Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 16782 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 16782 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 17/06/2024
ORDINANZA
sul ricorso 21833-2019 proposto da:
COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio RAGIONE_SOCIALE, rappresentato e difeso dagli avvocati COGNOME NOME, NOME;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, già RAGIONE_SOCIALE, già RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME, che la rappresenta e difende;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 63/2019 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 20/02/2019 R.G.N. 2640/2015;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 09/04/2024 dal AVV_NOTAIO COGNOME.
Fatti di causa
Rep.
Ud. 09/04/2024
CC
La Corte d’appello di Roma, con la sentenza in atti, in riforma della impugnata sentenza, in accoglimento dell’appello incidentale, assorbito l’appello principale, ha rigettato il ricorso proposto in primo grado da COGNOME NOME condannandolo al pagamento delle spese del doppio grado di giudizio nella misura liquidata in sentenza.
Avverso la sentenza ha proposto ricorso per Cassazione NOME COGNOME con quattro motivi di ricorso ai quali ha resistito Banca Consulia con controricorso. Le parti hanno depositato memorie. Il collegio ha riservato la motivazione, ai sensi dell’art. 3 80bis1, secondo comma, ult. parte c.p.c.
Ragioni della decisione
1.- Con il primo motivo di ricorso si deduce violazione e falsa applicazione del decreto legislativo n. 276/2003, art. 61, comma 3 e violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. ai sensi dell’art. 360 n. 3 c.p.c. per avere la Corte d’appello escluso la possibilità di inquadrare il rapporto in esame nell’ambito del rapporto di agenzia per ricondurlo ad un rapporto di collaborazione continuata e coordinata la cui causa economica e sociale è ovviamente diversa da quella di cui agli artt. 1742 e seguenti.
La Corte aveva affermato che l’attività di reclutamento, selezione, inserimento, coordinamento di promotori finanziari fosse assoggettabile all’art.61, comma 3 del d.lgs. 276/2003 secondo cui sono escluse dal campo di applicazione le professioni intellettuali per l’esercizio delle quali è necessaria l’iscrizione in appositi albi professionali, esistenti alla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo.
L’errore giuridico in cui sarebbe incorsa la Corte consisterebbe nel fatto che essa ha escluso che COGNOME svolgesse attività di promotore finanziario per la quale è necessaria l’iscrizione all’albo, mediante una valutazione oggettiva, non essendo stato pattuito un compenso provvigionale per i prodotti finanziari collocati direttamente
dal ricorrente o dai promotori da lui prescelti, e soggettiva, dato che la Corte d’appello ha rilevato che le parti nelle rispettive memorie hanno sempre concordato che il COGNOME non svolgeva attività di promotore finanziario.
Con questo motivo non si contesta, dunque, l’accertamento delle mansioni svolte, ma l’aver ritenuto che le accertate mansioni di selezione e reclutamento di promotori rientrassero in quelle per le quali è necessaria l’iscrizione all’albo dei consulenti finanziari ai sensi dell’art. 61 del d.lgs. 276/2003 che esclude i medesimi rapporti dalla disciplina delle collaborazioni a progetto.
Con il presente motivo in sostanza si censura la sentenza impugnata per avere la Corte erroneamente affermato che il ricorrente svolgesse attività per la quale è necessaria l’iscrizione ad albi escludendo di conseguenza l’applicazione della normativa del contratto a progetto, la cui violazione determina l’instaurazione di un rapporto di lavoro subordinato.
2.- Con il secondo motivo si deduce ex art. 360 n. 3 c.p.c. violazione e falsa applicazione dell’art. 31 del d.lgs. n. 58/1998 posto che questa norma esclude che le attività di reclutamento, selezione, inserimento, coordinamento di promotori finanziari, possano essere inquadrate in un rapporto di collaborazione continuata e coordinata ex art. 61 d.lgs. 276/2003, stabilendo al comma 2 che possano assumere esclusivamente la veste di dipendenti, agenti o mandatari. Si tratta di una elencazione tassativa che esclude che possa esservi legame contrattuale di altro tipo tantomeno atipico.
2.1. I primi due motivi di ricorso investono la decisione con cui la Corte ha sostenuto che il lavoro dal ricorrente rientrasse in un rapporto di collaborazione di natura autonoma, nonostante egli non fosse iscritto all’albo dei promotori finanziari e non avesse sottoscritto alcun progetto.
