della sentenza per difetto di motivazione, in violazione degli artt. 112 e 132 c.p.c., ai sensi dell’art. 360, primo comma, nn. 3 e 4, c.p.c.
Si ribadisce che le due categorie svolgono le medesime mansioni e che per questo era stato sollecitato il rinvio pregiudiziale della questione alla Corte di giustizia, addebitando alla sentenza impugnata di non avere motivato sul punto e di non avere pronunciato sulla domanda subordinata di riconoscimento degli aumenti stipendiali per il periodo che va dall’inizio del rapporto sino a tutto il 2008. Si richiama anche il principio di non discriminazione per gli assunti a tempo determinato nonché l’art. 22, comma 3, del CCNL 2003, erroneamente interpretato dalla Corte territoriale.
I primi tre motivi, che possono essere esaminati congiuntamente perché relativi alla medesima questione, sono inammissibili perché mirano sostanzialmente a rimettere in discussione principi affermati dalla sentenza rescindente, rispetto alla quale non è configurabile uno ius superveniens idoneo a superare il principio di diritto affermato.
Giova qui di seguito richiamare gli anzidetti principi, affermati nella sentenza rescindente e ampiamente richiamati nella sentenza impugnata, che ne ha dato corretta applicazione.
«7. è invece fondato il secondo motivo del ricorso principale, con il quale l’Università addebita alla Corte territoriale, nella rubrica, la violazione dell’art. 26 della legge n. 240/2010 e nel corpo del motivo si duole dell’errata applicazione alla fattis pecie della norma oggetto di
interpretazione, ossia dell’art. 1, comma 1, della legge n. 63/2004, in realtà riferibile ai soli lettori di lingua straniera assunti ex art. 28 del d.P.R. n. 382/1980, poi divenuti collaboratori esperti linguistici sulla base della decretazione d’urgenza succedutasi negli anni 1993/1995, a partire dal d.l. n. 530/1993 e sino a giungere al d.l. n. 120/1995, convertito con modificazioni nella l. n. 236/1995, tuttora vigente;
7.1. è incontestato, e della circostanza dà atto la sentenza impugnata, che i rapporti a termine intercorsi fra le parti hanno interessato l’arco temporale compreso fra l’anno accademico 2001/2002 e quello 2006/2007 ed i contratti sono stati tutti stipulati ai sensi della legge n. 236/1995 che, quanto al trattamento economico e normativo, rinvia alla contrattazione collettiva di comparto, intervenuta a disciplinare la materia a partire dal CCNL 21.5.1996, art. 51;
7.2. pertanto il giudice d’appello, nel riconoscere allo Speedwell il trattamento retributivo previsto dal d.l. n. 2/2004, convertito dalla legge n. 63/2004, si è posto in contrasto con il principio di diritto già affermato da questa Corte, ed al quale il Collegio intende dare continuità, secondo cui ai collaboratori esperti linguistici assunti ai sensi del d.l. n. 120/1995 e dei decreti legge non convertiti susseguitisi a partire dal d.l. n. 530/1993 (i cui effetti sono stati fatti salvi dalla legge n. 236/1995 di conversione del d.l. n. 120/1995) è riservato il trattamento retributivo previsto dalla contrattazione collettiva di comparto e non già quello dettato dalla diversa disciplina di cui al d.l. n. 2 del 2004, conv. con modif. in l. n. 63 del 2004, applicabile solo ai collaboratori linguistici ex lettori di madrelingua straniera, già destinatari di contratti stipulati ai sensi del d.P.R. n. 382 del 1980 (Cass. n. 6341/2019 e Cass. n. 28502/2019);
7.3. il principio di diritto, che trova riscontro anche nella motivazione dell’ordinanza della Corte costituzionale n. 38/2012, è stato affermato valorizzando, da un lato, il tenore letterale della norma e del successivo intervento di interpretazione auten tica, dall’altro la ratio della stessa, finalizzata a dettare un criterio oggettivo per la ricostruzione della carriera degli ex lettori, divenuti collaboratori linguistici, che rispondesse alle
