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Collaboratore autonomo: quando non c’è subordinazione

Un professionista che reclutava consulenti finanziari per una banca ha agito in giudizio sostenendo di essere un lavoratore subordinato. La Corte di Cassazione, confermando la decisione d’appello, ha respinto il ricorso, stabilendo che il rapporto era correttamente qualificato come quello di un collaboratore autonomo. La Corte ha chiarito che, in assenza di controllo e potere direttivo da parte del committente, il rapporto non può essere considerato subordinato. Inoltre, ha precisato che l’attività di mero reclutamento non richiede l’iscrizione all’albo dei consulenti finanziari.

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Pubblicato il 28 novembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Collaboratore Autonomo o Dipendente? La Cassazione Traccia i Confini

La distinzione tra lavoro autonomo e lavoro subordinato è una delle questioni più dibattute nel diritto del lavoro. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha offerto importanti chiarimenti sul ruolo del collaboratore autonomo che opera nel settore finanziario, specificando quando un rapporto non può essere ricondotto alla subordinazione. Il caso analizzato riguarda un professionista incaricato di reclutare consulenti finanziari per un istituto bancario che aveva richiesto il riconoscimento di un rapporto di lavoro dipendente.

I Fatti di Causa: Un Incarico di Selezione e Coordinamento

Il caso ha origine dalla richiesta di un professionista che, per anni, aveva collaborato con una banca svolgendo attività di reclutamento, selezione e coordinamento di promotori finanziari. Egli sosteneva che la natura reale del suo rapporto non fosse di collaborazione autonoma o di agenzia, bensì di vero e proprio lavoro subordinato a tempo indeterminato.

Il Tribunale di primo grado aveva inizialmente accolto la sua domanda, riconoscendo la sussistenza della subordinazione. Tuttavia, la Corte d’Appello aveva ribaltato completamente la decisione. Secondo i giudici di secondo grado, il rapporto era privo degli elementi tipici del lavoro subordinato: il professionista operava in piena autonomia, senza un controllo diretto e costante da parte della banca sulle modalità di svolgimento dell’attività e senza essere soggetto al potere disciplinare del committente.

Il Ricorso in Cassazione e la Posizione del collaboratore autonomo

Insoddisfatto della sentenza d’appello, il professionista ha presentato ricorso in Cassazione, basandolo su diversi motivi. In sintesi, egli lamentava:

1. La violazione delle norme sul contratto a progetto (D.Lgs. 276/2003), sostenendo che la sua attività dovesse rientrare in tale disciplina e, in assenza di un progetto specifico, dovesse essere convertita in un rapporto di lavoro subordinato.
2. La violazione della normativa sui servizi finanziari (D.Lgs. 58/1998), che a suo dire impone che l’attività di coordinamento di promotori finanziari possa essere svolta solo come dipendente, agente o mandatario.
3. Un’errata valutazione dei fatti e delle prove che, a suo avviso, dimostravano l’esistenza della subordinazione.
4. L’omesso esame di un fatto decisivo, relativo al pagamento di un bonus legato ai risultati dei promotori reclutati.
5. L’omessa pronuncia sull’eccezione di inammissibilità dell’appello della banca.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Corte di Cassazione ha rigettato integralmente il ricorso, confermando la natura del rapporto come quello di un collaboratore autonomo. Le motivazioni della Corte sono state articolate e toccano punti cruciali sia di diritto sostanziale che processuale.

Inammissibilità della “Domanda Nuova” sul Contratto a Progetto

Il primo motivo di ricorso è stato dichiarato inammissibile. La Corte ha sottolineato che la questione relativa alla disciplina del contratto a progetto non era mai stata sollevata nei gradi di merito. La causa era stata impostata fin dall’inizio sulla richiesta di accertamento della subordinazione rispetto a un rapporto autonomo. Introdurre il tema del contratto a progetto in una fase successiva costituiva una “domanda nuova”, basata su una diversa causa petendi, e come tale non ammissibile. Il riferimento della Corte d’Appello a tale disciplina è stato considerato un mero obiter dictum, ovvero un’argomentazione non essenziale per la decisione.

L’Attività di Reclutamento non Implica Iscrizione all’Albo

La Corte ha chiarito che l’attività di reclutamento, selezione e coordinamento di promotori finanziari non richiede l’iscrizione all’albo dei consulenti. Tale iscrizione è obbligatoria solo per chi svolge direttamente attività di promozione e collocamento di prodotti e strumenti finanziari. Poiché il professionista si limitava a gestire le risorse umane, non era tenuto a possedere tale requisito. Questa interpretazione, supportata anche da comunicazioni della Consob, ha smontato uno degli argomenti centrali del ricorrente.

La Valutazione sulla Subordinazione è una Questione di Fatto

Sul terzo motivo, la Cassazione ha ribadito un principio consolidato: la valutazione sull’esistenza o meno della subordinazione è un accertamento di fatto riservato al giudice di merito. La Corte d’Appello aveva analizzato le prove (contratti, testimonianze) e concluso che mancavano gli indici della subordinazione (controllo, potere direttivo, potere disciplinare). Tale valutazione, se motivata in modo logico e coerente come nel caso di specie, non è sindacabile in sede di legittimità.

Reiezione delle Altre Censure

Anche gli ultimi motivi sono stati respinti. La Corte ha ritenuto che la questione del bonus fosse stata implicitamente assorbita dalla decisione principale: non essendo stato riconosciuto un rapporto di lavoro subordinato, anche le pretese economiche accessorie (come il bonus inteso come retribuzione variabile) sono state considerate infondate. Infine, decidendo nel merito l’appello, la Corte territoriale aveva implicitamente rigettato l’eccezione di inammissibilità.

Conclusioni

Questa ordinanza della Cassazione offre spunti di riflessione fondamentali. In primo luogo, riafferma che la qualificazione di un rapporto come quello di un collaboratore autonomo dipende dall’analisi concreta delle modalità di svolgimento della prestazione, con particolare attenzione all’assenza di un potere direttivo e di controllo da parte del committente. In secondo luogo, ricorda l’importanza del principio processuale che vieta di modificare l’oggetto della domanda nel corso del giudizio. Infine, fornisce un’interpretazione chiara sulla normativa di settore, distinguendo nettamente tra l’attività di vendita di prodotti finanziari e quella, puramente gestionale, di reclutamento del personale addetto.

Un professionista che recluta e coordina promotori finanziari per una banca è considerato un lavoratore subordinato?
No, non necessariamente. La Cassazione ha confermato che, in assenza di indici di subordinazione come il controllo diretto e il potere disciplinare, tale rapporto è qualificabile come quello di un collaboratore autonomo.

È possibile introdurre in appello una nuova motivazione giuridica, come la violazione delle norme sul contratto a progetto, se la causa era iniziata chiedendo l’accertamento della subordinazione?
No. La Corte ha stabilito che questa costituisce una “domanda nuova”, con una diversa causa petendi, e non può essere introdotta per la prima volta in appello o in Cassazione, poiché modifica l’oggetto originario del contendere.

L’attività di selezione e coordinamento di promotori finanziari richiede l’iscrizione all’albo dei consulenti finanziari?
No. Secondo la Corte, supportata da comunicazioni della Consob, l’iscrizione all’albo è richiesta solo per chi svolge direttamente attività di promozione e collocamento di prodotti finanziari, non per chi si occupa esclusivamente del reclutamento e del coordinamento delle risorse umane.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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