Codice del Consumo: la responsabilità si estende anche al grossista?
La Corte di Cassazione affronta una questione cruciale per l’intera filiera commerciale: gli obblighi previsti dal Codice del Consumo, come fornire istruzioni in italiano, gravano solo sul venditore finale o si estendono a tutti gli operatori, incluso il grossista? Un’ordinanza interlocutoria ha rimesso la decisione a una pubblica udienza, sottolineando l’importanza di fare chiarezza su questo punto.
I Fatti del Caso: Un Grossista Sanzionato
Il caso nasce dall’impugnazione di un’ordinanza di ingiunzione emessa da una Camera di Commercio nei confronti di un operatore commerciale. La contestazione riguardava la violazione di norme del Codice del Consumo e di altre leggi collegate, poiché la merce commercializzata era priva di avvertenze, precauzioni e istruzioni d’uso in lingua italiana.
L’operatore si è difeso sostenendo di agire esclusivamente come grossista. La sua tesi era che, non vendendo direttamente al consumatore finale, ma a terzi che avrebbero poi gestito la vendita al dettaglio, non fosse soggetto agli obblighi informativi previsti per la tutela del consumatore. In altre parole, la sua attività si fermava a un anello precedente della catena distributiva, dove tali requisiti, a suo dire, non erano applicabili.
La Decisione del Tribunale e il Ricorso sul Codice del Consumo
Il Tribunale, in funzione di giudice d’appello, ha respinto la tesi del grossista. Secondo i giudici di merito, le norme del Codice del Consumo, in particolare gli articoli 6 e 7, che vietano la commercializzazione di prodotti non conformi alle prescrizioni di legge, si applicano a tutta la catena commerciale. La legge, infatti, non farebbe distinzione tra grossista e venditore al consumatore finale, imponendo a chiunque immetta un prodotto sul territorio nazionale di rispettare le normative a tutela della sicurezza e della corretta informazione.
Insoddisfatto, il grossista ha presentato ricorso in Cassazione, lamentando una violazione e un’errata interpretazione delle norme, sostenendo che l’obbligo informativo dovesse ricadere unicamente sull’esercente che vende al dettaglio e che quindi entra in contatto diretto con l’acquirente finale.
Le Motivazioni della Cassazione
La Suprema Corte, con l’ordinanza in esame, non ha fornito una risposta definitiva, ma ha compiuto un passo processuale molto significativo. Riconoscendo la “particolare rilevanza della questione” e il suo “rilievo nomofilattico”, ha deciso di non trattare il caso nella consueta camera di consiglio, ma di rimetterlo alla pubblica udienza.
Questa scelta indica che i giudici ritengono fondamentale un’analisi approfondita e una pronuncia che possa servire da guida per tutti i casi futuri. La questione centrale è stabilire in modo chiaro e inequivocabile i confini della responsabilità lungo tutta la catena di distribuzione. La decisione finale dovrà chiarire se il Codice del Consumo intenda proteggere il consumatore imponendo obblighi a ogni singolo operatore economico che tratta il prodotto, dal produttore al dettagliante, oppure se la responsabilità si concentri solo sull’ultimo anello della catena.
Conclusioni
L’ordinanza interlocutoria lascia la questione aperta, ma ne evidenzia l’importanza strategica per il diritto commerciale e dei consumatori. La futura sentenza della Corte di Cassazione, che verrà emessa dopo la pubblica udienza, avrà un impatto significativo su importatori, produttori, distributori e grossisti. Stabilirà un principio di diritto fondamentale, chiarendo se l’intera filiera commerciale debba considerarsi un sistema di responsabilità condivisa per garantire che solo prodotti sicuri e correttamente etichettati raggiungano il consumatore finale. L’esito di questo giudizio è atteso con grande interesse da tutti gli operatori del settore, poiché definirà l’estensione dei loro obblighi e delle potenziali sanzioni.
Un grossista può essere sanzionato per la violazione del Codice del Consumo anche se non vende direttamente ai consumatori?