indicazioni fornite dalla Corte di Giustizia con la sentenza 26 giugno 2001, in causa c -212/99, che aveva censurato lo Stato italiano per non “aver assicurato il riconoscimento dei diritti quesiti agli ex lettori di lingua straniera, divenuti collaboratori linguistici, riconoscimento invece garantito alla generalità dei lavoratori nazionali”;
7.4. si tratta, quindi, di una finalità chiaramente non ravvisabile per i collaboratori esperti linguistici assunti ab origine sulla base della normativa dettata dal richiamato d.l. n. 120/1995, con il quale il legislatore, pur qualificando il contratto di diritto privato, in linea con il processo di contrattualizzazione dell’impiego pubblico già all’epoca in atto, ha abilitato la contrattazione collettiva a fissare il trattamento retributivo dei collaboratori, non equiparabili ai docenti universitari, perché chiamati a soddisfare «esigenze di apprendimento delle lingue e di supporto alle attività didattiche» (art. 4 d.l. 120/1995) e, quindi, a svolgere una funzione che, pur rientrando nella didattica intesa in senso lato, è caratterizzata dall’essere strume ntale e di supporto, rispetto all ‘ insegnamento connotato da specifiche competenze didattiche e scientifiche (Cass. n. 5909/2005 e Cass. n. 18709/2019);
7.5. la pretesa dell’originario ricorrente, che la Corte territoriale ha ritenuto di dover accogliere, di parametrare il trattamento retributivo per le prestazioni rese a partire dall’anno 2001 a quello previsto per il ricercatore confermato a tempo definito, non considera i limiti oggettivi di applicazione della norma invocata ed è chiaramente smentita dall’art. 26 della legge n. 230/2010 con la quale il legislatore ha precisato che ‘ in esecuzione della sentenza della Corte di Giustizia delle Comunità europee 26 giugno 2001, nella causa C -212/99, ai collaboratori esperti linguistici, assunti dalle università interessate quali lettori di madrelingua straniera, il trattamento economico corrispondente a quello del ricercatore confermato a tempo definito, in misura proporzionata all ‘ impegno orario effettivamente assolto, deve essere attribuito con effetto dalla data di prima assunzione quali lettori di madrelingua straniera a norma dell ‘ articolo 28 del decreto del Presidente della Repubblica 11 luglio 1980, n. 382, sino alla data di instaurazione del
nuovo rapporto quali collaboratori esperti linguistici, a norma dell ‘ articolo 4 del decreto-legge 21 aprile 1995, n. 120, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 giugno 1995, n. 236. A decorrere da quest ‘ ultima data, a tutela dei diritti maturati nel rapporto di lavoro precedente, i collaboratori esperti linguistici hanno diritto a conservare, quale trattamento retributivo individuale, l ‘ importo corrispondente alla differenza tra l ‘ ultima retribuzione percepita come lettori di madrelingua straniera, computata secondo i criteri dettati dal citato decreto-legge n. 2 del 2004, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 63 del 2004, e, ove inferiore, la retribuzione complessiva loro spettante secondo le previsioni della contrattazione collettiva di comparto e decentrata applicabile a norma del decreto-legge 21 aprile 1995, n. 120, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 giugno 1995, n. 236. ‘ ;
7.6. la disposizione esclude il definitivo ‘aggancio’ del trattamento retributivo dei collaboratori alla retribuzione prevista per i ricercatori confermati a tempo definitivo, in relazione agli sviluppi contrattuali successivi alla stipula del contratto di collaborazione linguistica, e chiarisce il rapporto fra la previsione contenuta nel d.l. n. 2/2004 e la disciplina dettata dalla contrattazione collettiva, a ciò autorizzata dal d.l. n. 120/1995, precisando che a far tempo dalla sottoscrizione del contratto di collaborazione linguistica l’eventuale trattamento più favorevole viene conservato a titolo individuale nella misura corrispondente alla differenza fra quanto percepito a detta data come lettore di madrelingua straniera, ai sensi del richiamato d.l. n. 2/2004, e la retribuzione dovuta al collaboratore linguistico sulla base della contrattazione collettiva nazionale e decentrata;
