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Collaboratori linguistici: no parità con ex lettori

Un collaboratore ha citato in giudizio un’università per ottenere il riconoscimento di un rapporto di lavoro unitario e l’applicazione delle norme economiche previste per gli “ex lettori” di lingua straniera. La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso, stabilendo che la normativa speciale sulla ricostruzione di carriera è applicabile solo agli ex lettori transitati al ruolo di collaboratori linguistici e non può essere estesa ad altre categorie di personale, anche a fronte di un lungo servizio.

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Pubblicato il 29 settembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Collaboratori linguistici: la Cassazione nega la parità con gli ex lettori

Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha affrontato il tema del trattamento economico e della carriera dei collaboratori linguistici universitari, chiarendo in modo definitivo i limiti dell’equiparazione con la figura degli “ex lettori” di madrelingua straniera. La sentenza stabilisce che le norme speciali, nate per sanare pregresse discriminazioni, non possono essere estese in via analogica a personale che non ha mai ricoperto la qualifica di lettore, consolidando una netta distinzione tra le due figure professionali.

I fatti di causa

Il caso trae origine dalla richiesta di un collaboratore linguistico, impiegato presso un’importante università italiana, di vedere riconosciuto un unico e continuativo rapporto di lavoro subordinato fin dal 1990, data di inizio della sua collaborazione. Successivamente, nel 1994, era stato assunto con un contratto a tempo indeterminato. Il lavoratore sosteneva che l’intero periodo dovesse essere considerato unitariamente e che, di conseguenza, gli dovesse essere applicato il trattamento economico e la ricostruzione di carriera previsti per gli ex lettori di madrelingua straniera, divenuti collaboratori linguistici a seguito di specifiche riforme legislative.

La Corte d’Appello aveva respinto le sue domande, negando la natura subordinata del primo periodo di collaborazione per carenza di prove e, soprattutto, escludendo che la normativa invocata potesse applicarsi a un docente di lingua italiana che non aveva mai rivestito la qualifica di “lettore” ai sensi della normativa originaria.

L’analisi della Corte sulla parità di trattamento per i collaboratori linguistici

Il cuore della decisione della Cassazione ruota attorno all’interpretazione della legislazione speciale (in particolare il D.L. n. 2/2004) emanata per risolvere il contenzioso relativo agli ex lettori di madrelingua straniera. La Corte ribadisce un principio consolidato nella sua giurisprudenza: quella normativa ha una finalità specifica e limitata.

Una normativa con finalità riparatoria

I giudici spiegano che le leggi sulla ricostruzione di carriera degli ex lettori sono state introdotte per porre rimedio a una situazione di discriminazione accertata dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea. Tali norme erano destinate esclusivamente a coloro che, originariamente assunti come lettori di lingua straniera sulla base del D.P.R. 382/1980, erano successivamente transitati nei ruoli dei collaboratori ed esperti linguistici. L’obiettivo era garantire loro un riconoscimento economico e di anzianità che li equiparasse ai lavoratori nazionali.

Inapplicabilità analogica ad altre figure

Di conseguenza, tale disciplina non può essere estesa ad altri collaboratori linguistici che non provengono da quel percorso specifico. Nel caso di specie, il ricorrente non solo non era un ex lettore, ma insegnava lingua italiana a stranieri, una situazione fattuale e giuridica diversa. La Corte sottolinea che l’estensione di un trattamento di favore previsto per una categoria specifica ad un’altra non è ammissibile, in quanto la differenziazione dei trattamenti rientra nell’autonomia delle parti sociali in sede di contrattazione collettiva.

Le questioni procedurali affrontate

Oltre alla questione principale, la Corte ha esaminato altri motivi di ricorso, tutti respinti.

In primo luogo, ha chiarito che una sua precedente decisione, che aveva affermato l’unitarietà della causa petendi ai soli fini della giurisdizione, non vincolava il giudice del merito a considerare il rapporto come unitario anche nella sostanza. La valutazione sulla natura del rapporto di lavoro rimane una questione di fatto, da accertare sulla base delle prove.

Inoltre, la Corte ha respinto un’eccezione preliminare relativa alla presunta irregolarità della procura conferita dall’Università al proprio avvocato. I giudici hanno colto l’occasione per precisare che le regole stringenti previste per l’affidamento di incarichi legali a professionisti esterni non si applicano quando l’ente si avvale di un avvocato del proprio ufficio legale interno, essendo questa una scelta organizzativa autonoma.

Le motivazioni

Le motivazioni della Corte si fondano su una rigorosa interpretazione della legge e dei precedenti giurisprudenziali. Il principio cardine è quello della non estensibilità di norme speciali, nate con finalità riparatorie per una specifica categoria, a situazioni diverse. La disciplina dettata per i collaboratori linguistici che furono ex lettori presuppone una transizione tra due regimi contrattuali specifici, condizione assente nel caso esaminato. La Corte ha inoltre riaffermato l’autonomia della contrattazione collettiva nel definire i trattamenti economici e di carriera, escludendo un intervento del giudice volto a creare parificazioni non previste dalla legge o dai contratti.

Conclusioni

La decisione consolida un importante orientamento giurisprudenziale, tracciando un confine netto tra le diverse figure di docenti di lingua nelle università. Le tutele speciali riconosciute agli ex lettori di madrelingua straniera non costituiscono un parametro di riferimento per tutti i collaboratori linguistici. Questa pronuncia ha implicazioni significative per il personale universitario, poiché conferma che i percorsi di carriera e i trattamenti retributivi sono strettamente legati alla qualifica di assunzione e alle specifiche normative applicabili, senza possibilità di estensioni analogiche basate unicamente sulla natura dell’attività svolta o sull’anzianità di servizio.

A un collaboratore linguistico universitario si applicano le stesse norme sulla carriera previste per gli “ex lettori” di madrelingua straniera?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che la normativa speciale per la ricostruzione della carriera, nata per sanare una discriminazione verso i lettori stranieri, si applica solo a coloro che avevano un contratto da “lettore” e sono poi transitati al ruolo di collaboratore linguistico. Non può essere estesa ad altri collaboratori.

Una precedente sentenza di Cassazione che stabilisce la giurisdizione sulla base della “unitarietà” del rapporto di lavoro, vincola il giudice del rinvio a considerare il rapporto come unitario nel merito?
No. La Corte ha chiarito che la valutazione dell’unitarietà del rapporto ai soli fini di individuare il giudice competente (la causa petendi) non pregiudica la valutazione nel merito sulla natura e sulle diverse fasi del rapporto, che il giudice successivo è libero di compiere sulla base delle prove.

Un’Università pubblica può farsi difendere in giudizio da un avvocato del proprio ufficio legale interno senza una delibera specifica del Consiglio di Amministrazione per ogni causa?
Sì. La Corte ha distinto il caso dell’avvocato interno da quello del conferimento di un incarico a un avvocato del libero foro. Per quest’ultimo è necessaria una specifica delibera autorizzativa, mentre per l’avvocato dipendente dell’ente, la scelta di avvalersi dell’Avvocatura interna è una decisione organizzativa generale che non richiede un’autorizzazione caso per caso.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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