2.2. La Corte d’appello ha rilevato preliminarmente che ragioni di priorità logica giuridica imponessero di esaminare in primo luogo l’appello incidentale, con la doverosa precisazione che la domanda del ricorrente si fondava unicamente su una precisa causa petendi ossia la declaratoria di nullità del contratto di agenzia e degli incarichi accessori e di accertamento della sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato.
A fondamento della pronuncia di rigetto della domanda la Corte ha rilevato che in base agli accordi intervenuti tra le parti il rapporto aveva avuto ad oggetto esclusivamente l’incarico di coordinatore e selezionatore delle risorse da inserire nella rete dei promotori finanziari. COGNOME non aveva mai svolto attività di collocamento di prodotti finanziari perché tale attività non costituiva un suo obbligo secondo gli accordi contrattuali scritti interpretati alla luce del comportamento dei contraenti.
Secondo la Corte con riferimento al momento genetico del rapporto di lavoro non vi era alcun argomento per sostenere la simulazione del rapporto di consulenza con la società di persone facente capo al COGNOME e dei successivi contratti di lavoro autonomo stipulati con lui personalmente; in particolare nessuna prova sussisteva circa la volontà delle parti di concludere un contratto di lavoro subordinato, dissimulato dagli accordi citati.
Neppure vi erano prove, infine, che dimostrassero che in concreto l’attività fosse stata svolta con modalità tipiche del rapporto di lavoro subordinato.
2.3. Ciò posto va rilevato anzitutto che il tema del contratto a progetto e della violazione dell’art.61 e ss. del d.lgs. 276/2003 non risulta fosse stato mai introdotto dal ricorrente né in primo grado né in appello.
Il giudice di primo grado aveva accolto il ricorso del lavoratore sulla base dell’accertamento in concreto della subordinazione in conformità alla domanda svolta.
Il motivo di appello sollevato dalla Banca verteva sulla esistenza in concreto della autonomia del rapporto e dell’inesistenza della subordinazione.
Il riferimento della Corte d’appello alla disciplina del contratto a progetto va dunque considerato un mero obiter dictum e comunque alla stregua di una considerazione sovrabbondante che fuoriusciva dal tema ad essa ritualmente devoluto.
2.4. La questione dell’eventuale esistenza della nullità di una collaborazione coordinata e continuativa senza progetto per violazione dell’art. 61, comma 3 e ss. del d.lgs. n. 276/2003 non era mai stata dedotta nel giudizio dalla parte ricorrente e non poteva ritenersi compresa nella domanda di accertamento della natura subordinata del rapporto di lavoro dedotta nel ricorso introduttivo in relazione alle concrete modalità di svolgimento del rapporto e pertanto costituisce una domanda nuova con una diversa “causa petendi”, per l’inserimento di un fatto nuovo a fondamento della pretesa e di un diverso tema di indagine e di decisione.
2.5. La Corte di appello ha poi giudicato sui motivi di appello incidentale effettuando un accertamento di merito sulla natura dell’attività svolta dal ricorrente osservando in sintesi che i risultati dell’istruttoria, avevano attestato che COGNOME avesse svolto il proprio incarico coerentemente con gli accordi contrattuali; in completa autonomia e senza controlli dell’attività da parte della RAGIONE_SOCIALE sull’esplicazione dell’attività svolta, ma unicamente sul risultato di essa; nessun accenno vi era in ricorso sull’esistenza di un potere disciplinare.
Si tratta ovviamente di accertamenti di fatto che non risultano censurabili né possono essere modificati in questa sede di legittimità.
2.6. Quanto alla violazione dell’art. 31 del d.lgs. n. 58/1998 il quale non consente che le attività di reclutamento, selezione, inserimento, coordinamento di promotori finanziari, possano essere inquadrate in un rapporto di collaborazione continuata e coordinata ex art. 61 d.lgs. 276/2003, stabilendo al comma 2 che possano assumere esclusivamente la veste di dipendenti, agenti o mandatari, deve escludersi che la Corte abbia potuto violare tale disposto normativo.
Ed invero la Corte d’appello ha affermato, in fatto, che il rapporto tra le parti ha avuto ad oggetto esclusivamente l’incarico di selezionatore e coordinatore delle risorse da inserire nella rete dei promotori finanziari.