7.7. si tratta, sostanzialmente, di un assegno ad personam, non dissimile da quello garantito nell’impiego pubblico contrattualizzato in caso di mobilità e da quello che le parti collettive avevano previsto con l’art. 51 del CCNL 21.5.1996 per consentire ai collaboratori esperti linguistici assunti prima della stipula dello stesso contratto di conservare il trattamento più favorevole concordato a livello di Ateneo;
7.8. la disciplina dettata presuppone, dunque, una transizione dal rapporto di lettorato a quello di collaborazione linguistica, diversamente
disciplinati pur nella sostanziale continuità delle figure professionali coinvolte, e non può venire in rilievo nei casi in cui il collaboratore non abbia mai stipulato un contratto ai sensi dell’art. 28 del d.P.R. n. 382/1980;
7.9. i precedenti di questa Corte citati nella sentenza impugnata e nella memoria depositata dal ricorrente incidentale ex art. 380 bis 1 cod. proc. civ. non si attagliano alla fattispecie perché relativi tutti a controversie nelle quali venivano in rilievo contratti di lettorato e si trattava di stabilire se la normativa dettata dal d.l. n. 2/2004 fosse applicabile anche agli ex lettori di Università diverse da quelle espressamente citate dal legislatore (sull’estensione cfr. fra le più recenti Cass. n. 18 897/2019) ed a quelli che, avendo ottenuto giudizialmente la conversione del rapporto a termine in contratto di lettorato a tempo indeterminato, non avevano formalmente assunto la qualifica di collaboratore esperto linguistico, non avendo sottoscritto il relativo contratto (Cass. S. U. n. 24963 del 2017);
7.10. non si ravvisa, pertanto, ragione alcuna per disporre la sollecitata rimessione al Primo Presidente perché l’orientamento al quale si intende dare continuità non contrasta, ed anzi è pienamente in linea, con i principi affermati nelle controversie nelle quali le pretese retributive venivano avanzate da ex lettori divenuti collaboratori linguistici;
7.11. parimenti deve essere respinta la richiesta di rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia perché nella fattispecie, per le ragioni già dette, non vengono in rilievo le pronunce della stessa Corte, che hanno riguardato i soli lettori di lingua madre straniera originariamente assunti ai sensi dell’art. 28 del d.P.R. n. 382/1980, e perché tutte le considerazioni svolte nella memoria ex art. 380 bis 1 cod. proc. civ. in merito all’ingiustificata disparità di trattamento fra lavoratori chiamati a rendere la medesima prestazione, muovono da un presupposto erroneo e si fondano su un’interpretazione non corretta del d.l. n. 2/2004, smentita dalla legge di interpretazione autentica n. 240/2010;
7.12. il ricorrente incidentale, infatti, non considera che anche la retribuzione degli ex lettori, divenuti collaboratori linguistici, per il periodo successivo alla sottoscrizione del contratto ex d.l. 120/1995, resta
disciplinata innanzitutto dalla contrattazione collettiva ed il maggior importo eventualmente derivato dall’applicazione del diverso criterio dettato dal d.l. n. 2/2004 rimane cristallizzato alla data di sottoscrizione del contratto di CEL a titolo di trattamento individuale di miglior favore;
7.13. una volta interpretata in detti termini la normativa, non si ravvisa alcuna ingiustificata discriminazione in ragione della nazionalità o dell’età, perché la stessa non introduce criteri differenziati di determinazione della ‘giusta retribuzione’, ch e resta quella fissata dalla contrattazione collettiva, ma mira unicamente, da un lato, ad ottemperare alle decisioni della Corte di Giustizia, come si è detto riferibili ai soli ex lettori, dall’altro ad evitare che il passaggio dal rapporto di lettorato a quello di collaborazione linguistica possa per questi ultimi risolversi in un peggioramento del livello retributivo già raggiunto, esigenza, questa, non ipotizzabile rispetto ai soggetti che siano stati assunti ab origine con contratti stipulati ai sensi del d.l. n. 120/1995;».