La questione è attualmente al vaglio della Corte di Cassazione. Il Tribunale di merito ha ritenuto di sì, affermando che le norme si applicano all’intera filiera commerciale. La Suprema Corte, data l’importanza della domanda, ha rinviato la decisione a una pubblica udienza per una valutazione approfondita.
Qual è l’obbligo principale contestato nel caso di specie?
L’obbligo contestato è quello previsto dall’art. 6 del D.Lgs. 206/2005 (Codice del Consumo), che impone di commercializzare prodotti con avvertenze, precauzioni e istruzioni d’uso in lingua italiana, al fine di garantire la sicurezza e la corretta informazione del consumatore finale.
Cosa ha deciso la Corte di Cassazione con questa ordinanza?
La Corte non ha deciso il caso nel merito. Ha stabilito che la questione legale (se il Codice del Consumo si applichi anche ai grossisti) è di tale importanza da meritare una discussione in pubblica udienza. Ha quindi disposto la remissione della causa per un esame più approfondito.
Testo del provvedimento
Ordinanza interlocutoria di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 5655 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 5655 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 04/03/2024
ORDINANZA INTERLOCUTORIA
sul ricorso 969-2020 proposto da:
COGNOME NOME, rappresentato e difeso dagli AVV_NOTAIO e NOME AVV_NOTAIO ed elettivamente domiciliato presso lo studio del secondo in Roma, INDIRIZZO;
– Ricorrente –
Contro
RAGIONE_SOCIALE (Cod. Fisc. P_IVA)
– NOME – avverso la sentenza n. 680/2019 del Tribunale di RAGIONE_SOCIALE in funzione di giudice d’appello.
Rilevato che:
–COGNOME NOME impugnò l’ordinanza di ingiunzione con cui la RAGIONE_SOCIALE gli contestava la violazione dell’art. 6 d.lgs. 206/2005 e dell’art . 5 d.lgs. 313/1991, lamentando la carenza dei presupposti per l’applicazione delle sanzioni, posto che lo stesso non aveva esercitato la vendita al consumatore finale, né aveva esposto merce priva di avvertenze, precauzioni e istruzioni d’uso in lingua italiana in quanto rivestiva la qualifica di grossista sicchè la merce era destinata ad essere venduta a terzi, che esercitavano l’attività di vendita al dettaglio;
il Tribunale ha ritenuto che, nonostante COGNOME NOME non commercializzasse al dettaglio, fossero applicabili gli artt. 6 e 7 Cod. Cons. nonché l’art. 11 d.lgs. 206/2005 e le relative sanzioni, che dispongono il divieto di commercializzazione sul territorio di qualunque prodotto difforme dalle prescrizioni, senza distinzione tra grossista e venditore al consumatore finale;
con il terzo e quinto motivo di ricorso per cassazione, NOME COGNOME deduce la violazione e falsa applicazione e interpretazione degli artt. 6 – 7 – 11 – 12 d. lgs. n. 206/2005, nonché la violazione di legge e l’errata interpretazione degli artt. 5 ed 11 del D. Lgs 313/1991 e dell’art. 1, secondo comma della L. 689/1981, per avere il giudice dell’appello ritenuto applicabili le norme del Codice del Consumo a tutti i soggetti della catena commerciale e non solo all’esercente la vendita al dettaglio destinata al consumatore finale, anche alla luce degli artt. 34-35-36 del TFUE, nonché in relazione all’art. 7 Cedu e all’art. 15 del Patto lnternazionale dei Diritti Civili e Politici e all’art. 49 Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea; -attesa la particolare rilevanza della questione, avente rilievo nomofilattico, si rende necessaria la trattazione della causa in
pubblica udienza, ai sensi dell’art. 375, secondo comma, c.p.c.
P.Q.M.
La Suprema Corte di Cassazione, visto l’art. 375, comma secondo c.p.c., dispone la remissione della causa alla pubblica udienza. Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda Sezione