E che tanto risultasse palese anche dal fatto che il compenso concordato fosse stato unicamente legato alla predetta attività non essendo invece pattuito un compenso provvigionale per i prodotti finanziari collocati direttamente dal ricorrente o dai promotori da lui prescelti.
2.7. Pertanto, non era necessaria alcuna iscrizione all’albo dei promotori ora consulenti finanziari la quale è richiesta solo per le persone fisiche che esercitano professionalmente attività diretta di promozione collocamento di prodotti e strumenti finanziari ai sensi dell’articolo 31, comma 2 del TUF.
In conclusione nel caso in esame non era richiesto né un contratto di lavoro subordinato, né un contratto di agenzia, né un incarico come mandatario, essendo perciò corretta la decisione della Corte di appello di ritenere il ricorrente un mero collaboratore autonomo.
2.8. Ciò trova altresì riscontro nella comunicazione RAGIONE_SOCIALE n. DI/98069878 del 27 agosto 1998, avente ad oggetto se sia possibile affidare a soggetti che non sono promotori finanziari i compiti di coordinamento delle risorse umane costituite dai Promotori con attività di supporto alla
supervisione degli stessi, inviata ad una società di intermediazione mobiliare; in tale Comunicazione l’Autorità di vigilanza, richiamate le precedenti Comunicazioni nn. BOR/RM/94002407 del 15.3.1994 e NUMERO_DOCUMENTO del 25.6.1996 – dalle quali si evince che “l’attività consistente nella mera segnalazione della denominazione e della sede di un intermediario autorizzato, nonché nella generica enunciazione dei pregi del medesimo, senza svolgimento di alcuna attività promozionale o contrattuale a favore e nell’interesse dell’intermediario relativamente ai servizi dallo stesso prestati” non rappresenta un’effettiva offerta di servizi di intermediazione mobiliare -ha sostenuto che ‘ quanto allo svolgimento dei compiti di organizzazione, supervisione e coordinamento che si intenderebbero assegnare, con i limiti e alle condizioni indicate, ai soggetti terzi (nella fattispecie i responsabili delle Agenzie; ovvero a soggetti non iscritti all’albo) non si ravvisano, alla luce del d.lgs. n. 58/98 e dei relativi regola menti di attuazione, elementi ostativi’
Sicché anche per la RAGIONE_SOCIALE è evidente che si può svolgere il compito di selezione e coordinamento dei promotori senza previa iscrizione all’albo dei promotori finanziari.
La stessa Comunicazione RAGIONE_SOCIALE afferma pure che a tale proposito particolare attenzione dovrà essere prestata alle modalità di determinazione del compenso da assegnare ai responsabili delle Agenzie; nel senso che, come peraltro espresso nella nota del 24 giugno 1997, la RAGIONE_SOCIALE dovrà adottare un sistema di remunerazione che chiaramente evidenzi la mancanza di collegamento tra l’attività di questi e quella dei promotori finanziari.
Nel caso di specie pure tale presupposto pacificamente sussiste essendo passata in giudicato l’affermazione secondo cui il ricorrente non doveva essere retribuito con compensi legati alla raccolta degli agenti.
3.Col terzo motivo si lamenta la violazione e falsa applicazione dell’articolo 2094 anche in relazione agli articoli 1362, 1 e 2 comma, 1363 e 1366 c.c., nonché 115 e 116 c.p.c. ex art. 360 numero 3 c.p.c. per aver escluso la presenza di un rapporto di lavoro subordinato.
3.1. Il terzo motivo è inammissibile. In primo luogo, il motivo viola il principio di specificità del ricorso per cassazione, promuovendo censure eterogenee, di fatto e di diritto, processuali e sostanziali, promiscuamente accorpate (v. Cass n. 7009/2017) in materia di valutazione delle prove, criteri ermeneutici, contratti intervenuti tra le parti, subordinazione implicita, frode alla legge, simulazione.
In secondo luogo, il motivo deduce per buona parte censure che attengono agli accertamenti di fatto ed alla valutazione delle prove come tali non deferibili a questa Corte di legittimità (v. Cass n. 30577/2019).