4.1. Pertanto, le questioni sollevate nei motivi sono state già esaminate e disattese nella sentenza rescindente, con l’ampia motivazione sopra riportata. E’, dunque, sufficiente precisare che anche le ulteriori deduzioni, oltre che la procedura di infrazione richiamata nel primo motivo, riguardano la posizione degli ex lettori, qualifica pacificamente mai ricoperta dall’odierno ricorrente, ed il preteso inadempimento dello Stato italiano alle decisioni della Corte di Giustizia che si riferivano sempre agli ex lettori e non ai collaboratori esperti linguistici di nuova assunzione.
In ragione della manifesta infondatezza delle predette censure, ritiene il Collegio che debba essere disattesa l’istanza di rinvio a nuovo ruolo e di fissazione dell’udienza pubblica ex art. 375 c.p.c., formulate nella memoria difensiva.
Hanno affermato le Sezioni Unite di questa Corte (Cass. Sez. U., 19/02/2024, n. 4331 ) che all’esito della riformulazione dell’art. 375 c.p.c., operata dal d.lgs. n. 149 del 2022, la Corte di cassazione, anche a Sezioni Unite, pronuncia in pubblica udienza unicamente nei casi di ricorso per revocazione ex art. 391quater c.p.c. e di particolare rilevanza della
questione di diritto, mentre delibera con ordinanza resa all’esito della camera di consiglio ex art. 380bis 1 c.p.c., «in ogni altro caso in cui non pronuncia in pubblica udienza» (art. 375, secondo comma, n. 4quater ).
La disposizione delinea un rapporto regola/eccezione secondo cui i ricorsi sono «normalmente» destinati ad essere definiti nel rispetto delle forme previste dall’art. 380 -bis 1 c.p.c. , ossia all’esito di adunanza camerale, salvo che non ricorrano le condizioni indicate nel primo comma dello stesso art. 375 c.p.c. , la cui applicabilità, quanto all’ipotesi riferibile all’esercizio del potere nomofilattico, richiede che la questione di diritto sulla quale la Corte è chiamata a pronunciare si presenti di particolare rilevanza, che va esclusa, non solo nell’ipotesi in cui la questione medesima non sia nuova, perché già risolta dalla Corte, ma anche qualora il principio di diritto che la Corte è chiamata ad enunciare sia solo apparentemente connotato da novità, perché conseguenza della mera estensione di principi già affermati, sia pure in relazione a fattispecie concrete connotate da diversità rispetto a quelle già vagliate.
Quest’ultima evenienza ricorre nella fattispecie, giacché le questioni prospettate si risolvono sulla base di principi che questa Corte ha già enunciato in plurime pronunce, in coerenza con quanto affermato dalle Sezioni Unite, secondo quanto sopra ampiamente osservato, principi che consentono di superare anche gli ulteriori rilievi svolti dal ricorrente in ordine alla procedura di infrazione promossa dalla Commissione Europea, come sopra esposto, escludendo anche la necessità di procedere al sollecitato rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia UE.
Con il quarto motivo del ricorso principale si denuncia la violazione degli artt. 2909 c.c. e 324 c.p.c., in relazione all’accertamento del giudicato, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c.
Si censura, in particolare, il capo della sentenza impugnata che ha ritenuto la formazione del giudicato esterno e si sostiene che quel giudizio riguardava una diversa fattispecie, ossia la disposizione unilaterale del contratto collettivo decentrato del 2009 che prevedeva la parificazione retributiva fra tutti i collaboratori esperti linguistici.
6.1. Il motivo è inammissibile per difetto di rilevanza, in quanto, dichiarati inammissibili i primi tre motivi, relativi alla ratio decidendi principale addotta nella sentenza impugnata, l’eventuale accoglimento del motivo in esame, relativo alla seconda ratio addotta, non potrebbe comunque comportare la cassazione della decisione.
Infine, con il quinto motivo del ricorso principale si denuncia la violazione degli artt. 1175, 1337 e 2033 c.c., in relazione all’art. 1 del Protocollo addizionale della CEDU , sempre ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., nonché la nullità della sentenza per omessa motivazione, ex art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c., con riferimento alla richiesta gradata di maggiore rateizzazione dell’obbligo restitutorio sancito a carico del ricorrente.
In particolare, si richiama la legge n. 160 del 2019 e la determinazione dirigenziale dell’I .N.P.S. relativa al recupero dei crediti dell’Istituto derivanti dalla riforma di sentenze favorevoli al pensionato, facendo leva anche sulla pronuncia della Corte costituzionale n. 8 del 2023 per sostenere che, benché l’obbligo restitutorio in argomento non sia inquadrabile nel contesto dell’ art. 2033 c.c., si sia comunque in presenza di una situazione di legittimo affidamento che merita tutela. Su queste basi, si assume come iniqua la decisione impugnata nella parte in cui ha ritenuto di disattendere la diversa rateizzazione richiesta dal ricorrente.
7.1. La censura, nei termini dedotti, è inammissibile. In effetti, escluso che la restituzione delle somme ottenute in forza di sentenza non passata in giudicato e riformata sia riconducibile alla ripetizione di indebito, non possono trovare applicazione i principi affermati in materia dalla Corte costituzionale e neppure quelli enunciati dalla Corte EDU.
Né è apprezzabile il pur dedotto legittimo affidamento da tutelare nei casi in cui le somme vengano corrisposte non spontaneamente dal datore di lavoro ma solo in forza di una sentenza sub iudice e suscettibile di riforma o di cassazione, proprio perché erogate su base ex se provvisoria.
Infine, non è ravvisabile la denunciata nullità della sentenza per omessa motivazione , atteso che la Corte d’appello ha puntualmente esposto le ragioni anche per disattendere la richiesta di maggiore rateazione.
Con l’unico motivo i l ricorso incidentale denuncia la violazione degli artt. 91 e 92 c.p.c. e censura il capo della sentenza relativo al regolamento delle spese di lite, rilevando che la valutazione della soccombenza reciproca non poteva prescindere dal valore delle domande rigettate e accolte. Aggiunge poi l’Università che era stata più volte formulata una proposta transattiva che il ricorrente aveva ritenuto di non accogliere.
8.1. La doglianza è inammissibile, dovendosi qui richiamare il principio già affermato da questa Corte secondo cui la valutazione delle proporzioni della soccombenza reciproca e la determinazione delle quote in cui le spese processuali debbono ripartirsi o compensarsi tra le parti, ai sensi dell ‘ art. 92, comma 2, c.p.c., rientrano nel potere discrezionale del giudice di merito, che resta sottratto al sindacato di legittimità, non essendo egli tenuto a rispettare un ‘ esatta proporzionalità fra la domanda accolta e la misura delle spese poste a carico del soccombente (così, Cass., Sez. 2, 20/12/2017, n. 30592).
In definitiva, va respinto il ricorso principale e dichiarato inammissibile quello incidentale.
Le spese di lite vanno integralmente compensate fra il ricorrente e l’Università in ragione della reciproca soccombenza, mentre nulla va disposto nei confronti dell’I.NRAGIONE_SOCIALE, che non ha svolto difese.
Occorre dare atto, ai fini e per gli effetti indicati da Cass. Sez. U. 20/02/2020, n. 4315, della sussistenza delle condizioni processuali richieste dall’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002 per il ricorrente principale e per quello incidentale, atteso che le Università statali, quand ‘ anche difese dall ‘ Avvocatura dello Stato, sono tenute al pagamento del raddoppio del contributo unificato, ai sensi dell’art. 13, comma 1quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, perché l ‘ esenzione prevista dal richiamato decreto opera per le sole amministrazioni dello Stato e non per gli enti
pubblici autonomi, categoria cui appartengono le Università (Cass. Sez. L., 29/09/2020, n. 20682).
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso principale e dichiara inammissibile il ricorso incidentale.
Dichiara integralmente compensate fra il ricorrente e l’Università del Salento le spese del presente giudizio.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale e di quello incidentale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato rispettivamente pari a quello previsto per il ricorso principale e quello incidentale, a norma del comma 1bis , dello stesso articolo 13, se dovuti.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 08/05/2025.