4.- Con il quarto motivo si deduce l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti ai sensi dell’art. 360, comma 1 n. 5 c.p.c. poiché in tutti gli accordi sottoscritti veniva riconosciuto al COGNOME un bonus una tantum quale corrispettivo di un patto di stabilità pari allo 0,20 della raccolta netta trasferita dai promotori finanziari reclutati per effetto della sua segnalazione, sia diretta che indiretta. In adempimento di questo obbligo la banca aveva ve rsato a COGNOME € 72.785,66 e non aveva mai avanzato alcuna eccezione in merito al pagamento di questo bonus che del tutto inopinatamente la sentenza aveva negato.
Il quarto motivo pur intestato ai sensi del 360 n. 5 c.p.c. per omessa valutazione di un fatto decisivo, denuncia in realtà una omessa pronuncia ex art. 112 c.p.c.
Il motivo è comunque infondato avendo la Corte d’appello affermato che in realtà la domanda del ricorrente si fondasse unicamente su una precisa causa petendi ossia la declaratoria
di nullità del contratto di agenzia e degli incarichi accessori e di accertamento della sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato: le stesse rivendicazioni di carattere economico avevano come presupposto tale titolo poiché come risultava alle pagine 26 e ss. del ricorso di primo grado il COGNOME reclamava il diritto a percepire i compensi fissi nella misura originariamente concordata in virtù del principio di irriducibilità della retribuzione (che connota esclusivamente il rapporto di lavoro subordinato); il pagamento del bonus pattuito sulla raccolta netta dei prodotti finanziari da parte dei promotori da lui segnalati, quale retribuzione variabile spettante al lavoratore subordinato (cfr. pag. 28); l’incidenza dei predetti evoluti negli istituti retributivi del lavoro subordinato (mensilità aggiuntive, ferie, TFR e preavviso).
Pertanto, a differenza di quanto sostiene il ricorrente, il fatto processuale è stato considerato dalla Corte di appello; ed invece non c’era mai stata una autonoma domanda con diversa causa petendi rispetto a quella che è stata ritenuta infondata. Non vi è stato perciò alcun omesso esame e neppure omissione di pronuncia, essendo state piuttosto ritenute infondate le domande in ragione dell’esclusiva ed assorbente la causa petendi azionata in giudizio.
5.- Col quinto motivo si deduce ai sensi dell’articolo 360 n. 3 c.p.c. violazione e falsa applicazione degli artt. 342 e 434 c.p.c. ed ai sensi dell’articolo 360 numero 5 c.p.c. omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti; posto che nella propria memoria di costituzione sull’appello incidentale la difesa di COGNOME aveva preliminarmente evidenziato il grave errore metodologico di controparte che deponeva per la l’inammissibilità ex artt. 342 e 434 c.p.c. dell’appello incidentale.
5.1. Col quinto motivo si denuncia l’omessa pronuncia circa l’eccezione di inammissibilità dell’appello incidentale ex art. 342 e 434 c.p.c.
Il motivo è infondato atteso che la Corte avendo pronunciato nel merito ha certamente rigettato sia pure implicitamente l’eccezione di inammissibilità dell’appello. Va aggiunto che per integrare il vizio di omessa pronuncia non basta la mancanza di un’espressa statuizione del giudice ma è necessario che sia stato completamente omesso il provvedimento che si palesa indispensabile alla soluzione del caso concreto; ciò non si verifica quando la decisione adottata comporti la reiezione della pretesa fatta valere dalla parte, anche se manchi in proposito una specifica argomentazione, dovendo ravvisarsi una statuizione implicita di rigetto quando la pretesa avanzata col capo di domanda o eccezione non espressamente esaminato risulti incompatibile con l’impostazione logico giuridica della pronuncia.
6.- Sulla scorta delle premesse, il ricorso va quindi respinto e le spese di lite seguono il criterio della soccombenza dettato dall’art. 91 c.p.c. Sussistono le condizioni di cui all’art. 13, comma 1 quater, d.P.R.115 del 2002.
P.Q.M.
La Corte respinge il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio che liquida in euro 5.500,00 per compensi professionali, euro 200,00 per esborsi, 15% per spese forfettarie, oltre accessori dovuti per legge. Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dell’art.13 c omma 1 bis del citato d.P.R., se dovuto.
Così deciso nella camera di consiglio del 9.4.2024
La Presidente
AVV_NOTAIO NOME COGNOME